Il trasferimento di residenza all’estero da parte di persone fisiche è un aspetto che richiede particolare attenzione. Negli ultimi anni i controlli dell’Agenzia delle Entrate stanno aumentando. Per questo occorre avere ben chiara la propria situazione. Per la mia esperienza è opportuno tenere a mente 3 regole indispensabili. Sono moniti da ricordare per ogni trasferimento all’estero, e sono:
- Non sottovalutare il passato, ovvero cosa si lascia nel Paese che vogliamo lasciare;
- Programma il presente, ovvero le procedure di trasferimento;
- Pianifica il futuro, tenendo presente cosa fare per superare controlli fiscali sull’espatrio.
In questo contributo voglio approfondire il tema della residenza fiscale delle persone fisiche in base a quanto previsto dalle Convenzioni internazionali. In particolare, sulle possibilità di dirimere situazioni di “dual residence” attraverso l’applicazione delle tie breaker rules.
Indice degli Argomenti
La residenza fiscale nelle convenzioni contro le doppie imposizioni
Le disposizioni sulla residenza fiscale hanno un ruolo preminente all’interno delle Convenzioni contro le doppie imposizioni, in quanto rappresenta un elemento fondamentale per:
- L’applicazione delle norme della Convenzione stessa;
- Determinare la potestà impositiva dei Paesi coinvolti.
L’art. 4 del modello OCSE di Convenzione è dedicato proprio a questo argomento. Il paragrafo 1 rimanda espressamente alla legislazione domestica degli Stati contraenti, ed in caso in cui si verifichi una situazione di “dual residence“, occorre fare riferimento alle tie breaker rules per sciogliere la problematica ed individuare l’unico Stato di effettiva residenza fiscale.
Art. 4, par. 1 modello OCSE
L’analisi della situazione parte dal paragrafo 1 dell’art. 4 della Convenzione, secondo il quale:
“ai fini della convenzione, l’espressione residente di uno Stato contraente designa ogni persona che, in virtù della legislazione di detto Stato, è ivi assoggettata ad imposta a motivo del suo domicilio, residenza, sede di direzione o di ogni altro criterio di natura analoga”
Il modello OCSE aggiunge, inoltre, quanto segue:
“tale espressione [“residente di uno Stato contraente”] non comprende le persone che sono assoggettate ad imposta in questo Stato soltanto per il reddito che esse ricavano da fonti situate in detto Stato ”
Quello che viene indicato è che, ai fini della Convenzione, un soggetto non può essere considerato residente in un Paese se lo stesso è assoggettato ad imposizione in tale Paese solo in base al principio di territorialità. Il riferimento è legato alla possibile applicazione, da parte del soggetto trasferito, di regimi di tassazione territoriale. L’applicazione di questa parte la ritroviamo soltanto in alcune Convenzioni stipulate con l’Italia (vedi i casi di Malta e Regno Unito).
In buona sostanza, il modello OCSE non individua un’univoca definizione di residenza da applicare. Infatti, nella disposizione vi è un esplicito rimando alla definizione fornita dalle legislazioni nazionali. Pertanto, nella pratica si possono verificare, frequentemente, situazioni in cui un soggetto è considerato fiscalmente residente in entrambi gli Stati in base alle rispettive normative domestiche (fattispecie di c.d. “doppia residenza“).
L’utilizzo delle tie breaker rules
Nel caso in cui si verifichi un caso di “dual residence“, in base alle rispettive disposizioni interne, assume rilievo il secondo paragrafo dell’art. 4 del modello di Convenzione OCSE. Tale disposizione ha l’obiettivo di andare a risolvere le problematiche di conflitto. Si tratta di problematiche che si possono creare tra le legislazioni dei due Stati contraenti coinvolti. La ratio è quella di identificare in modo univoco la residenza del contribuente.
