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Trasferimento della residenza all’estero: la guida

Fiscalità InternazionaleTrasferimento all'estero, AIRE e accertamentiTrasferimento della residenza all'estero: la guida

Trasferimento della residenza all'estero. Ecco tutto quello che c'è da sapere per essere il regola con il Fisco italiano. Quali gli step da seguire quando ci si vuole trasferire restando in regola con la normativa fiscale. Tutti gli elementi che possono costituire profili probatori del trasferimento all'estero.

Il trasferimento di residenza all’estero rappresenta una scelta sempre più frequente, motivata da ragioni personali, lavorative o di opportunità. Tuttavia, questo cambiamento comporta implicazioni significative anche dal punto di vista fiscale, che è fondamentale conoscere e gestire correttamente per evitare spiacevoli sorprese con il fisco.

Trasferirsi all’estero e cambiare vita è sicuramente il sogno di molti. Tuttavia, per farlo con sicurezza è bene conoscere la normativa di riferimento. Oppure, ancora meglio sarebbe affidarsi a professionisti preparati, al fine di non trovarsi, dopo qualche tempo con spiacevoli sorprese dall’Amministrazione finanziaria. Al termine dell’articolo puoi trovare il link per ricevere la mia assistenza in materia di trasferimento all’estero della residenza fiscale.

I requisiti per perdere la residenza fiscale italiana e trasferirla all’estero

La residenza fiscale riguarda il criterio cardine in base al quale lo Stato tassa i redditi dei contribuenti. Essere considerati fiscalmente residenti significa vedersi assoggettare a tassazione sia redditi di fonte italiana che redditi di fonte estera (ex art. 3 del TUIR). Pertanto, diventa fondamentale individuare quali sono i requisiti che consentono di perdere la residenza fiscale italiana. In questo scenario, la tassazione in Italia è dovuta solo per eventuali redditi di fonte interna.

I requisiti per perdere la residenza sono individuati dall’art. 2 del TUIR. Si tratta di requisiti da analizzare con molta attenzione, in quanto è sufficiente che anche uno solo di essi trovi riscontro affinché la stessa rimanga in Italia.

Iscrizione all’AIRE (Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero)

Il primo adempimento da predisporre per avvalorare il trasferimento all’estero è la cancellazione dall’Anagrafe della Popolazione Residente. Adempimento che avviene in modo contestuale iscrizione all’Anagrafe Italiani Residenti all’Estero (AIRE). Questo adempimento rappresenta una condizione necessaria (ma da sola non sufficiente) per far valere il trasferimento. Questo poiché al dato formale dell’iscrizione AIRE deve pur sempre corrispondere una accertata situazione di fatto, ovvero l’affievolimento dei legami con l’Italia ed il radicamento dei legami con l’estero. L’iscrizione all’AIRE, quindi, è il punto di partenza per andare, successivamente a dimostrare il proprio radicamento, familiare ed economico, con il Paese estero di trasferimento.

L’iscrizione all’AIRE è un diritto/dovere del cittadino e costituisce anche il presupposto per usufruire di una serie di servizi forniti dalle rappresentanze consolari all’estero. Nonché per l’esercizio di alcuni diritti. Ad esempio, la possibilità di votare per elezioni politiche e referendum per corrispondenza nel Paese di residenza. Oppure la possibilità di ricevere assistenza sanitaria estera. Devono iscriversi all’AIRE i cittadini che si trasferiscono all’estero per periodi superiori a 12 mesi. Allo stesso obbligo soggiacciono quelli che già vi risiedono, sia perché nati all’estero, sia per successivo acquisto della cittadinanza italiana a qualsiasi titolo.

Possiamo riassumere che l’iscrizione AIRE è obbligatoria ogni volta che il soggetto intende restare all’estero in modo duraturo e stabile per un periodo di tempo superiore a 12 mesi. L’iscrizione, in questi casi, è obbligatoria per legge, a meno che non si rientri in uno dei casi di esenzione.

Chi non deve iscriversi all’AIRE

Non devono iscriversi all’AIRE:

  • Le persone che si recano all’estero per un periodo di tempo inferiore ad un anno;
  • I lavoratori stagionali;
  • I dipendenti di ruolo dello Stato in servizio all’estero. Questo ai sensi delle Convenzioni di Vienna sulle relazioni diplomatiche e sulle relazioni consolari rispettivamente del 1961 e del 1963;
  • I militari italiani in servizio presso gli Uffici e le strutture della NATO dislocate all’estero.

