I soggetti che decidono di affrontare un processo legato al trasferimento di residenza all’estero devono fare attenzione alla procedura che adottano. L’obiettivo è quello di spostare la propria residenza fiscale dall’Italia all’estero, rispettando la normativa fiscale, nazionale e convenzionale (ove esistente) in vigore. Se anche tu stai per trasferirti all’estero, oppure ti sei già trasferito questo articolo può esserti utile per capire come avviene in questi casi un accertamento fiscale.

L’accertamento fiscale volto ad individuare i contribuenti che hanno effettuato trasferimenti fittizi di residenza all’estero è un tema centrale nell’ambito dell’attività accertativa effettuata dall’Agenzia delle Entrate e della Guardia di Finanza.

Il trasferimento di residenza all’estero, infatti, rappresenta un momento di fondamentale importanza, anche sotto il profilo tributario. Questo in quanto, tale trasferimento deve essere effettuato attraverso uno specifico iter logico e sequenziale. Si tratta di una procedura valida al fine di raggiungere correttamente lo status di “soggetto non residente“. Sul punto, puoi trovare sul sito un’intera guida su questo argomento, che ti propongo di andare a consultare a questo link, se desideri approfondire: “Trasferimento della residenza all’estero: la guida“. In questo ambito, la nozione di residenza fiscale, sia sotto il profilo nazionale che internazionale include, non solo elementi formali, ma anche e soprattutto dati fattuali. Talché l’attività accertativa risulta essere assai complessa e richiede notevoli sforzi da parte degli organi preposti.

La creazione di liste selettive di soggetti iscritti all’AIRE, prevista dal D.L. n. 193/2016, così come dal Provvedimento del 3 marzo 2017 dell’Agenzia delle Entrate ha l’obiettivo proprio di andare a rendere più semplice l’individuazione dei posizioni maggiormente a rischio. Si tratta, in buona sostanza, di individuare posizioni a rischio “esterovestizione“, che quindi necessitano di un controllo maggiormente approfondito. Andiamo ad analizzare, quindi, come in concreto l’Agenzia delle Entrate effettua i controlli per l’accertamento della residenza fiscale dei contribuenti espatriati.

Accertamento fiscale per i residenti all’estero

Il trasferimento di residenza all’estero di un contribuente residente può determinare problemi legati alla corretta tassazione dei suoi redditi sulla base di quanto disposto:

In particolare, in queste situazioni possono crearsi dei conflitti di tassazione per i redditi prodotti nello Stato di emigrazione e in quello di immigrazione. Nella tassazione cross-border di questi redditi, la residenza fiscale rappresenta l’unico elemento cardine per determinare entro quali limiti può estrinsecarsi al potestà impositiva dei singoli Paesi coinvolti.

Al di là di quelli che possono essere i vari principi istituzionali che determinano i criteri di residenza fiscale dei contribuenti, le maggiori difficoltà riguardano il concetto di accertamento fiscale legato ai trasferimenti di residenza all’estero. Sul punto, occorre precisare che l’articolo 3 del DPR n. 917/86 prevede che l’onere della prova, nei casi di trasferimento di residenza in Paesi a fiscalità non privilegiata sia posta a carico dell’Amministrazione finanziaria. Rimane onere dell’Agenzia delle Entrate trovare elementi gravi, precisi e concordanti in grado di dimostrare il trasferimento fittizio di residenza del contribuente. Al contrario in caso di trasferimento di residenza in Paese a fiscalità privilegiata vi è un inversione dell’onere della prova. Ossia, in questo caso, la dimostrazione dell’effettività del trasferimento all’estero ricade in capo al contribuente emigrato.

Proprio per meglio individuare i contribuenti da sottoporre ad un accertamento fiscale l’Amministrazione finanziaria ha deciso di individuare alcune posizioni “sensibili” riguardanti soggetti iscritti all’AIRE. Si tratta di soggetti che, presumibilmente, potrebbero aver simulato un trasferimento di residenza in Paesi esteri. Andiamo ad analizzare, quindi, come può effettuare un accertamento fiscale l’Amministrazione finanziaria in caso di trasferimento di residenza all’estero.

