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Plusvalenza da cessione di immobili: IRPEF o imposta sostitutiva?

Fisco NazionaleImmobili e Società immobiliariPlusvalenza da cessione di immobili: IRPEF o imposta sostitutiva?

Chi vende un bene immobile può richiedere al notaio, all'atto della cessione, l’applicazione di un’imposta sostitutiva dell’imposta sul reddito pari al 26%. La disposizione riguarda le plusvalenze realizzate per le cessioni a titolo oneroso di beni immobili (fabbricati e terreni agricoli) acquistati, costruiti o ricevuti in donazione da non più di cinque anni. In quest’ultimo caso, il periodo di cinque anni decorre dalla data di acquisto da parte del donante.

Le persone fisiche che cedono un bene immobile nei primi cinque anni dall’acquisto sono tenute a tassare l’eventuale plusvalenza derivante dalla cessione. La tassazione avviene, a scelta del contribuente, con:
– imposta sostitutiva del 26% al momento dell’atto (responsabile il notaio del versamento), oppure
– in dichiarazione dei redditi con tassazione IRPEF con possibilità di sfruttare oneri deducibili e detraibili.

Come si determina la plusvalenza immobiliare?

Sotto il profilo fiscale la plusvalenza immobiliare rappresenta il guadagno che il proprietario ottiene al momento della vendita di un bene immobile. La plusvalenza da cessione di immobili si determina come differenza positiva tra:

Il valore dell’immobile al momento della vendita
Il valore dell’immobile al momento dell’acquisto=

Quando la cessione di un bene immobile è tassata?

Nel nostro sistema tributario la tassazione della plusvalenza derivante dalla cessione di un bene immobile detenuto da persone fisiche (privati) riguarda soltanto le cessioni intervenute nei cinque anni dall’acquisto. In pratica, la tassazione è prevista solo per le operazioni speculative (quelle effettuate nei cinque anni dall’acquisto). Quindi, in tutti i casi in cui la cessione avvenga in un arco temporale più lungo dei cinque anni la tassazione non è mai soggetta a tassazione.

In modo pratico, quindi, un privato che cede un immobile dopo che è trascorso il periodo minimo di cinque anni, non può essere assoggettato a tassazione. La stessa regola riguarda anche la cessione di beni immobili detenuti all’estero. Tuttavia, occorre tenere presente che questa disposizione riguarda le cessioni che avvengono da parte di privati che non esercitano un’attività commerciale. Quando, invece, viene svolta attività commerciale, come ad esempio, l’acquisto e la rivendita di beni immobili, le cose cambiano.

Acquisto e rivendita di immobili: la plusvalenza deve essere tassata?

Come abbiamo visto la cessione di un bene immobile da privato consumatore non è soggetta a tassazione se non è operazione speculativa (effettuata oltre i cinque anni). A questo punto occorre approfondire anche gli effetti fiscali connessi all’effettuazione di operazioni speculative. Per la normativa fiscale la speculazione si ha in tutti i casi in cui il soggetto effettua in modo continuativo l’attività di acquisto e successiva rivendita (nei cinque anni) di beni immobili.

Ebbene, in questo caso l’eventuale plusvalenza maturata deve essere tassata, ma vi è anche un ulteriore obbligo a cui prestare attenzione. Infatti, i soggetti che intendono effettuare la cessione di immobili in maniera abituale e continuativa effettuano un’attività commerciale. Attività che richiede obbligatoriamente l’esercizio con partita IVA, e tutti gli altri adempimenti che ne conseguono,  da un punto di vista amministrativo, fiscale e previdenziale.

Quale norma disciplina la tassazione della plusvalenza immobiliare?

La norma che nel nostro sistema tributario disciplina la tassazione delle plusvalenze da cessione di immobili è l’art. 67, co. 1, lett. b) del TUIR, che riguarda i c.d. “redditi diversi“. All’interno di questa categoria reddituale rientrano i proventi che non sono conseguiti:

  • Nell’esercizio di arti o professioni;
  • Nell’esercizio di impresa commerciale (attrazione al reddito d’impresa).