Modalità di iscrizione

L’iscrizione all’AIRE può avvenire attraverso una di queste due modalità:

  1. L’interessato può recarsi, prima di espatriare, nel proprio Comune di residenza e manifestare la volontà di volersi trasferire all’estero per un periodo superiore ai dodici mesi. In tal caso, l’Ufficiale d’anagrafe dovrà prendere nota del nominativo del cittadino richiedente in due registri: quello delle cancellazioni anagrafiche dall’APR e quello di iscrizione in AIRE. Per rendere definitive tali annotazioni l’Ufficiale di anagrafe dovrà, però, ricevere dall’Ufficio consolare del Paese estero dove il cittadino si è trasferito, il documento attestante l’avvenuta dichiarazione resa in loco. In ogni caso la decorrenza sarà a partire da quando è stata resa la dichiarazione di trasferimento di all’estero presso il comune di ultima iscrizione;
  2. Mediante dichiarazione all’ufficio consolare della circoscrizione di immigrazione, entro 90 giorni dalla immigrazione, con effetto dal momento della dichiarazione. Questa è la modalità diretta di iscrizione e può essere effettuata anche in assenza di comunicazione all’ultimo Comune italiano di iscrizione.
Attenzione!
L’iscrizione anagrafica, sebbene trattasi di requisito puramente formale, configura, dal 2024 come una presunzione relativa, di residenza fiscale in Italia. Questo significa che il contribuente ha la possibilità di superare la presunzione con prove da dimostrare a suo carico.

L’iscrizione può anche avvenire d’ufficio, sulla base di informazioni di cui l’Ufficio consolare sia venuto a conoscenza. L’effetto più importante dell’iscrizione all’AIRE è che i soggetti iscritti in questa Anagrafe non sono tenuti a dichiarare in Italia i redditi prodotti all’estero. In quanto residenti momentaneamente in altri Stati nei quali svolgono con carattere di durevolezza la loro attività lavorativa.

Sul punto vedasi anche: Liste selettive AIRE: i controlli.

Sanzioni per mancata iscrizione AIRE

La Legge n. 213/23 ha introdotto una specifica normativa sanzionatoria per i cittadini italiani che non provvedono all’iscrizione AIRE. Si tratta dei soggetti che non provvedono all’iscrizione AIRE nel termine di 90 giorni dall’arrivo nella circoscrizione consolare.

L’omissione è soggetta alla sanzione amministrativa da € 200 a € 1.000, per ciascun anno di omissione. La sanzione è ridotta ad 1/10 del minimo qualora la dichiarazione venga presentata con un ritardo non superiore a 90 giorni. La competenza è del Comune nella cui anagrafe è iscritto il contribuente. Il termine per il controllo è il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui l’obbligo non risulta adempiuto. La sanzione riguarda i periodi successivi all’entrata in vigore della norma.

Residenza civilistica all’estero

La residenza (ex art. 43 co. 2 c.c.) deve essere individuata nel luogo in cui la persona ha la dimora abituale, con intenzione di rimanervi. Questo aspetto è molto importante in quanto è necessaria la dimostrazione della volontà di voler risiedere effettivamente all’estero con continuità. Ordinariamente l’Amministrazione finanziaria è in grado di individuare la presenza in Italia dei contribuenti, attraverso l’ausilio delle sue banche dati (es. fatture, pagamenti tracciati, abbonamenti, etc), sia attraverso lo scambio di informazioni con altri Stati.

Ricorda che il concetto di residenza fiscale diverge da quello valido ai fini civilistici. Quest’ultima è un parametro per individuare l’identificazione della stessa ai fini fiscali.

Domicilio all’estero

Uno degli elementi più importanti da considerare è costituito dal domicilio. Con questa locuzione, ai fini fiscali deve intendersi “il luogo in cui si sviluppano, in via principale, le relazioni personali e familiari della persona” (art. 2 TUIR). L’elemento principale da prendere in considerazione è il centro dei propri affetti personali. Cosicché, nel caso di contrasto tra legami economici e familiari, ai fini della determinazione del Paese di residenza del soggetto passivo, deve conferirsi prevalenza a questi ultimi. Si pensi ad esempio, al soggetto che lavora da anni all’estero, ma ha la moglie e i figli residenti nel nostro Paese.

Pertanto, al fine di abbandonare la residenza nazionale è necessario che il contribuente dimostri la volontà di trasferire il centro delle sue relazioni personali, familiari, sociali e morali.

Presenza fisica all’estero

La presenza fisica all’estero del contribuente è fondamentale. Il contribuente, infatti, non deve essere presente in Italia per la maggior parte del periodo di imposta. Nel calcolo del tempo trascorso vengono conteggiati come giorni interi di presenza anche le frazioni di giorno. Questo elemento è particolarmente rilevante, sia perché l’Amministrazione finanziaria dispone di diverse banche dati per individuare la presenza in Italia, sia perché non è sempre semplice individuare i giorni effettivi di presenza. In considerazione a questo punto è interessante evidenziare la posizione dell’Amministrazione finanziaria nei controlli (vedasi domanda per Agevolazione neo residenti):

  • Fino a 90 giorni di presenza, scarsa rilevanza, il periodo può essere considerato come vacanza;
  • Da 91 a 182 giorni di presenza, significa volontà di restare in Italia per coltivare interessi (elemento di collegamento preso a riferimento nei controlli);
  • Oltre 183 giorni in Italia, significa automaticamente mantenere la residenza in Italia.

