Hai mai pensato di aprire un conto estero? Non dirmi che non hai mai pensato per una volta di aprire un conto corrente in un Paese a fiscalità privilegiata? Ebbene, ti consiglio di prestare attenzione a quanto ti indicherò in questo articolo. Se ci stai seriamente pensando, questo report ti aiuterà ad avere le idee più chiare sul da farsi. L’implementazione a livello internazionale dello scambio di informazioni fiscali, come il Common Reporting Standard, promosso in ambito UE, e il FACTA (di matrice USA) permettono di individuare con maggiore facilità, la presenza di un conto corrente estero non dichiarato.
L’Agenzia delle Entrate ha a disposizione le informazioni provenienti da tantissimi Paesi per individuare la presenza di conti esteri non dichiarati da parte di un contribuente residente fiscalmente in Italia. Per questo motivo, se hai un conto corrente estero è necessario rispettare la normativa sul monitoraggio fiscale, al fine di evitare l’applicazione di sanzioni amministrative tributarie. In questo articolo andiamo ad analizzare quali sono le conseguenze legate all’apertura di un conto corrente estero non dichiarato all’Amministrazione finanziaria italiana.
Indice degli Argomenti
- Conto estero: obblighi di dichiarazione
- Conto estero non dichiarato: scambio di informazioni internazionale
- Conto estero non dichiarato: le sanzioni
- Valutazione dei rischi e trasparenza globale
- Cosa succede quando si riceve una lettera di compliance per un conto estero non dichiarato?
- Consulenza fiscale online
- Domande frequenti
Conto estero: obblighi di dichiarazione
Le persone fisiche gli enti non commerciali e le società semplici fiscalmente residenti in Italia, ai sensi dell’articolo 2 e 5 del DPR n. 917/86 (TUIR), sono tenute a rispettare gli obblighi previsti dalla disciplina sul monitoraggio fiscale delle attività finanziarie estere. In particolare, questi soggetti, nel momento in cui entrano in possesso di un’attività finanziaria (conto corrente, azioni, obbligazioni, gestione patrimoniale, etc) detenuta in Paese estero, sono tenuti a verificare il rispetto di questa disciplina fiscale. Infatti, con specifico riferimento ai conti correnti, nel quadro RW del modello Redditi (P.F. Enc e S.P.) deve essere riportato il valore degli investimenti esteri e delle attività estere di natura finanziaria suscettibili di produrre redditi imponibili in Italia. L’obbligo di compilazione del quadro RW scatta anche nel caso di detenzione di un conto estero.
Quadro RW per la detenzione di un conto corrente estero
L’articolo 2, comma 4-bis, del D.L. n. 4/2014, convertito in Legge n. 50/2014, modificato dalla Legge n. 186/2014 prevede l’obbligo di monitoraggio per le i conti correnti detenuti all’estero, il cui valore massimo giornaliero raggiunto nel periodo d’imposta sia superiore alla soglia di 15.000 euro. Questo significa che se detieni un conto estero che nell’anno, non ha mai superato (anche solo per un giorno) i 15.000 euro, non sei tenuto a rispettare la disciplina sul monitoraggio.
In caso contrario, deve essere compilato il quadro RW del modello Redditi P.F. ai fini del monitoraggio fiscale. L’obbligo di compilazione del quadro RW, tuttavia, sussiste per il contribuente anche laddove lo stesso sia necessario ai fini del calcolo dell’IVAFE (imposta patrimoniale sulle attività finanziarie detenute all’estero). L’obbligo di segnalazione del conto corrente estero ai fini del pagamento dell’IVAFE scatta nel caso in cui la consistenza media del conto estero sia superiore alla soglia di 5.000 euro. Di conseguenza, la compilazione del quadro RW potrebbe portare ad alcune situazioni particolari, come ad esempio:
- Conto corrente estero con giacenza media maggiore di 5.000 euro ma che, nel corso dell’anno, non ha superato come valore massimo i 15.000 euro. Il quadro RW andrà compilato esclusivamente ai fini IVAFE;
- Conto corrente estero con giacenza media inferiore a 5.000 euro ma che, come valore massimo, ha superato i 15.000 euro. Il quadro RW deve essere compilato soltanto ai fini del monitoraggio fiscale.
