HomeFisco InternazionaleTassazione di redditi esteriPrestazioni estere dei professionisti: fatturazione e tassazione

Prestazioni estere dei professionisti: fatturazione e tassazione

Quali sono le regole che disciplinano la tassazione dei compensi dei professionisti italiani che svolgono una prestazione all'estero? Quando deve essere tassata anche in Italia la prestazione fornita da un professionista estero?

Criteri di collegamento previsti dalla normativa fiscale convenzionale per la tassazione dei redditi transfrontalieri dei professionisti tra l’art. 14 del modello OCSE ed il rimango all’art. 7 del modello che disciplina i redditi di impresa.


Quando un professionista, esercente attività di arte o professione abituale, fiscalmente residente in Italia svolge una prestazione professionale all’estero (o al contrario, quando un professionista non residente effettua prestazioni professionali in Italia), deve chiedersi quale sia il regime impositivo con quale tassare il suo compenso.

Al fine di poter determinare i corretti criteri di collegamento del reddito del professionista si rende necessario coordinare la disciplina tributaria italiana con quella Convenzionale, ove esistente. Le Convenzioni contro le doppie imposizioni siglate dall’Italia sono dei trattati bilaterali in cui viene ripartita la potestà impositiva dei due stati contraenti al fine di evitare (o superare) problematiche di doppia imposizione giuridica o economica dei redditi transfrontalieri. In particolare, in questo contributo voglio concentrare la mia attenzione sulla tassazione delle prestazioni estere dei professionisti italiani. Con gli stessi criteri, tuttavia, è possibile anche inquadrare la tassazione delle prestazioni svolte in Italia da parte di professionisti residenti fiscalmente all’estero.

Tassazione dei compensi legati alle prestazioni estere dei professionisti

Il Testo Unico delle Imposte sui Redditi (TUIR, DPR n. 917/86) all’articolo 3, comma 1, afferma che sono soggetti a tassazione in Italia i redditi ovunque prodotti da parte dei soggetti ivi residenti. Si tratta del c.d. “worldwide taxation principle”, che assicura a tassazione nel Paese di residenza fiscale tutti i redditi di un soggetto, compresi quelli percepiti all’estero. Questo significa che un professionista fiscalmente residente in Italia che effettua una prestazione lavorativa all’estero, è tenuto a tassare tale prestazione in Italia. Come detto, infatti, essendo l’Italia il paese di residenza fiscale del prestatore, in tale paese deve essere assoggettato a tassazione il reddito da lui percepito, anche se di fonte estera.

Prestazione estera del professionista senza base fissa

Questo significa che, in linea generale, un professionista italiano che effettua una prestazione professionale verso un committente residente fuori dai confini nazionali deve imputare il compenso a tassazione in Italia. Oltre all’art. 3 del TUIR, il criterio di collegamento del reddito da analizzare è costituito dall’art. 23 del TUIR, secondo il quale i redditi da lavoro autonomo sono soggetti ad imposizione in Italia se l’attività è esercitata nel territorio dello Stato italiano.

Prestazione estera del professionista con base fissa

Per un professionista l’attività professionale si considera prestata nel luogo in cui questi opera, ovvero nel luogo in cui materialmente esercita l’attività professionale, come ad esempio l’ufficio o la sua base fissa. Quindi, ad esempio, un professionista italiano che si reca in Germania per svolgere una consulenza ad un suo cliente, non possedendo un ufficio o una base fissa in Germania, è tenuto a tassare il suo reddito esclusivamente in Italia. Al contrario, qualora quel professionista disponga in Germania di una base fissa o un ufficio dal quale eroga in modo stabile la sua attività professionale, tali redditi, per quanto imputabile alla base fissa tedesca devono essere assoggettati a tassazione:

  • In Germania, ovvero nello Stato della fonte del reddito;
  • In Italia, Stato di residenza fiscale del professionista.

Questo criterio di collegamento è molto importante in quanto è quello che determina la tassazione dei professionisti che effettuano prestazioni professionali all’estero. Tale criterio, indirettamente, determina anche i criteri di tassazione in Italia delle prestazioni professionali effettuate da professionisti non residenti. Infatti, qualora un professionista non fiscalmente residente in Italia operi sul territorio italiano con un ufficio o una base fissa, i redditi da questi ricavabili sono imponibili anche in Italia (oltre che nel suo Paese di residenza fiscale).

Prestazioni estere dei professionisti nelle Convenzioni internazionali

Gli aspetti che hai appena visto, tuttavia, devono essere confrontati anche con quanto previsto dalla normativa sovranazionale. In particolare, faccio riferimento alle diverse Convenzioni contro le doppie imposizioni. Si tratta di accordi bilaterali aventi valenza sovranazionale stipulati tra due stati contraenti. La forza di questi accordi è confermata dall’art. 75 del DPR n. 600/1973, il quale prevede che nell’applicazione delle norme relative alle imposte sui redditi sono fatti salvi gli accordi internazionali resi esecutivi in Italia.

Art. 14 modello OCSE: redditi dei professionisti

Detto questo, analizziamo quanto previsto dall’art. 14 del modello di convenzione OCSE contro le doppie imposizioni. Tale disposizione prevede quanto segue:

Art. 14 modello OCSE – Redditi dei professionisti
i redditi che un soggetto residente di uno Stato estero ritrae dall’esercizio di una libera professione o da altre attività di carattere indipendente in Italia sono imponibili soltanto nello Stato di residenza del professionista. A meno che questi non disponga di una sede fissa stabile in Italia

Prima di tutto, andando ad analizzare l’art. 14 del modello OCSE ci dobbiamo soffermare sull’espressione “soltanto in detto Stato“. Questa locuzione, secondo il commentario allo stesso modello indica che l’unica potestà impositiva è quella dello Stato di residenza fiscale del professionista. Detto questo, l’aspetto più importante di questo articolo è che dirime la questione riguardante la territorialità delle prestazioni estere dei professionisti riguarda l’eventuale presenza (o meno) di una base fissa all’estero da parte del professionista.

In pratica i professionisti non residenti possono essere tassati in Italia solamente se dispongono nel nostro Stato di una base fissa. Per base fissa come, ad esempio, si può intendere un ufficio. In mancanza della base fissa, anche se la prestazione è stata svolta in Italia, la stessa non sconterà alcuna tassazione.

