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Tassazione degli immobili in Italia: le regole

Fisco NazionaleImmobili e Società immobiliariTassazione degli immobili in Italia: le regole

Tutte le tasse, le imposte e gli oneri fiscali che gravano sui proprietari di beni immobili. Possesso, trasferimento o messa a reddito degli immobili generano fattispecie tributarie.

La tassazione sugli immobili rappresenta da sempre un aspetto molto importante per milioni di italiani che possiedono a vario titolo un abitazione. Oggi possedere una abitazione comporta anche un’adeguata conoscenza della normativa fiscale di riferimento. Infatti, la detenzione di immobili, la loro messa a reddito o la loro cessione comporta il pagamento di alcune imposte sia dirette che indirette.

Conoscere prima l’importo di queste imposte, per quanto possibile, può essere di aiuto se stai pensando di effettuare un investimento tramite l’acquisto di un bene immobile. In questa guida ho deciso di parlarti di tasse immobiliari legate al soggetto titolare di un diritto reale sulla casa. La tassazione immobiliare in Italia è sicuramente elevata.

Tassare gli immobili è sicuramente conveniente per lo Stato, che li considera come fattispecie impositive. Per questo motivo questa guida può esserti utile se vuoi conoscere la tassazione di immobili in Italia. Vediamo, quindi, tutte le modalità di tassazione (diretta e indiretta) che vedono coinvolti i beni immobili.


Che cosa sono gli immobili?

I beni immobili sono costituiti da due categorie di beni:

  • I terreni ed
  • I fabbricati.

Entrambi sono considerati dall’Amministrazione finanziaria un presupposto utile per identificare la capacità contributiva del contribuente. Per questo motivo il nostro legislatore ha da sempre previsto una particolare tassazione immobiliare. Indicativamente la tassazione immobili compisce il:

  • Reddito derivante da immobili. Il reddito da locazione deve essere tassato ad IRPEF oppure a cedolare secca il reddito fondiario percepito dal titolare di diritto reale su beni immobili;
  • Possesso dell’immobile. Il possesso di un immobile è indice di capacità contributiva. Per questo motivo è previsto il pagamento di imposte patrimoniali: IMU e TARI. Si tratta di imposte che gravano sul titolare del diritto reale sull’immobile;
  • Trasferimento dell’immobile. Può trattarsi di cessione oppure di trasferimento mortis causa (successione), oppure attraverso la donazione. Anche in questo caso è prevista una specifica tassazione immobiliare.

In particolare, le tipologie di tassazione sugli immobili possono derivare dai tre presupposti sopra indicati. Arrivati a questo punto vediamo, in dettaglio, le fattispecie in grado di generare capacità contributiva legate agli immobili in Italia. Questi presupposti impositivi sono importanti anche per eventuali soggetti non residenti che possono decidere di investire in immobili in Italia.


Tassazione immobili: il trasferimento di proprietà

La prima fattispecie da esaminare è quella legata al trasferimento dell’immobile. Questa fattispecie è considerata come indice di capacità contributiva del venditore, che per questo è soggetto a tassazione. Il trasferimento di immobili nel nostro ordinamento giuridico può avvenire, generalmente, in base a due tipologie di avvenimenti:

  • Il trasferimento a titolo oneroso per atto tra vivi;
  • La donazione o la successione ereditaria.

Vediamo in dettaglio queste due forme di tassazione immobili in Italia.

Trasferimento di immobili mediante compravendita

Nel caso di trasferimento mediante compravendita, le imposte applicate sui beni immobili sono:

Si tratta di imposte indirette dovute dal soggetto acquirente.

Plusvalenza da cessione immobile per il venditore

Per quanto riguarda il venditore dell’immobile, questi è tenuto a tassare l’eventuale plusvalenza derivante dalla vendita. La plusvalenza è imponibile fiscalmente solo se l’immobile è detenuto da meno di cinque anni (dall’acquisto). Altrimenti, in caso di detenzione ultra quinquennale oppure se l’immobile è stato detenuto come “abitazione principale” nel maggior periodo intercorrente tra acquisto e cessione, non vi è imposizione. Questi aspetti sono stati approfonditi in questo articolo a cui ti rimando: “Plusvalenza da Cessione di Immobili: IRPEF o imposta sostitutiva?“.