Residenza fiscale dei contribuenti e principi di tassazione

Il punto di partenza per capire i motivi che spingono l’Amministrazione finanziaria ad effettuare un accertamento è capire la potestà impositiva, la quale dipende essenzialmente dalla residenza fiscale di ciascun soggetto. L’articolo 3 del DPR n. 917/86 individua un criterio impositivo di tipo misto per l’individuazione della potestà impositiva sui contribuenti fiscalmente residenti. Questi, infatti, sono tassati su tutti i redditi percepiti (c.d. “worldwide taxation“), ovunque essi siano stati prodotti. Mentre i soggetti non residenti fiscalmente sono tassati esclusivamente sui redditi prodotti nel territorio dello Stato (c.d. “tassazione nel Paese della fonte“). In questo caso la tassazione dei redditi italiani avviene seguendo la disciplina di cui all’articolo 23 del DPR n. 917/86. Chiarito questo aspetto vediamo come, in ambito nazionale e convenzionale, viene definito il concetto di residenza fiscale dei contribuenti.

La residenza fiscale dei contribuenti: la norma di riferimento

L’articolo 2, comma 2, del DPR n. 917/86 afferma che:

ai fini delle imposte sui redditi si considerano residenti le persone che per la maggior parte del periodo di imposta sono iscritte alle Anagrafi della popolazione residente o hanno nel territorio dello Stato il domicilio o la residenza ai sensi del Codice civile

art. 2 co. 2 del tuir

Il comma 2-bis, poi, contiene una previsione di dettaglio, secondo la quale:

si considerano altresì residenti, salvo prova contraria, i cittadini italiani cancellati dalle Anagrafi della popolazione residente ed emigrati in Stati o territori aventi un regime fiscale privilegiato, individuati con Decreto del Ministero delle Finanze“.

ART. 2 CO. 2-bis DEL TUIR

Residenza fiscale e domicilio nella disciplina fiscale domestica

Dalle definizioni poste possiamo affermare che il solo fatto che un contribuente sia iscritto nelle Anagrafi della popolazione residente rappresenta una presunzione assoluta di residenza fiscale in Italia. L’iscrizione all’anagrafe della popolazione residente in un comune italiano per la maggior parte del periodo di imposta costituisce un elemento formale di per sé sufficiente a determinare l’assoggettamento ad IRPEF del soggetto iscritto e sembra comportare una presunzione assoluta di residenza fiscale (vedasi Cassazione n. 1215/1998, Cassazione n. 9319/2006 e Cassazione n. 677/2015). Per questo motivo, l’iscrizione AIRE è fondamentale per ogni soggetto espatriato all’estero. Come detto, infatti, il cittadino italiano che cancella la propria iscrizione anagrafica comunale e si trasferisce all’estero è tenuto alla registrazione presso l’anagrafe degli italiani residenti all’estero (AIRE), che ha, appunto, la funzione di individuare i cittadini non più residenti nel territorio dello Stato. La Corte di Cassazione ha ribadito che, da un punto di vista fiscale, l’iscrizione AIRE non costituisce una presunzione assoluta di residenza all’estero (vedasi Cassazione n. 961/2015 e Cassazione n. 9723/2015). L’Amministrazione finanziaria può, dunque, superare il dato formale dimostrando che il contribuente sia fiscalmente residente in Italia in quanto ha ivi mantenuto, per la maggior parte del periodo di imposta, la propria residenza o il proprio domicilio ai sensi del codice civile.

Presunzione assoluta significa presunzione non suscettibile, quindi, di prova contraria.

In merito al domicilio, la normativa fiscale fa espresso riferimento alla nozione civilistica dell’articolo 43 del codice civile. Articolo secondo cui il domicilio di una persona corrisponde al luogo in cui la stessa ha stabilito la sede principale dei suoi affari ed interessi. Con il termine affari ed interessi deve intendersi non solo i rapporti di natura patrimoniale ed economica, ma anche morali, sociali e familiari.

Per questo la determinazione del domicilio deve essere desunta alla stregua di tutti gli elementi di fatto che, direttamente o indirettamente, denuncino la presenza in un certo luogo. Si tratta, quindi, di un  complesso di rapporti che individuano la vita della persona.