Pertanto, in modo residuale possiamo dire che questa disposizione può trovare applicazione in caso di cessione di immobili con realizzazione di una plusvalenza da parte dei seguenti soggetti:

  1. Persone fisiche;
  2. Società semplici;
  3. Enti non commerciali;
  4. Soggetti non residenti privi di una stabile organizzazione nel territorio dello Stato, che realizzino plusvalenze mediante la cessione a titolo oneroso di beni immobili (esclusi i terreni edificabili) posseduti al di fuori dell’ambito dell’attività d’impresa eventualmente esercitata, nonché al di fuori dell’esercizio di arti o professioni.

Quando, invece, la plusvalenza è percepita da un soggetto che esercita attività di impresa questa confluisce alla formazione del reddito di impresa.

In particolare, l’art. 67 del TUIR prescrive che sono soggette a tassazione:

le plusvalenze realizzate mediante cessione a titolo oneroso di beni immobili acquistati o costruiti da non più di cinque anni, escluse le unità immobiliari urbane che per la maggior parte del periodo intercorso tra l’acquisto o la costruzione e la cessione sono state adibite ad abitazione principale del cedente o dei suoi familiari, nonché, in ogni caso, le plusvalenze realizzate a seguito di cessioni a titolo oneroso di terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria secondo gli strumenti urbanistici vigenti al momento della cessione. In caso di cessione a titolo oneroso di immobili ricevuti per donazione, il predetto periodo di cinque anni decorre dalla data di acquisto da parte del donante“.

In pratica, secondo la normativa fiscale, la plusvalenza da cessione di immobili è tassata solo se derivante da un mero fine speculativo. Per stabilire il fine speculativo il legislatore ha individuato alcuni parametri.

Le condizioni legate alla tassazione della plusvalenza immobiliare

Affinché si realizzi l’ipotesi di una plusvalenza tassabile ai sensi dell’articolo 67 del DPR n. 917/86 è necessario che:

  • L’immobile sia stato ceduto a titolo oneroso e cioè tramite: compravendita, permuta, conferimento in società;
  • L’immobile sia stato ceduti prima di cinque anni dal momento dell’acquisto o della costruzione. Obiettivo del legislatore è tassare l’intento speculativo;
  • L’immobile non deve essere stato adibito ad abitazione principale del cedente o dei suoi familiari nel caso si tratti di unità immobiliari urbane.

Quando la plusvalenza immobiliare non è tassata?

Ragionando al contrario, sono escluse da tassazione le cessioni di immobili che per la maggior parte del periodo intercorso tra l’acquisto/costruzione e la rivendita sono stati adibiti ad abitazione principale dal cedente o dai suoi familiari. Il criterio temporale di cinque anni, quindi, non trova applicazione nel caso in cui l’abitazione sia quella in cui il proprietario ha avuto la propria residenza (o quella di un suo familiare).

Questo per la maggior parte del tempo che è passato tra l’acquisto (o la costruzione) e la rivendita. In sostanza, la plusvalenza si realizza nel caso in cui tra l’acquisto e la rivendita sono decorsi meno di cinque anni. Ad esclusione degli immobili adibiti in tale periodo temporale ad abitazione principale dal cedente o dai suoi familiari. Inoltre, sono esenti da tassazione le plusvalenze da cessione di immobili pervenuti per successione ex art. 67, co. 1 lett. b) del TUIR.

Come si determina il quinquennio di detenzione dell’immobile?

Come abbiamo detto, la plusvalenza immobiliare è imponibile come reddito diverso se questa avviene entro i 5 anni dall’acquisto o dalla costruzione dell’immobile. Per la determinazione del quinquennio (momento iniziale del calcolo) occorre tenere in considerazione queste due casistiche:

  • In caso di cessione di immobili acquistato presso terzi, il quinquennio decorre dalla data dell’atto di acquisto ovvero, se diversa o successiva, da quella in cui si è prodotto l’effetto traslativo del diritto reale (es. acquisto della proprietà in capo al cedente);
  • In caso di cessione di fabbricati costruiti dal cedente, anche mediante il conferimento di appalto a terzi per l’esecuzione delle relative opere, ai fini del calcolo del quinquennio, quale termine iniziale rileva quello di ultimazione dell’edificazione.

In ogni caso, per quanto riguarda il termine finale del calcolo del periodo si deve prendere in considerazione la data in cui viene ceduto l’immobile (atto notarile). A questi fini non rileva il momento in cui avviene il pagamento del corrispettivo.