Su questo aspetto è particolarmente importante valutare la propria situazione con il notaio per capire l’imponibilità fiscale e valutare l’opzione migliore tra la ritenuta del 26% che effettua il notaio o la tassazione come reddito diverso in dichiarazione dei redditi.

Trasferimento di proprietà: regole generali

In generale, comunque, per gli atti di trasferimento di immobili soggetti a IVA, non si applica l’imposta proporzionale di registro (principio di alternatività). Questo significa che l’imposizione indiretta tra IVA ed Imposta di registro è alternativa. Sono comunque dovute, generalmente in misura fissa, le imposte di registro, ipotecaria e catastale.

Trasferimento di immobili per donazione o successione

Nei trasferimenti di immobili per donazione (o successione) sono dovute altre imposte indirette. In particolare:

  • L’imposta di successione e di donazione, che varia a seconda del rapporto di parentela o di coniugio tra il disponente e i beneficiari, e
  • Le imposte ipotecaria e catastale.

In questo caso il pagamento delle imposte deve passare per atto notarile oppure in caso di successione per dichiarazione di successione.

Quando e come si applica l’imposta di successione?

L’imposta sulle successioni si applica ove sussista un trasferimento di beni, dal quale scaturisce un arricchimento per il soggetto tassato. In pratica, il presupposto impositivo dell’imposta di successione riguarda il trasferimento di ricchezza che deriva dal trasferimento mortis causa.

Ai sensi dell’art. 2co. 48 del D.L. n. 262/06 l’imposta di successione si applica “ai trasferimenti di beni e diritti per causa di morte“. Questo significa che ogni trasferimento di beni che derivi dall’apertura di una successione mortis causa, è oggetto dell’imposta di successione.

Territorialità dell’imposta di successione

L’imposta sulle successione è dovuta in relazione a tutti i beni e diritti trasferiti per successione, ancorché esistenti all’estero. Tuttavia, qualora alla data di apertura della successione, il defunto non era fiscalmente residente in Italia, l’imposta di successione si applica limitatamente ai beni esistenti in Italia. Deve essere considerato, inoltre, il fatto che l’Italia ha stipulato 7 Convenzioni contro le doppie imposizioni specificatamente rivolte all’applicazione dell’imposta di successione. In particolare, le convenzioni stipulata dall’Italia riguardano i seguenti Stati: Danimarca, Francia, Regno Unito, Grecia, Israele, Stati Uniti d’America, Svezia. Naturalmente, in mancanza di Convenzioni, l’art. 26 del D.Lgs. n. 346/90 prevede un credito di imposta a favore del beneficiario della successione che venga tassato sia in Italia che all’estero per i beni situati fuori dall’Italia.

Per approfondire: “Imposta di successione: aspetti internazionali“.

Quali sono le aliquote?

L’imposta sulle successioni si applica con aliquote determinate sulla base del rapporto di parentela o affinità esistente tra il defunto ed il beneficiario del trasferimento (erede o legatario). Il legislatore ha previsto l’applicazione di specifiche franchigie al di sotto delle quali non è dovuta alcuna imposta. Di seguito andiamo a riepilogare in modo schematico le aliquote, per ciascun beneficiario, dell’imposta di successione e le franchigie (ove previste).

È opportuno precisare che la franchigia trova applicazione in relazione al singolo trasferimento di patrimonio operato a favore del singolo beneficiario. Questa tassa va saldata entro tre anni dalla presentazione della dichiarazione di successione, o entro 5 anni se questa non viene presentata. Il pagamento della tassa di successione può avvenire tramite modello F24, come per altri tipi di tasse.