Elemento temporale dei requisiti

Tutti i requisiti sinora indicati richiedono la verifica per un arco temporale di almeno di 183 giorni (ovvero la maggior parte del periodo di imposta). L’elemento temporale gioca un ruolo determinante, in quanto, nella verifica della propria posizione il contribuente deve avere documentazione utile a dimostrare l’elemento temporale, con documentazione probatoria. Come vedremo meglio in seguito, il fascicolo documentale del contribuente espatriato è fondamentale per affrontare nel modo corretto un eventuale controllo dell’Amministrazione finanziaria.

Trasferimento in paradisi fiscali

Quando il trasferimento avviene in Paese cd. “black list” o a fiscalità privilegiata, scatta una presunzione pro fisco. Si tratta della presunzione legale relativa dell’art. 2, co. 2-bis del TUIR. Il soggetto rimane fiscalmente residente in Italia per presunzione, salvo sua dimostrazione dell’effettivo trasferimento all’estero. Si tratta dell’inversione dell’onere della prova che, non è più a carico dell’Amministrazione finanziaria, come avviene ordinariamente, ma è posta a carico del contribuente.

Questa presunzione è stata introdotta per contrastare trasferimenti di residenza fittizi finalizzati all’evasione fiscale. In pratica, se un cittadino italiano si cancella dall’anagrafe della popolazione residente e si trasferisce in un Paese inserito nella lista dei paradisi fiscali, l’Agenzia delle Entrate presume che il soggetto sia ancora residente in Italia ai fini fiscali. Per superare questa presunzione, il contribuente deve fornire evidenze concrete che attestino la reale e stabile nel nuovo Paese.

La prova contraria può includere documentazione che dimostri:

  • Dimora abituale: contratti di affitto o proprietà di immobili nel Paese estero;
  • Centro degli interessi vitali: legami familiari, attività lavorative o economiche prevalenti nel nuovo Stato.

Problematiche di “dual residence”

Nella pratica non sono rari i casi dove un contribuente si trasferisce all’estero e si iscrive all’anagrafe estera, pur mantenendo almeno uno dei requisiti di residenza fiscale in Italia. Spesso è il caso della mancata iscrizione AIRE, in altri casi il domicilio, tra i più comuni. In questi casi siamo di fronte a problematiche di doppia residenza fiscale. Questo tipo di situazione, molto più comune di quello che può sembrare, comporta l’obbligo di dover tassare i propri redditi in entrambi gli stati, determinando una doppia imposizione fiscale.

L’unico modo per risolvere questo tipo di situazioni è l’applicazione delle c.d. “tie breaker rules”, contenute nelle Convenzioni contro le doppie imposizioni stipulate con gli stati interessati. Si tratta di disposizioni che consentono di individuare in modo diretto qual è lo stato che ha diritto a tassare i redditi mondiali del contribuente.

Le convenzioni contro le doppie imposizioni

Le problematiche di doppia residenza fiscale debbono essere sciolte, analizzando le Convenzioni contro le doppie imposizioni siglate dall’Italia con i vari stati esteri. Queste sono fonte del diritto prevalente rispetto alla norma interna, trattandosi di trattati internazionali (art. 75, del DPR n. 600/73).

Le convenzioni contro le doppie imposizioni sono lo strumento internazionale che ha l’obiettivo di dirimere le controversie fiscali.

Le tie breaker rules

Nel caso in cui si verifichi una situazione di doppia residenza operano i criteri previsti dall’art. 4, paragrafo 2, della convenzione internazionale. Trattasi di regole utili a dirimere conflitti e da applicarsi in ordine gerarchico e non concorrente.

In altre, parole, una volta verificatasi una delle condizioni, la residenza del soggetto sarà identificata. Di seguito i criteri previsti dall’OCSE:

  1. Abitazione permanente. Se il soggetto possiede una abitazione permanente in uno dei due stati contraenti si presume che questo sei il Paese di residenza. L’abitazione non riguarda soltanto l’abitazione di proprietà, ma anche immobili che in qualunque modo possono essere a disposizione del contribuente (es. immobile di proprietà del coniuge del contribuente). Si tratta, in buona sostanza, della disponibilità, a qualsiasi titolo di un immobile;
  2. Centro degli interessi vitali. Trova applicazione ove il soggetto disponga di abitazioni permanenti in entrambi gli Stati. Il soggetto è ritenuto residente nello Stato in cui le sue relazioni personali ed economiche sono più strette. Il paragrafo 14 del commentario all’art. 4 richiede una valutazione delle componenti nel loro complesso, sebbene particolare attenzione deve essere riposta negli affetti personali (solo nella più recente giurisprudenza si hanno orientamenti legati alla prevalenza degli interessi economici su quelli persona);
  3. Luogo di soggiorno abituale. Se i primi due criteri non sono stati utili trova applicazione questo criterio, dovendo indagare la dimora abituale. Concetto che presuppone la frequenza la durata e la regolarità dei soggiorni e che deve essere valutato in un termine sufficientemente lungo. In questo criterio occorre non solo prendere in considerazione il numero dei giorni di presenza nel Paese in un dato periodo di riferimento, ma anche valutare il carattere di “abitualità” del soggiorno, legato alla frequenza, durata e regolarità nella vita ordinaria del soggetto (art. 19 Commentario OCSE dell’art. 4);
  4. Nazionalità del contribuente. Si tratta del criterio volto a determinare la residenza fiscale sulla base della nazionalità.
  5. Accordo comune. L’ultima possibilità che è gli stati contraenti risolvano la questione di comune accordo. Pratica di fatto, scarsamente verificata nella realtà.