Calcolo del quinquennio in caso di ampliamento dell’immobile

L’Agenzia delle Entrate, con la Risposta ad interpello n. 560/E/2022 ha previsto la non imponibilità della plusvalenza da cessione di immobile posseduto da oltre 5 anni in caso di cessione avvenuta poco prima di interventi di ristrutturazione sullo stesso. In particolare, per il calcolo del quinquennio non rileva il fatto che l’immobile sia stato oggetto di intervento di ristrutturazione e di ampliamento.

Come si determina il valore della plusvalenza immobiliare tassabile?

L’articolo 68 del DPR n. 917/86 specifica inoltre che la plusvalenza da cessione di immobili è costituita dalla:

Art. 68 del TUIR
Differenza tra i corrispettivi percepiti nel periodo di imposta e il prezzo di acquisto o il costo di costruzione del bene ceduto, aumentato di ogni altro costo inerente al bene medesimo (da documentare analiticamente)

I costi inerenti possono riguardare l’acquisto o la costruzione dell’immobile. La decisione se includere o meno un costo, deve essere effettuata caso per caso. Comunque, è possibile riassumere che, in caso di acquisto dell’immobile i costi inerenti possono essere:

  • Tutte le spese notarili e accessorie sostenute all’atto dell’acquisto;
  • Le imposte indirette pagate al momento dell’acquisto (imposta di registro, imposta ipotecaria e imposta catastale, oppure l’IVA);
  • Le spese incrementative sostenute dopo l’acquisto e prima della cessione (es. manutenzione straordinaria, ristrutturazione edilizia);
  • Le spese sostenute per liberare l’immobile da servitù o altri vincoli;
  • Eventuali indennizzi e buone uscite corrisposte agli inquilini per ottenere il rilascio dell’immobile oggetto di cessione.

Per quanto riguarda, invece, i costi inerenti legati alla costruzione dell’immobile, possiamo dedurre le fattispecie di costo legate a:

  • Contratto di appalto;
  • Progettazione e a consulenze di vario genere;
  • Oneri comunali di urbanizzazione;
  • Incrementi sostenuti dopo la costruzione e prima della cessione (es. manutenzione straordinaria, ristrutturazione edilizia).

Una volta individuato il valore della plusvalenza immobiliare imponibile è necessario tenere in considerazione che l’imponibilità della stessa si ha nell’anno in cui il cedente percepisce il corrispettivo.

Tassazione della plusvalenza immobiliare tra IRPEF e imposta sostitutiva

Una volta determinata la plusvalenza da cessione di immobili, secondo la modalità appena vista, è necessario andare ad individuare qual è la modalità di tassazione più conveniente. La plusvalenza da cessione di immobili rappresenta, per il/i venditore/i, un reddito tassabile appartenente alla categoria “redditi diversi” (di cui all’articolo 67 del DPR n. 917/86). Il contribuente può optare per due tipi tassazione:

  • La tassazione ordinaria IRPEF della plusvalenza;
  • L’applicazione dell’imposta sostitutiva del 26% (20% fino al 31 dicembre 2019).
Come evitare di pagare la plusvalenza immobiliare?

Se rivendi il tuo immobile dopo 5 anni dall’acquisto, anche se generi un guadagno importante, la differenza d prezzo non rappresenta una plusvalenza, quindi non devi pagarci nessuna tassa sul “guadagno”. Le plusvalenze dopo 5 anni non sono assoggettate né a IRPEF nè imposta sostitutiva.

La tassazione ordinaria IRPEF

La plusvalenza da cessione di immobili confluisce nel reddito complessivo e si cumula agli altri redditi imponibili IRPEF (redditi da lavoro dipendente, pensione, etc). La plusvalenza deve essere tassata secondo le aliquote previste per i vari scaglioni di reddito IRPEF. Questo a partire dall’aliquota dello scaglione più basso, che è del 23%. In generale, quindi, maggiore è il reddito imponibile IRPEF, minore è la convenienza per la scelta di questo tipo di tassazione per la tua plusvalenza. Questa naturalmente è una regola generale. Tuttavia, come saprai, l’IRPEF è un’imposta “personale“, in quanto tiene conto di possibili deduzioni e detrazioni fiscali, legate alla situazione personale del contribuente.

Ai nostri fini gli oneri deducibili o detraibili del contribuente, andando ad incidere sulla tassazione IRPEF possono influenzare la convenienza di questo regime fiscale rispetto alla tassazione sostitutiva. In sostanza, maggiori sono gli oneri deducibili e detraibili di cui puoi beneficiare maggiore sarà la convenienza alla tassazione IRPEF della plusvalenza. Per aiutarti ad effettuare correttamente questa situazione di seguito puoi trovare la tabella con le aliquote IRPEF attualmente in vigore.