Art. 7 del modello OCSE: applicabile dopo l’abrogazione dell’art. 14

Per quanto riguarda, invece, le Convenzioni internazionali che non prevedono l’art. 14 (in virtù della soppressione avvenuta qualche anno fa) in questi casi occorre fare riferimento all’art. 7 del modello di Convenzione che tratta gli aspetti legati alla stabile organizzazione, e l’attribuzione degli utili alle imprese.

In pratica, si assiste ad una piena assimilazione del reddito professionale al reddito di impresa, che determina un chiaro rinvio alle disposizioni dell’articolo 7 del modello relativo alla stabile organizzazione, e quindi la necessità di attribuire alla stabile organizzazione (sede fissa per i professionisti) gli utili che questa avrebbe conseguito se si fosse trattato di un’impresa distinta e separata che svolge attività identiche o analoghe in condizioni identiche o analoghe.

Che cosa si intende per “base fissa all’estero” del professionista?

Con il termine base fissa di lavoro all’estero si intende un luogo fisico che identifica chiaramente il professionista. Ad esempio, uno studio legale che ha una sede estera sarà tenuto obbligatoriamente a dichiarare i redditi dell’ufficio estero nello Stato ove esso è ubicato. In questo modo si viene a creare una doppia tassazione del reddito estero, che sarà soggetto a tassazione sia nello Stato ove è ubicata la sede fissa all’estero, sia nello Stato di residenza fiscale.

Al contrario ipotizziamo il caso di un avvocato che segue una causa internazionale di un cliente all’estero. Se l’avvocato italiano non è dotato di una base fissa in loco, non è tenuto in alcun modo pagare imposte estere per la sua prestazione professionale. Tutta la sua tassazione dei redditi (compresi quelli esteri) avverrà in Italia.

Se pensi al mondo del lavoro online sono tantissimi i professionisti che lavorano quotidianamente, anche da casa, per conto di aziende estere committenti. In questi casi se la prestazione è svolta in Italia e il professionista non ha sede fissa all’estero, la tassazione del relativo reddito deve avvenire in Italia.

Come regolare la doppia imposizione giuridica del reddito del professionista con base fissa all’estero?

Abbiamo detto che il professionista dotato di base fissa all’estero è soggetto ad una doppia imposizione del reddito percepito. Questo sia nello Stato ove è situata la base fissa di lavoro all’estero, sia nello Stato di residenza fiscale.

Questo fenomeno di doppia imposizione giuridica del reddito viene attenuato attraverso l’applicazione del credito per imposte estere. Infatti, l’importo delle imposte pagate all’estero divenute definitive, ovvero non più emendabili, può essere portato a riduzione dell’imposta dovuta in Italia sul reddito complessivo del professionista. Questo è quanto previsto dall’art. 23 del Modello OCSE che dall’art. 165 del TUIR.

Naturalmente, deve trattarsi di reddito imponibile IRPEF. Nel caso del professionista che opera con regimi fiscali di vantaggio, ad esempio in Regime Forfettario, l’imposta sostitutiva a cui è soggetto, non essendo inserita tra le imposte comprese nelle convenzioni internazionali, non consente la fruizione del credito per imposte estere.

Tassazione del professionista italiano che effettua una prestazione professionale all’estero

Secondo quanto indicato sino ad ora, quindi, il professionista italiano che effettua una prestazione all’estero è chiamato a verificare se c’è o meno la presenza di una base fissa all’estero. Senza la presenza di una base fissa all’estero ci sarà l’applicazione di una eventuale ritenuta di imposta estera (c.d. “withholding tax“).

Si tratta di una ritenuta fiscale applicabile sui compensi transfrontalieri in uscita dallo Stato in cui è situato il committente della prestazione professionale. Tale ritenuta è applicabile in misura piena, oppure ridotta, nel caso in cui tra l’Italia e il Paese estero sia stata siglata una Convenzione contro le doppie imposizioni, che prevede solitamente l’applicazione di aliquote ridotte.

Mentre, se la convenzione esiste, o se questa riporta la tassazione nel Paese di percepimento del reddito solo in presenza di base fissa, si dovrà verificare questo aspetto. Senza una base fissa, per il professionista, non ci sarà alcuna tassazione all’estero. Il compenso, in questo caso, come già detto, deve essere assoggettato a tassazione esclusivamente in Italia. Qualora lo Stato estero decida di applicare la ritenuta in uscita sui compensi del professionista questa non potrà essere portata a credito nello Stato di residenza, in quanto viene a mancare il requisito della definitività dell’imposta. Pertanto, tale ritenuta dovrà, eventualmente, essere chiesta a rimborso all’autorità fiscale dello Stato estero, in relazione alla richiesta di applicazione della normativa convenzionale tra i due Stati coinvolti.

Per approfondire: “Ritenuta estera del professionista a rimborso“.

Tassazione del professionista non residente che svolge prestazione professionale in Italia

Vediamo adesso come affrontare la tassazione di un professionista estero che si trova a lavorare in Italia. Riepilogando, per comprendere la modalità di tassazione del professionista non residente (può trattarsi anche di un soggetto italiano che ha acquisito la residenza in un Paese straniero, iscrivendosi regolarmente all’AIRE), che esercita un’attività professionale in Italia. In questo scenario devono risolversi le seguenti problematiche:

  • Effetti dell’articolo 23 del DPR n. 917/86 – Se non vi è una convenzione contro le doppie imposizioni siglata tra l’Italia e il Paese di residenza del professionista, in questo caso il professionista estero è tassato in Italia, in quanto ivi è svolta la prestazione. La tassazione è una ritenuta fiscale del 30%, ai sensi dell’articolo 25 del DPR n. 600/1973;
  • Configurazione della base fissa – Se espressamente specificato nella convenzione contro le doppie imposizioni, il professionista è tassato in Italia soltanto se ivi ha ubicato una base fissa (ufficio). In questo caso si applica la ritenuta del 20%, ma il professionista dovrà essere in grado di documentare quanti dei suoi redditi derivano dalla base fissa italiana.