Nel caso poi di contrasti tra interessi di natura economica e familiare, viene attribuita maggiore rilevanza agli interessi personali. Tipicamente, un classico esempio è quello di un soggetto che pur avendo trasferito la propria residenza all’estero e pur svolgendo la propria attività lavorativa fuori dal territorio nazionale, mantenga il centro dei propri interessi familiari e sociali in Italia. Magari perché ha lasciato in Italia moglie e figli. Vedasi sul punto, Cassazione n. 29576/2011 e Cassazione n. 26638/2017.

Per verificare la sussistenza della residenza fiscale in Italia, l’articolo 2, comma 2, del DPR n. 917/86 richiede che i requisiti sopra esposti debbano sussistere per la maggior parte del periodo di imposta. Ossia almeno 183 giorni nell’arco dell’anno solare (184 in anno bisestile). Pertanto, al soddisfarsi di almeno una delle condizioni previste, il contribuente è considerato fiscalmente residente per l’intero anno. Naturalmente, resta salva l’applicazione di differenti previsioni contenute nelle Convenzioni internazionali contro le doppie imposizioni siglate dall’Italia.

Residenza fiscale nelle Convenzioni OCSE

I criteri di determinazione della residenza fiscale trovano applicazione, come è ovvio, esclusivamente nell’ambito del diritto nazionale interno. Gli altri Paesi hanno regola specifiche proprie per la determinazione della residenza fiscale di una persona. Si tratta di regole che possono o meno confliggere con quelle italiane.

Un contribuente, dunque, potrebbe, avendo esclusivo riguardo alla normativa nazionale, essere considerato fiscalmente residente in diversi Paesi esteri. Le Convenzioni contro le doppie imposizioni, conformi al modello emanato dall’OCSE, intervengono al fine di fare fronte a tale possibile eventualità. In particolare il paragrafo primo dell’articolo 4 del Modello di Convenzione OCSE, ai fini dell’individuazione della residenza fiscale di un contribuente, opera un rinvio alle normative nazionali. Tuttavia, ove dall’applicazione delle stesse derivi un conflitto nei termini sopra esposti, sono chiamate in soccorso le previsioni di cui al secondo paragrafo dell’articolo 4 del Modello.

Applicazione delle “tie breaker rules” in caso di situazioni di “dual residence

Tali previsioni, definite “tie break rule“, sanciscono che:

quando, in base alle disposizioni del paragrafo 1, una persona fisica è residente di entrambi gli Stati contraenti, la sua situazione è determinata nel seguente modo:

a) detta persona è considerata residente dello Stato contraente nel quale ha una abitazione permanente. Se dispone di una abitazione permanente in ciascuno degli Stati contraenti, è considerata residente nello Stato contraente nel quale le sue relazioni personali ed economiche sono più strette (c.d. “centro degli interessi vitali”);

b) se non si può determinare lo Stato contraente nel quale detta persona ha il centro dei suoi interessi vitali. Oppure se la medesima non ha una abitazione permanente in alcuno degli Stati contraenti, essa è considerata residente dello Stato contraente in cui soggiorna abitualmente;

c) se detta persona soggiorna abitualmente in entrambi gli Stati contraenti. Ovvero non soggiorna abitualmente in alcuno di essi, essa è considerata residente dello Stato contraente del quale ha la nazionalità;

d) se detta persona ha la nazionalità di entrambi gli Stati contraenti. O se non ha la nazionalità di alcuno di essi, le autorità competenti degli Stati contraenti risolvono la questione di comune accordo”

art. 4 modello ocse

Le regole che abbiamo visto hanno l’obiettivo di essere applicate convenzionalmente per dirimere problematiche legate alla doppia residenza fiscale di un contribuente. Tali regole devono essere applicate in modo gerarchico nell’ordine di enunciazione, fino a quando non si trova la regola che dirime la questione.