Sotto il profilo pratico le tie breaker rules sono disposizioni (criteri di collegamento della persona allo Stato) che devono essere verificate in modo:
- Gerarchico. Si applicano con ordine preciso;
- Non concorrente. Una volta che una di esse trova riscontro in uno solo dei due Stati coinvolti.
In particolare, i criteri da analizzare, per la definizione della residenza fiscale sono, nell’ordine, le seguenti:
- Abitazione permanente;
- Centro degli interessi vitali;
- Soggiorno abituale;
- Nazionalità;
- Accordo tra le autorità competenti dei due Paesi contraenti.
Poiché l’articolo, 4 par. 2, stabilisce un ordine di priorità dei sopra menzionati criteri, il conflitto si dirime non appena uno dei test ottiene un risultato positivo. Secondo il Commentario, il criterio di collegamento individuato deve essere tale da riflettere il più forte legame (“attachment“) del contribuente ad uno dei due Stati. In pratica, deve apparire come “naturale” il collegamento del contribuente nello Stato individuato.
Detto questo andiamo ad analizzare, con maggiore dettaglio, i criteri previsti per risolvere le problematiche di dual residence.
1) Abitazione permanente (“permanent home”)
In base al primo criterio, la residenza coincide con il luogo in cui il contribuente possiede o dispone di un’abitazione permanente. Sul tema, il Commentario (punti 12 e 13) fornisce indicazioni utili e in particolare chiarisce che l’abitazione:
- Può essere posseduta a qualsiasi titolo (in proprietà, in affitto, comodato, etc);
- Deve disporre di un’adeguata organizzazione che consenta al contribuente una lunga e non occasionale permanenza (come ad esempio, per un viaggio di piacere, un viaggio di affari, per fini di studio, etc).
La previsione in esame sembrerebbe riconducibile al concetto di cui all’art. 43 del Codice Civile. Tuttavia, la nozione domestica di residenza, intesa come dimora abituale, non prevede la possibilità che essa venga identificata in più luoghi contemporaneamente. Mentre la norma convenzionale non esclude tale possibilità. Infatti, il secondo criterio previsto dalle convenzioni muove dal presupposto che un soggetto possa avere una dimora permanente in entrambi gli Stati contraenti (o in nessuno di essi).
Prassi delle Entrate
Nella prassi dell’Agenzia dell’Entrate, si ritiene che la disponibilità dell’immobile possa verificarsi anche in caso di disponibilità attraverso intestazione ad interposta persona. Con questo termine si fa riferimento ad uno o più soggetti più o meno direttamente riconducibili al contribuente. Caso classico di interposta persone si ha, ad esempio, quando il contribuente ha a disposizione l’abitazione di genitori, fratelli, sorelle o persone anche terze alla famiglia ma a lui riconducibili attraverso un collegamento diretto.
Inoltre, viene considerata rilevante la presenza di una disponibilità per oltre 90 giorni dell’immobile sia elemento rilevante (vedi check-list in relazione all’applicazione dell’art. 24-bis del TUIR).
Giurisprudenza
Relativamente a questo primo test, è interessante notare il riferimento al primo criterio in una sentenza della Commissione Tributaria della Lombardia (CTR Lombardia n. 102/28/2012). Sentenza dalla quale emerge che la persona fisica che possiede una doppia residenza deve essere considerata fiscalmente residente nel Paese in cui possiede un’abitazione permanente. Secondo la Commissione il fatto che il contribuente non avesse anche in Italia un’abitazione di proprietà o posseduta in forza di un qualsiasi titolo giuridico e che tale abitazione non fosse a disposizione in modo continuativo, rendeva soddisfatto già il primo criterio e, quindi, superflua la verifica di quelli successivi previsti dall’articolo 4 della Convenzione.
2) Centro degli interessi vitali (“centre of vital interests”)
Il secondo criterio, il centro degli interessi vitali, corrisponde al luogo in cui le relazioni personali ed economiche dell’individuo sono più strette (“closer“). Come indicato dal Commentario, al fine di determinare il centro degli interessi vitali, occorre tener conto delle relazioni familiari e sociali del contribuente. Ma anche delle sue attività politiche, culturali o di altro genere, della sua sede di affari e del luogo dal quale amministra le sue proprietà.
