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Redditi esteri: come si dichiarano?

Il contribuente fiscalmente residente in Italia deve dichiarare tutti i suoi redditi percepiti nel corso del periodo di imposta, secondo il principio di tassazione su base mondiale del reddito. Il sistema tributario prevede poi meccanismi di eliminazione (attenuazione) della doppia imposizione.

Se decidi di lasciare l’Italia per andare a lavorare all’estero, devi capire dove sei tenuto a dichiarare i redditi esteri. Il momento fondamentale in cui devi porti questa domanda è quello della predisposizione della tua dichiarazione dei redditi. Un soggetto che, anche se lavora all’estero, ma mantiene la residenza fiscale in Italia, è tenuto a dichiarare in Italia anche i redditi percepiti all’estero. Questo è il criterio generale di tassazione worldwide che troviamo nell’art. 3 del TUIR. In questi casi i redditi percepiti passano per una tassazione nello Stato ove sono stati percepiti (cd “Stato della fonte“), e poi nello Stato di residenza fiscale del soggetto percettore. Tuttavia, a fronte di questa regola generale vi sono molte casistiche particolari, trattate poi nelle varie Convenzioni contro le doppie imposizioni.

La dichiarazione dei redditi di fonte estera è, ogni anno, causa di una moltitudine di errori che portano a vedersi recapitare comunicazioni di irregolarità, oppure, nei casi più gravi, la notifica di avvisi di accertamento da parte dell’Agenzia delle Entrate. Quando si percepiscono redditi esteri, il problema della loro tassazione sembrerebbe essere di facile soluzione: se lavoro all’estero non devo dichiarare tale reddito in Italia. Tuttavia, in realtà, la situazione è più complessa e se non gestita correttamente può comportare l’applicazione di rilevanti sanzioni.

Per questo motivo ho deciso di realizzare questo articolo per fornirti le indicazioni di base per individuare i tuoi obblighi fiscali se percepisci redditi di fonte estera.

Le regole di tassazione dei redditi esteri in Italia

La necessità di scrivere questo articolo nasce dal fatto che ogni anno mi trovo di fronte moltissimi contribuenti che percepiscono, a vario titolo, redditi di fonte estera. Questi contribuenti non conoscono e quindi ignorano le regole alla base della tassazione di questi redditi. Da queste irregolarità scaturiscono poi comunicazioni di irregolarità ed accertamenti fiscali. Attraverso la lettura di questo articolo, che non ha pretese di esaustività, sono sicuro che potrai avere una visione più chiara della tua situazione per capire se e come dichiarare i redditi esteri che hai percepito.

Il primo consiglio che posso darti è quello di avvalerti sempre dell’ausilio di un dottore Commercialista esperto (di fiscalità internazionale) che sia in grado di aiutarti nell’individuare la modalità corretta per la dichiarazione di questi redditi. Tuttavia, essere informati è la prima cosa da fare per evitare di incorrere in sanzioni o in accertamenti. Ricorda, che se tutto questo non dovesse rivelarsi sufficiente al termine dell’articolo puoi trovare il link per contattarmi direttamente e ricevere una consulenza personalizzata sulla tua situazione.

La residenza fiscale delle persone fisiche

Ai fini delle imposte sui redditi sono considerate residenti le persone che, per la maggior parte del periodo d’imposta (183 giorni), considerando anche la frazioni di giorno (art. 2 co. 2 del TUIR, modificato dall’art. 1 del D.Lgs. n. 209/2023, in vigore dal 2024):

  • Hanno la residenza nel territorio dello Stato, ex art. 43 co. 2 c.c. – La residenza deve essere individuata nel luogo in cui la persona ha la dimora abituale, con intenzione di rimanervi;
  • Hanno il domicilio nel territorio dello Stato. Per domicilio, deve intendersi “il luogo in cui si sviluppano, in via principale, le relazioni personali e familiari della persona“);
  • Sono presenti nel territorio dello Stato (considerando anche le frazioni di giorno);
  • Salvo prova contraria, risultano iscritte nelle anagrafi della popolazione residente, presso i vari Comuni.

Le condizioni sopra citate, per verificare la residenza in Italia, sono alternative tra loro. Infatti, è sufficiente che ricorra una sola di esse perché un soggetto sia considerato fiscalmente residente in Italia. Naturalmente, è necessario anche il rispetto del requisito temporale ovvero per la maggior parte del periodo di imposta, ovvero, almeno 183 giorni nell’anno.

Presunzione legale di residenza fiscale in Italia per i trasferimenti in paesi black list

Accanto a questa disposizione di carattere generale deve essere considerato quanto disposto dal successivo comma 2-bis, del citato articolo 2 del TUIR. Questa norma introduce una presunzione legale relativa di residenza fiscale in Italia per i soggetti che si trasferiscono in paesi black list. La lista di riferimento è quella contenuta nel D.M. 4 maggio 1999 (e ss.mm.).

In particolare, l’articolo 2, co. 2-bis, afferma che nel caso in cui un soggetto si trasferisca stabilmente in uno di questi Stati è a suo carico la prova che contrasti la presunzione relativa di fittizia residenza estera. Infatti, per la nostra normativa tributaria chi emigra in un Paese black list (non collaborativo) è chiamato a provare che il suo trasferimento di residenza è effettivo e non legato a meccanismi di evasione fiscale (“esterovestizione personale“).

Per le persone fisiche cancellate dalle anagrafi della popolazione residente, ed iscritte all’AIRE trasferite in paesi black list opera la presunzione di residenza in Italia. Questo a meno che il contribuente stesso non sia in grado di fornire prova contraria. La prova contraria da fornire deve essere nominativa, precisa, in grado di portare l’Amministrazione finanziaria a considerare la residenza fiscale estera. Il D.M. 4 maggio 1999 è stato modificato dal decreto pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 45 del 24 febbraio 2014. Se desideri individuare tutti i paesi non collaborativi per il trasferimento di residenza fiscale delle persone fisiche ti lascio a questo articolo di approfondimento dedicato:

Il principio della tassazione su base mondiale dei redditi

La residenza fiscale in Italia ha come conseguenza più importante l’applicazione del principio della “worldwide taxation“. Si tratta del principio definito dall’articolo 3 del TUIR, uno dei cardini dei sistemi fiscali avanzati nel mondo. Questa disposizione prevede che i soggetti fiscalmente residenti siano tenuti a dichiarare in Italia tutti redditi, ovunque essi siano stati percepiti. Sostanzialmente, i redditi devono essere dichiarati nel Paese di residenza fiscale, indipendentemente dal luogo nel quale siano stati prodotti. Al contrario, qualora invece, un soggetto considerato non residente fiscalmente in Italia, ex art. 2 del TUIR, è tenuto a dichiarare in Italia soltanto i redditi ivi percepiti (tassazione dei redditi nello “Stato della fonte“).