Beneficiario effettivo del conto estero
La segnalazione nel quadro RW del conto estero deve essere effettuata anche per quanto riguarda i possessori diretti del conto. Questo significa che anche il soggetto che ha la disponibilità del conto estero, e che può eseguirvi sopra operazioni, è tenuto alla segnalazione. Tale soggetto è definito “beneficiario effettivo“. Quindi, la compilazione del quadro RW è obbligatoria anche per il contribuente che ha disponibilità di un conto estero. Questo anche nel caso in cui egli non lo detenga direttamente, ma tramite interposta persona, che funge da semplice schermo formale. Questa situazione può sovente verificarsi quando il conto estero è formalmente intestato ad un trust, oppure una fondazione e le somme in esso depositate sono nella piena disponibilità del contribuente residente in Italia.
La ratio del fatto di obbligare alla dichiarazione del conto estero, non solo i possessori formali delle relative somme, ma anche coloro che ne possono disporre o nel cui interesse vengono gestite, è alla base dell’estensione dell’adempimento in questione al contribuente qualificabile come titolare effettivo del conto estero. Infatti, la dichiarazione del possesso di queste somme deve essere effettuato dal beneficiario anche se il conto estero è formalmente intestato a società o soggetti diversi (trust e fondazioni). Quindi, per quanti di voi si chiedano se la costituzione di un trust, anche estero, per inserirvi la titolarità di conti o attività finanziarie estere possa evitare la normativa sul monitoraggio fiscale, sta commettendo un errore. Se i beneficiari del trust sono persone fisiche residenti fiscalmente in Italia, i conti e le attività estere devono essere da loro dichiarati (al superamento delle soglie che abbiamo visto in precedenza).
Conto estero non dichiarato: scambio di informazioni internazionale
L’Amministrazione finanziaria italiana ha la possibilità di individuare un conto corrente estero non dichiarato e di ricondurre le relative operazioni al titolare. Questa individuazione avviene attraverso l’utilizzo di strumenti utili per lo scambio di informazioni fiscali con lo Stato estero in questione.
Negli ultimi anni moltissimi Stati si sono impegnati per incrementare il livello di trasparenza fiscale internazionale attraverso il reciproco scambio di informazioni. Il tutto con l’obiettivo di combattere l’evasione fiscale internazionale. Per quanto riguarda gli Stati dell’Unione Europea opera lo scambio automatico delle informazioni fiscali, di cui alla Direttiva 2011/16/UE. Si tratta della Direttiva che ha sostituito la precedente Direttiva 2003/48/CE, da ultimo integrata dalla Direttiva 2014/10/CE. In buona sostanza, a partire dal oltre 3/5 degli Stati globali ha aderito al CRS (Common Reporting Standard), un sistema di condivisione automatica dei dati fiscali dei contribuenti, come interessi, dividendi, conti correnti, previsto dalla Direttiva 2015/2376/UE. Tra questi accordi, dobbiamo ricordare anche il FATCA, ovvero un accordo bilaterale sullo scambio di informazioni fiscali, che l’Italia ha siglato con gli USA, per comunicare all’IRS (agenzia fiscale americana), i dati fiscali dei cittadini americani all’estero.
FATCA E CRS: differenze
L’aspetto principale da tenere presente quando si parla di accordi internazionali sullo scambio di informazioni, è che esistono accordi multilaterali ed accordi bilaterali. La differenza fondamentale tra il CRS dell’UE ed il FATCA degli USA è determinante. Infatti, il FATCA si basa su accordi bilaterali di scambio informazioni conclusi dall’Amministrazione americana con singoli Stati. Attraverso un percorso unilaterale promosso dalla agenzia fiscale americana IRS, gli USA firmano singoli trattati con i vari Stati. Il CRS, invece, è lo standard messo a punto dall’OCSE. Si tratta di uno strumento di compliance multilaterale. Infatti, è un accordo multilaterale a cui possono aderire potenzialmente tutti gli Stati, come sta di fatto accadendo, già dal 2017.