I controlli dell’Amministrazione finanziaria

L’Amministrazione finanziaria effettua ogni anno controlli sui soggetti espatriati al fine di andare a verificare la bontà della propria posizione. La Guardia di Finanza e l’Agenzia delle Entrate hanno la possibilità di valutare, ogni anno, i contribuenti da sottoporre a controllo. Non tutti i soggetti espatriati vengono sottoposti a controllo. Infatti, ogni anno vengono stilate delle “liste selettive” di contribuenti. Questi soggetti vengono individuati attraverso l’incrocio di diverse banche dati ed altri paramenti che vengono presi in considerazione (non pubblici, ma alcuni individuali dall’esperienza che abbiamo avuto in passati accertamenti):

  • Lo Stato estero di trasferimento, con “peso” diverso tra stati ordinari o black list;
  • La disponibilità di abitazione permanente in Italia o, comunque, di patrimonio immobiliare (anche per interposta persona);
  • L’accredito di stipendi o proventi su conti correnti nazionali;
  • Il possesso di beni mobili registrati;
  • La partecipazione a riunioni d’affari;
  • La titolarità di cariche sociali;
  • Il sostenimento di spese in Italia di importo rilevante (iscrizioni a club, abbonamenti, circoli, etc);
  • Trasferimenti di denaro estero su Italia;
  • Presenza su stampa locale o nazionale, mass media, pubblicazioni internet (social network o siti web);
  • Segnalazioni che derivano dal Common Reporting Standard.

Dall’analisi congiunta di questi elementi vengono individuati i contribuenti da sottoporre a controllo. Il controllo avviene, solitamente, con una lettera che invita il contribuente a spiegare la propria posizione in relazione ad una determinata annualità, fornendo idonea documentazione. A fronte di questa richiesta, l’Amministrazione finanziaria ha già dalla sua elementi di prova idonei alla contestazione (elementi gravi, precisi e concordanti). Questo, a meno che non si tratti di controllo su paese black list, ove le prove sono tutte a carico dell’espatriato.

Per approfondire: Accertamenti sugli espatriati: come funzionano.

Elementi di collegamento

L’attività di indagine dell’Agenzia delle Entrate è volta ad individuare prove (elementi di collegamento) del contribuente sottoposto a controllo. Ovviamente, tutti i punti indicati in precedenza rappresentano elementi prova. Inoltre, l’Agenzia è intervenuta con la Circolare n. 20/E/24, con la quale sono stati forniti chiarimenti importanti, utili ai contribuenti che vogliono espatriare. Inutile dire che la posizione tenuta, riscontrata già nei controlli, è letteralmente restrittiva.

Possiamo indicare che, ad esempio, sono considerati idonei a considerare elementi di collegamento con l’Italia, utili alla riqualificazione della residenza:

  • Tutte le condotte con cui la persona manifesta (con atti concreti) la volontà di mantenere un legame effettivo con il territorio italiano;
  • Il mantenimento a propria disposizione, a qualunque, titolo di un’abitazione in Italia. Questo sia sotto il profilo della disponibilità che sotto il profilo patrimoniale;
  • La presenza fisica per lunghi periodi, anche frazionati;
  • La presenza di legami affettivi in Italia, come il coniuge, i figli, i soggetti legati ad unioni civili e conviventi;
  • Lo svolgimento di attività lavorativa nel territorio, anche in smart working;
  • L’iscrizione a un circolo culturale o sportivo.

Tutti questi elementi, assieme ad altri, devono essere attentamente valutati dal contribuente, già prima dell’effettivo trasferimento, al fine di valutare concretamente la propria posizione. La presenza anche solo di tre elementi di collegamento rilevanti può portare alla contestazione, e quindi alla notifica di un avviso di accertamento.

Problematiche legate al trasferimento all’estero

Un trasferimento all’estero effettuato con leggerezza, pur sempre senza dolo, può comportare spiacevoli inconvenienti di natura fiscale. Spesso si ritiene che lavorando all’estero non si abbia alcun tipo di obbligo fiscale verso il nostro Paese. Tuttavia, in realtà non è così semplice la questione.

Negli ultimi anni, infatti, l’Agenzia delle Entrate e la Guardia di Finanza hanno incrementato la vigilanza sui soggetti che tentano fittiziamente di trasferirsi all’estero. Si tratta di situazioni in cui non vi è un vero cambiamento di vita, ma vi è solo l’intento di sottrarre materia imponibile alla tassazione italiana.

La pressione fiscale arrivata ormai alle stelle e le continue comunicazioni di accertamento da parte dell’Amministrazione finanziaria hanno convinto molti contribuenti a tentare di spostarsi stabilmente all’estero. Questo al fine di beneficiare di una tassazione fiscale più favorevole rispetto a quella del nostro Paese. Sul punto vedasi: “Regimi fiscali per impatriati: i 7 Paesi migliori“. Bisogna però fare attenzione, per non ritrovarsi in futuro a dover far fronte a spiacevoli accertamenti fiscali.