Da queste regole possiamo affermare anche che nel caso in cui l’attività professionale di un soggetto estero sia svolta in maniera soltanto occasionale in Italia, la stessa risulterà tassabile soltanto nel Paese di residenza del professionista. Ovviamente la Convenzione trova applicazione anche nei confronti dei professionisti residenti in Italia che svolgono attività professionale all’estero. In assenza di base fissa nel paese estero, la tassazione avverrà esclusivamente in Italia. Dunque sul piano pratico è sufficiente traslare le considerazioni svolte in precedenza per comprendere come dette prestazioni sono tassate (e se sono tassate) all’estero.

Ritenuta del 20% per il professionista estero con base fissa in Italia

Con la Risoluzione n. 154/E/2009, relativa al trattamento fiscale dei compensi percepiti in Italia dalla base fissa di una società professionale estera, l’Agenzia delle Entrate, richiamando la precedente Risoluzione n. 80/2007, ha dapprima affermato che sui suddetti compensi grava la ritenuta d’acconto del 20% ai sensi dell’art. 25 comma 1 del DPR n. 600/73, benché la norma si riferisca ai redditi di lavoro autonomo corrisposti a soggetti residenti. Questo, deriva dal fatto che la presenza di una base fissa indica che il professionista non residente ha raggiunto un livello di penetrazione economica nel territorio italiano tale da renderlo equiparabile ad un residente.

In un secondo momento, tuttavia, la Risoluzione n. 154/E/2009 ha specificato che, nei casi di compensi prodotti per il tramite di una base fissa, non opera l’esclusione dalla ritenuta a titolo d’imposta del 30% prevista dalla seconda parte dell’art. 25 comma 2 per i compensi corrisposti a stabili organizzazioni in Italia di soggetti non residenti, in quanto tale esclusione riguarderebbe le sole “stabili organizzazioni”, e non quindi le “basi fisse”. Tale interpretazione aveva fatto sorgere il dubbio circa il corretto trattamento da applicare al caso dei compensi percepiti da base fissa in Italia da non residenti. Tuttavia, la Risposta ad interpello n. 429/E/2019 ha superato le perplessità in favore della ritenuta a titolo d’acconto del 20%, in virtù dell’equiparazione del reddito prodotto da base fissa a quello prodotto dal professionista residente.

Professionista estero senza base fissa in Italia e tassazione tramite ritenuta

Abbiamo visto che per le prestazioni professionali soggette a tassazione in Italia (ex. articolo 23, o al configurarsi di una base fissa), da parte di professionisti non residenti sono soggette ad una ritenuta a titolo di imposta del 30%. Ritenuta che il soggetto erogante il compenso deve trattenere e versare allo Stato italiano. Questa disciplina è stabilita dall’articolo 25, comma 2 del DPR n. 600/1973, secondo il quale:

Art. 25, co. 2 DPR n. 600/73 – Ritenuta 30%
se i compensi […] sono corrisposti a soggetti non residenti, deve essere operata una ritenuta a titolo d’imposta nella misura del 30% [..] ne sono esclusi i compensi per prestazioni di lavoro autonomo effettuate all’estero e quelli corrisposti a stabili organizzazioni in Italia di soggetti non residenti”

Procedura di tassazione in Italia del professionista non residente

Riassumendo, è possibile giungere alle seguenti alternative:

  1. Il professionista residente in uno stato estero che ha siglato una Convenzione contro le doppie imposizioni con l’Italia. Il professionista che effettua una prestazione professionale in Italia senza una base fissa, non è soggetto a tassazione in Italia, quindi la ritenuta del 30% non si applica;
  2. Il professionista residente in uno stato estero che ha siglato una Convenzione contro le doppie imposizioni con l’Italia. Il professionista che effettua una prestazione professionale in Italia con una base fissa, la ritenuta del 20% deve essere applicata;
  3. Infine, il professionista residente in uno stato estero che non ha siglato una Convenzione contro le doppie imposizioni con l’Italia. Il professionista che effettua una prestazione professionale in Italia è soggetto a tassazione nel nostro Paese. Questo ai sensi dell’articolo 23 del DPR n. 917/86, ed anche in questo caso la ritenuta del 30% trova applicazione.

In pratica, per i Paesi con cui esiste una Convenzione contro le doppie imposizioni, in assenza di base fissa in Italia è dunque pacifico che la ritenuta del 30%. Questo di cui al richiamato articolo 25 del DPR n. 600/73 non deve essere operata.

Tabella riassuntiva: applicazione della ritenuta in uscita in Italia verso professionisti esteri

Riassumendo, è possibile giungere alle seguenti alternative indicate nella seguente tabella.

FATTISPECIERITENUTA APPLICATA
Professionista residente in uno stato estero che ha siglato una convenzione contro le doppie imposizioni con l’Italia che effettua una prestazione professionale in Italia senza una base fissaRitenuta a titolo di imposta del 30%
Professionista residente in uno stato estero che ha siglato una convenzione contro le doppie imposizioni con l’Italia che effettua una prestazione professionale in Italia con una base fissaRitenuta a titolo di imposta del 20%
Professionista residente in uno stato estero che non ha siglato una convenzione contro le doppie imposizioni con l’Italia che effettua una prestazione professionale in ItaliaRitenuta a titolo di imposta del 30%

Adempimenti del committente italiano su prestazioni estere dei professionisti svolte in Italia

Nel caso in cui un soggetto committente italiano si trovi di fronte ad una prestazione professionale estera dovrà comportarsi in maniera tale da evitare contestazioni future da parte dell’Amministrazione finanziaria. In pratica, il sostituto è chiamato a farsi consegnare un attestato dell’autorità fiscale straniera certificante l’esistenza delle condizioni richieste ai fini dell’applicazione del regime convenzionale, ovvero la residenza fiscale nello Stato estero e l’imponibilità in tale Stato dei redditi a questo imputabili.

In tal modo, il committente italiano è esonerato dall’adempimento e non opera nessuna ritenuta in relazione alle prestazioni professionali ricevute. Inoltre, appare opportuno farsi rilasciare dal professionista straniero una dichiarazione relativa al periodo di complessiva permanenza in Italia nell’anno solare, nonché la dichiarazione di non possedere in Italia una stabile organizzazione o base fissa, onde escludere in maniera categorica l’attrazione alla tassazione in Italia.

Tale documentazione è indispensabile in quanto il sostituto italiano, in sede di elaborazione degli adempimenti fiscali, è tenuto ad illustrare il comportamento assunto. Se eventualmente la ritenuta operata dovesse essere operata e comunque in capo al professionista si configurano le condizioni di tassazione soltanto all’estero, è possibile chiedere il rimborso della ritenuta subita entro 48 mesi.

