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Legislazione Interna prevalente nella Residenza Fiscale

Fiscalità InternazionaleTrasferimento all'estero, AIRE e accertamentiLegislazione Interna prevalente nella Residenza Fiscale

La legislazione interna è prevalente nella determinazione della Residenza Fiscale del contribuente espatriato. L’Agenzia delle Entrate non considera prevalenti le disposizioni presenti nelle Convenzioni internazionali per determinare la residenza fiscale dell’expat.

L’Agenzia delle Entrate con la risposta all’interpello n 270 del 18 luglio 2019 torna ad affrontare il tema della residenza fiscale delle persone fisiche.

La posizione dell’Agenzia delle Entrate sul tema è chiara, vi è preminenza della legislazione interna (TUIR) sulla disciplina convenzionale.

Questa posizione, pareva essere superata considerate le aperture arrivate sui benefici legati ai soggetti impatriati in Italia. Benefici che possono essere applicati anche a soggetti non iscritti AIRE (vedi DL n 34/19).

Questa posizione dell’Agenzia, inoltre, si pone in contrasto con la recente sentenza n 1482/08/15 della Commissione Tributaria Provinciale di Bari, Sezione VIII. Sentenza che ha accolto l’applicazione delle disposizioni contenute nelle Convenzioni Internazionali per la Residenza Fiscale.

Vediamo, quindi, di riprendere la posizione dell’Amministrazione finanziaria in tema di residenza fiscale.

Cominciamo!

Legislazione interna prevalente sul trasferimento di residenza
Legislazione interna prevalente sul trasferimento di residenza

RESIDENZA FISCALE DEL CONTRIBUENTE ESPATRIATO: LA TESI ESPOSTA

Il caso su cui si è trovata a rispondere l’Agenzia delle Entrate è la classica situazione di un soggetto espatriato.

Si tratta di un soggetto residente in Italia dal 2006, avente cittadinanza italiana ed inglese. Questo soggetto, in data 19 gennaio 2018 ha presentato richiesta di iscrizione AIRE al Consolato Generale d’Italia a Londra. Lo stesso, infatti, si è trasferito nel Regno Unito per motivi di lavoro ed ha interrotto ogni rapporti di lavoro in Italia dall’ottobre 2017.

La soluzione interpretativa proposta dal contribuente era quella della residenza fiscale nel Regno Unito dal 2018. Questo sulla base dei seguenti elementi:

  • Tempestiva e puntuale richiesta di iscrizione AIRE (richiesta perfezionata il 4 luglio 2018);
  • Reale e duraturo collegamento con lo Stato di immigrazione;
  • Disposto dell’articolo 4 della Convenzione contro le doppie imposizioni siglata tra Italia e Regno Unito. Norma che all’articolo 2 relativo ai casi di “dual residence” fisserebbe la la residenza fiscale nello Stato in cui le “relazioni personali ed economiche sono più strette“.

Nel caso considerato, inoltre:

  • Dal 22 gennaio 2018 la persona era stata assunta alle dipendenze di una società inglese;
  • I genitori risiedevano nella casa in cui la persona risiedeva a Londra:
  • La moglie si recava in visita a Londra ogni mese.

DETERMINANTE IL PARAGRAFO 1 DELLA CONVENZIONE CHE RIMANDA ALLA LEGISLAZIONE INTERNA

L’Agenzia delle Entrate evidenzia il paragrafo 1 della Convenzione contro le doppie imposizioni tra Italia e Regno Unito. Disposizione che rimanda alla “legislazione interna degli Stati contraenti” per la definizione di residenza fiscale.

Norma interna che fa riferimento all’articolo 2, comma 2, del TUIR, in base al quale:

“si considerano residenti in Italia le persone fisiche che, alternativamente, per la maggior parte del periodo di imposta, risultino iscritte all’anagrafe della popolazione residente o abbiano nel territorio dello Stato domicilio o residenza”

DECORRENZA DELL’ISCRIZIONE AIRE

In merito al requisito dell’iscrizione AIRE l’Agenzia evidenzia che lo stesso decorre dal 4 luglio 2018. Non trova applicazione l’articolo 6 comma 9-bis della Legge n 470/88, introdotto dall’articolo 16, comma 3 del DL 22/2019.

