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Contestazione della residenza fiscale: come difendersi?

Come difendersi da un accertamento fiscale sulla residenza fiscale? Quali sono i principali indicatori di residenza fiscale italiana che utilizza l'Amministrazione finanziaria nei suoi controlli?

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L’importanza della valutazione preventiva del contribuente per farsi trovare preparato in caso di accertamento volto a verificare l’effettività della residenza fiscale estera dell’espatriato. Controlli volti ad evitare o prevenire possibili situazioni di frode in caso di trasferimenti fittizi di residenza all’estero.


L’efficacia dell’azione di contrasto ai fenomeni di evasione ed elusione fiscale transnazionale è subordinata alla corretta identificazione dello status del singolo contribuente. Dall’identificazione della corretta residenza fiscale dipende la definitiva determinazione delle giurisdizioni titolari dell’imposizione fiscale.

Proprio sulla base di queste considerazioni l’Amministrazione finanziaria italiana ogni anno effettua una serie di controlli volti ad accertare l’effettiva residenza fiscale dei contribuenti espatriati. Questo tipo di controlli sono legati ad evitare frodi fiscali ed a permettere la corretta tassazione dei redditi percepiti. Nel corso degli anni le metodologie di accertamento sulla residenza fiscale si sono affinate. Per questo motivo, anche in relazione alle tantissime richieste di chiarimenti che mi arrivano quotidianamente da molti espatriati ho deciso di affrontare con metodo l’argomento per spiegarti come è possibile difendersi da questo tipo di contestazioni.

In questo contributo intendo andare ad approfondire come deve comportarsi il contribuente quando si trova di fronte ad una contestazione basata sul trasferimento di residenza all’estero. Questo, soprattutto nella fase pre-contenziosa, fondamentale per auto-valutare la propria situazione ed instaurare una possibile difesa.

L’importanza della residenza fiscale nell’ordinamento tributario

Quando si effettua un trasferimento di residenza all’estero solitamente a tutto si pensa meno che agli aspetti fiscali. Infatti, la residenza fiscale se non trasferita correttamente all’estero può portare con se degli inconvenienti importanti.

Nell’ordinamento tributario italiano la residenza fiscale assume un ruolo determinante, in quanto presupposto giuridico per la tassazione dei redditi su base mondiale (vedi art. 2 e 3 del TUIR). Per questo motivo, la residenza fiscale dei contribuente è fortemente attenzionata da parte dell’Amministrazione finanziaria che può, infatti, in caso di contestazione, arrivare ad estendere la potestà impositiva di uno Stato ai redditi prodotti all’estero.

Da un punto di vista pratico si registrano con frequenza accertamenti atti a verificare, alla luce della normativa fiscale nazionale, l’effettività dei trasferimenti di residenza all’estero di persone fisiche. Si tratta di accertamenti che, in molti casi e per varie ragioni, molto spesso sfociano in un lungo e complesso contenzioso tributario, che non sempre porta esisti positivi per il contribuente.

A tale proposito, infatti, si deve segnalare che la giurisprudenza, in ambito di accertamento della residenza fiscale, negli ultimi anni si è dimostrata incoerente nel conciliare la normativa interna con le convenzioni contro le doppie imposizioni. Se a questo aggiungiamo la presunzione legale relativa di residenza in Italia dell’art. 2, comma 2-bis, del TUIR legata ai soggetti trasferiti in Paesi che non attuano adeguato scambio di informazioni (c.d. “Paesi black list” del D.M. 4 maggio 1999), il contribuente rischia di trovarsi disorientato.

Molto spesso, anche nella mia attività di consulenza su questi temi, mi accorgo di come il contribuente si trovi del tutto inerte quanto si rende conto che, per varie ragioni, la propria posizione personale può venire sempre messa in discussione dall’Amministrazione finanziaria. Il contribuente, quindi, in caso di trasferimento di residenza all’estero deve provare di essersi trasferito all’estero ed in caso di Paese black list, di non essere fiscalmente residente in Italia.

Quali elementi identificano la residenza fiscale italiana di una persona fisica?