Il fenomeno della doppia imposizione dei redditi di fonte estera

Quando un soggetto fiscalmente residente in Italia, percepisce redditi esteri, è tenuto a dichiararli nello Stato di residenza fiscale (Italia). Tuttavia, a seconda del tipo di reddito percepito, e a seconda della normativa fiscale applicata nello Stato di erogazione del reddito, è possibile che questi proventi debbano essere dichiarati anche in questo Stato. Questo fenomeno determina una doppia imposizione giuridica di uno stesso reddito. Questa situazione si palesa quando il reddito viene sottoposto ad imposizione sia nello Stato della fonte che nello Stato di residenza fiscale del soggetto percettore.

Per evitare la doppia tassazione, generalmente, il contribuente residente in Italia può applicare un credito per imposte pagate all’estero, secondo quanto previsto dall’articolo 165 del TUIR (o dalla normativa convenzionale, ove esistente). Senza entrare nel dettaglio dell’applicazione del credito per imposte estere, è opportuno evidenziare che la spettanza di tale credito è subordinata alla condizione che:

  • Il reddito estero concorra alla formazione del reddito imponibile ai fini IRPEF in Italia e
  • Le imposte estere siano state versate a titolo definitivo.

L’Agenzia delle Entrate ha escluso la spettanza del credito di imposta per le imposte assolte all’estero in relazione a redditi esteri assoggettati in Italia a ritenuta a titolo di imposta o ad imposta sostitutiva. Perciò, ad esempio, sono esclusi i redditi di capitale derivanti dalla partecipazione al patrimonio di società non residenti. Nonché i redditi di capitale percepiti direttamente all’estero.

Il credito deve essere riproporzionato qualora il reddito estero concorra parzialmente a formare il reddito imponibile in Italia. È il caso, ad esempio, dei redditi da lavoro dipendente di fonte estera imponibili in Italia con il regime delle retribuzioni convenzionali (ex art. 51, co. 8-bis del TUIR). In questo caso il concorso parziale del reddito a tassazione determina anche il concorso parziale (in modo proporzionale) delle imposte assolte all’estero a titolo definitivo su quel reddito.

AIRE: Anagrafe italiana dei residenti all’estero

Per venire in contro agli italiani che si trasferiscono all’estero la Legge n. 470/88 ha istituito l’AIRE. Ovvero, l’Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero. Si tratta di un registro che raccoglie i dati dei cittadini italiani che risiedono all’estero per un periodo superiore a 12 mesi. I cittadini italiani che trasferiscono la loro residenza da un comune italiano all’estero (intendendosi per tale anche i Paesi facenti parte dell’Unione Europea) devono farne dichiarazione all’Ufficio anagrafe del proprio comune. La comunicazione avviene attraverso una richiesta consolare che si può effettuare attraverso il sito del ministero degli esteri, disponibile al link sottostante:

Questa comunicazione avviene tramite una modulistica messa a disposizione dall’Ufficio consolare competente entro 90 giorni dal trasferimento della residenza. La predetta iscrizione, che viene eseguita gratuitamente, è un diritto/dovere del cittadino. Essa comporta la cancellazione dall’Anagrafe della popolazione residente del Comune italiano di provenienza. L’iscrizione all’AIRE, assieme all’effettiva volontà di risiedere all’estero in modo stabile sono elementi fondamentali per trasferire all’estero la propria residenza fiscale. Infatti, eseguire un corretto trasferimento di residenza all’estero è il presupposto indispensabile per evitare di dover effettuare la doppia tassazione dei redditi esteri percepiti. Se sei interessato a capire come effettuare una corretta procedura di trasferimento di residenza all’estero ti lascio a questo articolo: Trasferimento di residenza all’estero: guida.

Iscrizione all’AIRE e tassazione dei redditi esteri

Ogni soggetto che si trasferisce all’estero per lunghi periodi è tenuto ad iscriversi all’AIRE, per essere considerato fiscalmente residente all’estero. Tuttavia, questa disposizione assume esclusivamente carattere formale (e non sostanziale). Affinché questa condizione possa essere soddisfatta, tuttavia, è necessario che l’iscrizione all’AIRE sia valida ed efficace per almeno 183 giorni nell’anno, ovvero per la maggior parte del periodo di imposta. Oltre al requisito formale dell’AIRE il contribuente deve dimostrare il proprio radicamento all’estero attraverso lo spostamento del suo “centro degli interessi vitali“, dimostrando l’affievolimento dei legami, familiari economici e patrimoniali con l’Italia. Soltanto in questo caso, infatti, per quel periodo di imposta il soggetto può validamente essere considerato residente all’estero. Condizione, questa, indispensabile per avere la facoltà di dichiarare in Italia soltanto i redditi ivi percepiti. Questo è quanto afferma l’articolo 2 del TUIR precedentemente citato.

Per questo ti consiglio di verificare sempre, quando ti sei iscritto all’AIRE. Mi riferisco alla comunicazione ricevuta di accettazione della domanda. Questo per capire se nell’anno devi considerarti obbligatoriamente residente, oppure se puoi andare ad analizzare la tua posizione ed i tuoi legami per valutare un possibile spostamento all’estero della residenza fiscale. Tieni presente che, comunque, accanto all’iscrizione devi essere in grado di provare che i tuoi interessi familiari ed economici si siano spostati dall’Italia all’estero. Per avere maggiori informazioni sull’iscrizione all’AIRE ti invito alla lettura di questo contributo: AIRE: Anagrafe dei residenti all’estero.

Le caratteristiche della dichiarazione dei redditi con proventi di fonte estera

Una volta chiarito il concetto di residenza fiscale, le situazioni cui può trovarsi di fronte un soggetto che ha lavorato all’estero sono due. In particolare, la variabile riguarda il Paese ove il soggetto risulti essere fiscalmente residente. Vediamo le due casistiche di seguito:

  1. Il contribuente risulta essere fiscalmente residente all’estero;
  2. Il contribuente risulta essere fiscalmente residente in Italia.

Caso 1 – il contribuente risulta residente fiscalmente all’estero

In questo caso il contribuente è tenuto a dichiarare i redditi solo nel Paese estero di residenza. Le uniche imposte dovute dal contribuente sono soltanto quelle estere. In Italia, in questo caso, i redditi esteri non devono essere dichiarati in virtù della residenza fiscale estera. In Italia devono essere tassati, in questo caso, soltanto eventuali redditi di fonte italiana.