Queste circostanze devono essere esaminate in una visione globale, tenuto conto della particolare situazione personale dell’individuo. Spesso non è facile stabilire qual è il luogo in cui una persona ha stabilito il proprio centro degli interessi vitali. Magari perché, ad esempio, le relazioni familiari e personali sono in uno Stato mentre gli interessi economici e patrimoniali prevalenti sono in un altro.
Si evidenzia che il concetto di “centro degli interessi vitali” è molto vicino alla nozione domestica di “domicilio” e che l’orientamento prevalente dell’Amministrazione finanziaria e della giurisprudenza ha attribuito solitamente una particolare rilevanza ai legami personali ed affettivi. Tuttavia, la nuova definizione di “domicilio” ai fini fiscali, di cui all’art. 2, co. 2 del TUIR (introdotta dal 2024 a cura del D.Lgs. n. 209/23), si discosta da questi concetti. Infatti, viene considerato domicilio il luogo in cui, principalmente, il soggetto sviluppa le sue relazioni personali e familiari.
L’individuazione di questi elementi, ma soprattutto il fatto che ognuno di essi colleghi il contribuente solo con uno dei due Stati non è di facile individuazione pratica. Soprattutto quando la situazione appare complessa e dove diverse tipologie di legami entrano in gioco, in modo diverso e con gradi di rilevanza diversa per ognuno dei due stati coinvolti. Ad esempio, redditi o patrimoni personali detenuti in entrambi gli stati.
Giurisprudenza
Lato giurisprudenza è interessante leggere una recente sentenza nella quale la Cassazione ha ritenuto che il domicilio del contribuente, trasferitosi con la moglie a Montecarlo, fosse in Italia “(…) essendo risultato il suo pieno coinvolgimento nelle vicende economiche e morali della famiglia (omissis) e delle società ad essa facenti capo ”. Il tutto, dando di fatto prevalenza agli interessi economici del contribuente. Proseguendo nella disamina delle tie-breker rules, nel caso in cui non sia possibile determinare lo Stato in cui il contribuente ha il centro dei suoi interessi vitali occorrerà procedere ai test successivi.
3) Soggiorno abituale (“habitual abode”)
Il criterio di risoluzione del conflitto da verificare nel caso in cui non è possibile determinare lo Stato contraente nel quale la persona ha il proprio centro degli interessi vitali o se la medesima non ha un’abitazione permanente in alcuno degli Stati contraenti, è il luogo in cui il contribuente “soggiorna abitualmente”.
Il Commentario non fornisce una chiara interpretazione dei requisiti da verificare al fine di individuare qual è l’intervallo di tempo minimo richiesto affinché possa dirsi verificato il criterio del soggiorno abituale. Il commentario si limita a richiedere “a sufficient length of time”. Ovvero, una durata sufficientemente ampia tale da consentire di determinare se la residenza in ciascuno degli Stati sia abituale o meno. Il soggiorno abituale non deve essere verificato in relazione al numero di giorni effettivi di un soggetto in uno Stato, ma attraverso l’attitudine, abitualità ed i comportamenti del contribuenti volti a dimostrare che abitualmente soggiorna in un dato Stato.
Nella pratica, il requisito del soggiorno abituale può apparire come uno dei più immediati da verificare. Questo, soprattutto quando il contribuente ha davvero trascorso un lasso di tempo rilevante all’estero. Tuttavia, le difficoltà maggiori si hanno nella produzione della documentazione in grado di dimostrare il soggiorno all’estero. Pertanto, occorre prestare attenzione proprio a questo elemento.
4) Nazionalità (“nationality”)
Il quarto criterio individuato dall’articolo 4 della Convenzione è quello della cittadinanza del soggetto. È utile sottolineare che la Convenzione fa espresso rinvio alla normativa interna per la definizione della cittadinanza di un soggetto.