Come internazionalizzare l’attività professionale all’estero

Stanti le considerazioni fatte sinora, viene da chiedersi se ai fini fiscali per un professionista estero che vuole operare in Italia (o al contrario un professionista italiano che voglia operare all’estero), sia più conveniente dotarsi di una stabile organizzazione oppure aprire una società di diritto locale in loco.

Proviamo a chiarirci le idee con un esempio. Poniamo che uno studio professionale di consulenza italiano decida di operare in uno Stato estero attraverso una società di diritto locale per erogare consulenze locali. Tale scelta consente allo studio italiano di separare la propria attività ed anche la propria responsabilità tributaria nello stato estero. I redditi relativi all’attività professionale svolta con lo studio italiano sono imponibili in Italia, mentre quelli prodotti dallo studio estero solo all’estero. Si potrebbe ottenere un vantaggio qualora l’imposta relativa ai redditi prodotti all’estero sia più bassa rispetto a quella che avrebbe applicato l’Italia.

Se tale studio avesse, invece, semplicemente aperto un ufficio in loco, lo stesso avrebbe costituito una stabile organizzazione che avrebbe scontato l’imposta locale. Tale stabile organizzazione, tuttavia, sarebbe stata tassata anche in Italia nell’ambito dell’associazione professionale e quindi per trasparenza in capo ai soci. In pratica, possiamo dire che l’utilizzo di una società di diritto locale in luogo della stabile organizzazione permette di sterilizzare la tassazione, limitandola al prelievo estero.

Disciplina previdenziale delle prestazioni estere dei professionisti

Per capire la disciplina previdenziale dei redditi percepiti all’estero da un professionista residente fiscalmente in Italia, occorre andare a verificare cosa prevede la regolamentazione internazionale di sicurezza sociale. Ed in particolare con la Regolamentazione 883/2004 vigente dal primo maggio 2010 nei rapporti tra gli Stati della UE. Tale normativa è improntata ad alcuni principi ispiratori fondamentali, uno dei quali è il principio dell’Unicità della legislazione applicabile ad un medesimo soggetto.

Disciplina che individua la legislazione applicabile nei casi in cui un lavoratore autonomo sia già soggetto alla legislazione di sicurezza sociale di un altro Paese membro, oppure svolga la propria attività lavorativa contemporaneamente in due o più Stati membri. A tale proposito, la Regolamentazione comunitaria fissa quale principio generale in materia di legislazione applicabile per i lavoratori autonomi, quello della Territorialità ovvero della “lex loci laboris“, secondo cui:

i lavoratori occupati nel territorio di uno Stato membro sono soggetti alla legislazione di tale Stato, salve le eccezioni disciplinate dagli articoli 12 e 13 del Regolamento CE n. 883/2004 per i casi di  esercizio di attività lavorativa in più Stati

In applicazione dei principi di Unicità e di Territorialità, i richiamati articoli 12 e 13 prevedono che qualora il lavoratore autonomo eserciti la sua attività in più Stati, la legislazione di sicurezza sociale a lui applicabile sarà quella dello Stato di residenza fiscale. La residenza fiscale è quella determinata ai sensi dell’articolo 2, comma 2 del DPR n. 917/86. Articolo da leggere in combinato disposto con l’articolo 4, comma 1 del Modello OCSE di Convenzione contro le doppie imposizioni. Diversamente, il lavoratore sarà soggetto alla legislazione previdenziale dello Stato membro in cui si trova il centro dei suoi interessi.

Casi pratici di situazioni dubbie risolte dall’INPS

Vediamo di seguito alcune fattispecie dubbie su cui l’INPS ha espresso un parere.

Lavoratore dipendente in Italia e lavoro autonomo all’estero

Il lavoratore dipendente in Italia che, contemporaneamente, esercita un’attività considerata di lavoro autonomo in uno o più Stati membri, è tenuto a iscriversi alla Gestione separata INPS. Tale obbligo sorge a condizione che l’attività di arte o professione abituale rientri tra le attività che per l’INPS hanno l’obbligo di iscrizione alla Gestione separata (vedi ad esempio il caso di amministratore di società all’estero). L’obbligo di iscrizione alla Gestione separata INPS si ha anche in caso di lavoratore italiano che operi come subordinato con contemporanea presenza di partita Iva con attività esercitata anche all’estero.

Lavoratore dipendente ed autonomo con attività in Italia ed all’estero

Lavoratore dipendente esercita in Italia anche un’attività professionale (con iscrizione alla Gestione Separata) e, contemporaneamente, esercita un’attività professionale in altro Stato membro. Nel caso il lavoratore è chiamato, comunque, ad essere assicurato in Italia. Questo in quanto in Italia vi esercita l’attività di lavoro subordinato. Inoltre, il lavoratore deve assoggettare alla contribuzione previdenziale il reddito derivante dall’attività professionale svolta all’estero. Inoltre, il lavoratore dipendente che esercita contemporaneamente un’attività professionale in uno Stato membro è chiamato, comunque, ad essere assicurato in Italia e iscriversi altresì alla Gestione separata quale libero professionista.

Lavoratore con obbligo contributivo estero che svolge attività in Italia

Quando il lavoratore deve essere assoggettato alla legislazione di un altro Stato (senza obblighi di versamento contributivo in Italia) anche qualora eserciti un’attività che in Italia comporti l’iscrizione alla Gestione separata, potrebbero verificarsi due ipotesi. La prima riguarda il lavoratore subordinato in uno Stato membro che svolga contemporaneamente attività di libero professionista iscritto alla Gestione separata in Italia. In tal caso deve essere assoggettato unicamente alla legislazione dello Stato estero in cui è dipendente. Anche il lavoratore subordinato che svolge l’attività di amministratore in Italia deve essere comunque assoggettato alla legislazione estera. Quindi, nel caso sia stata presentata denuncia UniEmens e pagata la contribuzione alla Gestione separata, l’azienda non è chiamata ad effettuare alcuna variazione alle denunce inviate. La contribuzione deve, nel caso, essere gestita d’ufficio.

Consulenza fiscale online

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Domande frequenti

Quali sono le imposte da pagare su un compenso ricevuto per un lavoro svolto all’estero?