Nel nostro ordinamento tributario la residenza fiscale è definita dall’articolo 2, comma 2 del DPR n. 917/86 (TUIR), secondo il quale:

RESIDENZA FISCALE DELLE PERSONE FISICHE
Si considerano residenti le persone che per la maggior parte del periodo di imposta sono iscritte nelle anagrafi della popolazione residente o hanno nel territorio dello Stato domicilio o residenza ai sensi del codice civile

La norma definisce tre criteri tra loro alternativi per verificare la residenza fiscale italiana. Infatti, è sufficiente verificare, alternativamente, l’iscrizione all’anagrafe della popolazione residente, la residenza o il domicilio ai sensi dell’art. 43 del c.c. per essere considerati residenti. Tuttavia, deve essere considerato anche un criterio temporale, infatti, una di queste condizioni deve essere verificata per almeno 183 giorni nell’anno (“maggior parte del periodo di imposta“) per poter essere valida.

Dei tre criteri sopra citati l’iscrizione anagrafica è da considerare come un elemento di natura formale. In caso di trasferimento all’estero il contribuente è chiamato, infatti, alla cancellazione dall’anagrafe italiana con contestuale iscrizione AIRE da effettuare tramite ambasciata o consolato italiano all’estero. Se vuoi approfondire gli adempimenti legati all’AIRE ti lascio a questo contributo dedicato: “AIRE: anagrafe degli italiani residenti all’estero“.

Il concetto di residenza

Il concetto di residenza è definito dall’art. 43, comma 2, del c.c. il quale può essere individuato come il luogo dove la persona ha la propria “dimora abituale“. Si tratta del luogo dove la persona dimora. Da un punto di vista giuridico, quindi, ci sono due elementi da attenzionare, uno oggettivo, la stabile permanenza in un luogo, l’altro soggettivo, la volontà di rimanervi.

Come vedremo è proprio sull’elemento soggettivo, ovvero la volontà di permanere anche in futuro in un luogo che spesso l’Amministrazione finanziaria punta per la riqualificazione in Italia di una residenza fiscale estera.

Da un punto di vista pratico l’abitualità della dimora rimane anche quanto il contribuente lavori fuori dal Comune (o dal territorio dello Stato). Questo purché conservi in esso l’abitazione, vi ritorni quando è possibile e mostri l’interesse di mantenervi il centro delle proprie relazioni familiari e sociali.

È proprio in questi termini che avvengono le contestazioni. Prendiamo il caso di un soggetto trasferito in Francia, che si trova per lavoro ed effettuare molte trasferte all’estero. Se questo soggetto al termine dei periodi di trasferta torna in Francia, dimostra la volontà di ivi mantenervi il centro delle proprie relazioni. Le cose cambiano se, tale soggetto, fa volontariamente rientro in Italia al rientro dalle sue missioni estere. In questo caso la residenza estera è tutta da dimostrare.

Il concetto di domicilio

Accanto alla definizione di residenza lo stesso art. 43 del c.c. al comma 1 ci offre la definizione di domicilio, indicandolo come il luogo dove il soggetto ha stabilito “la sede principale dei suoi affari ed interessi“.

In questo caso l’aspetto su cui focalizzarsi è l’espressione “affari ed interessi“. Con questa locuzione il legislatore ha voluto intendere sia i rapporti di natura patrimoniale ed economica, ma anche quelli morali sociali e familiari. Quello che rileva, in questo caso, è l’aspetto soggettivo dato dalla volontà del soggetto di stabilire e conservare in un determinato luogo (in Italia o all’estero) la sede principale dei suoi interessi, a prescindere dalla presenza effettiva in detto luogo.

È il caso, ad esempio, del contribuente che si trasferisce all’estero a titolo personale, lasciando in Italia moglie e figli. In questo caso, indipendentemente dalla presenza del contribuente in Italia durante l’anno l’elemento soggettivo legato alla volontà di conservare gli interessi familiari è da considerarsi in Italia. Anche questo, infatti, è un elemento su cui l’Amministrazione finanziaria guarda nell’effettuare le verifiche.

La presunzione legale relativa di residenza in Italia per i trasferimenti in paesi non collaborativi

Oltre agli elementi sinora delineati, validi per tutte le casistiche, la norma all’art. 2 comma 2-bis del TUIR, introduce una presunzione legale relativa di residenza fiscale in Italia. Infatti, al fine di contrastare fenomeni di trasferimenti fittizi di residenza all’estero, la norma afferma che:

Presunzione legale relativa di residenza fiscale in Italia per i contribuenti trasferiti in Paesi non collaborativi (art. 2, co. 2-bis TUIR)
“Si considerano altresì residenti, salvo prova contraria, i cittadini italiani cancellati dalle anagrafi della popolazione residente e trasferiti in Stati o territori diversi da quelli individuati con decreto del Ministero dell’economia e delle finanze”

L’elenco dei Paesi non collaborativi è sempre quello facente riferimento al D.M. del 9 maggio 1999, in quanto il decreto che avrebbe dovuto indicare la lista dei Paesi white list non è ancora stato emanato. Per approfondire la lista di questi Paesi: “Elenco Paesi Balck List per il trasferimento di residenza delle persone fisiche“.