In questo caso la possibilità di valutare situazioni di doppia cittadinanza potrebbe essere determinante nel far valere questa rules, per sciogliere la problematica del contribuente. Nella pratica questo è, di fatto, l’ultimo criterio che il contribuente si trova a prendere in considerazione, per sciogliere, in autonomia la sua situazione di incertezza.
5) Procedura amichevole (“mutual agreement procedure”)
Se nessuna delle su esposte tie breaker rules ha avuto un esito positivo, la questione deve essere risolta di comune accordo tra gli Stati contraenti.
La risoluzione avviene in base alla procedura amichevole stabilita nell’articolo 25 della Convenzione stessa. Tale procedura, comunque, è limitata a situazioni relativamente importanti, e di scarsa applicazione pratica nei casi di minore rilevanza. Pertanto, fare affidamento si questo criterio potrebbe portare a conseguenze rilevanti, in quanto, vederlo concretamente applicare è raro, soprattutto per le persone fisiche.
Come si effettua una valutazione della posizione di un contribuente
Una volta individuate tutte le regole da seguire è possibile approfondire ulteriormente e chiedersi come può essere effettuata l’analisi di un soggetto. Ebbene, in caso di valutazione è opportuno partire dal fatto che le circostanze del soggetto devono essere valutate nel complesso e il comportamento personale dell’interessato deve essere considerato in modo particolare. Nella mia attività professionale, mi trovo di fronte a contribuenti che valutano la possibilità di applicare la normativa convenzionale. Tuttavia, l’analisi della posizione personale è (quasi sempre) complessa.
Esempio di valutazione del contribuente
Questo significa che, ad esempio, se una persona, la quale possiede una abitazione in uno Stato, stabilisce una seconda abitazione nell’altro Stato, conservando tuttavia la prima abitazione, il fatto che la stessa mantenga tale prima abitazione nell’ambiente ove ha sempre vissuto, ove ha sempre lavorato, e ove ha la propria famiglia e i beni, può, unitamente ad altri elementi, contribuire a dimostrare che il suo centro degli interessi vitali si trovi nel primo Stato. Nel caso in cui la persona fisica:
- Disponga di una abitazione permanente in entrambi gli Stati contraenti e non sia possibile determinare in quale dei due Stati abbia il centro degli interessi vitali;
- Non disponga di una abitazione permanente in alcuno Stato contraente;
la preferenza viene accordata allo Stato contraente del soggiorno abituale. Tale requisito deve essere valutato all’interno di un arco temporale sufficientemente duraturo, tale da consentire di valutare la presenza in ciascuno dei due Stati coinvolti, per individuare la periodicità dei soggiorni.
Qualora il soggiorno abituale sia rinvenibile in entrambi gli Stati contraenti o, al contrario, non si configuri in alcuno di detti Stati, la preferenza deve essere accordata allo Stato del quale la persona fisica possiede la nazionalità. Infine, qualora la persone fisica detenga la nazionalità di entrambi gli Stati coinvolti, l’art. 4 della Convenzione attribuisce alle autorità competenti il dovere di determinare la residenza mediante ricorso alla procedura amichevole di cui all’art. 25 del Modello OCSE.
Quindi, possiamo dire che, molto spesso, sono il centro degli interessi vitali di un soggetto ed il suo soggiorno abituale a dirimere, per le Convenzioni internazionali basate sul modello OCSE, a dirimere situazioni di dual residence. Solo in situazioni più complesse si passa al soggiorno abituale ed alla nazionalità.
Per approfondire: Risoluzione conflitti di residenza in assenza di tie-breaker rules.
Trasferimento in corso d’anno
In ambito internazionale il Commentario al Modello OCSE, nella parte riguardante la residenza fiscale, fornisce una precisazione molto significativa nel caso in cui il trasferimento avvenga nel corso del periodo d’imposta.