Tassazione Immobili: le imposte sul reddito

La messa a reddito dell’immobile mediante locazione è presupposto che genera applicazione di imposte dirette. In generale il percepimento di redditi da locazione comporta il pagamento, alternativamente di:

  • IRPEF, oppure
  • Cedolare secca.

Per quanto riguarda l’IRPEF, i redditi degli immobili sono cumulati con gli altri redditi del possessore e tassati secondo le aliquote previste per tale imposta. Poiché le aliquote IRPEF sono progressive, uno stesso reddito proveniente da immobili può essere tassato, quindi, in misura più o meno elevata a seconda del reddito complessivo nel quale è confluito. Con la tassazione IRPEF il canone di locazione è imponibile al 95% dell’ammontare dello stesso (la tassazione avviene per competenza, e non secondo il principio di cassa), per tenere conto forfettariamente di costi sostenuti.

Per evitare questa problematica può essere conveniente l’applicazione della cedolare secca. Si tratta di un’imposta sostitutiva dell’IRPEF e delle addizionali, applicabile sui contratti di locazione di immobili abitativi conclusi tra persone fisiche, che non esercitano attività di impresa, o di arte o professione. In questo caso il reddito imponibile è il 100% del canone di competenza, senza alcuna deduzione.

La valutazione di un’imposta oppure un’altra è una scelta che deve essere fatta singolarmente da persona a persona in relazione alle proprie caratteristiche fiscali individuali. Ho approfondito questa valutazione in questo articolo: “Tassazione delle locazioni abitative: Irpef o cedolare secca?“.

Tassazione dei canoni di locazione

L’IRPEF e le relative addizionali (regionale e comunale) non sono dovute sui fabbricati assoggettati all’Imposta municipale propria (IMU), tenuti a disposizione. Questo, a meno che gli immobili non si trovino nello stesso Comune ove è situata l’abitazione principale del proprietario. In questo caso la rendita catastale degli immobili concorre alla formazione del reddito imponibile IRPEF. In ogni caso, tali immobili devono comunque essere dichiarati nel quadro RB del modello Redditi Persone Fisiche (o quadro B del modello 730) i dati di tutti gli immobili posseduti.

L’esclusione riguarda gli immobili che non producono reddito di fabbricati (tra cui, gli immobili adibiti esclusivamente alla propria attività professionale e d’impresa, i fabbricati rurali destinati all’agriturismo, quelli destinati all’esercizio del culto, le costruzioni strumentali alle attività agricole, etc). Tenuto conto di quanto appena detto, il reddito da assoggettare a tassazione Irpef è calcolato tenendo conto anche dei beni immobili concessi in locazione. Sempre che non sia stato scelto il regime di tassazione della “cedolare secca“.

Per approfondire questo aspetto: “Effetto sostitutivo IMU/IRPEF sugli immobili non locati“.

Tassazione IRPEF dei canoni di locazione

Nel caso in cui l’immobile venga locato, con contratto a canone libero, concordato, oppure transitorio o turistico, il reddito da locazione viene assoggettato a tassazione IRPEF. Tale reddito andrà, con le modalità seguenti, a costituire il reddito complessivo IRPEF del titolare del diritto reale sull’immobile. In pratica, se per il fabbricato locato non si è scelto il sistema della “cedolare secca“, nella dichiarazione dei redditi deve essere indicato:

  1. Il canone di locazione ridotto del 5% (articolo 4, comma 74, della Legge n. 92/2012);
  2. Il canone ridotto del 25%, per i fabbricati situati nella città di Venezia centro e nelle isole della Giudecca, Murano e Burano;
  3. Il canone ridotto del 35%, se l’immobile è riconosciuto di interesse storico o artistico.

Se il fabbricato si trova in un comune ad alta densità abitativa ed è locato a “canone concordato“, in base agli accordi territoriali definiti tra le organizzazioni dei proprietari e degli inquilini più rappresentative a livello nazionale, è prevista un’ulteriore riduzione del 30% del canone.