Tabella aliquote IRPEF

SCAGLIONI DI REDDITOALIQUOTA IRPEF
Fino a 28.000 euro di reddito23%
Da 28.000 euro a 50.000 euro di reddito35%
Oltre 50.000 euro di reddito43%

Imposta sostitutiva del 26%

Al momento della cessione, in sede di atto notarile, alla plusvalenza da cessione di immobili può essere applicata un’imposta sostitutiva (dell’IRPEF) del 26% (art. 1 co. 496 della Legge n. 266/2005). Resta fermo che non è invece possibile applicare il regime della tassazione separata.

Questo tipo di tassazione è alternativo alla tassazione ordinaria IRPEF indicata sopra. In questo caso il notaio è tenuto ad effettuare la funzione di sostituto d’imposta ed incasserà l’imposta sostitutiva per te per versarla all’Erario. La determinazione della plusvalenza tassabile è identica rispetto alla tassazione IRPEF, tuttavia, in questo caso non possono essere sfruttati gli oneri deducibili e detraibili IRPEF (deduzioni e detrazioni). L’imposta sostitutiva del 26% sulle plusvalenze immobiliari deve essere versata a cura del notaio tramite il modello F24, con le modalità previste dall’art. 17 del D.Lgs. n. 241/97.

Valutazioni di pianificazione fiscale

Quindi, come abbiamo visto, l’aliquota minima per la tassazione ad IRPEF della plusvalenza è del 23%, ma questa aliquota riguarda redditi fino a 15.000 euro. Per questo motivo, se già percepisci redditi imponibili IRPEF (come redditi da lavoro dipendente) è sempre (o quasi) conveniente chiedere al notaio che stipula l’atto di vendita l’applicazione dell’imposta sostitutiva del 26%. Infatti, in caso di cessione a titolo oneroso di fabbricati e terreni non edificabili, acquistati o costruiti da non più di cinque anni, all’atto della cessione e su richiesta della parte cedente resa al notaio, in deroga alla disciplina di cui all’articolo 67, sulle plusvalenze realizzate si applica un’imposta del 26% sostitutiva dell’imposta sul reddito.

Tale opzione rappresenta un duplice vantaggio per il contribuente, che oltre a conseguire l’applicazione dell’aliquotasecca” del 26%. Questo in luogo dell’aliquota IRPEF normalmente applicabile in caso di inserimento della plusvalenza nella dichiarazione dei redditi. Opzione meno vantaggiosa, soprattutto se si percepisco altri redditi imponibili IRPEF.

Il secondo vantaggio è la possibilità di essere esonerato per legge dai controlli fiscali straordinari e accertamenti induttivi previsti nelle medesime disposizioni. Il consiglio che posso darti è di valutare assieme ad un consulente fiscale l’effettiva convenienza fiscale tra le due possibili tassazioni per il tuo caso personale.

La tassazione della plusvalenza in dichiarazione dei redditi

La plusvalenza da cessione di immobili, qualora venga tassata ai fini IRPEF, deve essere riportata in dichiarazione dei redditi. Più precisamente nel quadro D del modello 730 o nel quadro RL del modello “Redditi PF“. Nel modello 730 in corrispondenza del rigo D4 deve essere indicato in colonna 1, il codice “2“. Mentre per chi presenta il modello “Redditi PF“, la plusvalenza trova spazio nel rigo RL6.

Come differenza tra i corrispettivi percepiti (da inserire in colonna 1) e il corrispondente prezzo di acquisto aumentato dei costi inerenti (da inserire in colonna 2). In questo modo la plusvalenza confluirà nel reddito complessivo Irpef del quadro RN scontando la tassazione ordinaria. Non devono essere riportate in dichiarazione dei redditi le plusvalenze da cessione di immobili per le quali è stata esercitata l’opzione per la tassazione sostitutiva del 26% in sede di stipula dell’atto notarile.

La detrazione IRPEF legata alle spese di ristrutturazione dell’immobile

Quando il soggetto che ha venduto l’immobile ha effettuato precedentemente una ristrutturazione edilizia sullo stesso e si è avvalso della detrazione valida ai fini IRPEF, ci si chiede se sia possibile o meno mantenerla anche dopo la cessione dello stesso immobile.

