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Redditi Finanziari di fonte estera: monitoraggio e tassazione

Fiscalità InternazionaleTassazione di redditi esteriRedditi Finanziari di fonte estera: monitoraggio e tassazione

La tassazione ai fini delle imposte dirette e il monitoraggio fiscale dei Redditi Finanziari di fonte estera percepiti da contribuenti fiscalmente residenti in Italia. Tassazione convenzionale e applicazione del credito di imposta.

La globalizzazione dei mercati finanziari ed i canali online hanno portato al proliferare di investimenti finanziari effettuati in Paesi esteri. Basti pensare ad esempio, ai canali del Forex, dei Bitcoin e dell’investimento in valute estere. Oppure, molto più semplicemente agli investimenti finanziari fatti direttamente con intermediari finanziari esteri (piattaforme anche online di investimento finanziario).

In tutti questi casi diventa fondamentale per l’investitore conoscere le corrette modalità di tassazione in Italia di questi proventi. Assieme alla tassazione non si deve dimenticare gli obblighi di monitoraggio fiscale di questi investimenti richiesti dall’Amministrazione finanziaria. L’investitore fiscalmente residente in Italia, infatti, quando opera attraverso intermediari finanziari non residenti è chiamato ad adempiere autonomamente, in dichiarazione dei redditi, ai suoi obblighi fiscali, legati alla tassazione dei proventi ed al monitoraggio fiscale degli investimenti detenuti.

Per questo motivo, di seguito, andiamo ad approfondire gli aspetti fiscali rilevanti per gli investimenti finanziari detenuti all’estero da parte di contribuenti residenti in Italia.

Proventi derivanti da investimenti finanziari esteri

Il primo passo per capire la tassazione dei proventi finanziari esteri è capire le logiche fiscali di tassazione. I redditi finanziari percepiti da persone fisiche residenti sono soggetti, preliminarmente al regime fiscale previsto dal Paese erogante. Successivamente, tali redditi sono soggetti a tassazione in Italia, seguendo i sottostanti criteri:

La Direttiva UE n. 2003/48/CE ha introdotto i seguenti aspetti:

Le stesse misure sopra elencate sono state adottate, per espressa previsione della direttiva:

  • In tutti i Paesi dipendenti o associati: Jersey, Guernsey, Isle of Man, Antille Olandesi, British Virgin Islands, Turks and Caicos, Cayman, Montserrat, Anguilla, Aruba;
  • in alcuni Paesi terzi: Principato di Andorra, Principato del Liechtenstein, Principato di Monaco, Repubblica di San Marino e Confederazione svizzera.

Vediamo adesso, cosa si deve intendere per redditi finanziari.

Quali sono i proventi finanziari di fonte estera?

Possono essere ricompresi nella definizione di redditi finanziari di fonte estera, i seguenti:

  • Gli interessi e gli altri proventi dei depositi e conti correnti bancari costituiti all’estero;
  • I proventi derivanti da operazioni di prestito titoli. Riporti e pronti contro termine corrisposti da soggetti non residenti;
  • Gli interessi, premi ed altri frutti delle obbligazioni e degli altri titoli di cui all’articolo 31 del DPR n. 601/1973 (“Interessi delle obbligazioni pubbliche”) e degli altri titoli con regime fiscale equiparato;
  • I proventi, compresa la differenza tra il valore di riscatto o di cessione delle quote o azioni ed il valore di sottoscrizione o acquisto derivanti dalla partecipazione ad organismi di investimento collettivo in valori mobiliari di diritto estero, situati negli Stati membri della UE, conformi alle direttive comunitarie, percepiti da persone fisiche senza l’applicazione della ritenuta a titolo di imposta nella misura del 26%;
  • I proventi compresi nei capitali corrisposti in dipendenza di contratti di assicurazione sulla vita e di capitalizzazione. Proventi relativi ai rendimenti delle rendite vitalizie, aventi funzione previdenziale, derivanti da contratti assicurativi stipulati con imprese di assicurazione non residenti;
  • I proventi derivanti da depositi di denaro, di valori mobiliari e di altri titoli diversi dalle azioni e titoli similari, costituiti presso soggetti non residenti, a garanzia di finanziamenti concessi a imprese residenti, qualora i proventi stessi non siano stati percepiti per il tramite di intermediari;
  • Gli utili di fonte estera derivanti da partecipazioni non qualificate e i proventi derivanti da contratti di associazione in partecipazione e cointeressenza, con un apporto diverso da opere e servizi;
  • Altri redditi di capitale sempre di fonte estera che non concorrono a formare il reddito complessivo del contribuente;
  • I redditi derivanti da beni che si trovano al di fuori del territorio dello Stato (ad esempio, plusvalenze, eccetera).