Segreto bancario e normativa UE
Particolare attenzione deve essere posta sulla questione riguardante la compatibilità del segreto bancario, ancora presente in molti Stati (Panama, Singapore e Hong Kong su tutti), con la normativa dell’Unione Europea. A tal riguardo la normativa UE, pur non imponendo di modificare le proprie disposizioni interne, prevede che questi Paesi non possano opporsi allo scambio di informazioni con gli altri Stati UE. Eccependo in questo modo il proprio segreto bancario interno. Ne deriva che gli Stati esteri UE sono tenuti a trasmettere all’Italia anche le informazioni fiscali utili ad identificare i contribuenti italiani che detengono conti esteri non dichiarati all’Amministrazione finanziaria italiana. Informazioni che potrebbero essere utilizzate per accertare eventuali imposte evase e le relative sanzioni per gli obblighi di monitoraggio fiscale dei capitali detenuti all’estero.
Segreto bancario e Paesi extra UE
Lo scambio automatico di informazioni non è limitato all’Unione Europea, ma opera anche tra l’Italia e gli Stati extra UE in base a specifici accordi. Accordi che prevedono anche lo scambio di informazioni sui conti esteri non dichiarati. In questi casi l’Italia opera attraverso accordi bilaterali che negli anni hanno interessato anche Paesi precedentemente restii alla collaborazione. Sto parlando di Paesi caratterizzati dal segreto bancario, considerati paradisi fiscali. Tanto per fare un esempio, è sufficiente pensare alla Svizzera. Tenuta a comunicare i dati dei propri correntisi, su richiesta delle autorità fiscali degli Stati UE, già a partire dal 2017. Stessa cosa per il San Marino, oppure il Liechtenstein e il Principato di Monaco.
La prospettiva è che il sistema di scambio di informazioni sia destinato a diventare pressoché globale. Questo per effetto dell’entrata in vigore della gitata Convenzione multilaterale MCAA (Common Reporting Standard Multilateral Competent Authority Automatic Exchange of Financial Account Information) elaborata dall’OCSE. A partire dal 2017 gli Stati hanno iniziato a scambiarsi le informazioni necessarie per contrastare l’evasione fiscale internazionale. Guardante la nostra mappa globale di seguito.
Il compiuto sviluppo di questo strumento di scambio internazionale di informazioni sarà utile per raggiungere il processo di piana trasparenza fiscale internazionale. Pertanto si dovrà arrivare a dire addito ai paradisi fiscali, almeno per come li abbiamo conosciuti finora. L’Amministrazione finanziaria italiana, quindi, detiene tutte le informazioni utili che interessano i propri contribuenti per quanto riguarda l’individuazione di un conto estero non dichiarato.
Conto estero non dichiarato: le sanzioni
La mancata compilazione del quadro RW nel caso in cui la presentazione dello stesso è richiesta ai fini del monitoraggio fiscale costituisce una violazione formale. Questo anche nel caso in cui ci si trovi di fronte ad una mancata o infedele dichiarazione del conto estero. A tale omissione è applicabile il regime sanzionatorio previsto dall’articolo 5 del D.L. n. 167/90, modificato dalla Legge n. 97/2013 (“Legge Europea 2013”), che ha così differenziato le sanzioni:
- Sanzione fissa di 250,00 euro in caso di presentazione del quadro RW tardivo, entro 90 giorni dal termine ordinario;
- Sanzione variabile dal 3% al 15% di quanto non dichiarato è detenuto in Paesi non Black List;
- Sanzione variabile dal 6% al 30% di quanto non dichiarato è detenuto in Paesi Black List.
Le sanzioni si applicano anche nel caso in cui ci si trovi in una situazione di esonero dalla presentazione della dichiarazione dei redditi. Inoltre, in caso di attività estere detenute in paradisi fiscali e non dichiarate, opera anche la presunzione relativa, salvo prova contraria, che le somme detenute sul conto estero non dichiarato siano state costituite con redditi non assoggettati a tassazione in Italia. In questo caso l’Amministrazione finanziaria potrà recuperare anche le imposte che si presumono evase. Questo in base all’articolo 12 del D.L. n. 78/20091.