Ebbene, su questo tema la normativa prevede che in caso di trasferimento per atto tra vivi dell’immobile, per il quale ci si è avvalsi della detrazione ai fini IRPEF per gli interventi di ristrutturazione, nelle quote annue di detrazione, non ancora utilizzate al momento del trasferimento, subentra la parte acquirente, il quale, pertanto potrà usufruire della detrazione non ancora utilizzata dal soggetto venditore (ricordiamo che la detrazione concessa deve essere spalmata in 10 quota di pari importo). Tuttavia, le parti possono accordarsi nel senso di evitare tale subentro, con conseguente riserva a favore dell’alienante della detrazione non ancora utilizzata. In mancanza di accordo tra le parti, formalizzato con apposita clausola da inserire nell’atto traslativo, la detrazione residua passa automaticamente all’acquirente.

Situazioni particolari

Cessione di immobile acquisto per donazione: la plusvalenza è tassabile?

Per effetto delle modifiche introdotte dal D.L. n. 223/2006 sono state ampliate le ipotesi di tassazione delle plusvalenze realizzate da persone fisiche. In particolare, quelle derivanti dalla cessione a titolo oneroso di immobili acquistati o costruiti da meno di cinque anni. Infatti, l’articolo 37 comma 38 del D.L. n. 223/06 ha modificato l’articolo 67, comma 1, lettera b) del DPR n. 917/86 eliminando l’esclusione da tassazione degli immobili ricevuti per donazione. A seguito dell’intervento del Legislatore si è prodotta l’equiparazione del trattamento fiscale previsto:

  • Nell’ipotesi in cui l’acquisizione sia avvenuta per donazione, a quello
  • Stabilito per le cessioni di immobili acquistati a titolo oneroso.

In caso di cessione a titolo oneroso di immobili ricevuti per donazione, il predetto periodo di cinque anni decorre dalla data di acquisto da parte del donante. La disposizione normativa prevede una sorta di trasparenza dell’atto di donazione per la determinazione del periodo quinquennale di detenzione. In quanto, ai fini della tassazione o meno della plusvalenza (in caso di successiva cessione dell’immobile a titolo oneroso), il periodo di possesso rilevante deve tener conto (sommandoli) del periodo di possesso del donatario/cedente e del donante.

Cessione di immobili costruiti dal cedente: la plusvalenza è tassabile?

Nel caso di immobili costruiti, per il computo del quinquennio utile per evitare la tassazione, è necessario individuare il momento iniziale del possesso. L’Amministrazione Finanziaria con la R.M. 231/E/2008 ha precisato che in caso di fabbricati in costruzione, il decorso del periodo quinquennale agli effetti del citato articolo 67, decorra dal momento in cui l’immobile è stato realizzato. Tale momento coincide con quello in cui l’immobile è idoneo ad espletare la sua funzione ovvero ad essere destinato al consumo.

Cessione di abitazione principale: la plusvalenza è tassabile?

La regola generazione di tassazione della plusvalenza da cessione di immobili prevede l’imposizione per le cessioni speculative. Ovvero cessioni avvenute nei cinque anni dalla costruzione o dall’acquisto. Tuttavia, nel caso in cui si ceda la propria abitazione principale le cose cambiano. Non deve essere assoggettato a tassazione la cessione del fabbricato in cui si risiede, anche nei primi cinque anni dall’acquisto o dalla costruzione. Questo nel caso in cui l’abitazione, per la maggior parte del periodo tra l’acquisto e la vendita, sia stata adibita ad abitazione principale da parte del proprietario o dei suoi familiari. La condizione deve essere rispettata per la “maggior parte del periodo tra l’acquisto e la vendita”. Ciò vuol dire che la condizione risulta rispettata quando, ad esempio, l’immobile risulta posseduto da tre anni ed è stata adibita ad abitazione principale per due anni (R.M. 213/E/2007).

Secondo quanto previsto dalla Risoluzione n. 105/E/2007 l’esimente è legata ad immobili destinati ad abitazione principale che sono classificati o classificabili nelle categorie catastali del gruppo A (ad eccezione di A/10) ove venga provata la sussistenza dell’idoneità all’uso abitativo.