Le imposte da pagare su un compenso ricevuto per un lavoro svolto all’estero dipendono da diversi fattori, tra cui:
Residenza del professionista: Se è residente in Italia, il compenso sarà tassato in Italia. Indipendentemente dal luogo in cui è stato svolto il lavoro.
Luogo di svolgimento del lavoro: Se è stato svolto in un paese con cui l’Italia ha una convenzione contro le doppie imposizioni, il professionista potrebbe beneficiare di una riduzione o esenzione dalle imposte nel paese in cui ha lavorato.
Tipologia di prestazione: Le imposte possono variare a seconda che la prestazione sia considerata un lavoro autonomo o dipendente.

Quali sono gli adempimenti fiscali che un professionista italiano deve assolvere se lavora all’estero?

Gli adempimenti fiscali che un professionista italiano deve assolvere se lavora all’estero dipendono da diversi fattori, tra cui:
Residenza del professionista: Se il professionista è residente in Italia, deve presentare la dichiarazione dei redditi in Italia e includere il compenso ricevuto per il lavoro svolto all’estero.
Luogo di svolgimento del lavoro: Se il lavoro è stato svolto in un paese con cui l’Italia ha una convenzione contro le doppie imposizioni, il professionista potrebbe dover presentare una dichiarazione dei redditi anche nel paese in cui ha lavorato.
Tipologia di prestazione: Gli adempimenti fiscali possono variare a seconda che la prestazione sia considerata un lavoro autonomo o dipendente.

Federico Migliorini
Federico Migliorinihttps://fiscomania.com/federico-migliorini/
Dottore Commercialista, Tax Advisor, Revisore Legale. Aiuto imprenditori e professionisti nella pianificazione fiscale. La Fiscalità internazionale le convenzioni internazionali e l'internazionalizzazione di impresa sono la mia quotidianità. Continuo a studiare perché nella vita non si finisce mai di imparare. Se hai un dubbio o una questione da risolvere, contattami, troverò le risposte. Richiedi una consulenza personalizzata con me.

62 COMMENTI

  1. Nel caso di un committente italiano per prestazini svolte in Italia da prestatore d’opera residente all’estero il committente dovrà pagare l’iva?

  2. Salve, se si tratta di prestazioni svolte da un professionista estero a committente soggetto passivo Iva in Italia, la prestazione è soggetta ad Integrazione od autofattura, e l’Iva è imponibile in Italia.

  3. Grazie; nel nostro caso il professionista è un italiano residente all’estero, spero non cambi nulla.

  4. Buongiorno,

    sono un libero professionista con Piva iscritto alla gestione separata. Lavoro molto con clienti maltesi per cui da quest’anno avro’ un ufficio a Malta e, pur restando residente in Italia, aprirò anche una Piva a Malta.
    Il mio reddito sarà perciò in parte percepito in italia e in parte a Malta. Avendo base fissa a Malta, dicharerò la quota parte di reddito a Malta e il resto in Italia. Mi è chiaro come funziona la tassazione e la convenzione con la doppia imposizione e so che dovrò indicare nell’UNICO i redditi già tassati a Malta, ma non mi è chiaro invece come l’INPS calcolerà i contributi sul reddito percepito a Malta: sa darmi qualche informazione? Esiste una circolare INPS in proposito?
    grazie
    Elisabetta

  5. Salve, per i soggetti fiscalmente residenti la contribuzione Inps alla gestione separata è dovuta in base al reddito imponibile dichiarato ai fini Irpef. Questo è quanto vale per i soggetti fiscalmente residenti. L’Inps con la Circolare n. 124/1996, ha precisato che lo stesso criterio vale anche per i redditi percepiti da soggetti non residenti, i quali ai fini previdenziali “non possono che essere quelli valevoli, per gli stessi soggetti, ai fini dell’imposizione dell’ Irpef”. Più precisamente l’Inps ha specificato che l’obbligo di iscrizione e di contribuzione alla Gestione Separata Inps ricorre, per i non residenti, in tutti i casi in cui: l’attività del soggetto non residente sia svolta in Italia oppure, ove l’attività non venga svolta in Italia; il relativo compenso sia corrisposto da un soggetto residente in Italia, oppure da stabili organizzazioni di soggetti non residenti operanti in Italia. Lei essendo residente fiscalmente in Italia assoggetterà a contribuzione il reddito imponibile Irpef.

  6. Sono un libero professionista italiano iscritto ad una cassa professionale ed intendo trasferire la mia residenza all’estero dove mi hanno proposto una collaborazione.
    Continuerò ad operare anche in italia e qui nasce il dubbio circa la possibilità di mantenere o meno la partita iva italiana.
    Mi spiego meglio.
    Secondo il Dpr 600/73 la società Italiana per cui opero, dal momento in cui diventerò residente estero, mi applicherà un ritenuta a titolo di imposta del 30%.
    Mi chiedo pertanto se sia necessario continuare a mantenere una partita iva italiana o se sia il caso di configurare il rapporto secondo altre modalità contrattuali tenuto conto che, se tale ritenuta è da intendersi a titolo di imposta, mi sarà anche preclusa la presentazione del quadro RE in cui trovano collocazione sia i compensi sia i costi correlati ai fini della determinazione del reddito professionale.
    Ringrazio per la risposta.

  7. Salve, se lei intende trasferirsi all’estero in modo stabile la cosa migliore è chiudere la partita Iva italiana e operare come professionista nello Stato estero, ed eventualmente aprire partita Iva nello Stato estero. In questo modo evita il problema della ritenuta a titolo di imposta ed inoltre chiude i rapporti con lo Stato italiano. Naturalmente con la partita Iva estera potrà fatturare anche in Italia.

  8. Salve, ingegnere Italiano, in regime forfettario, che presta consulenza ad una società svizzera, come dovrà emettere fattura? Operazione non soggetta ai sensi dell’art.7-ter? Ai fini del reddito, è tutto tassabile in Italia? Ai fini di Inarcassa è soggetto a contributo soggettivo ed integrativo? Grazie

  9. La risposta giusta è dipende: dipende dal tipo di prestazione ingegneristica effettuata. Il compenso è soggetto a tassazione e contribuzione italiana.