Non deve essere dimenticato che, inoltre alle sanzioni previste per il monitoraggio fiscale possono essere applicate anche le sanzioni dovute per l’omessa indicazione di componenti reddituali in dichiarazione dei redditi (qualora vengano riscontrati). Faccio riferimento alla sanzione per infedele dichiarazione (che ordinariamente va dal 90% al 180% della maggiore imposta dovuta), aumentata di un terzo in quanto si tratta di redditi di fonte estera. Oppure, in caso di dichiarazione omessa, le sanzioni possono andare dal 120% al 240% della maggiore imposta dovuta, sempre con l’aumento di un terzo della sanzione applicata.
Per approfondire: “Raddoppio dei termini di accertamento per attività detenute in paradisi fiscali e non dichiarate“.
Valutazione dei rischi e trasparenza globale
Con questo contesto globale di trasparenza fiscale tra i vari Stati il contribuente che detiene con conto estero non dichiarato è tenuto a considerare che l’Amministrazione finanziaria italiana dispone di strumenti idonei a rintracciare le somme. Per questo è necessario valutare attentamente la situazione, anche in vista di un possibile accertamento fiscale. Per avere un quadro dei Paesi che attuano procedure di scambio automatico di informazioni consiglio la lettura di questo articolo: “Common reporting standard (crs): scambio automatico di informazioni“.
Cosa succede quando si riceve una lettera di compliance per un conto estero non dichiarato?
Se sei entrato nella lista di contribuenti che ha ricevuto una lettera di compliance, ti consiglio di rivolgerti subito ad un dottore Commercialista esperto. Devi individuare un soggetto che come il sottoscritto abbia maturato esperienza in ambito di fiscalità internazionale. Solo in questo modo potrai avere a tua disposizione l’esperienza di un professionista che ha già aiutato altri contribuenti in questa situazione. Fatto questo, assieme a lui, avrai a tua disposizione due scelte. Vediamo quali sono.
Presentazione della dichiarazione dei redditi integrativa
La prima è quella di aderire alla lettera di compliance e presentare una dichiarazione dei redditi integrativa. In pratica si tratta di andare a modificare la dichiarazione dei redditi precedentemente presentata (nei termini di legge). In questo modo hai la possibilità di andare a:
- Sanare la tua situazione dichiarando attività finanziarie estere (ai fini del monitoraggio fiscale e dell’eventuale IVAFE);
- Dichiarare i redditi derivanti da queste attività finanziarie estere.
Il vantaggio di questa soluzione è indubbiamente quello di poter usufruire dei vantaggi del ravvedimento operoso. Per approfondire ti lascio da consultare questo apposito articolo dedicato: “Ravvedimento operoso del quadro RW“. Versando la maggiore imposta dovuta con sanzioni ridotte ed interessi potrai sanare interamente la tua situazione. Questo senza rischiare ulteriori ingerenze da parte dell’Agenzia delle Entrate. E’ opportuno ricordare che la procedura di ravvedimento operoso non è inibita dalla notifica di una lettera di compliance, a patto di aver presentato la dichiarazione dei redditi originaria (nei termini). Per questo motivo è importante valutare, da subito, gli effetti positivi legati a questo tipo di scelta per il contribuente.
Non aderire alla lettera di compliance
Si tratta di una soluzione che generalmente non mi sento di consigliare. Questa soluzione comporta il fatto di non effettuare alcuna dichiarazione integrativa. La situazione rimane immutata, ma in questo caso l’Agenzia delle Entrate ha la possibilità di procedere con i passi successivi. Mi riferisco alla possibilità di emettere un vero e proprio avviso di accertamento. Si tratta di una comunicazione che, una volta notificata, impedisce al contribuente la possibilità di usufruire del ravvedimento operoso. Questo comporta, inevitabilmente, l’applicazione di sanzioni piene da parte dell’Agenzia delle Entrate.
Per questo mi sento di non consigliare questa soluzione. A meno che non sia palese il fatto che l’Agenzia delle Entrate abbia commesso un errore nell’invio della lettera. Magari perché non hai mai detenuto attività finanziarie estere. In questo caso, però, consiglio comunque di rispondere alla lettera con un’istanza in autotutela in cui si comunica lo sbaglio commesso dall’Agenzia.
Dal monitoraggio fiscale all’eventuale contestazione di redditi non dichiarati
Quando si riceve una lettera di compliance da parte dell’Agenzia delle Entrate in relazione ad attività finanziarie estere non dichiarate sono due gli aspetti da monitorare. Il primo è sicuramente quello di cui abbiamo parlato approfonditamente in questo articolo, ovvero la disciplina sul monitoraggio fiscale (e quindi la possibilità di intervenire con una dichiarazione integrativa).
