Aprire un conto corrente all’estero è un’operazione perfettamente legale. Tuttavia, il contribuente deve rispettare una specifica disciplina legata al monitoraggio fiscale di attività patrimoniali e finanziarie detenute all’estero. Sostanzialmente, il conto corrente estero, al superamento di determinate soglie che andremo ad analizzare, deve essere indicato. Il mancato rispetto di questa normativa comporta l’applicazione di sanzioni amministrative, anche importanti. Per questo motivo è fondamentale conoscere la normativa sul conto corrente estero in modo da applicarla nel modo corretto nella propria dichiarazione dei redditi.
In questo articolo puoi trovare molte informazioni che possono esserti utili per individuare gli obblighi connessi al possesso di un conto corrente estero da parte di un contribuente fiscalmente residente in Italia. Naturalmente, nel caso in cui le informazioni non fossero sufficienti per chiarire la tua posizione potrai trovare il link per contattarci per ricevere una consulenza personalizzata.
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Quando deve essere dichiarato un conto estero?
Le persone fisiche gli enti non commerciali e le società semplici fiscalmente residenti in Italia, ai sensi dell’articolo 2 e 5 del DPR n. 917/86 (TUIR), sono tenute a rispettare gli obblighi previsti dalla disciplina sul monitoraggio fiscale delle attività finanziarie estere. In particolare, questi soggetti, nel momento in cui entrano in possesso di un’attività finanziaria (conto corrente, azioni, obbligazioni, gestione patrimoniale, etc) detenuta in Paese estero, sono tenuti a verificare il rispetto di questa disciplina fiscale.
Infatti, con specifico riferimento ai conti correnti, nel quadro RW del modello Redditi (P.F. Enc e S.P.) deve essere riportato il valore degli investimenti esteri e delle attività estere di natura finanziaria suscettibili di produrre redditi imponibili in Italia. L’obbligo di compilazione del quadro RW scatta anche nel caso di detenzione di un conto estero.
I limiti legati alla dichiarazione del conto estero nel quadro RW
L’articolo 2, comma 4-bis, del D.L. n. 4/2014, convertito in Legge n. 50/2014, modificato dalla Legge n. 186/2014 prevede l’obbligo di monitoraggio per le i conti correnti detenuti all’estero, il cui valore massimo giornaliero raggiunto nel periodo d’imposta sia superiore alla soglia di 15.000 euro. Questo significa che se detieni un conto estero che nell’anno, non ha mai superato (anche solo per un giorno) i 15.000 euro, non sei tenuto a rispettare la disciplina sul monitoraggio. In caso contrario, deve essere compilato il quadro RW del modello Redditi P.F. ai fini del monitoraggio fiscale.
L’obbligo di compilazione del quadro RW, tuttavia, sussiste per il contribuente anche laddove lo stesso sia necessario ai fini del calcolo dell’IVAFE (imposta patrimoniale sulle attività finanziarie detenute all’estero). L’obbligo di segnalazione del conto corrente estero ai fini del pagamento dell’IVAFE scatta nel caso in cui la consistenza media del conto estero sia superiore alla soglia di 5.000 euro.
Tabella: limiti per la dichiarazione del conto corrente estero nel quadro RW
Al di sotto di questi limiti il contribuente non è tenuto a dichiarare il conto corrente estero. I limiti devono essere verificati in relazione a tutti i conti correnti detenuti all’estero, con lo stesso intermediario, nel periodo di imposta.
Limite per il monitoraggio fiscale | Limite per il versamento dell’IVAFE |
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Valore massimo giornaliero raggiunto nel periodo d’imposta non superiore alla soglia di 15.000 euro | Consistenza media del conto estero superiore alla soglia di 5.000 euro |
Di conseguenza, la compilazione del quadro RW potrebbe portare ad alcune situazioni particolari, come ad esempio:
- Conto corrente estero con giacenza media maggiore di 5.000 euro ma che, nel corso dell’anno, non ha superato come valore massimo i 15.000 euro. Il quadro RW andrà compilato esclusivamente ai fini IVAFE;
- Conto corrente estero con giacenza media inferiore a 5.000 euro ma che, come valore massimo, ha superato i 15.000 euro. Il quadro RW deve essere compilato soltanto ai fini del monitoraggio fiscale.