Caso 2 – il contribuente risulta residente fiscalmente in Italia

Se il contribuente, nonostante la prestazione lavorativa estera, non possiede i requisiti per essere considerato fiscalmente residente nel Paese straniero è tenuto dichiarare in Italia i redditi esteri. Allo stesso tempo il soggetto espatriato è tenuto a dichiarare gli stessi redditi anche nel Paese straniero. Naturalmente, a meno che non vi siano disposizioni diverse all’interno dell’eventuale Convenzione contro le doppie imposizioni siglata con l’Italia.

E’ opportuno sottolineare, infatti, che esistono molti trattati bilaterali stipulati tra l’Italia e i Paesi stranieri volti ad evitare la doppia imposizione giuridica sui redditi prodotti all’estero. Questi trattati servono per disciplinare le singole pretese impositive di ogni stato. Nel caso in cui il soggetto debba dichiarare sia in Italia che nel Paese estero dei redditi formatisi nell’anno, questi saranno dichiarati nei quadri del Modello Redditi Persone Fisiche secondo la loro natura, esattamente come avviene per i redditi italiani (RC, RE, RF, RT, RL, etc.). In questo caso è possibile, ai sensi dell’articolo 165 del TUIR, recuperare le imposte estere dovute per competenza sui predetti redditi. Il recupero delle imposte estere avviene attraverso il calcolo di un apposito credito d’imposta. Ne parlerò in dettaglio di seguito.


Quali sono i redditi esteri per l’Italia?

Arrivati a questo punto occorre individuare quali sono i criteri per stabilire se un reddito sia o meno di fonte estera per l’Italia. Ci viene in aiuto, in questo senso, l’art. 23 del TUIR il quale fissa i criteri di collegamento in base ai quali un reddito può considerarsi prodotto in Italia. Ogni categoria reddituale ha il proprio criterio di collegamento:

  • 1. Redditi fondiari: sono tassati in Italia quando l’immobile si trova in Italia;
  • 2. Redditi da lavoro autonomo e dipendente: sono tassati in Italia quando la prestazione lavorativa è ivi svolta;
  • 3. Redditi da capitale: sono tassati in Italia quando il soggetto che li eroga risiede sul territorio italiano;
  • 4. Redditi d’impresa: sono tassati in Italia quando l’impresa ha sul territorio una stabile organizzazione;
  • 5. Redditi diversi: rileva il luogo in cui vengono svolte le attività o in cui si trovano i beni;
  • 6. Redditi da partecipazione imputati per trasparenza: residenza fiscale in Italia della società.

Sostanzialmente, un reddito si definisce prodotto all’estero quando:

  • 1. Il bene da cui promana è situato all’estero;
  • 2. L’attività attraverso cui sono prodotti è stata svolta all’estero;
  • 3. Il soggetto che ha corrisposto tali redditi è residente ai fini fiscali all’estero.

Problematiche operative di doppia imposizione giuridica

La tassazione dei redditi di fonte estera in capo alle persone fisiche fiscalmente residenti in Italia può generare fenomeni di doppia imposizione. In particolare quando anche gli ordinamenti tributari degli stati esteri prevedono:

  • Sistemi di imposizione dei redditi basati su presupposti di collegamentopersonale” con lo Stato (ad esempio, soggetti fiscalmente residenti ovvero cittadini di quello Stato);
  • Sistemi di imposizione basati su criteri di collegamentoterritoriale” (ad esempio, un soggetto non residente possiede un immobile in un altro Stato).
Doppia imposizione internazionale dei redditi: le casistiche
Doppia imposizione giuridica = uno stesso reddito viene tassato più volte in capo al medesimo soggetto
Doppia imposizione economica = uno stesso reddito viene tassato due volte ma in capo a soggetti differenti
Esempio di doppia imposizione giuridica del reddito
Ad es: un soggetto passivo IRPEF fiscalmente residente in Italia ma che produce elementi di reddito all’estero è soggetto:
✓ Ad una prima tassazione nello Stato estero in cui produce il reddito (criterio di collegamento territoriale);
✓ Ad una seconda tassazione in Italia (criterio di collegamento personale).
Fenomeno di doppia imposizione giuridica internazionale: lo stesso reddito subisce una doppia tassazione in capo al medesimo soggetto.

Tassazione del reddito da lavoro dipendente estero in Italia

In base al c.d. ‘‘principio della tassazione mondiale’’ (World Wide Taxation Principle), il soggetto con residenza fiscale italiana che lavora all’estero ha l’obbligo di pagare le imposte in Italia anche sui redditi prodotti all’estero. Questo, salvo che nelle convenzioni contro le doppie imposizioni stipulate con gli altri Paesi sia previsto diversamente. In particolare, il Modello OCSE di Convenzione per eliminare le doppie imposizioni, cui si ispirano gran parte delle convenzioni stipulate dal nostro Paese, all’articolo 15 disciplina la ripartizione della potestà impositiva del reddito derivante dall’attività di lavoro subordinato.

Articolo 15 del Modello OCSE sui redditi da lavoro dipendente

Tale articolo dispone, al riguardo, che:

Art. 15 modello OCSE – Redditi da lavoro dipendente
“i salari, gli stipendi e le altre remunerazioni che un residente di uno Stato contraente riceve in corrispettivo di un’attività dipendente sono imponibili soltanto in detto Stato. Questo, a meno che tale attività non venga svolta nell’altro Stato contraente. Se l’attività è quivi svolta, le remunerazioni percepite a tal titolo sono imponibili in questo altro Stato. Tuttavia, le remunerazioni che un residente di uno Stato contraente riceve in corrispettivo di un’attività dipendente svolta nell’altro Stato contraente sono imponibili soltanto nel primo Stato. Questo a condizione che, contemporaneamente:
Il beneficiario soggiorna nell’altro Stato per un periodo o periodi che non oltrepassano in totale i 183 giorni nel corso dell’anno fiscale considerato;
Le remunerazioni sono pagate da o per conto di un datore di lavoro che non è residente dell’altro Stato;
L’onere delle remunerazioni non è sostenuto da una stabile organizzazione o da una base fissa che il datore di lavoro ha nell’altro Stato”

La tassazione esclusiva nello stato di residenza del lavoratore

In deroga al principio generale sopra illustrato, il paragrafo 2 dell’art. 15 del modello OCSE prevede, a determinate condizioni, l’esenzione da tassazione nello Stato dove è svolta l’attività di lavoro dipendente e la tassazione nel solo Stato di residenza del lavoratore. La tassazione esclusiva nello Stato di residenza del lavoratore è subordinata al verificarsi di tutte le seguenti condizioni:

  • Il beneficiario soggiorni nello Stato in cui esercita l’attività di lavoro dipendente per un periodo (o per periodi) che non oltrepassa (oltrepassano) in totale 183 giorni nel corso di un periodo di 12 mesi, che inizi o che termini nell’anno fiscale considerato;
  • Le remunerazioni siano pagate da, o per conto di, un datore di lavoro che non è residente nello Stato dove viene svolta l’attività di lavoro dipendente;
  • L’onere delle remunerazioni non sia sostenuto da una stabile organizzazione, o da una base fissa, di cui il datore di lavoro dispone nello Stato in cui è svolta l’attività.