Tassazione a cedolare secca dei canoni di locazione

Al posto della tassazione IRPEF il contribuente ha la possibilità di optare per la tassazione con cedolare secca. In questo caso, come detto, deve essere indicato in dichiarazione il valore pari al 100% dei canoni di locazione del periodo di imposta. Questo significa che le eventuali spese sostenute per la locazione, non potranno essere dedotte in alcun modo dal reddito. Aspetto importante sulla cedolare secca è che la stessa può essere utilizzata anche in alcuni casi particolari di sublocazione. Si tratta delle sublocazioni effettuate per concedere al soggetto che prende il affitto di effettuare locazioni turistiche della durata inferiore a 30 giorni sull’immobile. L’affittuario può in questo caso applicare la cedolare secca sulle locazioni turistiche.

In linea generale la tassazione con cedolare secca prevede una aliquota di tassazione del 21% del canone, per i contratti a canone concordato l’aliquota scende al 10%. Di fatto, quindi, molto spesso la cedolare si presenta come maggiormente conveniente rispetto all’IRPEF, soprattutto se il contribuente percepisce anche altri redditi imponibili (come ad esempio, i redditi da lavoro dipendente o autonomo). La scelta dell’IRPEF può rivelarsi migliore, invece, quando il contribuente può sfruttare oneri deducibili o detraibili di importo rilevante, come ad esempio nel caso dei bonus edilizi.


Tassazione Immobili: il possesso dell’immobile

Il possesso di beni immobili nel territorio dello Stato è soggetto al versamento dell’IMU e della TARI. Attraverso queste imposte patrimoniali gli immobili vengono tassati in modo proporzionale, senza riferimento alla capacità contributiva di chi lo possiede. Salvo casistiche particolari. Tralasciando le ipotesi di trasferimento degli immobili, che riguardano situazioni più particolari, vogliano adesso soffermarci sulla tassazione IMU sui fabbricati.

L’imposta municipale propria (IMU) è dovuta su tutti gli immobili posseduti a titolo di proprietà o di altro diritto reale (usufrutto, uso, abitazione, enfiteusi, superficie). Tranne l’abitazione principale e le relative pertinenze, che di regola sono soggette ad esenzione, a meno che non siano immobili di lusso (cat. A/1, A/8, A/9).

La legge di stabilità 2013 (Legge n. 228/2012) ha attribuito quasi interamente ai Comuni, il gettito IMU. Destinando, quindi, allo Stato solo quello relativo agli immobili a uso produttivo classificati nel gruppo catastale D. Le pertinenze, invece, sono solo quelle classificate nelle categorie catastali C/2, C/6 e C/7, nel limite massimo di una per ciascuna delle categorie indicate, anche se iscritte in catasto insieme alla casa di abitazione.

I coefficienti moltiplicativi

La base imponibile dell’imposta (sia essa Imu o Tasi) è costituita dal valore dell’immobile, determinato – per quelli iscritti in catasto moltiplicando la rendita in vigore all’inizio dell’anno, rivalutata del 5%, per uno dei seguenti coefficienti:

  • 160 per i fabbricati inseriti nel gruppo catastale A (ad esclusione di quelli A/10) e nelle categorie C/2, C/6 e C/7
  • 140 per i fabbricati censiti nel gruppo catastale B e nelle categorie C/3, C/4 e C/5
  • 80 per i fabbricati inseriti nelle categorie catastali A/10 e D/5
  • 60 per i fabbricati appartenenti al gruppo catastale D (ad esclusione della categoria D/5). Il moltiplicatore è elevato a 65 a decorrere dal 1° gennaio 2013
  • 55 per i fabbricati inseriti nella categoria catastale C1.

La base imponibile

La base imponibile è ridotta del 50%:

  • Per i fabbricati di interesse storico o artistico;
  • Per i fabbricati dichiarati inagibili o inabitabili e di fatto non utilizzati, limitatamente al periodo dell’anno durante il quale sussistono dette condizioni.