Nel caso, il Commentario prevede che le regole per dirimere la doppia residenza (tie breaker rules) possano essere applicate anche alle singole frazioni di periodo d’imposta in cui si verifica. Secondo il Commentario, nel caso in cui un soggetto risulti fiscalmente residente in uno Stato per una parte del periodo d’imposta (nell’esempio: dal 1° gennaio al 31 marzo) e, a seguito del suo trasferimento nell’altro Stato contraente e della sua presenza fisica in detto altro Stato per più di 183 giorni, lo stesso soggetto risulti fiscalmente residente in tale altro Stato per l’intero periodo d’imposta (ad esempio dal 1° gennaio al 31 dicembre), occorre applicare le rules alle singole frazioni – del periodo d’imposta – in cui si verifica la dual residence.
Con riferimento alla normativa italiana, si segnala ad oggi la mancanza di specifiche previsioni di legge che disciplinino esplicitamente l’acquisto o la perdita della residenza in corso d’anno. In particolare, gli unici casi in cui risulta essere applicabile il frazionamento del periodo di imposta si riscontra nella Convenzione siglata dall’Italia con la Germania e con la Svizzera. Per approfondire: “Frazionamento del periodo di imposta: clausole di split year“.
Norma italiana sul trasferimento all’estero
La normativa italiana prevede che, al fine di determinare la residenza fiscale di una persona fisica, i requisiti previsti debbano essere valutati avendo riguardo all’intero periodo d’imposta. Pertanto, lo status di soggetto fiscalmente residente o non residente deve intendersi per l’intero anno solare.
A conferma di tale approccio, nella Risoluzione n. 471/E/2008 l’Agenzia delle Entrate ha precisato che, nel caso sottoposto dall’istante, nel quale veniva ipotizzato lo scenario di un trasferimento in corso d’anno, gli eventuali problemi di dual residence dovevano essere risolti esclusivamente applicando le disposizioni convenzionali ed interne che disciplinano il credito d’imposta (articolo 23 della Convenzione ed articolo 165 del DPR n. 917/86). Inoltre, in base alla Risoluzione in esame, non è possibile estendere l’applicazione del principio del frazionamento della residenza all’interno di un periodo d’imposta se tale principio non è espressamente previsto nel testo della Convenzione stessa.
L’approccio restrittivo dell’Agenzia dell’Entrate che si evince dalla suddetta Risoluzione non consente quindi di risolvere i casi di dual residence coerentemente alle previsioni del Commentario OCSE. Ne consegue che si possono verificare casi di doppia imposizione risolvibili esclusivamente attraverso la regola del credito d’imposta per i redditi prodotti all’estero, la cui applicazione può tuttavia determinare in capo al contribuente sia disagi finanziari, legati alle tempistiche connesse alla definitività dell’imposta estera, sia un maggior onere fiscale nei frequenti casi in cui l’imposta estera relativa al reddito di fonte estera è inferiore rispetto a quella italiana calcolata sul medesimo reddito.
Situazioni particolari
Le disposizioni sulla residenza contenute nelle convenzioni bilaterali contro le doppie imposizioni stipulate dall’Italia aderiscono sostanzialmente al modello OCSE. Come detto, queste convenzioni sono utili a dirimere problematiche inerenti la dual residence. Esistono tuttavia alcune variazioni, ovvero situazioni che divergono dalla regole generali sopra indicate. Queste situazioni particolari, in alcuni casi consistono in una diversa formulazione della norma. In altri casi invece, si tratta di difformità specifiche della disposizione. Possono essere esempio, talune variazioni nelle tie-breaker rules o di previsioni speciali contenute nel protocollo aggiuntivo.
Vediamo, quindi, alcune situazioni particolari, in merito alle dirimenti legate alle Convenzioni internazionali.
Convenzione tra Italia e Giappone
La Convenzione per evitare le doppie imposizioni siglata con il Giappone non contiene alcuna previsione relativamente ai criteri per dirimere i conflitti di residenza fiscale. In questa Convenzione le situazioni di doppia imposizione sono demandate esclusivamente alle autorità competenti degli Stati Contraenti.