Lo scopo della deroga in esame è:

quello, da un lato, di consentire che brevi periodi di lavoro svolti al di fuori del Paese di residenza non assumano rilevanza fiscale in entrambi gli Stati contraenti e, dall’altro, di far sì che il contribuente renda conto del suo operato, ovviamente da un punto di vista fiscale, esclusivamente ad un unico ordinamento tributario, quello di residenza

Tabella riepilogativa sui criteri di collegamento nei redditi da lavoro dipendente

Permanenza all’esteroDatore di lavoro italianoDatore di lavoro estero
Sino a 183 giorniTassazione esclusiva in ItaliaTassazione concorrente in Italia e all’estero
Oltre 183 giorniTassazione concorrente in Italia e all’esteroTassazione concorrente in Italia e all’estero

La regola generale della tassazione concorrente nel lavoro dipendente estero

Pertanto, come regola generale è previsto l’assoggettamento ad imposizione concorrente nello Stato della fonte del reddito ed in quello di residenza del contribuente dei redditi da lavoro subordinato prodotti all’estero. Per questo motivo tali redditi devono essere assoggettati a tassazione sia in Italia sia nello Stato estero. In linea di principio, infatti, le Convenzioni non prevedono che sia un unico Stato, tra i due contraenti, ad assoggettare a tassazione un determinato tipo di reddito. Le norme convenzionali o quelle interne provvedono poi a porre dei rimedi a tale situazione di doppia imposizione economica del reddito. Questo avviene attraverso l’esenzione dei redditi prodotti all’estero o l’attribuzione di credito d’imposta sui redditi prodotti all’estero. Per approfondire: La tassazione dei redditi da lavoro dipendente di fonte estera.


Tassazione dei redditi da lavoro autonomo prodotti all’estero

La tassazione dei redditi da lavoro autonomo che un professionista italiano ritrae da prestazioni svolte all’estero, sono generalmente soggetti a tassazione nel Paese di residenza fiscale. Tutto questo, a meno che non vi sia la presenza di una base fissa (ufficio, locale, stanza) in cui il professionista esegue le sue prestazioni professionali all’estero. In questo caso la tassazione avviene anche nel Paese estero di erogazione della prestazione (limitatamente a quel fatturato). Sul punto vediamo che cosa prevede il modello di convenzione OCSE.

Articolo 14 della convenzione OCSE sui redditi da lavoro autonomo esteri

Vediamo adesso, prima di tutto, la definizione di attività professionali: “con l’espressione libera professione si comprende le attività indipendenti di carattere scientifico, letterario, artistico, educativo, pedagogico, nonché le attività indipendenti dei medici, avvocati, ingegneri, architetti, dentisti e contabili”.

In tema di lavoro autonomo la convenzione OCSE contro le doppie imposizioni, all’articolo 14, prevede, per quanto riguarda i redditi dei professionisti che:

Articolo 14 modello OCSE (abrogato, ma ancora in vigore in molte Convenzioni con l’Italia)
“i redditi che un residente di uno Stato contraente ritrae dall’esercizio di una libera professione o da altre attività di carattere indipendente sono imponibili soltanto in detto Stato, a meno che detto residente non disponga abitualmente nell’altro Stato contraente di una base fissa per l’esercizio delle sue attività.
Se egli dispone di una base fissa, i redditi sono imponibili nell’altro Stato, ma soltanto nella misura in cui sono imputabili a detta base fissa”…..

In linea generale la tassazione del reddito da lavoro autonomo avviene nello Stato di residenza del professionista, a meno che non vi sia base fissa nell’altro Stato. Da sottolineare come l’espressione “soltanto in detto Stato“, indichi come l’unica potestà impositiva sia dello Stato di residenza del professionista. In secondo luogo, invece, deve essere sottolineata la deroga alla normativa interna, secondo la quale il reddito da lavoro autonomo si considera prodotto nel territorio dello Stato se la prestazione è stata svolta nel territorio stesso. Tale deroga è subordinata all’assenza di una base fissa del professionista. Se, invece, il professionista dispone di una base fissa, il suo reddito è imponibile (anche) nello Stato in cui la prestazione è svolta.

La tematica è sicuramente complessa in quanto vi sono molti aspetti di approfondimento da analizzare, come il concetto di base fissa, l’applicazione di ritenute in uscita da parte del committente estero, la possibilità di non applicazione delle stesse ed il loro recupero, etc. Per questo motivo ti lascio a questo articolo di approfondimento dove ho trattato con maggiore dettaglio questo tema: La tassazione dei redditi da lavoro autonomo di fonte estera.


Tassazione dei redditi fondiari esteri in Italia

La tassazione del reddito fondiario prodotto all’estero da parte di un contribuente residente in Italia richiede particolare attenzione. Infatti, oltre alla tassazione dei redditi bisogna fare riferimento anche alla normativa sul monitoraggio fiscale di attività patrimoniali estere, di cui al quadro RW del modello Redditi PF. Detto questo andiamo a vedere cosa prevede l’articolo 6 del modello OCSE per quanto riguarda la tassazione internazionale dei beni immobili. Prima di tutto vediamo la definizione di beni immobili.

L’espressione beni immobili ha il significato che ad essa attribuisce il diritto dello Stato contraente in cui i beni stessi sono situati. L’espressione comprende in ogni caso gli accessori, le scorte morte o vive delle imprese agricole e forestali, i diritti ai quali si applicano le disposizioni del diritto privato riguardante la proprietà fondiaria, l’usufrutto di beni immobili e i diritti relativi a pagamenti variabili o
fissi per lo sfruttamento o la concessione dello sfruttamento di giacimenti minerari, sorgenti ed altre risorse naturali; le navi, i battelli e gli aeromobili non sono considerati beni immobili.