Definizione di abitazione principale:
In merito alla nozione di abitazione principale, ciò che rileva non è tento il profilo formale (annotazione nei registri dell’anagrafe del comune). Bensì, l’effettiva utilizzazione dell’immobile.
La destinazione dell’immobile ad abitazione principale, potrà essere dimostrata, a prescindere dall’iscrizione anagrafica, attraverso l’esibizione delle utenze, domiciliazione di c/c bancari, ecc.

L’esclusione dall’imponibilità della plusvalenza riguarda anche la pertinenza dell’abitazione principale sempre che la stessa venga ceduta assieme all’abitazione. In caso di cessione separata della stessa venendo meno il vincolo di strumentalità della stessa rispetto al bene principale, la plusvalenza deve essere assoggettata a tassazione come reddito diverso. Questo, sempre a condizione che la cessione avvenga nel quinquennio e separatamente dall’abitazione principale.

Per quanto riguarda l’individuazione dei familiari, è necessario prendere a riferimento l’art. 5, co. 5 del TUIR, ove si intendono familiari:

  • Il coniuge anche se separato;
  • I parenti entro il 3° grado;
  • Gli affini entro il 2° grado.

Cessione di aree edificabili

La cessione di terreni a titolo oneroso da parte di privati può generare un reddito nel caso in cui vengano verificate le condizioni previste nel co. 1, lett. a) e b) dell’art. 67 del TUIR. Secondo tale disposizione è imponibile la differenza tra i corrispettivi percepiti ed il costo o valore fiscale di acquisto, aumentato dei costi inerenti. In particolare, si tratta di plusvalenze realizzate mediante:

  • La lottizzazione di terreni o l’esecuzione di opere intese a renderli edificabili e la successiva vendita anche parziale, dei terreni o degli edifici;
  • La cessione a titolo oneroso di immobili (terreni e fabbricati) acquistati o costruiti da non più di 5 anni;
  • La cessione a titolo oneroso di terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria secondo gli strumenti urbanistici vigenti al momento della cessione;
  • L’espropriazione dei terreni.

L’aspetto rilevante, quindi, è dato dal fatto che si realizza sempre una plusvalenza (come reddito diverso) la cessione di terreni edificabili, mentre per quelli agricoli la plusvalenza rileva solo se tra l’acquisto e la cessione non sono intercorsi più di 5 anni. La plusvalenza è esclusa nel caso in cui il terreno sia stato acquisito per successione o donazione. Di fatto l’art. 67, co. 1, lett. b) prevede la tassazione della plusvalenza realizzata a seguito di cessione di terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria. La plusvalenza è determinata come differenza tra i corrispettivi percepiti dalla vendita (nel periodo di imposta) ed il prezzo di acquisto aumentato dei costi inerenti al bene (es. spese per la realizzazione di opere di urbanizzazione).

Per le plusvalenze derivanti dalla cessione di terreni edificabili non è possibile l’applicazione da parte del notaio dell’imposta sostitutiva del 26% (in quanto possibile solo per la cessione di terreni non edificabili o fabbricati).

Cos’è un’area edificabile?

Secondo l’art. 36, co. 2 D.L. n. 223/06 è considerata un’area edificabile un’area utilizzabile a scopo edificatorio in base allo strumento urbanistico generale adottato dal Comune, indipendentemente dall’approvazione della regione e dall’adozione di strumenti attuativi del medesimo. In pratica l’area edificabile è legata alle prescrizioni del piano regolatore generale (PRG) o della relativa variante adottati dal Consiglio comunale con propria delibera.

Cessione di terreni agricoli

Come anticipato la cessione di terreni agricoli da parte di persone fisiche non imprenditori genera plusvalenza solo se la cessione avviene nell’arco di cinque anni dall’acquisto. La cessione di terreno agricolo posseduto dal oltre 5 anni non genera materia imponibile. Pertanto, tale reddito non deve essere dichiarato. Nel caso di cessione nell’arco del quinquennio, ai sensi del co. 1, lett. b) dell’art. 67 del TUIR, l’emersione di una plusvalenza genera reddito diverso.

Questo, nel caso in cui il corrispettivo incassato superi il costo storico di acquisto aumentato dei costi inerenti. In alternativa alla tassazione IRPEF come reddito diverso il contribuente ha la possibilità di chiedere al notaio rogante l’applicazione dell’imposta sostitutiva del 26% (art. 1, co. 496 Legge n. 296/06). Da notare la possibilità, di sfruttare possibili rivalutazioni del costo o valore di acquisto del terreno con imposta sostitutiva al fine di sfruttare tale regime in ottica della cessione.