Norma in base alla quale gli effetti della dichiarazione relativa al trasferimento di residenza da un Comune italiano all’estero, resa all’ufficio consolare competente, decorrono dalla data di presentazione della stessa. Questo, qualora non sia già stata resa la dichiarazione di trasferimento di residenza all’estero presso il Comune di ultima residenza.

Tale norma opera anche per le dichiarazioni presentate anteriormente alla data di entrata in vigore del DL n 22/2019 che non siano ancora ricevute dall’ufficiale di anagrafe.

In questo caso l’ufficiale di anagrafe ha ricevuto la dichiarazione di trasferimento all’estero resa dal contribuente al competente consolato in data 4 luglio 2018. Con la conseguente inapplicabilità della nuova disposizione.

DISCIPLINA PREVIGENTE

Trova, quindi applicazione l’articolo 7 del DPR n 323/89 (abrogato dal citato articolo 16) il quale fissava la decorrenza dalla data di ricezione della stessa da parte dell’ufficiale di anagrafe.

LEGISLAZIONE INTERNA E MOTIVAZIONI DELL’AGENZIA

Sussistendo, quindi, una delle tre condizioni previste dall’articolo 2, comma 2 del TUIR (iscrizione nelle anagrafi della popolazione residente per la maggior parte del periodo di imposta), il contribuente deve essere identificato come soggetto fiscalmente residente in Italia.

Ne consegue l’obbligo di indicare nella dichiarazione dei redditi italiana tutti i redditi percepiti in relazione all’annualità in oggetto, ovunque prodotti. Questo è quanto prevede il comma 1 dell’articolo 3 del TUIR. Nonché, per lo stesso anno vi è l’obbligo di versare l’IVIE relativa all’immobile posseduto nel Regno Unito (articolo 19, comma 13 del DL n 201/2011).

LEGISLAZIONE INTERNA PREVALENTE NEL TRASFERIMENTO DI RESIDENZA: CONCLUSIONI

A parere di chi scrive, le conclusioni a cui è arrivata l’Agenzia delle Entrate presentano un vizio logico. Esse, infatti, si limitano a richiamare il paragrafo 1 dell’articolo 4 della Convenzione.

Articolo secondo cui per la nozione di residenza fiscale occorre fare riferimento alla legislazione interna degli Stati contraenti, dimenticando, invece, i principi del paragrafo 2, secondo cui:

ove ciascuno dei due Stati abbia titolo a considerare la persona come proprio residente (circostanza che realisticamente era tale nel caso in esame) il conflitto è risolto in base alle tie breaker rules (abitazione permanente, centro degli interessi vitali, etc).

Vero è che ben sarebbe possibile considerare il centro degli interessi vitali in Italia (ad esempio in virtù della presenza della moglie e per il mantenimento della figlia in Italia). Tuttavia, ciò dovrebbe avvenire a seguito di una specifica analisi, e non mediante il mero richiamo alla norma nazionale.

La risposta di prassi rappresenta, quindi, un passo indietro rispetto ad una recedente prassi dell’Agenzia. Vedasi la risposta all’interpello n 203 del 25 giugno 2019. Documento nel quale l’Agenzia aveva espressamente indicato le Convenzioni come fonti prevalenti sul diritto interno. Sostanzialmente, garantendo il diritto dell’espatriato non iscritto AIRE a considerarsi residente nell’altro Stato in virtù dei più stretti legami con quest’ultimo.

A questo punto parrebbe auspicabile un pronunciamento dell’Amministrazione centrale per eliminare una volta per tutte questo ondivago orientamento.

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    Federico Migliorini
    Federico Migliorinihttps://fiscomania.com/federico-migliorini/
    Dottore Commercialista, Tax Advisor, Revisore Legale. Aiuto imprenditori e professionisti nella pianificazione fiscale. La Fiscalità internazionale le convenzioni internazionali e l'internazionalizzazione di impresa sono la mia quotidianità. Continuo a studiare perché nella vita non si finisce mai di imparare. Se hai un dubbio o una questione da risolvere, contattami, troverò le risposte. Richiedi una consulenza personalizzata con me.
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