Articolo 6 del modello OCSE sulla tassazione dei redditi fondiari esteri

Come anticipato il criterio di collegamento utilizzato per la tassazione dei redditi fondiari esteri è quello che lega il bene immobile al territorio ove è situato.

Art. 6 modello OCSE – Redditi fondiari
I redditi che un residente di uno Stato contraente ritrae da beni immobili (compresi i redditi delle attività agricole e forestali) situati nell’altro Stato contraente sono imponibili in detto altro Stato. […] Le disposizioni del presente comma si applicano ai redditi derivanti dalla utilizzazione diretta, dalla locazione o da ogni altra utilizzazione di beni immobili

Mancando la locuzione “esclusivamente“, tali redditi si rendono imponibili sia nello Stato ove è situato l’immobile, sia nello Stato di residenza del soggetto percettore. Una volta verificato questo aspetto preliminare occorre capire se il reddito fondiario estero sia stato già tassato all’estero o meno. Infatti, possiamo trovarci di fronte a queste due ipotesi:

  • Se il reddito da locazione estera è stato tassato nello Stato estero, il reddito deve essere assoggettato a tassazione in Italia senza deduzione di spese. In questo caso spetta il credito per le imposte pagate all’estero;
  • Se il reddito da locazione estera non è stato tassato all’estero, compete in Italia la deduzione forfettaria del 5%, ai fini IRPEF.

La base imponibile per la tassazione in Italia

Tuttavia, la tassazione del reddito derivante dal possesso di immobili di proprietà di una persona fisica, concessi in locazione e situati all’estero, risulta critica sotto il profilo della corretta individuazione della base imponibile italiana. Nel caso in cui il reddito da immobili locati all’estero sia imponibile nello Stato estero: “l’ammontare dichiarato nello Stato estero deve essere dichiarato in Italia senza alcuna deduzione di spese“. Anche in questo caso le problematiche, di dettaglio, che si possono verificare sono molte. Per questo ti lascio a questo articolo di approfondimento dove ho analizzato la casistica: La tassazione dei redditi fondiari di fonte estera.


La tassazione del reddito di impresa all’estero

Il principio base per la tassazione del reddito di impresa è rappresentato dalla tassazione del reddito nello Stato di residenza fiscale dell’impresa. Questo, a meno che nell’altro Stato non sia presente una stabile organizzazione dell’impresa stessa. In questo caso il reddito derivante dalla stabile organizzazione viene tassato in questo secondo Stato. Questo è, sostanzialmente, quanto prevede l’articolo 7 del modello di convenzione OCSE. Particolarmente interessante è il paragrafo 2 dell’articolo 7 che individua come determinare il reddito da attribuire alla Stabile Organizzazione estera. E’ necessario, tenere presente il cd “at arm’s lenght principle“, secondo cui si deve attribuire alla Stabile Organizzazione il reddito tenendo conto delle funzioni svolte, dei beni utilizzati e dei rischi assunti dall’impresa attraverso la Stabile Organizzazione.

Il reddito della stabile organizzazione è riferito a quello che ci si aspetterebbe se si trattasse di un’impresa separata ed indipendente impegnata in attività uguali o similari, alle stesse analoghe condizioni (might be expected to make if it were a separate and indipendent enterprise engaged in the same or similar activities under the same or similar conditions). Il calcolo per la determinazione del reddito della stabile organizzazione deve tenere in considerazione i profitti nonché le perdite che derivano da tutte le attività, includendo le transazioni con le parti indipendenti, con le parti correlate e i rapporti con le altre parti dell’impresa. Per approfondire la tassazione del reddito di impresa prodotto all’estero tramite una stabile organizzazione di impresa italiana, ti lascio a questo articolo di approfondimento: La determinazione del reddito della stabile organizzazione estera.


Tassazione di redditi esteri a bordo di navi o aerei

Una particolare modalità di tassazione di redditi esteri è quella che riguarda i criteri di collegamento per l’esercizio attività lavorativa a bordo di:

  • Navi o aeromobili in traffico internazionale;
  • Battelli addetti al trasporto in acque interne

Tali redditi, ai sensi dell’articolo 8 del modello di Convenzione OCSE sono imponibili nello Stato ove è situata la sede della direzione effettiva dell’impresa (dove si trova il “place of effective management“). Tuttavia, il commentario all’articolo 8 dispone:

  • Una deroga al criterio generale di tassazione esclusiva prevedendo che gli Stati scelgano di tassare tali redditi solo nello Stato di residenza dell’impresa;
  • La possibilità di scegliere un metodomisto” secondo il quale allo Stato dove è posta la direzione effettiva spetterebbe la tassazione dei redditi. Mentre, allo Stato di residenza (che ovviamente deve essere diverso dal primo) si applica quanto previsto per l’eliminazione della doppia imposizione.

La definizione di “traffico internazionale

La definizione di “traffico internazionale” è rinvenibile nell’art. 3, paragrafo 1, lett. e), del Modello OCSE secondo il quale tale espressione si riferisce a qualunque trasporto marittimo o aereo eseguito da una impresa che ha la sede di direzione effettiva in uno Stato contraente, eccezion fatta per i trasporti effettuati unicamente tra località dell’altro Stato contraente. Il paragrafo 3 dell’art. 8, infine, menziona il caso in cui la sede di direzione effettiva della impresa che esegue il trasporto internazionale sia a bordo di una nave o di un battello, stabilendo che la tassazione avvenga nello Stato in cui è situato il porto di origine del barca o del battello (porto di immatricolazione o se mancante nello Stato di cui è residente l’esercente della nave o del battello).

Approfondimenti utili:


La tassazione dei dividendi esteri

L’articolo 10 della Convenzione OCSE tratta dei dividendi pagati da una società che risiede nello Stato A (lo Stato della Fonte dei dividendi) a una società o persona fisica, che risiede nello Stato B. L’articolo 10, ai paragrafi 1 e 2 attribuisce allo Stato della fonte un diritto impositivo limitato sui dividendi. Si tratta dello Stato in cui è residente la società che distribuisce i dividendi. Anche lo Stato della residenza del socio percipiente avrà diritti impositivi.

L’articolo si applica ai dividendi che fluiscono fra residenti di due diversi Stati contraenti: esso non si applica ai dividendi erogati fra soggetti residenti nello stesso Stato, o ai dividendi pagati e o erogati da residenti in un terzo Stato. Lo Stato della fonte può imporre una tassazione massima pari al 5% dell’ammontare lordo dei dividendi nel caso di distribuzione di utili infragruppo (ovvero, la partecipazione di una società nell’altra è pari almeno al 25% del capitale della società partecipata), e pari al 15% nel caso di dividendi legati a partecipazioni di investimento.