Quali categorie di soggetti devono dichiarare proventi finanziari esteri?

I contribuenti residenti in Italia interessati alla normativa sui redditi finanziari esteri sono:

  • Le persone fisiche;
  • Le società semplici (e le associazioni equiparate ai sensi dell’articolo 5 del DPR n. 917/86);
  • Gli enti non commerciali.

Nell’ambito di applicazione rientrano anche i casi in cui le operazioni vengano poste in essere dagli interessati in qualità di esercenti attività commerciali in regime di contabilità ordinaria e soggetti a tutti gli obblighi di tenuta e conservazione delle scritture contabili previsti dalle norme fiscali in vigore.

Sono, pertanto, escluse dagli obblighi di dichiarazione le società di persone commerciali e gli altri soggetti ad esse equiparati. Ne sono esempi le società di armamento e quelle di fatto, esercenti un’attività commerciale che possono documentare – allo stesso modo dei soggetti IRES – le movimentazioni sulla base dei dati di bilancio. Analogamente, sono esclusi dall’obbligo di dichiarazione gli enti pubblici e i soggetti indicati nell’articolo 74, comma 1, del DPR n. 917/86. Talune disposizioni della normativa in esame riguardano anche i soggetti non residenti appartenenti alle medesime categorie.

Delegati al prelievo

Secondo la Cassazione, n. 9320 dell’11 giugno 2003 l’obbligo di compilare il quadro RW riguarda:

non solo gli effettivi beneficiari o i detentori occulti dei conti in questione, ma anche coloro che ne hanno disponibilità e possibilità di movimentazione: diversamente verrebbe ad essere vanificato lo scopo stesso della legge sul cosiddetto monitoraggio fiscale”.

Successivamente, con la sentenza n. 10331 del 7 maggio 2007 la Corte di Cassazione ha affermato che l’obbligo di dichiarazione

non riguarda solo l’intestatario formale e/o il beneficiario effettivo di investimenti o attività di natura finanziaria all’estero, ma anche, colui che all’estero abbia la detenzione e/o la disponibilità di fatto di somme di denaro non proprie, eventualmente col compito fiduciario di trasferirle all’effettivo beneficiario o di utilizzarle per conto dell’effettivo titolare”.

Quest’ultima sentenza si è occupata del caso di costituzione all’estero di “fondi neri” da parte di una società italiana, gestiti dall’amministratore della società stessa. Anche nei confronti di tali soggetti, la Corte sembra prevedere la compilazione e la presentazione del quadro RW della dichiarazione dei redditi purché, ovviamente, non sussistano altre cause di esclusione.

Tali pronunciamenti assumono particolare rilievo in quanto sembrano tali da ampliare l’ambito di applicazione soggettivo della normativa in esame anche ad ulteriori categorie di contribuenti. Tuttavia, lo scopo che, attraverso gli obblighi imposti ai contribuenti e agli intermediari, la normativa sul monitoraggio si pone – e cioè l’accertamento dei redditi non dichiarati al Fisco – induce a ritenere opportuno limitare l’ambito di applicazione di tali norme soltanto ai soggetti che hanno la possibilità di movimentare capitali all’estero di cui siano anche beneficiari diretti dei relativi redditi.

Tassazione dei proventi finanziari esteri

Per i contribuenti soggetti alla disciplina sul monitoraggio, occorre tener conto se i redditi finanziari vengono percepiti attraverso:

  • Intermediari abilitati nazionali oppure
  • Direttamente dall’estero, tramite:
    • Intermediari non residenti;
    • Senza l’intervento di intermediari residenti.

Andiamo ad analizzare, di seguito, tutte queste casistiche.

Tassazione dei proventi finanziari di fonte estera percepiti attraverso intermediario residente

I redditi di fonte estera percepiti attraverso banche (o altri intermediari abilitati) aventi l’incarico di amministrarli o di incassarli in Italia sono assoggettati a tassazione in Italia. La normativa fiscale prevede l’applicazione di una ritenuta o imposta sostitutiva che deve essere effettuata dagli intermediari che fungono da sostituti di imposta (ex art. 23 del DPR n. 600/73).