Quando si determinato situazioni particolari devono essere i due Stati coinvolti a determinare, di comune accordo lo Stato contraente in cui la persona è considerata fiscalmente residente. Da un punto di vista pratico, riuscire da avviare questa procedura è particolare difficile (se non impossibile). Per questo motivo, si finisce, praticamente per considerare residente il soggetto trasferito in Giappone senza iscrizione AIRE in Italia. Insomma, praticamente, finisce per essere considerata esclusivamente la normativa nazionale per determinare la residenza fiscale del soggetto espatriato in Giappone.
Convenzione tra Italia e Bulgaria
L’articolo 1 della Convenzione tra Italia e Bulgaria, rubricato “Soggetti e residenti” è peculiare. Questo articolo non prevede il primo test dell’abitazione permanente. Questi stabilisce, invece, che quando una persona fisica è residente di entrambi gli Stati contraenti detta persona è considerata residente dello Stato nel quale le sue relazioni personali ed economiche sono più strette (centro degli interessi vitali). Inoltre, qualora non sia possibile determinare lo Stato nel quale detta persona ha il centro dei suoi interessi vitali, le autorità competenti degli Stati contraenti risolvono la questione di comune accordo.
Anche in questa Convenzione viene modificato il criterio dirimente della doppia residenza. Tuttavia, in questa Convenzione è comunque presente un requisito pratico da verificare. Ossia, la verifica del cd “centro degli interessi vitali“.
Convenzione tra Italia ed Irlanda
Nella Convenzione contro le doppie imposizioni siglata tra Italia ed Irlanda è interessante l’articolo 3 relativo alle definizioni generali dell’accordo. Questo articolo, relativamente alle persone fisiche stabilisce che è residente di uno Stato contraente:
- Ogni persona che è considerata residente in uno Stato contraente ai fini della imposta di detto Stato e non residente dell’altro Stato contraente ai fini della imposta di detto altro Stato, oppure
- Che soggiorna nell’altro Stato contraente per un periodo o per periodi che non eccedono in totale 91 giorni durante l’anno fiscale.
Questo aspetto è particolarmente interessante. In pratica, secondo questa convenzione, per un espatriato italiano, trascorrere almeno 91 giorni l’anno in Irlanda modifica la propria posizione fiscale.
Convenzione tra Italia e Svezia
La Convenzione per evitare le doppie imposizioni tra Italia e Svezia al protocollo aggiuntivo stabilisce che:
“per i soggetti di nazionalità svedese, considerati sia residenti in Italia, sia residenti in Svezia in virtù della disposizione svedese detta “regola dei tre anni”, le Autorità competenti degli Stati contraenti risolvono, di comune accordo, la questione della residenza fiscale, in deroga a quanto previsto dalle tie-breker rules“
Tale disposizione si applica soltanto per un periodo di tre anni a decorrere dal giorno di emigrazione dalla Svezia.
Convenzione tra Italia e Germania
Il Protocollo della Convenzione con la Germania è singolare. Questi contiene quanto riportato dal Commentario al paragrafo 10 in tema di trasferimento in corso d’anno stabilendo che:
“Se una persona fisica è considerata residente dello Stato contraente in base all’articolo 4 soltanto per una frazione dell’anno ed è considerata residente dell’altro Stato contraente per il resto dell’anno, l’assoggettamento all’imposta, nei limiti in cui esso dipenda dal luogo di residenza, termina nel primo Stato alla fine del giorno in cui è stato effettuato il cambio di domicilio”
Nell’altro Stato, l’assoggettamento all’imposta, nei limiti in cui esso dipenda dal luogo di residenza, inizia il giorno successivo al cambio di domicilio”.