Iscrizione all’AIRE dei contribuenti trasferiti all’estero

L’iscrizione all’Anagrafe delle popolazione residente all’estero (AIRE) rappresenta, nella sostanza, un passaggio indispensabile per giustificare il proprio trasferimento di residenza all’estero. Questo in quanto, essa rappresenta il primo elemento utile per superare la presunzione assoluta di residenza fiscale italiana per i soggetto registrati nell’Anagrafe della popolazione residente. In questi termini poco conta che il soggetto italiano possieda anche solo un elemento indicato nelle tie break rule idoneo a stabilire la propria residenza fiscale all’estero. Questo poiché per prima cosa l’Amministrazione finanziaria italiana baserà il proprio accertamento fiscale sugli elementi indicati dalla normativa nazionale.

Solo in un secondo momento, nel corso dell’attività accertativa o successivamente in sede contenziosa potrà essere fatta valere la eventuale applicazione della normativa convenzionale più favorevole.

Resta comunque inteso che, come già rilevato, la predetta iscrizione all’AIRE è condizione necessaria, ma da sola non sufficiente a legittimare l’assenza di potestà impositiva italiana sui redditi prodotti all’estero. In quanto il concetto di residenza accolto dal nostro ordinamento può basarsi anche su indici formali quali la residenza ed il domicilio civilistici.

Dal punto di vista dell’Amministrazione finanziaria, quindi, emerge l’esigenza di porre in essere tutta una serie di controlli volti a verificare l’effettività della cancellazione dall’Anagrafe della popolazione residente. Controlli che devono essere orientati a far emergere situazioni di fatto e di diritto in grado di far ritenere il contribuente in ogni caso fiscalmente residente nel nostro Paese.

Proprio in tale contesto si estrinsecano i poteri di controllo dell’Amministrazione finanziaria.

Poteri di accertamento delle Entrate

L’Amministrazione finanziaria ha delineato le modalità con cui intraprendere gli accertamenti nei confronti dei contribuenti che hanno trasferito la residenza all’estero, con la Circolare Ministeriale n. 304/E/1997.

L’obiettivo di questi controlli è quello di verificare comportamenti dei contribuenti volti ad evitare l’applicazione della normativa fiscale nazionale. I contribuenti fiscalmente residenti in Italia, infatti, da un lato, sono tenuti a dichiarare anche i redditi di fonte estera e, dall’altro lato, devono rispettare la normativa sul c.d. “monitoraggio fiscale“, di cui al D.L. n. 167/1990. Normativa questo che prevede l’obbligo di dichiarare ogni anno patrimoni immobiliari e finanziari detenuti all’estero. Ed, inoltre, al ricorrere delle condizioni previste è necessario versare le relative imposte patrimoniali, Ivie ed Ivafe. Per quanto riguarda gli aspetti probatori, spetta all’Amministrazione finanziaria l’onere di fornire tutti quegli elementi da cui desumere la residenza fiscale italiana dei contribuenti che si siano dichiarati fiscalmente residenti all’estero, fermo restando che questi ultimi hanno l’onere di prendere posizione sugli elementi prospettati dall’Amministrazione finanziaria, nonché di fornirne di nuovi che possano dimostrare l’effettività del trasferimento all’estero.

I controlli dell’Agenzia delle Entrate sui contribuenti trasferiti all’estero

L’Agenzia delle Entrate considera fondamentali (anche se non esaustive), per ogni posizione segnalata le seguenti azioni:

  • Reperire notizie certe sulla posizione storico-anagrafica risultante presso il Comune dell’ultimo domicilio fiscale in Italia. Presso ciascun Comune, infatti, sono conservati schedari che raccolgono le informazioni delle persone che si sono cancellate dall’Anagrafe della popolazione residente in dipendenza di un trasferimento all’estero;
  • Acquisire tutte le informazioni presenti nel sistema informativo dell’Anagrafe tributaria;
  • Acquisire copia degli atti riguardanti donazioni, compravendite, costituzione di società di persone e/o di capitali, conferimenti in società, etc;
  • Valutare i rapporti intercorrenti con i soggetti cointeressati ai suddetti atti;
  • Acquisire informazioni sulle movimentazioni di somme di denaro da e per l’estero, sul luogo e data di emissione di assegni bancari, sugli investimenti in titoli azionari e obbligazionari italiani.