Beneficiario effettivo del conto estero
La segnalazione nel quadro RW del conto estero deve essere effettuata anche per quanto riguarda i possessori diretti del conto. Questo significa che anche il soggetto che ha la disponibilità del conto estero, e che può eseguirvi sopra operazioni, è tenuto alla segnalazione. Tale soggetto è definito “beneficiario effettivo“. Quindi, la compilazione del quadro RW è obbligatoria anche per il contribuente che ha disponibilità di un conto estero. Questo anche nel caso in cui egli non lo detenga direttamente, ma tramite interposta persona, che funge da semplice schermo formale.
Questa situazione può sovente verificarsi quando il conto estero è formalmente intestato ad un trust, oppure una fondazione e le somme in esso depositate sono nella piena disponibilità del contribuente residente in Italia.
La ratio del fatto di obbligare alla dichiarazione del conto estero, non solo i possessori formali delle relative somme, ma anche coloro che ne possono disporre o nel cui interesse vengono gestite, è alla base dell’estensione dell’adempimento in questione al contribuente qualificabile come titolare effettivo del conto estero. Infatti, la dichiarazione del possesso di queste somme deve essere effettuato dal beneficiario anche se il conto estero è formalmente intestato a società o soggetti diversi (trust e fondazioni). Quindi, per quanti di voi si chiedano se la costituzione di un trust, anche estero, per inserirvi la titolarità di conti o attività finanziarie estere possa evitare la normativa sul monitoraggio fiscale, sta commettendo un errore. Se i beneficiari del trust sono persone fisiche residenti fiscalmente in Italia, i conti e le attività estere devono essere da loro dichiarati (al superamento delle soglie che abbiamo visto in precedenza).
Cosa rischio se non ho dichiarato il conto corrente estero?
L’Amministrazione finanziaria italiana ha la possibilità di individuare un conto corrente estero non dichiarato e di ricondurre le relative operazioni al titolare. Questa individuazione avviene attraverso l’utilizzo di strumenti utili per lo scambio di informazioni fiscali con lo Stato estero in questione.
Negli ultimi anni moltissimi Stati si sono impegnati per incrementare il livello di trasparenza fiscale internazionale attraverso il reciproco scambio di informazioni. Il tutto con l’obiettivo di combattere l’evasione fiscale internazionale. Per quanto riguarda gli Stati dell’Unione Europea opera lo scambio automatico delle informazioni fiscali, di cui alla Direttiva 2011/16/UE. Si tratta della Direttiva che ha sostituito la precedente Direttiva 2003/48/CE, da ultimo integrata dalla Direttiva 2014/10/CE. In buona sostanza, a partire dal oltre 3/5 degli Stati globali ha aderito al CRS (Common Reporting Standard), un sistema di condivisione automatica dei dati fiscali dei contribuenti, come interessi, dividendi, conti correnti, previsto dalla Direttiva 2015/2376/UE.
Tra questi accordi, dobbiamo ricordare anche il FATCA, ovvero un accordo bilaterale sullo scambio di informazioni fiscali, che l’Italia ha siglato con gli USA, per comunicare all’IRS (agenzia fiscale americana), i dati fiscali dei cittadini americani all’estero.
Con questo contesto globale di trasparenza fiscale tra i vari Stati il contribuente che detiene con conto estero non dichiarato è tenuto a considerare che l’Amministrazione finanziaria italiana dispone di strumenti idonei a rintracciare le somme. Per questo è necessario valutare attentamente la situazione, anche in vista di un possibile accertamento fiscale.