  10. Buongiorno,
    Italiano con doppia cittadinanza USA/Italia. Sono residente USA da 15 anni, iscritto AIRE in Italia e unico socio do una sociea’ INC soggetto USA attraverso la quale offro servizi di consulenza aziendale. I miei clienti sono in USA o UK.
    Aggiungo che le consulenze vengono pagate alla INC e la INC mi versa uno stipendio mensile.

    Se dovessi trasferirmi in Italia, non cambiando nient’altro (e quindi continuare le consulenze tramite la INC americana con clienti americani o inglesi), come si configurerebbero la tassazione e i contributi? Potrei comunque continuare a percepire uno stipendio dalla INC, oppure dovrei aprire PIVA italiana e fatturare alla INC?
    Grazie per le delucidazioni.

    Filippo

  11. Dovrebbe assoggettare a tassazione italiana quei compensi. Per maggiori info utilizzi il servizio di consulenza apposito.

  12. Salve sono un medico italiano, a breve mi trasferirò negli emirati con un contratto di lavoro dipendente di 2 anni, mi iscriverò all’AIRE ma vorrei continuare ad eseguire alcune prestazioni libero-professionali anche in Italia.
    Come verrà inquadrata la tassazione delle prestazioni italiane? Inoltre riguardo all’empam dovrò continuare a versare sia la quota A che la quota B relative alle prestazioni sporadiche che effettuerò in Italia considerato che tra Italia ed Emirati non c’è nessun accordo riguardo alla previdenza.
    Grazie in anticipo della risposta.

  13. Per la risposta a quesiti di carattere personale la invito ad usufruire del servizio di consulenza online dedicato alle attività all’estero. La situazione che mi ha descritto richiede particolare attenzione per evitare la doppia imposizione del reddito che andrà a produrre.

  14. se si tratta di uno sportivo residente all’estero e prestazione di attività di sponsorizzazione all’estero, il committente italiano deve operare ritenuta oltre che ad integrare la ft ai fini IVA?

    Caso: un atleta residente UK per attività di sponsor in UK che ci fa fattura.
    Grazie

  15. L’operazione ai fini Iva è rilevante nel Paese del committente. Il soggetto italiano dovrà operare ritenuta a titolo di imposta, se non riceve documentazione idonea a dimostrare che il professionista è tenuto al pagamento integrale delle imposte su quel reddito nel Paese estero di residenza.

  16. Buongiorno, e complimenti per la chiarezza espositiva
    PREMESSA: rientrando in tutti il limiti richiesti dalla normativa vorrei aprire partita IVA in regime fortettario startup, quindi con imposta sostitutiva IRPEF del 5% per i primi 5 anni, redditività 78% limite € 30,000/anno come mi permette la figura ATECO 702209 : attività di consulenza intellettuale svolta semplicemente dal PC che non implica cessione di beni, rappresentanza commerciale o di agenzia e simili, quindi niente impresa con iscrizione CCIA e contributi INPS commercio scontati del 35% ma semplice iscrizione come professionista che in mancanza di cassa propria confluirà in gestione separata INPS scontando il 25,72% di contributi sul reddito imponibile.
    DOMANDA: dovendo fatturare mensilmente la suddetta prestazione professionale a soggetto extra-UE, azienda manifatturiera senza stabile organizzazione in Italia e resto dell’UE anche se i suoi prodotti vengono venduti quasi esclusivamente in area UE, la mia fattura senza marca di bollo da €2,00 recherà semplicemente la spiegazione analitica della prestazione di consulenza svolta nel mese cui si riferisce con l’ammontare lordo in € oppure in divisa locale con dicitura “operazione non soggetta IVA ex art. 7-ter Dpr 633/72”?
    Penso poi non serva anche indicare sulla stessa “Operazione effettuata ai sensi dell’art. 1, commi da 54 a 89 della Legge n. 190/2014 – Regime forfettario” visto che al committente extra-UE questo non interessa minimamente.
    Grazie se potrà fugare questi miei dubbi che credo interessino anche ad altri

  17. L’indicazione della dicitura per le operazioni UE è definita chiaramente e dipende dal tipo di attività svolta. Quello che lei indica è il riferimento normativo, della prestazione professionale di un professionista verso un’azienda committente residente in un Paese UE. La nomenclatura da indicare in fattura è “inversione contabile”. Per maggiori info, c’è l’apposito servizio di consulenza fiscale online. Se poi volesse l’assistenza continuativa di un commercialista siamo a disposizione.

  18. grazie della celere risposta, ma non volevo disturbarla di sabato
    l’indicazione del “reverse charge” credevo fosse solo per le operazioni effettuate nei confronti di un soggetto passivo che è debitore dell’imposta in un altro Stato membro UE, e invece in caso di operazione rilevante fuori UE pensavo che la dicitura in fattura fosse “operazione non soggetta”

  19. Salve sono un maestro di sci Italiano. Ho ricevuto un’offerta di lavoro in Francia ( 4 mesi) dove mi hanno detto che per la mia professione la tassazione è al 25%.
    quando vado a dichiarare i redditi percepiti a fine anno , sarò nuovamente tassato sul mio reddito percepito all’estero? se si di quanto in ambito percentuale? nel senso che andrò a pagare una differenza oppure c’è un modo per non dover pagare nuovamente ? grazie

  20. Per questi aspetti c’è il nostro servizio di consulenza fiscale online dedicato ai redditi esteri. Le risponderemo nel più breve tempo.

  21. Buongiorno,
    nel caso di soggetto estero (UK) non soggetto a contribuzione VAT (self-employed) e cliente italiano con PARTITA IVA, applicata la convenzione per evitare doppia tassazione (comprovando presso il committente italiano l’effettiva residenza fiscale), è operazione IVA NON SOGGETTA? Se si in base a quale legge?
    Grazie

  22. L’applicazione dell’Iva non è disciplinata dalle convenzioni contro le doppie imposizioni. Sta facendo un po’ di confusione. Le prestazioni tra due soggetti passivi Iva UE sono non soggette ad Iva.