L’attività accertativa deve essere finalizzata ad evidenziare tutti gli elementi che possano provare l’esistenza di legami familiari e di interessi economici nel nostro Paese. Non deve essere dimenticato, infatti, che i soggetti trasferiti all’estero, inevitabilmente, lasciano delle tracce ad ogni periodo di rientro in Italia (che sia per vacanza, per visita a paranti o altro). Questo aspetto è importante, in quanto eventuali pagamenti fatti in Italia sono il primo elemento preso in considerazione dall’Amministrazione finanziaria per identificare la presenza in Italia di un soggetto espatriato.

Le presunzioni legali di residenza fiscale

Tali elementi potranno essere ricavati, oltre che dall’analisi puntuale di tutta la documentazione acquisita, anche da un’attenta ricognizione sulla stampa locale e nazionale. Nonché su pubblicazioni biografiche o servizi prodotti dalle reti televisive nazionali (pensate ai vari casi legati a personaggi famosi della tv e dello sport). Secondo l’Amministrazione, deve esser operata una valutazione complessiva dei molteplici rapporti che il soggetto intrattiene nel nostro Paese. Valutazione che, indipendentemente dalla presenza fisica e dalla sola attività lavorativa, esplicata prevalentemente all’estero, consenta di stabilire che la sede principale degli affari ed interessi deve situarsi nel territorio dello Stato italiano.

L’attività accertativa da percorrere può risultare particolarmente complessa da enucleare ricadendo, in termini generali, l’onere della prova sull’Amministrazione finanziaria. Proprio a fronte di tali difficoltà deve essere vista la previsione di cui all’articolo 2-bis del DPR n. 917/86, che opera un’inversione dell’onere della prova per i contribuenti che hanno trasferito la residenza in Stati o territori aventi un regime fiscale privilegiato.

Per approfondire: “Paesi black list nel trasferimento di residenza fiscale delle persone fisiche“.

Potenziamento dei controlli sui contribuenti trasferiti all’estero

L’Amministrazione finanziaria con l’obiettivo di potenziare e al tempo stesso semplificare i controlli sopra indicati, attraverso l’articolo 7, comma 3 del D.L. n. 193/2016, nel disposto di cui all’articolo 83 del D.L. n. 112/2008 ha introdotto l’articolo 17-bis. Articolo che prevede quanto segue:

i Comuni, fermi restando gli obblighi di comunicazione all’Agenzia delle Entrate di cui al comma 16, inviano entro i sei mesi successivi alla richiesta di iscrizione nell’Anagrafe degli italiani residenti all’estero i dati dei richiedenti alla predetta Agenzia al fine della formazione di liste selettive per i controlli relativi ad attività finanziarie e investimenti patrimoniali esteri non dichiarati; le modalità di comunicazione e i criteri per la formazione delle liste sono disciplinati con Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate da adottarsi entro tre mesi dall’entrata in vigore della presente disposizione

Con il Provvedimento n. 43999 del 3 marzo 2017 l’Agenzia delle Entrate ha ufficialmente reso note le modalità di acquisizione dei dati anagrafici dei contribuenti predetti. Provvedendo contestualmente alla definizione dei criteri per la formazione delle liste selettive preordinate ad individuare i contribuenti che abbiano fittiziamente trasferito all’estero la propria residenza fiscale al fine di sottrarsi agli obblighi dichiarati previsti dalla normativa italiana in relazione alle attività patrimoniali e finanziarie detenute all’estero.

Le liste selettive di controllo dei contribuenti trasferiti all’estero

La ratio del legislatore, per la propria attività di accertamento fiscale, è quella di individuare, nell’alveo degli italiano che abbiano fatto richiesta di iscrizione all’AIRE, coloro che al di là del dato formale, abbiano fittiziamente trasferito all’estero la propria residenza fiscale. A tal fine, deve essere vista anche l’attuazione di una gestione accentrata dell’Anagrafe Nazionale della Popolazione Residente (ANPR). Gestione a fronte della quale i Comuni italiani, su base semestrale, sono tenuti a comunicare gli elenchi AIRE da essi detenuti. Tali elenchi saranno poi consultati dall’Agenzia delle Entrate per il loro accertamento fiscale.

Gli elenchi dei contribuenti considerati a maggior rischio evasione daranno poi vita alle liste selettive, da redigersi sulla base dei criteri-filtro individuati dall’Agenzia delle Entrate con il Provvedimento n. 43999 del 2017. Liste che consentiranno la puntuale individuazione dei contribuenti sui quali è destinata a focalizzarsi l’attività di accertamento fiscale della residenza.