FATCA e CRS: differenze
L’aspetto principale da tenere presente quando si parla di accordi internazionali sullo scambio di informazioni, è che esistono accordi multilaterali ed accordi bilaterali. La differenza fondamentale tra il CRS dell’UE ed il FATCA degli USA è determinante. Infatti, il FATCA si basa su accordi bilaterali di scambio informazioni conclusi dall’Amministrazione americana con singoli Stati. Attraverso un percorso unilaterale promosso dalla agenzia fiscale americana IRS, gli USA firmano singoli trattati con i vari Stati. Il CRS, invece, è lo standard messo a punto dall’OCSE. Si tratta di uno strumento di compliance multilaterale. Infatti, è un accordo multilaterale a cui possono aderire potenzialmente tutti gli Stati, come sta di fatto accadendo, già dal 2017.
Segreto bancario e normativa UE
Particolare attenzione deve essere posta sulla questione riguardante la compatibilità del segreto bancario, ancora presente in molti Stati (Panama, Singapore e Hong Kong su tutti), con la normativa dell’Unione Europea. A tal riguardo la normativa UE, pur non imponendo di modificare le proprie disposizioni interne, prevede che questi Paesi non possano opporsi allo scambio di informazioni con gli altri Stati UE. Eccependo in questo modo il proprio segreto bancario interno.
Ne deriva che gli Stati esteri UE sono tenuti a trasmettere all’Italia anche le informazioni fiscali utili ad identificare i contribuenti italiani che detengono conti esteri non dichiarati all’Amministrazione finanziaria italiana. Informazioni che potrebbero essere utilizzate per accertare eventuali imposte evase e le relative sanzioni per gli obblighi di monitoraggio fiscale dei capitali detenuti all’estero.
Segreto bancario e paesi extra UE
Lo scambio automatico di informazioni non è limitato all’Unione Europea, ma opera anche tra l’Italia e gli Stati extra UE in base a specifici accordi. Accordi che prevedono anche lo scambio di informazioni sui conti esteri non dichiarati.In questi casi l’Italia opera attraverso accordi bilaterali che negli anni hanno interessato anche Paesi precedentemente restii alla collaborazione. Sto parlando di Paesi caratterizzati dal segreto bancario, considerati paradisi fiscali.
Tanto per fare un esempio, è sufficiente pensare alla Svizzera. Tenuta a comunicare i dati dei propri correntisi, su richiesta delle autorità fiscali degli Stati UE, già a partire dal 2017. Stessa cosa per il San Marino, oppure il Liechtenstein e il Principato di Monaco.
La prospettiva è che il sistema di scambio di informazioni sia destinato a diventare pressoché globale. Questo per effetto dell’entrata in vigore della citata Convenzione multilaterale MCAA (Common Reporting Standard Multilateral Competent Authority Automatic Exchange of Financial Account Information) elaborata dall’OCSE. A partire dal 2017 gli Stati hanno iniziato a scambiarsi le informazioni necessarie per contrastare l’evasione fiscale internazionale.
Il compiuto sviluppo di questo strumento di scambio internazionale di informazioni sarà utile per raggiungere il processo di piana trasparenza fiscale internazionale. Pertanto si dovrà arrivare a dire addito ai paradisi fiscali, almeno per come li abbiamo conosciuti finora.
L’Amministrazione finanziaria italiana, quindi, detiene tutte le informazioni utili che interessano i propri contribuenti per quanto riguarda l’individuazione di un conto estero non dichiarato.
Quali sanzioni per il conto estero non dichiarato?
La mancata compilazione del quadro RW nel caso in cui la presentazione dello stesso è richiesta ai fini del monitoraggio fiscale costituisce una violazione formale. Questo anche nel caso in cui ci si trovi di fronte ad una mancata o infedele dichiarazione del conto estero. A tale omissione è applicabile il regime sanzionatorio previsto dall’articolo 5 del D.L. n. 167/90, modificato dalla Legge n. 97/2013 (“Legge Europea 2013”), che ha così differenziato le sanzioni:
- Sanzione fissa di 250,00 euro in caso di presentazione del quadro RW tardivo, entro 90 giorni dal termine ordinario;
- Sanzione variabile dal 3% al 15% di quanto non dichiarato è detenuto in Paesi non Black List;
- Sanzione variabile dal 6% al 30% di quanto non dichiarato è detenuto in Paesi Black List.