  23. Chiedo scusa per la confusione. Forse non mi è chiaro il concetto di “Soggetti passivi IVA”. C’è qualche pagina che potrebbe consigliare a proposito?
    E nel caso di cui sopra cosa si può dare come riferimento legislativo? Grazie

  24. I soggetti passivi Iva sono i titolari di partita Iva. Il riferimento è l’articolo 7-ter del DPR n. 633/72.

  25. Salve, la normativa sulla branch exemption per le stabili organizzazioni è applicabile per analogia alla base fissa d’affari per un professionista? Se avendo partita Iva italiana e anche una base fissa a Malta, con quest’ultima posso fatturare a clienti italiani?

  26. Certamente, tenga conto che comunque, fatturato italianoe maltese dovrà dichiararlo comunque in Italia. La branch exemption non è applicabile ai professionisti.

  27. Buongiorno. Io ho una partita iva italiana e lavoro in italia(sono soggetto exenpals). Recentemente ho effettuato delle lavorazioni (nel campo dei servizi di speakeraggio) per un cliente con residenza fiscale negli stati uniti. Come ci si comporta con la la previdenza? I redditi sono già assoggettati alla tassazione americana. Qui dove ripagarci sopra l’exenpals, la gestione separata o non devo paare la previdenza (visto che è giá pagata alla fonte)?
    C’è una qualche legge o regolamento per questo?
    Grazie mille per un eventuale risposta

  28. Le consiglio di affidarsi ad un consulente che tratta quotidianamente questi aspetti, per essere seguito a dovere quando avrà operazioni estere. In questo caso la previdenza continua ad essere quella italiana, ma ci sono una serie di variabili da considerare.

  29. Buongiorno,

    la ditta per la quale lavoro, con p.i italiana, collabora a cadenza trimestrale con un professionista freelance residente in Repubblica Moldova ( extra ue ) senza partita iva. Mi è stato detto che non possiamo assolutamente lavorare con lui perché non può emetterci fattura, ma sono al corrente che tantissime ditte in tutta europa collaborano con queste figure professionali senza tanti problemi. Mi chiedo allora quale sia la procedura corretta per questo caso?
    Spero mi possiate aiutare in quanto fino ad ora non sono riuscita ad avere informazioni chiare.

  30. Salve, sono un libero professionista con p.iva italiana, svolgendo dei lavori al estero in Europa e fuori Europa per un azienda p.iva Italiana, devo fatturare con IVA o senza ? Grazie.

  31. L’Iva dipende di volta in volta dal tipo di prestazione effettuata. Si affidi ad un commercialista esperto in questo ambito che la possa assistere. Se vuole siamo a disposizione.

  32. Manca un caso non ancora analizzato:
    cioè quello in cui il soggetto residente all’estero abbia 100% di clienti italiani, esempio:
    Residenza anagrafica effettiva in Spagna, società e centro interessi vitali in Spagna, tutto in spagna ma con 100% clienti Italiani che acquistano software in download, no merce fisica e no uffici o rappresentanti in Italia.
    dov’è la residenza fiscale in questo caso? qualche risposta da parte di un professionista? grazie.

  33. Salve Carlo, per capire ove è posta la residenza fiscale di un soggetto è necessario fare un analisi più approfondita. Comunque, anche ammettendo che la residenza fiscale sia all’estero, per capire come tassare il reddito è necessario capire anche se la vendita avviene B2C o B2B. Se vuole possiamo sentirci per una consulenza personalizzata.

  34. Salve, sono un cameraman freelance e attualmente collaboro, in Italia, con una emittente tv con sede in USA.
    Cosa devo fare per essere pagato in modo corretto? Che imposizioni fiscali devo assolvere? Grazie

  35. Salve mi chiamo Daniele.
    Sono un meccatronico riparatore auto
    Sono residente in Italia. Ho intenzione di fare il freelance perché ho clienti che hanno bisogno di tecnico quando hanno picchi di lavoro vorrei aprire una società all’estero in Ungheria, oppure Slovakia o Bulgaria. In questo caso che si tratterebbe di prestazioni occasionale qualche mese, devo pagare le tasse sugli
    Utili dove ho residenza qundii in Italia oppure solo dove ho la società ?

  36. Salve Daniele, è impossibile risponderle in poche righe. Se ha bisogno di una consulenza su questo mi contatti in privato e valuteremo insieme la soluzione migliore per lei.

  37. Salve,
    sono un fisioterapista italiano e sto per trasferirmi a Tenerife.
    Farò immediatamente l’iscrizione all’AIRE diventando residente canario e lavorerò per 10 giorni in Francia ed i restanti 15 mensili a Tenerife. Verrò tassato solo a Tenerife o dovrò corrispondere qualcosa al Governo Francese?
    Le spese di viaggio/alloggio per i 10 giorni in Francia, potrò scaricarle a Tenerife oppure in Francia? Grazie anticipatamente

  38. Salve Roberto, prima di tutto se ha una posizione Iva italiana aperta occorre sistemarla e poi pensare ad effettuare una corretta procedura per il trasferimento di residenza all’estero. Da li si potrà capire in base a come opererà dove sarà tassato ed in quale misura. Se interessato ad una consulenza per approfondire tutti questi argomenti, la contatto in privato per fornirle maggiori informazioni.

  39. non mi è chiara una cosa:
    un italiano residente in italia, ma con partita iva spagnola da lavoratore autonomo che svolge la propria attività in spagna mentre in italia ha un ufficio nel quale si occupa di solo raccolta informazioni ed esposizione (quindi se ho capito bene, non una stabile organizzazione) dove o come paga tasse ed imposte?

  40. La situazione non è molto chiara. Da quello che mi scrive deve pagare le imposte in entrambi i Paesi. Direi che le serve un commercialista esperto per capire come muoversi.

  41. Salve, nel caso io ricevessi il sussidio di disoccupazione in Italia (insegnante a tempo determinato, senza lavoro ogni estate) ma mi venisse offerto un contratto di consulenza in un paese estero (in UE, max 2 giorni di impiego ogni mese), le cose sarebbero compatibili? In caso positivo, che limite esiste per le entrate mensili da questo contratto all’estero? grazie

  42. Se percepisce altri redditi la disoccupazione si riduce proporzionalmente fino a non essere più dovuta. Ogni compenso che percepisce deve essere comunicato all’Inps.