Nei trattati conclusi da alcuni Stati, la percentuale di ritenuta su dividendi infragruppo viene talvolta ridotta a zero. Lo stesso risultato è Stato ottenuto, anche se per una via diversa, relativamente ai dividendi infragruppo, distribuiti nell’ambito dell’Unione Europea. Dividendi che si qualificano per l’applicazione dei benefici di cui alla Direttiva madre-figlia.

Approfondimenti utili:


La tassazione degli interessi finanziari

L’articolo 11 del modello di Convenzione OCSE tratta le modalità di tassazione degli interessi erogati da un ente residente in uno Stato ad un altro soggetto residente in altro Stato. Tali interessi si rendono imponibili soltanto in questo secondo Stato. Con il termine interessi si includono i redditi derivanti da debiti di qualsiasi natura, siano essi garantiti o meno da ipoteca e la cui remunerazione concorra o meno al diritti di partecipazione agli utili.

Secondo tale definizione, gli interessi includono i redditi derivanti dai titoli del debito pubblico e il reddito da buoni o obbligazioni. Il termine include anche i premi e gli altri frutti annessi a tali titoli. Tuttavia, le penali relative ai ritardati pagamenti non sono considerate interessi ai fini del trattato. Le obbligazioni con il diritto di partecipazione sono considerati quali finanziamenti, a meno che il finanziamento non partecipi al rischio di impresa proprio dal debitore. In tal caso, gli interessi verranno trattati quali dividendi secondo il modello OCSE. Per approfondire: I regimi di tassazione delle attività finanziarie estere.


La tassazione delle royalty in ambito internazionale

L’articolo 12, par. 1, del modello OCSE di Convenzione contro le doppie imposizioni stabilisce che le royalties  transnazionali siano tassabili esclusivamente nello Stato di residenza del beneficiario effettivo. Il termine “beneficiario effettivo” viene utilizzato in questo articolo con la stessa accezione prevista agli articoli 10 e 11 della Convenzione OCSE. Molti Stati, tra cui l’Italia, tuttavia, hanno esplicitato una riserva relativamente al diritto esclusivo di tassazione attribuito allo Stato di Residenza. Tali Stati applicano una ritenuta, anche se ridotta, sulle royalties come in genere concordato nei trattati bilaterali.

Ad esempio, nella Convenzione tra Italia e Svizzera, le royalties in uscita dall’Italia sono soggette all’applicazione di una ritenuta in uscita del 5%.

Royalties: definizione

Le royalties sono i pagamenti per l’utilizzo o il diritto all’utilizzo di:

  • Diritti d’autore su opere di natura letteraria, artistica, o scientifica, fra cui anche le opere cinematografiche;
  • Brevetti, marchi, disegni e modelli, formule segrete e processi;
  • Le informazioni relative a esperienze di natura industriale, commerciale o scientifica (“know-how“).

I pagamento resi a fronte della fornitura di servizi di natura tecnica o per i servizi di direzione o management esplicitamente non rientrano nella definizione di royalties, sebbene molte autorità fiscali non applicano nella pratica tale concetto.

Cessione dei diritti ed il caso dei software

Il Commentario alla Convezione OCSE prevede che i pagamenti effettuati a fronte del trasferimento della piena proprietà di uno degli elementi che determinano la definizione di royalties non possono essere trattati come pagamento di royalties ai sensi dell’articolo 12. Ciò in quanto i pagamenti non sono effettuati con riferimento all’uso o al diritto all’utilizzo di tale bene in proprietà. Infine, il Commentario chiarisce che i pagamenti effettuati da un distributore di software al soggetto detentore dei diritti di autore per l’acquisto e la distribuzione delle copie di tale software (senza il diritto a riprodurre il software stesso) devono essere trattai come redditi di impresa piuttosto che come royalties. Per approfondire: Convenzione OCSE su dividendi e royalty.


La tassazione del capital gain in ambito internazionale

Per chi ha residenza fiscale in Italial e plusvalenze – o capital gain – su titoli esteri, si considerano prodotte in Italia, indipendentemente dalla nazionalità dell’intermediario o dell’ente o società che ha emesso le azioni o i titoli. Le plusvalenze realizzate da soggetti residenti all’estero derivanti da cessioni di azioni negoziate in mercati regolamentati non si considerano prodotte nel territorio dello Stato italiano, e dunque non sono tassabili in Italia, ma nello Stato di residenza fiscale.

Questo è quanto prevede l’articolo 13 del modello di Convenzione OCSE per quanto riguarda il capital gain. Sostanzialmente, in questo caso non si deve mai guardare allo Stato di erogazione del reddito o allo Stato di residenza dell’intermediario finanziario verso cui transita il reddito. L’unico Stato che ha collegamento (e quindi territorialità) con quel reddito è lo Stato di residenza fiscale del percettore del capital gain. Per approfondire: Capital gain internazionale: tassazione.


La tassazione internazionale di artisti e sportivi

Dal momento che il trattamento fiscale complessivo dei redditi prodotti dagli artisti e dagli sportivi a livello internazionale dipende dall’operatività delle regole tributarie vigenti nei singoli Paesi coinvolti, quali lo Stato della fonte del reddito e quello della residenza del contribuente, la disciplina fiscale internazionale prevede delle regole che mirano ad evitare:

  • Da un lato, i fenomeni di doppia imposizione dei medesimi redditi e,
  • Dall’altro, che detti redditi sfuggano al potere impositivo dei Paesi coinvolti.

Dette regole sono contenute nell’art. 17 del Modello OCSE di Convenzione contro le doppie imposizioni, al cui standard l’Italia si è attenuta per la stipula dei Trattati con i Paesi stranieri al fine di disciplinare l’imposizione dei redditi prodotti dagli artisti e dagli sportivi a livello transnazionale.

L’art. 17, par. 1, del Modello OCSE fa espresso riferimento, con i termini “artisti” e “sportivi”, all’artista di teatro, del cinema, della radio o della televisione, o nella qualità di musicista. Oppure come sportivo, stabilendo per tali soggetti regole particolari che derogano a quelle contenute negli articoli 7 e 15 del medesimo Modello di Convenzione che riguardano, rispettivamente, la disciplina dei redditi d’impresa e di lavoro dipendente.