Detto questo, il trasferimento del contribuente in un Paese non collaborativo ha come primaria conseguenza una inversione dell’onere della prova. Il contribuente che si cancella dall’Anagrafe della Popolazione Residente (APR) per trasferirsi in paese black list mantiene il proprio status di residente fiscale. Questo significa che è compito del contribuente dimostrare la residenza fiscale estera. Da notare che questo tipo di dimostrazione non può mai essere preventiva, ma esclusivamente a seguito di avvio di un controllo da parte dell’Amministrazione finanziaria (es. invio di questionari, etc). Sul punto vedasi “Residenza fiscale non dimostrabile in sede di interpello“.

Il trasferimento indiretto di residenza in Paese Black List

Nella pratica molti contribuenti credono che per superare la presunzione legale relativa del comma 2-bis dell’art. 2 del TUIR, possa essere superata con un trasferimento indiretto. Si tratta di una situazione in cui il trasferimento verso lo Stato estero non collaborativo avviene transitando anagraficamente verso un altro Stato non considerato black list. Tuttavia, questo tipo di trasferimento non permette di superare la presunzione legale, che continua a trovare applicazione. Per fare un’esempio ipotizziamo un soggetto che prima di trasferirsi a Panama si trasferisce negli USA. Qualora venga individuata la residenza effettiva nel Paese non collaborativo troverà applicazione la norma antielusiva di cui al co. 2-bis dell’art. 2 del TUIR, con prova a carico del contribuente espatriato.

L’accertamento della residenza fiscale degli espatriati

Come anticipato, l’attività di accertamento della residenza fiscale da parte dell’Amministrazione finanziaria avviene annualmente individuando i contribuenti da sottoporre a controllo. Sul punto particolarmente importante è conoscere la presenza dell’applicativo “SO.NO.RE.” – Soggetti non residenti – che consente all’Agenzia delle Entrate di selezionare le persone fisiche dotate di un alto profilo di rischio di fittizio trasferimento all’estero della residenza in virtù di predeterminati criteri.

Solitamente una contestazione legata alla residenza fiscale di un contribuente inizia con l’invio di questionario. Con la notifica di questo documento viene indicato di fornire spiegazioni circa la propria situazione di soggetto espatriato.

In questi termini è importante individuare tutti quegli elementi che, sul piano probatorio, consentano di superare l’ipotesi di residenza fiscale italiana. Nelle situazioni ordinarie, va detto, che l’onere della prova è a carico dell’Agenzia delle Entrate che deve fornire elementi certi, precisi e concordanti sulla residenza fiscale italiana del contribuente accertato. Tali elementi, che portano all’emersione di una verifica fiscale partono, molto spesso arrivano dall’incrocio di varie banche dati a disposizione, tra cui l’anagrafe dei conti correnti, il “Common Reporting Standard” (o “CRS“), le dichiarazioni dei redditi degli ultimi anni, lo scambio di informazioni su richiesta, etc. Il tutto, al fine di individuare i contribuenti da selezionare per un controllo, secondo il criterio del c.d. “rischio evasione“.

Nei casi di trasferimenti in Paese black list vi è l’ulteriore complessità data dall’inversione dell’onere della prova. Infatti, è il contribuente a dover dimostrare di non essere residente in Italia, senza necessità di dimostrare l’effettiva residenza nel Paese estero. Si tratta di una c.d. “prova in negativo“, di per se assai difficile da fornire.

Quali sono gli elementi indice della residenza fiscale italiana di un contribuente?

Abbiamo detto che l’Agenzia delle Entrate nel valutare il rischio evasione parte da tutte le informazioni in suo possesso del contribuente, da integrare con le eventuali informazioni che arriveranno a seguito dell’invio e della successiva adesione del contribuente al questionario.