Nel caso in cui l’imposizione sia stata effettuata a titolo definitivo (ritenuta o imposta sostitutiva), tali redditi non devono essere indicati in dichiarazione dei redditi del soggetto percettore. Al contrario, se l’imposizione è stata effettuata a titolo di acconto i redditi devono essere indicati – al lordo delle eventuali imposte – in dichiarazione dei redditi. In questo caso i proventi finanziari devono essere assoggettati a tassazione progressiva IRPEF. In tale ipotesi, le ritenute di acconto estere vengono scomputate dall’IRPEF dovuta, attraverso il meccanismo del credito per imposte estere (ex art. 165 del TUIR).

Tassazione dei proventi finanziari di fonte estera senza intervento di intermediario residente

Quando i proventi finanziari di fonte estera vengono percepiti direttamente dal contribuente, senza intervento di intermediario residente, tali proventi devono essere indicati in dichiarazione dei redditi. Tali proventi, quindi, scontano imposizione in dichiarazione con modalità diversa a seconda della tipologia di provento percepita. Andiamo ad analizzare, di seguito, le principali categorie di proventi finanziari di fonte estera.

Tassazione degli interessi attivi di fonte estera

Nella categoria dei redditi finanziari rientrano anche gli interessi di fonte estera. Si tratta principalmente di interessi su conti correnti esteri, conti deposito o su titoli esteri. Qualora gli interessi vengano percepiti dal contribuente senza l’intervento di un intermediario residente gli stessi entrano nella dichiarazione dei redditi.

Il contribuente deve indicare tali interessi nel quadro RM, sezione V del modello Redditi PF. Questo per assoggettare tali proventi ad imposta sostitutiva del 26%. L’importo dell’imposta deve essere versato con le scadenze per il versamento delle imposte sui redditi. I proventi soggetti all’imposta sostitutiva di cui al D.Lgs. n. 239/1996 devono essere dichiarati per la parte maturata nel periodo di possesso e incassata, in modo esplicito o implicito, nel periodo di imposta.

Deve essere evidenziato che, il contribuente ha la facoltà di non avvalersi del regime di imposizione sostitutiva, potendo optare per la tassazione ordinaria IRPEF. In tal caso, gli interessi attivi di fonte estera vanno al confluire nel reddito imponibile IRPEF, scontando l’aliquota marginale applicabile al contribuente. Attraverso la tassazione ordinaria IRPEF il contribuente ha la possibilità di usufruire del credito di imposta per le imposte pagate all’estero (non usufruibile in caso di applicazione di imposta sostitutiva).

Non è comunque consentito optare per la tassazione ordinaria sugli interessi, premi e altri proventi delle obbligazioni e titoli similari, pubblici e privati, ai quali non sia stata applicata l’imposta sostitutiva prevista dal D.Lgs. n. 239/1996. Ad esclusione degli interessi e altri proventi delle obbligazioni e titoli similari dovuti da soggetti non residenti.

Per approfondire: “Tassazione degli interessi attivi di fonte estera“.

Tassazione degli utili (dividendi) di fonte estera

Gli utili di fonte estera – compresi quelli relativi a strumenti finanziari e a contratti di associazione in partecipazione – non sono soggetti a tassazione IRPEF. La tassazione dei dividendi esteri prevede l’applicazione di una imposta sostitutiva del 26%, da applicare direttamente in dichiarazione dei redditi.

La tassazione avviene nel quadro RM, sezione V, del modello Redditi. L’applicazione dell’imposta sostitutiva riguarda tutti i dividendi deliberati che riguardano utili dell’anno 2018 e successivi. Per quanto riguarda, invece, la distribuzione di dividendi relativi ad utili accantonati sino al 2017 vale un diverso regime di tassazione. In questo caso, gli utili relativi a partecipazioni qualificate devono essere indicati nel quadro RL, sezione I, assieme agli eventuali altri redditi di capitale che concorrono a formare il reddito complessivo del contribuente.

Nel Quadro RL, sezione I, devono essere dichiarati anche gli utili da partecipazione non qualificata relativi a società residenti in Paesi a fiscalità privilegiata i cui titoli non sono negoziati in mercati regolamentati e i proventi di natura non qualificata derivanti dagli strumenti finanziari emessi da tali società. In tal caso – infatti – gli utili e i proventi equiparati concorrono alla formazione del reddito imponibile per la loro totalità e l’eventuale ritenuta applicata in Italia è percepita a titolo di acconto.