Art. 17 modello OCSE – Artisti e sportivi
Nonostante le disposizioni degli articoli 14 e 15, i redditi che gli artisti dello spettacolo, quali gli artisti di teatro, del cinema, della radio o della televisione ed i musicisti, nonché gli sportivi ritraggono dalle loro prestazioni in tale qualità sono imponibili nello Stato contraente in cui dette attività sono svolte.

Il criterio di territorialità misto tra paese della Fonte e di prestazione artistica

Ebbene, in deroga a queste ultime regole, viene previsto che i redditi conseguiti dagli artisti e dagli sportivi a livello transnazionale possano essere tassati sia nello Stato della residenza del contribuente sia in quello della fonte in cui viene esercitata l’attività.

La scelta di prevedere la compartecipazione sia dello Stato della fonte sia di quello della residenza nella tassazione dei redditi di questi particolari contribuenti è dettato dall’esigenza di evitare che le prestazioni svolte dagli artisti e dagli sportivi all’estero possano sfuggire all’imposizione dello Stato della fonte per il solo fatto che esse abbiano breve durata o che non necessitino per la loro esecuzione di una base fissa d’affari.

Disciplina antielusva sulle “star company

Il par. 2 dell’art. 17 contiene una particolare disposizione antielusiva legata alla formazione di società da parte di sportivi ed artisti al solo scopo di evitare la tassazione del reddito, come visto al paragrafo precedente.

Art. 17 part. 2 modello OCSE – Artisti e sportivi
Quando il reddito proveniente da prestazioni personali di un artista dello spettacolo o di uno sportivo, in tale qualità, è attribuito ad una altra persona che non sia l’artista o lo sportivo medesimo, detto reddito può essere tassato nello Stato contraente ove dette prestazioni sono svolte, nonostante le disposizioni degli articoli 7, 14 e 15.

Per approfondire: La tassazione degli sportivi professionisti in ambito internazionale.


Redditi da pensione in ambito internazionale

La regola generale prevista nelle convenzioni OCSE è le pensioni corrisposte a soggetti non residenti sono tassate in modo diverso a seconda che si tratti di pensioni dei:

  • Lavoratori del settore privato;
  • Lavoratori del settore pubblico.

Vediamo, di seguito, le diverse modalità di tassazione dei redditi da pensione del settore privato e pubblico.

Tassazione della pensione del settore privato

Nelle convenzioni stipulate secondo il modello OCSE all’articolo 18 viene definita la modalità di tassazione della pensione privata. Si tratta del reddito da pensione percepita da soggetti residenti fiscalmente all’estero. Sul punto, la Convenzione afferma:

Articolo 18 Modello OCSE – Pensioni private
Fatte salve le disposizioni del paragrafo 2 dell’art. 19, le pensioni e le altre remunerazioni analoghe, pagate ad un residente di uno Stato contraente in relazione ad un cessato impiego, sono imponibili soltanto in questo Stato

In pratica, le pensioni dei lavoratori privati devono essere assoggettate a tassazione solo nello Stato di residenza fiscale del soggetto percettore. Questo, indipendentemente dal Paese ove egli abbia lavorato e maturato i requisiti pensionistici.

Avrai capito, quindi, che è fondamentale trasferirsi all’estero in modo conforme?!

Tassazione della pensione del settore pubblico

Le regole per la tassazione della pensione dei lavoratori del settore pubblico è sancito dall’articolo 19 del Modello di Convenzione OCSE. In particolare, l’articolo 19paragrafo 2, della Convenzione OCSE prevede quanto segue:

Articolo 19 Modello OCSE – Pensioni pubbliche
“2. a) Le pensioni corrisposte da uno Stato o da una sua suddivisione politica o amministrativa o da un suo ente locale, (per quanto riguarda l’Italia), o da un suo ente territoriale (per quanto riguarda la Francia) sia direttamente sia mediante prelevamento da fondi da essi costituiti, a una persona fisica in corrispettivo di servizi resi a detto Stato o a detta suddivisione od ente, sono imponibili soltanto in questo Stato.
b) Tuttavia, tali pensioni sono imponibili soltanto nell’altro Stato qualora il beneficiario sia un residente di detto Stato e ne abbia la nazionalità senza avere la nazionalità dello Stato dal quale provengono le pensioni”

La possibilità di ottenere una tassazione della pensione esclusivamente nello stato estero di residenza, non vale per i pensionati che sono stati dipendenti della Pubblica Amministrazione (pensionati ex Inpdap) emigrati all’estero. Per approfondire: Redditi da pensione in ambito internazionale.


Il credito per imposte pagate all’estero: applicazione per evitare la doppia imposizione

Il recupero delle imposte pagate all’estero deve essere effettuato compilando il quadro CE del Modello Redditi Persone Fisiche. Tale quadro riguarda il recupero della tassazione estera per tutte le tipologie di reddito che rientrano nell’ambito dell’imposta sulle persone fisiche. Il credito per imposta estere è calcolato in base alle imposte estere pagate dal contribuente. Esso, tuttavia, può essere pari, al massimo, alle imposte italiane dovute su quel reddito.

Il calcolo del credito di imposta può rivelarsi particolarmente complicato per i non addetti ai lavori. Per questo motivo ti consiglio di consultare sempre un Commercialista esperto di Fiscalità Internazionale. In questo modo potrai determinare il corretto credito da applicare in dichiarazione dei redditi.

Funzionamento del credito per imposte estere

La possibilità di eliminare fenomeni di doppia imposizione attraverso l’attribuzione di un credito di imposta è previsto sia a livello convenzionale, art. 23 del modello OCSE, ma anche nella normativa domestica all’art. 165 del TUIR.

Art. 23 modello OCSE – Metodo per eliminare la doppia imposizione

Art. 23, par. 2 modello OCSE – Credito per imposte estere
Se un residente di uno Stato contraente possiede elementi di reddito che sono imponibili nell’altro Stato, il primo Stato nel calcolare le proprie imposte sul reddito, specificate nell’art. 2 della Convenzione, può includere nella base imponibile di tali imposte detti elemento di reddito, a meno che espresse disposizioni della Convenzione non stabiliscano diversamente.
Il primo Stato deve dedurre dalle imposte così calcolate l’imposta sui redditi pagata nell’altro Stato, ma l’ammontare della deduzione non può eccedere la quota di imposta del primo Stato attribuire ai predetti elementi di reddito, nella proporzione in cui gli stessi concorrono alla formazione del reddito complessivo.
Nessuna deduzione è concordata ove l’elemento di reddito venga assoggettato a imposizione mediante ritenuta a titolo di imposta su richiesta del beneficiario di detto Stato.