In pratica nella Convenzione Italia Germania la residenza fiscale è “spezzata” da anno in anno. In pratica, ognuno dei due Stati tassa il reddito ivi percepito. Si tratta di una situazione che viene definita di frazionamento del periodo di imposta. Anche se può sembrare una disposizione favorevole al contribuente, in quanto potrebbe essere utile ad eliminare possibili fattispecie di doppia imposizione del reddito nell’anno di espatrio occorre tenere in considerazione la posizione dell’Agenzia delle Entrate, che appare molto restrittiva su questa disposizione.
Convenzione tra Italia e Svizzera
Anche la Convenzione con la Svizzera, al paragrafo 4 dell’articolo 4, prevede il criterio di risoluzione del conflitto di residenza nel caso di trasferimenti che possono avvenire anche in corso d’anno. In particolare la Convenzione prevede che:
“La persona fisica che ha trasferito definitivamente il suo domicilio da uno Stato contraente all’altro Stato contraente cessa di essere assoggettata nel primo Stato contraente alle imposte per le quali il domicilio è determinante non appena trascorso il giorno del trasferimento del domicilio. L’assoggettamento alle imposte per le quali il domicilio è determinante inizia nell’altro Stato a decorrere dalla stessa data”
Inoltre, la Convenzione con la Svizzera contiene un’ulteriore previsione al paragrafo 5 dell’articolo 4 che recita come segue:
“Non è considerata residente di uno Stato contraente:
a) una persona che, sebbene risponda ai requisiti di cui ai precedenti paragrafi da 1 a 3, è soltanto beneficiaria apparente dei redditi, essendo questi in realtà – sia direttamente che indirettamente per il tramite di altre persone fisiche o giuridiche – destinati a una persona che non può essere considerata di per sé residente di detto Stato ai sensi del presente articolo;
b) una persona fisica che non è assoggettata alle imposte generalmente riscosse nello Stato contraente, di cui sarebbe residente secondo le disposizioni che precedono, per tutti i redditi generalmente imponibili secondo la legislazione fiscale di questo Stato e provenienti dall’altro Stato contraente”.
Non esistono chiarimenti ufficiali sul versante italiano relativamente al summenzionato paragrafo 5. Mentre, è stato chiarito dalle Autorità svizzere che in base a tale previsione la Convenzione può essere invocata solo dagli aventi diritto effettivi ma non per il tramite di fiduciari e dalle persone che pagano nel loro Stato di domicilio imposte complete sui redditi provenienti dall’altro Stato contraente.
Consulenza fiscale online
In questo articolo ho cercato di racchiudere tutte le principali indicazioni che devi tenere presente se hai trasferito all’estero la tua residenza. Situazioni di dual residence fiscale sono all’ordine del giorno nell’anno del tuo trasferimento all’estero, oppure nell’anno in cui decidi di trascorrere del tempo in Italia e nello stato di espatrio.
In questi casi è indispensabile individuare quale tra i due Stati coinvolti è quello della tua residenza fiscale. In questo Stato, infatti, dovrai adempiere a tutti gli obblighi fiscali ad esso imputabili, senza dimenticare l’eventuale tassazione nello Stato della fonte del reddito. Nell’articolo ho cercato di indicarti quanto previsto dalla normativa Convenzionale con l’Italia per dirimere situazioni di dual residence (nella maggior parte dei casi attraverso le tie breaker rules). Tuttavia, occorre tenere in considerazione anche la posizione dell’Agenzia delle Entrate nel momento in cui va ad effettuare accertamenti sulla posizione di un contribuente. Ebbene, in questi casi, l’Agenzia tiene molto in considerazione la normativa interna, pertanto occorre prestare la dovuta attenzione a questo aspetto nel prendere le tue decisioni.
In relazione a tutti questi aspetti è importante, se hai dei dubbi, far analizzare la tua situazione personale da un esperto. Mi occupo da anni di questi aspetti ed aiuto moltissimi italiani che si sono trasferiti all’estero a comprendere la propria situazione ed individuare come operare nel rispetto della normativa. Se desideri chiarire la tua posizione fiscale, non aspettare, contattami!
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