L’ammontare del reddito da indicare in dichiarazione è quello al lordo di eventuali ritenute operate all’estero a titolo definitivo, e in Italia a titolo di acconto. Tuttavia, sul punto deve essere segnalata una sentenza della Cassazione che apre la possibilità di poter ottenere, a determinate condizioni, l’applicazione del credito per imposte assolte all’estero. L’argomento è stato approfondito in questo articolo dedicato: “Dividendi esteri e doppia imposizione irrisolta per persone fisiche“.

Per approfondire: “Regime di tassazione degli utili di fonte estera“.

Tassazione dei proventi derivanti da depositi e titoli esteri

I depositi e gli altri titoli esteri qualora comportino l’incasso di redditi finanziari, si viene a determinare l’obbligo di tassazione degli stessi. In questo caso la tassazione avviene attraverso l’indicazione dei proventi riguarda la sezione VII del quadro RM. In questa sezione devono essere indicati i proventi derivanti da depositi di denaro, di valori mobiliari e di altri titoli diversi dalle azioni e dai titoli similari, costituiti fuori del territorio dello Stato, a garanzia di finanziamenti concessi a imprese residenti. Questo, qualora non vi sia stato l’intervento di un soggetto obbligato ad effettuare il prelievo alla fonte.

Tassazione delle plusvalenze su partecipazioni estere

Le plusvalenze, al netto delle minusvalenze, derivanti dalla cessione di partecipazioni in enti non residenti devono essere indicate nel quadro RT del modello Redditi. Questo, a meno che tali plusvalenze non siano già state assoggettate a imposizione da parte del sostituto di imposta italiano in quanto il contribuente ha optato per il risparmio amministrato o gestito (ove possibile).

Nel quadro RT, sezione III, devono essere indicate le plusvalenze derivanti dalla cessione a titolo oneroso di partecipazioni non negoziate in mercati regolamentati in società o enti residenti o localizzati in Stati o Paesi indicati nella cosiddetta black list di cui al D.M. 21 novembre 2001. Questo a meno che non venga dimostrato, tramite interpello, che dal possesso delle suddette partecipazioni non qualificate non sia conseguito l’effetto di localizzare i redditi nello Stato o territorio a fiscalità privilegiata.

Somme di denaro all’estero con presunzione di fruttuosità

Le somme in denaro, i certificati in serie o di massa o i titoli trasferiti o costituiti all’estero, senza che ne risultino dichiarati i redditi effettivi, si presumono – salvo prova contraria – fruttiferi. L’onerosità è pari al tasso ufficiale medio di sconto vigente in Italia nel relativo periodo di imposta. Questo a meno che nella dichiarazione non venga specificato che si tratta di redditi la cui percezione avviene in un successivo periodo di imposta. Detto parametro viene determinato sulla base del tasso minimo di partecipazione per le operazioni a tasso variabile, fissato periodicamente dalla Banca Centrale Europea. La prova contraria deve essere data dal contribuente entro 60 giorni dal ricevimento della espressa richiesta notificatagli dall’ufficio delle imposte.

Il credito per imposte estere sui proventi finanziari

La disciplina del credito di imposta per i redditi prodotti all’estero è contenuta nell’articolo 165 del DPR n. 917/86. Tale credito consiste nella detrazione, dalle imposte dovute in Italia, delle imposte pagate all’estero in via definitiva sui redditi ivi prodotti. In particolare è necessario rispettare le seguenti regole:

  • La detrazione spetta nei limiti in cui i crediti prodotti all’estero concorrono a formare il reddito complessivo dichiarato;
  • La detrazione spetta fino a concorrenza della quota dell’imposta italiana corrispondente al rapporto tra i redditi prodotti all’estero e il reddito complessivo dichiarato;
  • Tutta la detrazione spetta in proporzione alla parte imponibile del provento;
  • La detrazione va richiesta a pena di decadenza nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo di imposta in cui le imposte estere si riferiscono secondo competenza economica.

Credito solo per i redditi imponibili IRPEF

La prima condizione da verificare è che il credito per imposte estere riguarda (solitamente) redditi imponibili IRPEF (es. interessi attivi esteri). Questo significa che, ove il provento finanziario non sconti IRPEF, ma ritenuta o imposta sostitutiva, non può trovare applicazione il credito (es. dividendi esteri percepiti da persone fisiche non imprenditori).