Per approfondire: “Liste selettive di contribuenti iscritti AIRE da sottoporre ad accertamento sulla residenza fiscale“.

Elementi elusivi da evitare per i contribuenti trasferiti all’estero

Come abbiamo visto l’individuazione delle liste selettive di contribuenti da sottoporre ad accertamento fiscale sono individuati attraverso precisi criteri-filtro. Criteri che mirano a cogliere situazioni fattuali che mal si conciliano con il dato formale dell’asserita residenza fiscale estera, quali:

  • Residenza dichiarata in uno degli Stati e territori a fiscalità privilegiata, individuati dal D.M. 4 maggio 1999;
  • Movimenti di capitale da e verso l’estero, trasmessi dagli operatori finanziari nell’ambito del monitoraggio fiscale di cui al D.L. n. 167/1990;
  • Informazioni relative a patrimoni immobiliari e finanziari detenuti all’estero, trasmesse dalle Amministrazioni fiscali estere nell’ambito delle Direttive europee di Accordi di scambio automatico di informazioni;
  • Residenza in Italia del nucleo familiare del contribuente;
  • Atti del registro segnaletici dell’effettiva presenza in Italia del contribuente;
  • Utenze elettriche, idriche, del gas e telefoniche attive;
  • Disponibilità di autoveicoli, motoveicoli e unità da diporto;
  • Titolarità della partita Iva italiana attiva;
  • Rilevanti partecipazioni in società residenti di persone o a ristretta base azionaria;
  • Titolarità di cariche sociali;
  • Versamento di contributi per collaboratori domestici;
  • Informazioni trasmesse dai sostituti di imposta con la Certificazione unica e con il modello 770;
  • Infine, informazioni relative a operazioni rilevanti ai fini Iva, comunicate ai sensi dell’articolo 21 del D.L. n. 78/2010, nonché ai sensi del D.Lgs. n. 127/2015.

Per l’identificazione degli elementi di rilevanza con l’Italia per un soggetto espatriato è possibile fare riferimento anche quando indicato dalla Circolare n. 17/E/2017 dell’Agenzia delle Entrate in relazione al regime fiscale di favore collegato all’art. 24-bis del TUIR (c.d. regime dei “neo-residenti“). Quello che possiamo dire è che, sicuramente, rispetto a qualche anno fa, l’aumentare delle banche dati, anche di informazioni finanziarie o reddituali di fonte estera, è sicuramente di ausilio per l’Amministrazione finanziaria nell’individuare i soggetti a maggiore rischio evasione (e quindi a maggiore rischio di controllo).

Accertamento fiscale sui residenti esteri: consigli

L’attuale quadro normativo dovrebbe consentire un più agevole accertamento fiscale nei confronti dei contribuenti che hanno effettuato un trasferimento fittizio di residenza all’estero. Questo in quanto, dalla combinazione di tutte le informazioni in possesso dell’Amministrazione finanziaria, sarà possibile andare ad evidenziare alcune posizioni maggiormente “a rischio” di contribuenti che potrebbero aver eluso gli obblighi tributari.

Quello che è certo, anche alla luce dei recenti accordi internazionali legati allo scambio di informazioni di rilevanza fiscale, è che gli strumenti a disposizione dell’Amministrazione finanziaria per attrarre a tassazione italiana capitali illegalmente detenuti all’estero, ed anche redditi non dichiarati in Italia, sono destinati a farsi sempre più stringenti.

L’accertamento fiscale della residenza continuerà a formare oggetto di varie controversie tra Amministrazione finanziaria e contribuenti. Questo anche considerando che lo stesso prende le mosse da una autovalutazione del soggetto interessato e non può formare oggetto di un interpello preventivo.