  43. Salve. Una situazione per ora ipotetica e forse un po’ complessa.
    Supponiamo che io apra un’impresa con sede in paese EU (per esempio in Estonia tramite il programma di e-residency) per la vendita di beni e servizi digitali (software, grafica, consulenze, pubblicazioni, …) tramite Internet (senza aprire uffici o creare organizzazioni in altri paesi).
    Ovviamente sarò soggetto a tassazione in Estonia, ma essendo residente in Italia (ed essendo alcuni dei clienti, in Italia) quali tasse dovrò versare al fisco?

  44. Se realizza quello che dice in questo modo realizzare solo la fattispecie di esterovestizione. Se vuole ne parliamo meglio in una consulenza personalizzata.

  45. Grazie della risposta.
    Avevo capito che si parlasse di “esterovestizione” solo nel caso in cui la costituzione della società estera fosse stata fatta per sfuggire al fisco.
    In realtà nel caso specifico, la creazione della società in Estonia è fatta per sfruttare i loro servizi digitali (firma digitale riconosciuta in tutta europa, contabilità facilitata, …), non mi aspetto nessun beneficio fiscale.

    In pratica, invece di aprire una partita IVA in Italia, la società avrebbe una partita IVA estone e tutte le fatture sarebbero state emesse da li’.

    Immaginavo ci fosse un modo di pagare la differenza tra quanto avrei dovuto pagare in Italia e quanto già pagato in Estonia (credo ci sia una norma contro la doppia tassazione) e speravo di avere lumi maggiori.

    Ma forse è ancora troppo presto per il nostro Fisco gestire una situazione in cui i beni e servizi si muovono indipendentemente dalle sedi fisiche e dalla costituzione di organizzazioni.

  46. Salve ho un’associazione musicale e mese prossimo andremo a fare un concerto (sono tutti bimbi e ragazzini) e ho invitato un musicista americano, che oltre al rimborso delle spese che sosterrà in quel giorno, le darò 100 euro come onorario.

    ma quindi non è soggetto a ritenuta del 30% se le faccio fare una ricevuta dove lui mi dichiara che ha la convenzione.
    Ma questa convenzione è una autorizzazione che deve chiedere dove?

    grazie

  47. Buongiorno, faccio parte di una associazione di promoz sociale senza partita iva ma con codice fiscale; dobbiamo pagare una docenza fatta da un professionista inglese ad una nostra assemblea in italia ma non dovremmo effettuare alcuna ritenuta del 30% per il fatto che esiste convenzione contro doppie imposizioni con Inghilterra ed il docente non ha alcuna struttura in Italia. Giusto? Il docente inglese dovrà inoltre applicare l’iva inglese per il fatto che la nostra associazione non ha partita iva? O sbaglio?
    Grazie mille in anticipo!

  48. Salve Marzia, non è molto corretto quello che dice, per poter applicare la convenzione occorre applicare una specifica procedura, che deve richiedervi il prestatore estero. E’ vostra responsabilità applicare la ritenuta, a meno che non vi siano le esimenti. Se vuole mi contatti in privato per una consulenza in cui posso spiegale la procedura da attuare per chiedere l’esenzione della ritenuta da parte del professionista estero.

  49. Buongiorno, sono residente in Italia (con cittadinanza italiana E un altro paese europeo) e collaboro a distanmza con una societá con sede negli Stati Uniti. Quale sarebbe il caso mio…?
    Ringrazio la risposta in anticipo.
    Cordiali saluti.

  50. Bisogna vedere che tipo di contratto di lavoro ha firmato prima di tutto. Se vuole ne parliamo in privato in consulenza.

  51. Salve, sono un italiano iscritto aire residente all’estero dove ho una societa’ di consulenza. La mia societa’ ed io stesso paghiamo regolarmete le tasse all’estero.

    Una societa’ italiana mi ha richiesto una consulenza commerciale con attivita’ da svolgere all’estero e reportistica da inviare in italia.

    Il contratto di consulentra tra questa societa’ italiana (committente) e la mia societa’ estera dovra’ avere un formato specifico in italiano o possiamo utilizzare il formato standard in inglese in uso nel mio paese di residenza ? Grazie
    Andrea S.

  52. Deve fare riferimento alla normativa del Paese ove è sita la sua società, a meno che non raggiungiate un accordo diverso con il committente.

  53. Salve,
    sono un professionista software IT italiano, ex partita IVA italiana, lavoro oramai da 9 mesi in Inghilterra per una università con un contratto annuale (in effetti di 362 giorni), per cui i presupposti per l’iscrizione all’AIRE non mi imponevano la pronta iscrizione al tempo. Adesso che il contratto è in fase di rinnovo dovrei fare inscrizione all’AIRE, che dal sito del governo sembra impiegare fino a 6 mesi per completare l’iscrizione. Ci sono modi più celeri di concludere la corretta iscrizione?
    Oltre a questo, una società italiana, con la quale avevo precedentemente collaborato, mi ha chiesto di fare una consulenza da remoto per un programma, e a questo punto non so se emettere un documento di prestazione occasionale italiana o che altro cosa, dato che il lavoro è stato eseguito totalmente dalla mia residenza in UK.
    Può darmi alcune informazioni in merito qui o in altro modo?
    Grazie
    Giovanni

  54. Salve Giovanni, se la sua intenzione è quella restare in UK a lungo ed in modo stabile deve seguire la procedura di iscrizione AIRE. Non esistono alternative. Per quanto riguarda l’attività verso l’azienda italiana, per il momento la sua residenza fiscale è italiana e deve operare ancora come soggetto italiano, secondo le regole italiane.

  55. Buongiorno,
    sono cittadina italiana residente in Giappone da poco più di 2 mesi( ho carta di soggiorno giapponese) anche se ancora non ho provveduto alla registrazione all’AIRE.
    Al momento sto iniziando a collaborare come freelance da remoto con ritenuta d acconto con alcune realtà sia italiane, giapponesi che estere e mi domando se in prospettiva non sarebbe più conveniente aprire PIVA anche se non so se in Italia o in Giappone.
    Vorrei procisare che fino al 31/05/2021 sono stata dipendente per azienda italiana e che per motivi personali ho intenzione di stare sia in Italia che in Giappone, anche se prevalentemente in Giappone.
    Può aiutarmi a capire meglio quale sarebbe la soluzione migliore per me
    Grazie.

  56. Per l’analisi di situazioni personali che richiedono maggiore dettaglio, come nel suo caso, se vuole ci contatti in privato per una consulenza. La aiuteremo a risolvere i suoi dubbi.

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