Mentre, per i terreni agricoli la base imponibile è costituita dal reddito dominicale risultante in catasto al 1° gennaio, rivalutato del 25% e poi moltiplicato per i seguenti coefficienti:

  • 110 per i terreni agricoli, e quelli non coltivati, posseduti e condotti da coltivatori diretti e imprenditori agricoli professionali iscritti nella previdenza agricola
  • 135 in tutti gli altri casi.

L’aliquota ordinaria dell’IMU è del 7,6 per mille. Tuttavia, i Comuni, con apposita delibera del Consiglio comunale, possono modificarla in aumento o in diminuzione fino a 0,3 punti percentuali.

Investimento immobiliare in Italia: come farlo?

Investire in immobili può essere un’opzione interessante per diversificare il proprio portafoglio di investimenti. In Italia, ci sono diverse modalità di investimento immobiliare, che possono essere suddivise in tre categorie principali: investimento come persona fisica, come società di persone e come società di capitali.

Investimento come persona fisica

In Italia, è possibile acquistare un immobile come persona fisica e utilizzarlo come investimento. In questo caso, il proprietario deve occuparsi direttamente della gestione dell’immobile, ad esempio della ricerca del conduttore, della stipula del contratto di locazione e della manutenzione dell’immobile. L’investimento come persona fisica offre la possibilità di beneficiare di alcune agevolazioni fiscali, come ad esempio la detrazione delle spese di ristrutturazione edilizia. Tuttavia, quando l’attività richiede organizzazione e mezzi per essere esercitata occorre passare all’attività di impresa.

Investimento come società di persone

Un’altra modalità di investimento immobiliare è quella di costituire una società di persone, come la società in nome collettivo o la società in accomandita semplice. In questo caso, gli investitori possono unire le proprie risorse per acquistare un immobile e gestirlo insieme. La gestione dell’immobile è demandata ai soci della società, che possono assumere un amministratore delegato o delegare le decisioni a uno o più soci.

Un caso particolare è quello della “Società semplice immobiliare per la pianificazione patrimoniale“. Attraverso l’utilizzo della società semplice è possibile gestire beni immobili sfruttando la separazione patrimoniale rispetto a ciò che viene detenuto personalmente. Questo non tanto per i debiti societari ma, piuttosto, per la situazione debitoria personale del socio. L’aspetto da tenere in considerazione è che la società semplice immobiliare è spesso utilizzata come strumento alla base di molti gruppi societari nazionali e multinazionali per i vantaggi che può dare.

Investimento come società di capitali

Infine, esiste la possibilità di costituire una società di capitali, come la società per azioni o la società a responsabilità limitata, per investire in immobili. In questo caso, l’immobile viene acquistato dalla società, che diventa il proprietario dell’immobile. Gli investitori acquistano poi le azioni o le quote della società per partecipare agli utili generati dall’immobile. In questo caso, la gestione dell’immobile è demandata al consiglio di amministrazione della società.

La scelta tra queste tre modalità di investimento dipende dalle esigenze e dalle preferenze degli investitori. L’investimento come persona fisica può essere adatto a coloro che desiderano avere un controllo diretto sulla gestione dell’immobile, mentre l’investimento in una società di persone o di capitali può essere preferibile per coloro che desiderano condividere il rischio e la gestione dell’immobile con altri investitori. In ogni caso, è importante valutare attentamente i costi e i benefici di ogni opzione prima di prendere una decisione di investimento. Di seguito, una serie di articoli di approfondimento che possono aiutarti a valutare la possibilità di effettuare un investimento immobiliare in diverse forme.

Società di gestione immobiliare: quando e perché aprirla
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Consulenza fiscale online

In questo articolo ho cercato di riepilogare, in modo breve e schematico, tutte le tasse e le imposte da pagare su immobili. Naturalmente questo non può essere un articolo esaustivo sull’argomento. Gli aspetti peculiari sono tantissimi. Tuttavia, sono sicuro che se lo hai letto con attenzione puoi aver trovato delle fattispecie che possono essere simili alla tua situazione personale. Per questo motivo hai bisogno di un esperto che possa aiutarti.

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