Per capire come opera l’Amministrazione finanziaria e come individua gli elementi chiave per individuare la residenza fiscale di un contribuente possiamo partire dalla check-list da allegare all’istanza di interpello di cui all’art. 24-bis del TUIR. Si tratta dell’interpello (facoltativo) legato all’esercizio dell’opzione per il regime fiscale dei “neo-residenti1. I soggetti che decidono di applicare questo regime rientrando in Italia devono dimostrare la loro residenza estera negli anni precedenti e devono farlo attraverso un questionario che a sua volta contiene un elenco (non esaustivo) di indicatori di residenza della persona in Italia. Una loro analisi, infatti, può costituire un valido esercizio per una valutazione preliminare di un contribuente.

Volendo schematizzare è possibile riassumere gli elementi della check list nei seguenti gruppi legati ad indici di residenza fiscale in Italia:

  • Presenza di familiari in Italia, tra quelli elencati dall’art. 43 del c.c.;
  • Esistenza di legami stabili (non saltuari od occasionali) personali, sociali, culturali, ricreativi e politici con soggetti residenti in Italia;
  • La titolarità di cariche sociali (amministratore, membro del collegio sindacale, etc) in società residenti Italia;
  • La presenza di figli minori o figli fiscalmente a carico che frequentano (o abbiano frequentato) istituti scolastici, di formazione e universitari in Italia;
  • La disponibilità in Italia di un immobile adibito ad uso abitativo per più di 90 giorni;
  • Disponibilità, anche per interposta persona, di beni mobili (autovetture, aeromobili, imbarcazioni, etc) iscritti nei pubblici registri in Italia;
  • Disponibilità, anche per interposta persona, di partecipazioni qualificate in società residenti;
  • Conseguimento di redditi di capitale, di lavoro dipendente, lavoro autonomo o di impresa in Italia;
  • Conseguimento, anche per interposta persona, di compensi per l’utilizzazione delle opere di ingegno (royalty), brevetti industriali o marchi di impresa.

Questi ed altri elementi sono quelli presi in considerazione per la predisposizione delle liste selettive di contribuenti da sottoporre a controllo ex art. 83, comma 17-bis del D.L. n. 112/2008. Per approfondire: “Liste selettive di contribuenti da sottoporre a controllo“.

Lo scambio di informazioni di altre pubbliche amministrazioni

Riprendendo gli indicatori di residenza fiscale visti nel paragrafo precedente la sussistenza o meno di quasi tutti gli indicatori di residenza fiscale utili per determinare la residenza o il domicilio di una persona fisica potrebbero essere facilmente verificati dall’Amministrazione finanziaria attraverso informazioni già in suo possesso o di altre pubbliche amministrazioni. Pensa, ad esempio, alla disponibilità di unità immobiliari di proprietà o in locazione, di beni mobili registrati, di autoveicoli, motoveicoli e unità da diporto o ancora la presenza di familiari in Italia.

Gli strumenti di cui dispone l’Amministrazione finanziaria comprendono, inoltre, la possibilità di effettuare piani di controllo di comune accordo, ad esempio con l’INPS. Oppure ancora è il caso di ricordare l’obbligo a carico dei Comuni di confermare, entro 6 mesi dalla richiesta di iscrizione AIRE, i dati dei richiedenti l’iscrizione. Inoltre, sono informazioni conosciute (o conoscibili) da parte dell’Agenzia delle Entrate:

  • La presenza di rapporti finanziari in essere (in Italia e nei Paesi CRS);
  • L’intestazione di utenze telefoniche e domestiche, ma anche di altro tipo come il telepass per i veicoli, etc;
  • La stipula di contratti assicurativi;
  • La stipula di contratti relativi all’acquisto di beni immobili e collegati, come i contratti di mutuo fondiario;
  • La presenza di cariche sociali o partecipazioni societarie, in enti residenti in Italia;
  • Il percepimento di redditi di capitale di fonte italiana,
  • I movimenti di capitale da e verso l’estero.

Inoltre, anche le informazioni riguardanti patrimonio immobiliari e finanziari detenuti all’estero trasmesse dalle Amministrazioni fiscali estere aderenti al CRS. Infine, tutte le informazioni trasmesse dai sostituti di imposta per la Certificazione unica e con il modello 770, ma anche le dichiarazioni Iva.

Un aspetto molto importante da evidenziare è che il possesso di questi elementi, considerati come di collegamento con l’Italia, riguardano sia il contribuente espatriato anche in caso di eventuale intestazione degli stessi a persona da considerarsi come “interposta“. In buona sostanza, se il contribuente espatriato intesta beni imputa redditi a lui riferibili ad altre persone e ne viene accertata la loro interposizione, il collegamento ricade sul soggetto espatriato. Per questo motivo è opportuno prestare attenzione.