Si rammenta che, in presenza di Convenzioni internazionali contro le doppie imposizioni, qualora il prelievo sia stato effettuato nell’altro Stato contraente in misura eccedente l’aliquota prevista dal trattato, la maggiore imposta subita (ossia la differenza tra il prelievo effettivamente subito e l’aliquota convenzionale) non può essere recuperata tramite il credito di imposta di cui all’articolo 165 del DPR n. 917/86. In questo caso il recupero dell’imposta avviene mediante un’istanza di rimborso da presentare alle autorità fiscali estere con le modalità e nei termini stabiliti dalla relativa legislazione.

In tali ipotesi il contribuente può usufruire, tramite la dichiarazione dei redditi, solo del credito di imposta sulla base delle aliquote convenzionali. L’applicazione della normativa convenzionale deve essere richiesta dal beneficiario dei proventi. Beneficiario a cui spetta, ovviamente, anche la produzione della documentazione necessaria per ottenere il rimborso dell’imposta. Oppure, quando è consentito, la diretta applicazione della minore ritenuta prevista dalla convenzione. È evidente che, nel caso in cui le norme convenzionali prevedano aliquote maggiori di quelle vigenti all’interno dei singoli Stati, si applica il trattamento più favorevole per l’investitore.

Il monitoraggio fiscale sulle attività finanziarie estere

I soggetti sopra menzionati, residenti in Italia, che, al termine del periodo di imposta, detengono:

  • Investimenti all’estero ovvero
  • Attività estere di natura finanziaria,

attraverso cui possono essere conseguiti redditi di fonte estera imponibili in Italia, devono indicarli nella dichiarazione dei redditi. L’indicazione avviene anche se non sono intervenute movimentazioni, compilando anche il quadro RW, dedicato al monitoraggio fiscale delle attività finanziarie estere e al pagamento dell’IVAFE (Imposta patrimoniale sulle attività finanziarie estere).

L’articolo 2, comma 4-bis del D.L. n. 4/2014, convertito in Legge n. 50/2014 ha previsto che l’obbligo di monitoraggio per le attività finanziarie detenute all’estero non sussista per i depositi e i conti correnti bancari costituiti all’estero il cui valore massimo complessivo raggiunto nel periodo d’imposta non sia superiore alla soglia di 15.000 euro (disposizione prevista dalla Legge n. 186/2014).

Monitoraggio fiscale dei conti correnti esteri

L’obbligo di compilazione del quadro RW sussiste comunque laddove lo stesso sia obbligatorio ai fini del calcolo dell’IVAFE. Si tratta del caso in cui la consistenza media sia superiore a 5.000 euro. Di conseguenza, la compilazione del quadro RW potrebbe portare ad alcune situazioni particolari, come ad esempio:

  • Conto corrente estero con giacenza media maggiore di €. 5.000. Tuttavia, nel corso dell’anno, non ha superato come valore massimo i €. 15.000. Il quadro RW andrà compilato esclusivamente ai fini IVAFE;
  • Conto corrente estero con giacenza media inferiore a €. 5.000 ma che, come valore massimo, ha superato i €. 15.000. Il quadro RW deve essere compilato soltanto ai fini del monitoraggio fiscale.

Per i conti correnti bancari e postali detenuti all’estero, l’Agenzia delle Entrate ha specificato che le condizioni per usufruire dell’esonero sussistono ove il contribuente dia disposizione alla banca estera, presso cui è detenuto il conto, di bonificare automaticamente gli interessi maturati sul conto estero (immediatamente, o comunque entro il mese della maturazione) su un conto corrente italiano. Questo, dando specificazione nella causale, dell’ammontare lordo e dell’eventuale ritenuta applicata all’estero, in modo che la banca italiana sia in grado di operare la ritenuta di ingresso sull’ammontare lordo degli interessi.

Assicurazioni sulla vita e capitalizzazione

Circa i contratti di assicurazione sulla vita e di capitalizzazione, stipulati con un’impresa di assicurazione non residente, l’Agenzia delle Entrate ha precisato che l’obbligo di monitoraggio non sussiste qualora il contratto sia concluso per il tramite di un intermediario finanziario italiano a cui sia stato conferito anche l’incarico di incassare i proventi derivanti da tali contratti.

Tasso di cambio da utilizzare per il quadro RW

Gli importi in valuta estera devono essere convertiti per il quadro RW in base al tasso di cambio medio pubblicato dall’Agenzia delle Entrate. Per quanto riguarda, invece, il tasso di cambio da utilizzare su prodotti finanziari, è necessario fare riferimento ai cambi giornalieri.

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