Vediamo adesso alcuni elementi dove l’Agenzia delle Entrate è intervenuta.

Lavoro all’estero e mantenimento della famiglia in Italia

Il lavoro all’estero di un componente della famiglia con il mantenimento del resto della famiglia in Italia è assai comune. L’Agenzia delle Entrate ha affrontato il tema già con la Risposta ad interpello n. 25/E/18 e poi successivamente con la citata Circolare n. 20/E/24. In questi casi, il domicilio del contribuente rimane in Italia, in quanto i suoi interessi familiari prevalenti rimangono in Italia. Il contribuente ha la possibilità di superare la normativa interna solo facendo riferimento al citato art. 4, par. 2 della Convenzione dimostrando alternativamente la sua abitazione permanente, il centro dei suoi interessi vitali, la dimora abituale o la nazionalità estera. In caso di mancato superamento del test la residenza fiscale rimarrebbe italiana, con obbligo di dichiarare in Italia i redditi prodotti all’estero (con beneficio del credito per imposte estere).

Trasferimento in Paese black list e cariche societarie in Italia

Una casistica su cui abbiamo avuto modo di assistere ha riguardato il caso di un contribuente trasferito in Paese black list, che ha mantenuto in Italia:

  • Partecipazioni societarie in un gruppo di imprese;
  • Cariche societarie, come amministratore unico, o membro del consiglio di amministrazione di alcune società;
  • Percepimento di compensi per le attività di amministrazione delle società;
  • Dividenti derivanti dalle società.

Il mantenimento di questi elementi di collegamento, assieme alla presenza in Italia per un rilevante di giorni hanno portato l’Amministrazione finanziaria a contestare la posizione del contribuente per confermare in Italia la sua residenza fiscale. Questo, in quanto, si applica l’inversione dell’onere della prova (a carico del contribuente).

L’esterovestizione

L’esterovestizione di persone fisiche si verifica quando un soggetto, pur avendo trasferito la residenza all’estero, viene considerato fiscalmente residente in Italia, in quanto il centro dei suoi interessi economici, affettivi e familiari rimane nel territorio italiano.

L’esterovestizione di persone fisiche, ovvero l’errata o mancata dichiarazione dei redditi a seguito del trasferimento all’estero, può configurare un illecito penale con conseguenze significative. In caso di esterovestizione, possono configurarsi diversi reati tributari, tra cui:

  • Dichiarazione infedele: Si verifica quando il contribuente, pur presentando la dichiarazione dei redditi, indica un reddito inferiore a quello effettivamente percepito (di almeno € 100.000), al fine di pagare meno imposte. La pena è la reclusione da 2 a 4 anni e mezzo;
  • Omessa dichiarazione: Si verifica quando il contribuente, pur essendo obbligato, non presenta la dichiarazione dei redditi, evadendo completamente le imposte dovute, per importo superiore ai € 50.000. La pena è la reclusione da 2 a 5 anni.

Perché si configuri il reato di dichiarazione infedele o omessa dichiarazione, è necessario che sussistano i seguenti elementi:

  • Elemento oggettivo: Consiste nella presentazione di una dichiarazione infedele o nell’omissione della dichiarazione.
  • Elemento soggettivo: Consiste nel dolo specifico, ovvero nella volontà di evadere le imposte.

La prova dell’esterovestizione spetta all’Amministrazione finanziaria, che deve dimostrare che il contribuente ha mantenuto il centro dei propri interessi in Italia, nonostante il trasferimento formale all’estero.

Il fascicolo probatorio del contribuente

La possibilità di difesa da parte del contribuente sottoposto a controllo (o che potrebbe ricevere un controllo), per dimostrare l’effettività del trasferimento all’estero, è costituito dalla pre-costituzione della prova. Dimostrazione atta a dimostrare, conformemente alla disciplina dell’articolo 2, co. 2, del TUIR, l’effettività del trasferimento, oltre all’interruzione di significativi rapporti con lo Stato italiano.

Non sussiste alcun condizionamento in merito agli strumenti con cui attestare l’effettività del trasferimento. La prova che il contribuente deve raccogliere è, sostanzialmente, quella di natura documentale. Si deve tenere in considerazione che l’Ufficio accertatore è obbligato ad effettuare una complessiva considerazione della posizione del contribuente. Valutazione da effettuare alla luce delle prove da questo fornite.

Si tratterà quindi di una valutazione globale (e soggettiva). In ordine alla prova che il cittadino residente all’estero può fornire il legislatore non ha posto quindi alcun limite. Viene lasciata, dunque, la più ampia possibilità di difesa. Per questo motivo può essere opportuno catalogare in maniera ordinata, possibilmente in ordine cronologico, la maggior massa di documentazione possibile atta a fornire la prova. Infatti, quest’ultima accortezza permetterà il controllo di un requisito fondamentale, quale è quello temporale, per avvalorare la non fittizietà del trasferimento.