Art. 165 TUIR – Credito per imposte estere

Ai sensi dell’articolo 165 comma 1 del DPR n. 917/86 in caso di redditi prodotti all’estero che concorrono a formare il reddito complessivo ai fini delle imposte dirette, le relative imposte  estere:

Art. 165 TUIR – Credito per imposte estere
“sono ammesse in detrazione dall’imposta netta dovuta fino a concorrenza della quota di imposta corrispondente al rapporto tra:
– I redditi prodotti all’estero, ed
– Il reddito complessivo del contribuente
Inoltre, “nel caso in cui il reddito prodotto all’estero concorra parzialmente alla formazione del reddito complessivo, anche l’imposta estera va ridotta in misura corrispondente

Questo, ad esempio, può essere il caso dell’applicazione delle retribuzioni convenzionali sui redditi da lavoro dipendente esteri. Oppure, per fare un altro esempio, sui dividendi esteri percepiti da soggetti in regime di impresa.

Detrazione o credito per imposte estere?

La possibilità di usufruire della detrazione oppure del credito di imposta dipende dal periodo in cui l’agevolazione deve essere fruita. Le convenzioni internazionali prevedono che l’agevolazione debba essere fruita nell’anno in cui è avvenuto il pagamento a titolo definitivo delle imposte estere. In particolare, possiamo avere due diverse fattispecie.

  • Pagamento delle imposte a titolo definitivo nello Stato estero avviene nello stesso periodo di imposta della dichiarazione italiana. In questo caso l’agevolazione, ovvero il credito si comporta come una detrazione. Non potendo essere maggiore dell’imposta netta italiana dovuta;
  • Pagamento delle imposte a titolo definitivo nello Stato estero avviene successive al periodo di imposta della dichiarazione italiana. In questo caso l’agevolazione, ovvero il credito funge da credito d’imposta. Nel senso che l’importo potrà eccedere l’imposta netta dell’anno di fruizione, ma sempre entro i limiti dell’imposta netta dell’anno di percezione del reddito estero.

Tassazione dei redditi esteri percepiti in Stati diversi

Se alla formazione del reddito complessivo concorrono redditi prodotti in più stati esteri, l’ammontare della detrazione deve essere determinato separatamente per ogni Stato. In altri termini, il calcolo per la determinazione del credito d’imposta spettante deve essere ripetuto. La ripetitività sarà tante volte quanti sono i Paesi esteri in cui si percepiscono redditi che concorrono alla formazione del reddito complessivo. L’ammontare della detrazione ammessa è pari alla somma delle singole detrazioni determinate con riferimento ai diversi Paesi di produzione dei redditi.


Istanza di rimborso delle imposte all’Agenzia delle Entrate

Una situazione particolare può venirsi a creare quando all’interno di una convenzione contro le doppie imposizioni è indicata una aliquota massima di imposta. E’ il caso ad esempio della ritenuta in uscita sulle royalties. Molto spesso, nelle convenzioni l’aliquota da applicare è inferiore rispetto all’aliquota prevista dallo Stato che ha erogato il Reddito (Stato della fonte). Ebbene, qualora il soggetto estero erogante il reddito abbia applicato la ritenuta più alta prevista dalla norma interna, e non quella ridotta prevista dalla convenzione non si applica il credito di imposta.

In questo caso, infatti, la procedura da seguire per l’applicazione della convenzione, è particolare. Se il soggetto percettore non può più chiedere la ritenuta ridotta convenzionale dovrà agire attraverso istanza di rimborso. L’Agenzia delle Entrate con la Risoluzione n. 104/2001 ha chiarito questo aspetto. In presenza di convenzioni contro le doppie imposizioni, qualora il prelievo sia stato effettuato nell’altro Stato contraente in misura eccedente l’aliquota prevista dal trattato, la maggiore imposta subita (vale a dire la differenza tra il prelievo effettivamente subito e l’aliquota convenzionale) non può essere recuperata attraverso il credito d’imposta. In questi casi il recupero avviene mediante un’istanza di rimborso da presentare alle autorità fiscali estere con le modalità e i termini stabiliti dalla relativa legislazione.

Oneri deducibili e detraibili in caso di percepimento di redditi di fonte estera

Un contribuente fiscalmente residente in Italia che si trova a percepire redditi di fonte estera, nel caso in cui questi rientrino nella base imponibile IRPEF, ha la possibilità di usufruire delle ordinarie deduzioni e detrazioni previste dalla normativa (TUIR) per i soggetti residenti. In questo modo, ad esempio, un lavoratore che percepire redditi da lavoro dipendente di fonte estera, in quanto residente in Italia, facendo confluire il reddito nella base imponibile IRPEF ha la possibilità di sfruttare gli oneri deducibili o detraibili che ha sostenuto nel corso del periodo di imposta.

Possono essere esempi, la detrazione per spese sanitarie, per le spese scolastiche dei figli, ma anche le detrazioni per ristrutturazione edilizia, riqualificazione energetica degli edifici, etc. Il mantenimento della possibilità di sfruttare oneri deducibili o detraibili è legata alla residenza fiscale del contribuente, e non alla tipologia di reddito percepito. Questo, a condizione che si tratti di un reddito che rientri nella base imponibile IRPEF.


Interpello in situazioni di incertezza

Il contribuente ha facoltà di presentare all’Amministrazione finanziaria un istanza di interpello. L’interpello serve a chiedere che l’Amministrazione finanziaria si esprima in situazioni di incertezza. In particolare, riguardo alla natura di un tributo estero non oggetto di convezione contro le doppie imposizioni. Questa facoltà è concessa ai sensi e per gli effetti dell’articolo 11, della Legge n. 212/00. Il contribuente ha la possibilità di presentare interpello nelle seguenti situazioni:

  • Esistenza di dubbi in merito ai nuovi tributi entrati in vigore successivamente rispetto a quelli nell’elenco originario della convenzione contro le doppie imposizioni;
  • Sussistenza di dubbi in merito alla natura del tributo estero qualora non sia stata stipulata una convenzione con il Paese estero.

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    Dottore Commercialista, Tax Advisor, Revisore Legale. Aiuto imprenditori e professionisti nella pianificazione fiscale. La Fiscalità internazionale le convenzioni internazionali e l'internazionalizzazione di impresa sono la mia quotidianità. Continuo a studiare perché nella vita non si finisce mai di imparare. Se hai un dubbio o una questione da risolvere, contattami, troverò le risposte. Richiedi una consulenza personalizzata con me.
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