Le sanzioni si applicano anche nel caso in cui ci si trovi in una situazione di esonero dalla presentazione della dichiarazione dei redditi. Inoltre, in questo caso opera anche la presunzione relativa, salvo prova contraria, che le somme detenute sul conto estero non dichiarato siano state costituite con redditi non assoggettati a tassazione in Italia. In questo caso l’Amministrazione finanziaria potrà recuperare anche le imposte che si presumono evase. Questo in base all’articolo 12 del D.L. n. 78/2009.
Per approfondire: “Raddoppio dei termini di accertamento per attività detenute in paradisi fiscali e non dichiarate“.
Cosa succede quando si riceve una lettera di compliance per un conto estero non dichiarato?
Se sei entrato nella lista di contribuenti che ha ricevuto una lettera di compliance, ti consiglio di rivolgerti subito ad un dottore Commercialista esperto. Devi individuare un soggetto che come il sottoscritto abbia maturato esperienza in ambito di fiscalità internazionale. Solo in questo modo potrai avere a tua disposizione l’esperienza di un professionista che ha già aiutato altri contribuenti in questa situazione. Fatto questo, assieme a lui, avrai a tua disposizione due scelte.
Vediamo quali sono.
Presentazione della dichiarazione dei redditi integrativa
La prima è quella di aderire alla lettera di compliance e presentare una dichiarazione integrativa. In pratica si tratta di andare a modificare la dichiarazione precedentemente presentata. In questo modo andrai a:
- Sanare la tua situazione dichiarando attività finanziarie estere;
- Dichiarare i redditi derivanti da queste attività.
Il vantaggio di questa soluzione è indubbiamente quello di poter usufruire dei vantaggi del ravvedimento operoso. Per approfondire ti lascio da consultare questo apposito articolo dedicato: “Ravvedimento operoso del quadro RW“. Versando la maggiore imposta dovuta con sanzioni ridotte ed interessi potrai sanare interamente la tua situazione. Questo senza rischiare ulteriori ingerenze da parte dell’Agenzia delle Entrate.
Non aderire alla lettera di compliance
Si tratta di una soluzione che generalmente non mi sento di consigliare. Questa soluzione comporta il fatto di non effettuare alcuna dichiarazione integrativa.
La situazione rimane immutata, ma in questo caso l’Agenzia delle Entrate potrà procedere con i passi successivi. Mi riferisco alla possibilità di emettere un avviso di accertamento. Si tratta di una comunicazione che, una volta notificata, impedisce al contribuente la possibilità di usufruire del ravvedimento operoso. Questo comporta, inevitabilmente, l’applicazione di sanzioni piene da parte dell’Agenzia delle Entrate.
Per questo mi sento di non consigliare questa soluzione. A meno che non sia palese il fatto che l’Agenzia delle Entrate abbia commesso un errore nell’invio della lettera. Magari perché non hai mai detenuto attività finanziarie estere. In questo caso, però, consiglio comunque di rispondere alla lettera con un’istanza in autotutela in cui si comunica lo sbaglio commesso dall’Agenzia.
Consulenza fiscale online
Se hai un conto estero e vuoi verificare se sei in regola con la normativa fiscale, contattaci! Saremo a tua disposizione per valutare la tua situazione fiscale, ed eventualmente ti indicheremo le soluzioni per essere in regola con la normativa fiscale nazionale, in tema di monitoraggio fiscale e quadro RW.
Potrai contare sull’ausilio di professionisti preparati ed esperti di fiscalità internazionale.