In relazione a questi aspetti, quindi, diventa fondamentare andare a precostituire una fascicolo documentale utile a dimostrare con elementi di prova fattuali che il centro dei propri interessi familiari ed economici si trova all’estero (e quindi, indirettamente, non in Italia). Tale fascicolo deve essere precostituito di anno in anno, per tutto il periodo di residenza fiscale estero, da utilizzare al momento opportuno in caso di accertamento fiscale. Tale documentazione, infatti, può diventare utile ed importante anche in caso di possibile ricorso tributario, in caso di mancato esito positivo dell’accertamento. Da un punto di vista pratico, possiamo dire che, sicuramente, la pre-costituzione di un fascicolo documentale sulla residenza fiscale è sicuramente il miglior modo per arrivare preparati ad un possibile accertamento sulla residenza fiscale.

Per approfondire: “Scambio automatico di informazioni con paesi white list“.

Accertamento sui residenti esteri: consulenza

Tieni presente che l’Agenzia delle Entrate ha a disposizione otto anni per accertare la residenza fiscale di un contribuente trasferito all’estero (non tenuto a presentare dichiarazioni dei redditi in Italia). Questa situazione può comunque sfociare in un raddoppio dei termini di accertamento, qualora l’Amministrazione finanziaria si renda conto che vi sono attività finanziarie estere detenute in Paesi black list e non dichiarate. Per approfondire: “Termini di accertamento delle imposte sui redditi“.

Se ha bisogno di capire ed avere maggiori informazioni sulla tua situazione personale oppure se vuoi sapere se hai effettuato correttamente il tuo trasferimento all’estero, contattami!

Utilizza l’apposito modulo di contatto o il servizio di consulenza online dedicato al trasferimento di residenza all’estero. Sarai ricontattato nel più breve tempo e potrai contare sulla consulenza di un professionista preparato. Non essere preparato ad un accertamento può essere controproducente. Non aspettare!

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    20 COMMENTI

    1. Sono pensionata. Voglio trasferirmi a Tenerife presso mio fratello. Mio marito rimane in Italia. Abbiamo una casa di proprietà in comunione di beni ed una autovettura intestata a me che lascerò in Italia. Mi toccherà pagare l’ IMU al 50/%. Se l’ assicurazione dell’auto la paga lui incorro n sanzioni o posso fare una m.
      Mi. inivoltura?

    2. Il problema principale da questa situazione è che lei conserverà residenza fiscale in Italia, con tutte le conseguenze che ne conseguono. Il resto è relativo. Se vuole affrontiamo il problema in consulenza.

    3. Buongiorno,
      mi trasferiró all’estero con iscrizione all’Aire.Intendo lavorare nella nazione di accoglienza e contestualmente riceveró una pensione in Italia avendone i requisiti.Mia Moglie rimarrá in Italia.La pensione dice Inps puó essere versata anche su un conto italiano,il denaro guadagnato all’estero sará tassato secondo le leggi locali.I periodi di permanenza all’estero sono ampiamente superiori ai 183 giorni.
      Sul conto italiano sono appggiate le utenze domestiche.Con questa situazione vi sono irregolaritá che possono essere rilevate?
      Grazie G.Luigi

    4. Salve Luigi, sicuramente si con questa situazione incorrerà in irregolarità. Se vuole posso aiutarla a capire come effettuare correttamente il suo trasferimento di residenza all’estero. Mi scriva a questa mail: [email protected].

    5. Salve,

      sono cittadino italiano, iscritto AIRE, vivo stabilmente in Svizzera dove ho lavoro e casa. Ho dei redditi in Italia derivanti da locazioni di immobili.
      Non capisco se devo continuare a pagare le tasse in Italia per i redditi che mi derivano dalle locazioni.
      In Svizzera mi dicono che devo dichiararli solo qua, alla agenzia delle entrate italiane il contrario. Secondo loro devo continuare a fare la dichiarazione dei redditi in Italia per i redditi maturati e chiedere il credito di imposta in Svizzera .

      Sapete aiutarmi?
      Grazie.

    6. Salve Andrea, sicuramente posso aiutarla, mi scriva a questa mail:[email protected] per ricevere il preventivo della mia consulenza. Le fornirò indicazioni chiare su come operare in relazione al reddito da locazione.