Tra le possibili forme di prova documentale è possibile utilizzare anche l’atto pubblico. Tuttavia, la prova che molto spesso darà evidenza dell’effettivo trasferimento all’estero è la scrittura privata. Quindi, possiamo dedurre che il ragionamento che l’Ufficio accertatore è chiamato svolgere è, necessariamente, di tipo presuntivo e basato anche su convincimenti soggettivi sulla posizione del contribuente accertato.

Caratteristiche degli elementi da raccogliere

Perciò, nella pre-costituzione del fascicolo è necessario prestare molta attenzione a che i documenti contengano elementi, quanto più:

  • Gravi (determinanti, capaci di influenzare le decisioni);
  • Precisi (accurati sulla posizione del soggetto);
  • Concordanti (in numero quanto più possibile elevato),

ai fini della prova che si vuole fornire. Elementi che ad un esame complessivo la massa documentale rendano la situazione ivi documentata quanto più prossima all’incontrovertibile. Da precisare che la prova deve comprendere:

  • Sia il fatto oggettivo della stabile permanenza in quel luogo,
  • Sia l’elemento oggettivo della volontà di rimanervi,

permanenza che, estrinsecandosi in fatti univoci che evidenziano tale intenzione, è normalmente compenetrata nel primo elemento. Inoltre, affinché sussista il requisito dell’abitualità della dimora, non è necessaria la continuità o la sua definitività. È, infatti, sufficiente che il soggetto presti attività lavorativa o svolga altre attività al di fuori del Comune di residenza (del territorio dello Stato). Questo purché conservi in esso l’abitazione, vi ritorni quando possibile e mostri l’intenzione di mantenervi il centro delle proprie relazioni familiari e sociali. È quindi assodato che la residenza non viene meno per assenze più o meno prolungate dovute ad esigenze di vita, studio, lavoro, etc. Si deve ricordare che il domicilio consiste principalmente in una situazione giuridica che, prescindendo dalla presenza fisica del soggetto, è caratterizzata dall’elemento soggettivo. Ovvero dalla volontà di stabilire e conservare in quel luogo la sede dei propri affari ed interessi.

Centro degli interessi vitali

L’inciso “affari ed interessi“, di cui all’articolo 43, comma 1, c.c., deve intendersi nel senso più ampio. Quindi comprensivo, non solo di rapporti di natura patrimoniale ed economica ma anche interessi:

  • Morali;
  • Sociali e
  • Familiari.

In pratica, la determinazione del domicilio va dunque desunta alla stregua di tutti gli elementi di fatto che:

direttamente o indirettamente, denunciano la presenza in un certo luogo di tale complesso di rapporti e il carattere principale che esso ha nella vita della persona

Questa interpretazione è stata recepita dall’Amministrazione finanziaria. La stessa riferendosi al caso di un soggetto iscritto all’AIRE ed esercente attività di lavoro autonomo all’estero, ha affermato che la residenza fiscale in Italia si concretizza qualora:

la famiglia dell’interessato abbia mantenuto la dimora in Italia durante l’attività lavorativa all’estero

o, comunque, nel caso in cui

emergano atti o fatti tali da indurre a ritenere che il soggetto ha quivi mantenuto il centro dei suoi affari ed interessi

Devono, in definitiva essere considerati fiscalmente residenti in Italia i soggetti che, pur avendo trasferito la propria residenza all’estero e svolgendo la propria attività fuori dal territorio nazionale, mantengano, il centro dei propri interessi familiari e sociali in Italia. Tutti e tre i requisiti ex articolo 2, comma 2, del DPR n. 917/86 devono risultare combinati con l’elemento temporale che è integrato dal perdurare delle situazioni giuridiche “per la maggior parte del periodo d’imposta” (183 giorni nell’arco di un anno solare, che diventano 184 qualora l’anno fosse bisestile).

Raccolta delle prove documentali

Per poter dimostrare l’effettività del proprio trasferimento all’estero è possibile utilizzare ogni mezzo di prova di natura documentale o dimostrativa idoneo a stabilire, secondo i criteri dettati dalla stessa Amministrazione finanziaria. I collegamenti documentali da raccogliere con il Paese estero sono;

  • La sussistenza della dimora abituale;
  • La sussistenza della dimora abituale del coniuge e dei figli;
  • La presenza del coniuge e dei figli;
  • L’iscrizione e l’effettiva frequenza dei figli presso istituti scolastici di formazione;
  • Lo svolgimento di un rapporto lavorativo a carattere continuativo, stipulato nello stesso Paese;
  • L’iscrizione ad associazioni o circoli sportivi o ricreativi, da parte del soggetto trasferito o dei familiari;
  • L’esercizio di una qualunque attività economica con carattere di stabilità;
  • La stipula di contratti di acquisto o locazione di immobili residenziali, adeguati ai bisogni abitativi nel Paese di immigrazione;
  • L’esistenza di fatture o ricevute di erogazione di acqua, gas, luce, telefono. E di altri canoni tariffari, pagati;
  • La titolarità di un conto corrente e la movimentazione dello stesso;
  • La titolarità di partecipazioni o strumenti finanziari;
  • La movimentazione a qualsiasi titolo di somme di denaro o di altre attività finanziarie;
  • L’eventuale iscrizione nelle liste elettorali del Paese di immigrazione;
  • In presenza di immobili sia in Italia che all’estero. La rilevazione dalle utenze di consumi minimi nel nostro Paese e consistenti all’estero;
  • L’assunzione di incarichi in società estere;
  • La titolarità della proprietà di auto o altri mobili registrati;
  • La titolarità dell’assicurazione auto e di parcheggi per i residenti;
  • La corresponsione dell’abbonamento TV e di una tassa assimilabile all’Imu nel Paese di immigrazione.