Il secondo aspetto, invece, riguarda le imposte sui redditi. Infatti, molto spesso le attività finanziarie estere non dichiarate sono collegate a redditi finanziari o di capitale percepiti all’estero (caso classico è quello di interessi, plusvalenze e dividendi) incassati all’estero e non dichiarati. Ebbene, l’Agenzia delle Entrate in caso di accertamento sicuramente proverà ad individuare eventuali redditi non dichiarati attraverso la richiesta di documentazione al contribuente. E’ in questa sede, infatti, che occorre prestare la dovuta attenzione e valutare di intervenire per sanare complessivamente (anche ai fini reddituali) la propria posizione prima di una fase accertativa, che può portare poi all’applicazione di sanzioni piene.
Consulenza fiscale online
Se hai un conto estero e vuoi verificare se sei in regola con la normativa fiscale, contattaci! Saremo a tua disposizione per valutare la tua situazione fiscale, ed eventualmente ti indicheremo le soluzioni per essere in regola con la normativa fiscale nazionale, in tema di monitoraggio fiscale e quadro RW. Allo stesso modo, se hai ricevuto una lettera di compliance e desideri approfondire la tua situazione per valutare eventuali azioni da intraprendere, puoi contattarci e ricevere il preventivo per una consulenza fiscale. Potrai contare sull’ausilio di professionisti preparati ed esperti di fiscalità internazionale.
Domande frequenti
Avere un conto estero non dichiarato significa possedere o controllare un conto bancario in un paese estero che non è stato segnalato alle autorità fiscali del proprio paese di residenza. Questo può includere sia conti correnti che investimenti.
Le conseguenze sono legate alle sanzioni per il mancato monitoraggio fiscale del conto estero, le sanzioni per il mancato versamento dell’IVAFE. Se poi il conto estero è detenuto in paese black list si è soggetti al raddoppio dei termini di accertamento e la presunzione che il valore del conto è determinato da redditi sottratti a tassazione. Sulla tassazione sono poi dovute le sanzioni da infedele dichiarazione con redditi di fonte estera.
La cosa migliore è regolarizzare attraverso ravvedimento operoso e dichiarazione integrativa. Si tratta di una procedura che permette ai contribuenti di dichiarare volontariamente i conti esteri non dichiarati, spesso con penalità ridotte.
Si, la semplice detenzione di un conto bancario estero richiede la dichiarazione, indipendentemente dal fatto che abbia generato redditi o meno.
Generalmente, è necessario fornire dettagli come il Paese di detenzione, la modalità di detenzione, la percentuale di detenzione, il saldo al primo gennaio, la giacenza media annua, se in Paese black list, il valore massimo annuo raggiunto, eventuali cointestatari, etc.
Anche i conti ereditati devono essere dichiarati. Se non lo hai fatto, potresti essere soggetto a sanzioni. È importante agire rapidamente per regolarizzare la tua situazione.
Sì, molte banche estere condividono informazioni con le autorità fiscali di altri paesi come parte degli accordi internazionali di scambio di informazioni fiscali, come il Common Reporting Standard (CRS).
Note:
1 – Art. 12, co. 2, D.L. n. 78/2009 – 2. In deroga ad ogni vigente disposizione di legge, gli investimenti e le attività di natura finanziaria detenute negli Stati o territori a regime fiscale privilegiato di cui al decreto del Ministro delle finanze 4 maggio 1999, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana del 10 maggio 1999, n. 107, e al decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 21 novembre 2001, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana del 23 novembre 2001, n. 273,
senza tener conto delle limitazioni ivi previste, in violazione degli obblighi di dichiarazione di cui ai commi 1, 2 e 3 dell’articolo 4 del decreto-legge 28 giugno 1990, n. 167, convertito dalla legge 4 agosto 1990, n. 227, ai soli fini fiscali si presumono costituite, salva la prova contraria, mediante redditi sottratti a tassazione. In tale caso, le sanzioni previste dall’articolo 1 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, sono raddoppiate“.