    7. Salve sono residente e domiciliato in UK e iscitto all IRE dal 2007 con unico reddito Inglese. Ho comprato l anno scorso una casa vacanze per passare piu tempo in Italia che non produce reddito. Ho fatto dei pagamanti per le varie transazioni in un conto Italiano intestato a me con fondi gia tassati e non proventi di capital gains. dal mio conto inglese. Ora sono preoccupato perche` ho appena appurato che l agenzia delle entrate potrbbe chiedermi il 20% di quello che trasferito e` corretto? Potreste aiutarmi?

    8. Salve Giuseppe, il trasferimento di fondi da un conto UK ad uno italiano non è problematico (non c’è alcuna ritenuta del 20%). La cosa importante è gestire in modo corretto la residenza fiscale e dichiarare in modo corretto i redditi.

    9. Salve, mi sono trasferito in UK a novembre 2016 e subito ho fatto iscrizione all aire che però è stata confermata ad ottobre 2017. Non ho beni intestati in italia ho solo una carta prepagata con iban e una post pay. Non ho fatto alcun movimento su queste carte ma risultano ancora all indirizzo dei miei genitori. Appena scenderò in italia le chiuderò. Possono essere considerate come centro di interessi e quindi farmi risultare residente fiscale? Grazie

    10. Salve Roberto, gli aspetti indicati da soli non possono essere sufficienti a far partire un controllo sulla sua situazione, ma è necessario capire se vi sono anche altri elementi che possono essere presi in considerazione sulla sua posizione.

    11. Buongioro, sono un Cittadino italiano residente a Dubai per piu’ di 183 gioni all’anno, iscritto Aire dal 2015.
      Volevo sapere se la residenza della famiglia in Italia sia solamente un criterio per identificare un eventuale trasferimento fittizio della residenza fiscale oppure definisca “di per se ” la residenza fiscale stessa, indipendentemente dal fatto che la maggior parte del mio periodo tributario non sia in Italia

    12. Salve Fabio, la presenza della famiglia è uno degli elementi determinanti per identificare il Paese di residenza fiscale di un soggetto. Ci sono diversi articoli nel sito in cui ne parlo.

    13. Buongiorno, sono un cittadino italiano ma lavoro a Praga da ormai 5 anni. Considerando che qua la valuta e’ la corona ceca ho tenuto un conto in banca in euro aperto in Italia. Ora, la mia domanda e’: se dovessi realizzare una plusvalenza con bitcoin inferiore ai 51000 euro previsti dalla legge per determinare fini speculativi e mi facessi mandare i soldi sul conto in euro (prelevare in corone ceche non e” possibile da nessun broker) sarei soggetto alla normativa italiana o ceca? Grazie.

    14. Buonasera, ci sono novità da parte dell’AdE su come un periodo di smartworking dall’Italia possa influire sulla residenza fiscale di un iscritto AIRE?
      Specialmente se >183 giorni.
      Grazie per il riscontro

    15. Buonasera ,
      complimenti per l’articolo.
      Se vengo assunto a Lugano e prendo casa in Ticino, posso comunque mantenere la casa in Italia (nella quale dormirei saltuariamente) o sarebbe meglio che fosse intestata a qualcun altro della mia famiglia?

      In ogni caso, qual è il numero massimo di notti che potrei dormire in Italia? Conta il numero di notti o anche il numero di “passaggi” in Italia? (vivendo vicino alla dogana farei avanti e indietro numerose volte, alcune in giornata ed altre rimanendo a dormire in Italia).

      Le mie spese, utenze ecc. sarebbero esclusivamente in Svizzera (quando rientrerei in Italia sarebbe per stare a casa con familiari), per cui l’unica criticità sarebbe rappresentata dai passaggi in dogana.
      Il fisco può avvalersi di rilevamenti video della dogana?

      Grazie
      Mario

    16. Per l’analisi di situazioni personali per le quali è richiesto maggiore dettaglio, come nel suo caso, se vuole ci scriva in privato per una consulenza. La aiuteremo a risolvere i suoi dubbi.

    17. Buonasera,
      lavoro da un anno in Belgio come lavoratore dipendente e pago regolarmente le tasse in busta paga, ho la residenza sia in Italia che in Belgio, in Italia non ho redditi di alcun tipo, dovrò comunque iscrivermi all’AIRE?
      e per l’anno 2021 dovrò fare la dichiarazione dei redditi in Italia?

      Grazie.

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