Utilizzo di mezzi documentali

L’elencazione non è ovviamente esaustiva. Tuttavia, al fine della prova può essere utilizzato qualsiasi mezzo idoneo a provare l’effettivo trasferimento. Di contro, questi elementi servono anche a provare la mancanza nel nostro Paese di significativi e duraturi rapporti di carattere:

  • Economico;
  • Familiare;
  • Politico e sociale;
  • Culturale e ricreativo.

Tutti questi elementi sono riassunti nel concetto conosciuto come: “centro degli interessi vitali“. Quindi ai fini della compliance e della pre-costituzione della prova in caso di trasferimento è utile la cessazione dei suindicati rapporti con l’Italia. Oppure, qualora continuino a sussistere in maniera attenuata, provvedere a renderli quanto più possibile meno apparenti.

Mancanza di collegamento con l’Italia

Ove possibile e necessario, dovrai raccogliere ogni elemento probatorio di natura dimostrativa-documentale. Si tratta di documentazione idonea a fornire la prova negativa della sussistenza di elementi di collegamento con l’Italia. Quindi ad esempio costituiscono collegamento con l’Italia:

  • La presenza italiana del coniuge o dei figli;
  • La presenza di unità immobiliari tenute a disposizione nel nostro Paese;
  • Esistenza di atti di donazione effettuati in Italia;
  • L’esistenza di movimentazione a qualsiasi titolo di somme di denaro. Oppure di altre attività finanziarie in Italia;
  • La titolarità di conti correnti alimentati con accrediti di ogni genere;
  • L’esistenza di atti di compravendita effettuati in Italia a proprio nome o per interposta persona;
  • Dell’assunzione di incarichi in società italiane;
  • Della titolarità in Italia del diritto di proprietà (ma anche possesso) di veicoli o altri mobili registrati;
  • Dell’iscrizione nel nostro Paese a circoli o clubs;
  • Dell’organizzazione della propria attività e dei propri impegni direttamente o attraverso soggetti operanti sul territorio italiano.

In definitiva, ne deriva che in questi casi è necessario fornire la piena dimostrazione della perdita di ogni significativo collegamento con lo Stato italiano. Contestualmente, si mostrerà la parallela controprova dell’esistenza di una reale e duratura localizzazione nel Paese estero.

Mancanza di criteri di collegamento

La sussistenza degli elementi utili a provare il trasferimento all’estero di un soggetto e la mancanza di quelli atti a realizzare un collegamento col nostro Paese dovranno quindi essere valutati e ponderati. Tenendo bene presente che la valutazione di essi svolta dall’Amministrazione finanziaria dovrà comportare una complessiva considerazione della posizione del contribuente alla luce delle prove fornite. Ciò significa che un soggetto la cui situazione integri più elementi utili e rilevanti al fine di provare il proprio trasferimento in uno Stato estero, non necessariamente sarà tenuto ad eliminare ogni collegamento con l’Italia.

A maggior ragione se tale collegamento è particolarmente tenue, come potrebbe essere ad esempio la locazione di un immobile per un mese nel periodo estivo. Oppure l’iscrizione ad un circolo sportivo in Italia.

La valutazione da farsi, e che in concreto l’Amministrazione finanziaria deve andare ad eseguire, è afferente la prevalenza. Nel senso che si deve valutare se prevalgono gli elementi di collegamento con lo Stato estero di cui si assume essere effettivamente residenti. Oppure prevalgono gli elementi di collegamento con l’Italia. In quest’ultimo caso, scatterà un accertamento fiscale vero e proprio.

Trasferimento di denaro all’estero

Prima di chiudere questa guida voglio parlarti di un aspetto collegato al trasferimento all’estero. Mi riferisco alla possibilità di trasferire denaro dall’Italia la Paese estero di tua immigrazione. Spesso ci sono tantissime false credenze sui trasferimenti dei denaro all’estero. Quello che voglio dirti è che nessuno può vietarti di trasferire o detenere denaro nello Stato che tu ritieni sia il migliore. Naturalmente puoi fare tutto questo tenendo presente che il trasferimento è consentito a patto che il denaro derivi da una fonte lecita. Sicuramente deve trattarsi di risparmi frutto di redditi regolarmente dichiarati. Fuori da questa ipotesi, siano in casi che possono essere molto problematici. Si può andare incontro al rischio di autoriciclaggio di denaro.

Per approfondire ti lascio il link ad un articolo di approfondimento legato agli aspetti fiscali connessi al trasferimento di denaro.