Cessione di aree che comprendono fabbricati da demolire

Per quanto riguarda la cessione di aree che comprendono fabbricati da demolire si è espressa l’Amministrazione finanziaria con la Risoluzione n. 395/E/2008. Sulla base di questo documento i fabbricati rientranti in un piano di recupero si devono trattare alla stregua di terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria, con emersione di plusvalenze imponibili, ex art. 67, co. 1, lett. b) del TUIR.

Cessione di beni immobili precedentemente frazionati

Per quanto riguarda la vendita di immobili precedentemente frazionati è necessario capire se il computo del quinquennio entro il quale le plusvalenze sono imponibili decorre dal momento dell’acquisto o dal momento del frazionamento del bene. A venirci in aiuto è lo Studio 31 gennaio 2020 n. 182-2019/T, § 2.2.1 del Consiglio nazionale del notariato. Secondo questo documento è necessario individuare se:

  • Il frazionamento rientra tra gli interventi di manutenzione ordinaria o straordinaria di cui all’art. 3 comma 1 lett. a) e b) del DPR n. 380/01. In questo caso, trattandosi di un frazionamento di portata “minore”, come tale non idoneo a segnare una discontinuità rispetto all’acquisto dell’immobile stesso. Il quinquennio va dal momento di acquisto dell’immobile;
  • Il frazionamento rientra tra gli interventi di restauro e di risanamento conservativo, ristrutturazione edilizia e di nuova costruzione, come individuati dall’art. 3 comma 1 lett. c), d) ed e) del DPR n. 380/01, in quanto risultato di un intervento edilizio di più ampia portata, le unità immobiliari frazionate potrebbero risultare “costruite” ex novo. Il quinquennio va dl momento di effettuazione del frazionamento.

Sul tema è intervenuta anche l’Agenzia delle Entrate con la Risoluzione n. 219/E/08 la quale ha chiarito quanto segue: “la vendita delle unità immobiliari risultanti dal frazionamento dell’appartamento non determina plusvalenza tassabile, sempreché lo stesso sia stato destinato ad abitazione principale dal contribuente o dai suoi familiari per la maggior parte del tempo intercorrente tra la data d’acquisto dell’immobile, successivamente frazionato, e la data di vendita di entrambi gli appartamenti risultanti dal frazionamento ovvero le date delle singole cessioni, se effettuate separatamente”.


Il termine di prescrizione ed accertamento sulle plusvalenze immobiliari

Un aspetto importante riguarda poi i termini a disposizione dell’Amministrazione finanziaria per accertare l’eventuale plusvalenza da cessione di immobili. La plusvalenza rappresenta un reddito imponibile IRPEF che, se non si è scelto la tassazione separata, deve essere indicata nella dichiarazione dei redditi. Per questo motivo, ai fini del calcolo dei termini di prescrizione dell’accertamento è necessario tenere in considerazione questi termini:

  • Entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello di presentazione. In caso di corretta presentazione della dichiarazione dei redditi o Iva (in luogo del quarto anno) da parte del contribuente;
  • Entro il 31 dicembre del settimo anno successivo rispetto a quello in cui avrebbe dovuto essere presentata la dichiarazione. In caso di dichiarazione omessa o nulla (in luogo del quinto anno), da parte del contribuente.

Questo aspetto assume importante valenza, per valutare se un atto ricevuto è legittimo, oppure prescritto. Per approfondire: “Termini di prescrizione per le imposte indirette“.


Consulenza fiscale online

Le tasse sulla vendita della casa sono da sempre un aspetto da non sottovalutare. La tassazione della plusvalenza immobiliare riguarda sia gli immobili detenuti in Italia, che gli immobili esteri. Non vi sono discriminanti.

La plusvalenza può essere assoggettata a tassazione separata, oppure a tassazione IRPEF in dichiarazione dei redditi. Tutto questo se la cessione viene considerata speculativa, quindi entro i cinque anni dall’acquisto. Questo a meno che non si tratti dell’immobile ove si è stabilito la propria residenza. Quando ci si trova a dover pagare le imposte sulla plusvalenze è sempre opportuno valutare bene la situazione. Per questo, in caso di dubbio, non esitate a contattarmi per una consulenza fiscale. Segui il link seguente per metterti in contatto con me!

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