Consigli per trasferirsi all’estero in modo sicuro

Appare indubbio che sono sempre più gli italiani che scelgono di fissare all’estero la propria residenza fiscale. Spinti da motivi economici, lavorativi o personali. Oppure, semplicemente scelgono di farlo per minimizzare il gravoso carico fiscale presente nel nostro Paese. Purtroppo però, tale fattispecie, allorché il trasferimento sia soltanto fittizio, costituisce una delle principali tipologie di evasione fiscale internazionale. Così come sottolineato dall’Amministrazione finanziaria nella Circolare n. 25/E/2013. Per questo motivo è opportuno aderire quanto più possibile alla compliance normativa sopra delineata. Cercando di portare a vostro favore quanti più elementi probatori possibili.

Procedura per il trasferimento

Nel caso in cui tu sita per effettuare il trasferimento della residenza, per lavoro o anche solo per avventura, all’estero, per periodi più o meno lunghi, ricordati che è necessario seguire una precisa procedura. L’obiettivo è quello di non incorrere in spiacevoli inconvenienti di natura fiscale. Procedura che possiamo così sintetizzare nei seguenti passaggi:

Affidarsi a professionisti in campo fiscale

Chi intende andarsene dal nostro Paese per cercare fortuna all’estero non vuole certamente avere noie con l’Amministrazione finanziaria italiana. Per questo è importante che tu non improvvisi. E’ fondamentale chiedere la consulenza di un dottore commercialista esperto nel settore della fiscalità internazionale. Un professionista che sappia indirizzarti analizzando la tua situazione personale. Specialmente se hai una partita Iva o una società ancora attiva in Italia, la pianificazione fiscale è fondamentale.

Cancellazione dall’anagrafe della popolazione residente

Ricordati che fino a quando non ti cancelli dall’anagrafe della popolazione residente, anche se risiedi da tempo all’estero, per il l’Amministrazione finanziaria italiana sei ancora considerato residente fiscalmente in Italia. Con tutti gli obblighi dichiarativi conseguenti. Oltre all’AIRE dovrai verificare anche i requisiti indicati nella convenzione contro le doppia imposizione firmata tra l’Italia e il Paese di emigrazione. Se la convenzione è presente ti sarà di aiuto consultarla.

Iscriversi all’AIRE

Conseguenza inevitabile del punto precedente è l’iscrizione tra l’anagrafe dei cittadini italiani residenti all’estero. AIRE, appunto. Dal momento in cui sarà in vigore questa iscrizione, per l’Amministrazione finanziaria italiana sarai ufficialmente residente all’estero. Quindi tenuto a dichiarare in Italia soltanto i redditi ivi prodotti. Articolo 2 del DPR n. 917/86.

Dichiarazione dei redditi

Ricordati che se mantieni in Italia redditi, o immobili, i redditi percepiti devono comunque essere soggetti a tassazione italiana. Quindi è obbligatorio presentare la dichiarazione dei redditi in Italia, anche se vivi stabilmente all’estero. Verifica  tutto questo dalla Convenzione, per verificare quali redditi sono soggetti a tassazione nello Stato della fonte.

Gli spostamenti in Italia

L’Amministrazione finanziaria italiana o tende a effettuare molti controlli sui trasferimenti all’estero. L’obiettivo è di smascherare soggetti che fingono di effettuare il trasferimento della residenza all’estero. Simulazione effettuata al solo fine di evadere la tassazione fiscale italiana. Per questo tenere traccia di ogni tuo spostamento o soggiorno in Italia diventa fondamentale per dimostrare che risiedi effettivamente all’estero per la maggior parte del periodo d’imposta. Per questo la costruzione di un fascicolo probatorio documentale è indispensabile.

Se vuoi approfondire questo aspetto: Accertamento fiscale dei residenti all’estero.

Consulenza fiscale online

Per lasciare l’Italia in maniera stabile e duratura, non devi commettere l’errore di trascurare l’attenta valutazione degli aspetti fiscali legati a questa tua nuova scelta di vita. Anzi, programmare il trasferimento dal punto di vista fiscale è uno degli aspetti più impegnativi su cui dovrai concentrarti. Questo passaggio soltanto se fatto con i giusti accorgimenti ti permetterà di stare sereno in caso di eventuali successivi controlli dell’Amministrazione finanziaria.

Se hai trovato interessante questo articolo che ho realizzato sicuramente ti sarà utile approfondire anche gli argomenti che ho affrontato in questo contributo: Trasferimento all’estero: 3 regole indispensabili da seguire. Infine, se vivi già all’estero ma non sei sicuro di aver seguito la giusta procedura, non indugiare.

Richiedimi una consulenza personalizzata! Con l’apposito servizio di consulenza online potrai consultati direttamente con me. Ho pensato a questo servizio di consulenza dedicato sulla base di tutta l’esperienza avuta sino ad ora su questo argomento. Posso aiutarti a valutare la suta situazione e a fornirti assistenza per la predisposizione del fascicolo probatorio.

Leggi come è strutturato il servizio di consulenza a questo link, e verifica se soddisfa le tue perplessità. Non aspettare, potrai evitare di commettere errori nel tuo trasferimento all’estero.

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