La recente prassi sulle informazioni “online” del contribuente

Non deve essere sottovalutata, infine, la recente prassi operativa degli Uffici accertatori che sono soliti individuare a prova della residenza in Italia del contribuente, anche con elementionline“. Infatti, anche attraverso informazioni online è possibile individuare prove idonee a dimostrare l’esistenza di legami di ogni genere tra la persona ed il territorio nazionale. Si tratta di dati desumibili da fatti o atti concludenti o evidenze come ad esempio la stampa locale e nazionale, e pubblicazioni aventi carattere biografico anche ricavabili dalla rete internet. Sul punto vedasi quanto indicato nella Circolare n. 1/E/2018 (§ 4.4) della Guardia di Finanza.

Allo stesso modo queste informazioni possono essere ricavate anche attraverso l’analisi dei social network. Va detto che, comunque, questi stessi mezzi di prova possono essere sfruttati, in senso contrario, ovvero a sostegno della tesi di residenza fiscale estera del contribuente.

Strategie difensive in caso di verifica sulla residenza fiscale

Un contribuente che si vede notificare un controllo legato alla verifica della residenza fiscale è chiamato a valutare preventivamente la propria situazione personale, al fine di individuare la migliore strategia difensiva possibile.

Il punto di partenza di una situazione difendibile è la disponibilità di qualsiasi mezzo di prova documentale o dimostrativa capace di far emergere l’assenza di significativi collegamenti economici patrimoniali e sociali con l’Italia. Per riprendere quanto indicato dalla stessa Agenzia “l’assenza di unità immobiliari tenute a disposizione in Italia o di atti di donazione, compravendita, costituzione di società, etc, così come la mancanza di significativi e duraturi rapporti di carattere economico, familiare, politico, sociale, culturale e ricreativo“. Questo è quanto indicato nella Circolare n. 140/E/1999 (§ 1) del Ministero delle Finanze. Si tratta, in buona sostanza, di dimostrare di aver “chiuso” ogni significativo collegamento con l’Italia.

Tornando agli indicatori sopra indicati di rilevanza della presenza in Italia, l’eventuale assenza di questi elementi dimostra (in positivo) l’insussistenza di significativi collegamenti con il territorio dello Stato. Questo è già un primo elemento da valutare nell’analisi della posizione di un contribuente sottoposto a controllo.

Una situazione di partenza con assenza o scarsa rilevanza degli indicatori immediatamente conoscibili all’Amministrazione finanziaria permette al contribuente di concentrarsi sulla dimostrazione della sua reale e duratura localizzazione nel Paese estero.

Come dimostrare la reale e duratura localizzazione all’estero?

La dimostrazione di una reale e duratura localizzazione all’estero avviene attraverso la produzione di documenti e atti dai quali emergano:

  • La presenza della dimora abituale, sia personale che dell’eventuale nucleo familiare;
  • L’iscrizione ed effettiva frequenza dei figli presso istituti scolastici o di formazione del Paese estero;
  • Lo svolgimento di un rapporto lavorativo a carattere continuativo, ovvero l’esercizio di una qualunque attività economica con carattere di stabilità;
  • L’acquisto o la locazione di immobili residenziali, adeguati ai bisogni abitativi nel Paese estero;
  • L’intestazione di utenze (acqua, luce, gas, telefono, etc) ed i relativi consumi;
  • La movimentazione a qualsiasi titolo di somme di denaro o di altre attività finanziarie nel Paese estero;
  • L’eventuale iscrizione a liste elettorali.

Quello che deve essere evidenziato nell’analisi della posizione del contribuente sottoposto a verifica non è la presenza (o meno) di uno di questi elementi, ma anche e soprattutto l’utilizzo che di questi elementi ne viene effettuato.

Ad esempio, possiamo dire che per la giurisprudenza la presenza di un bene immobile in Italia non sia, di per sé, determinante per l’attribuzione della residenza fiscale italiana. L’aspetto dirimente in questo caso è l’utilizzo che ne viene fatto dell’immobile (possibile locazione a terzi per vacanza, lavoro etc), presenza di consumi domestici attivi, etc.

È all’interno di queste variabili che bisogna muoversi per identificare la posizione difensiva del contribuente. Per questo motivo è importante rivolgersi ad un dottore Commercialista esperto in questo ambito (al termine dell’articolo puoi trovare il link per contattarmi).

Come decidere la posizione difensiva del contribuente?

L’analisi della posizione del contribuente per capire se vi siano, o meno, gli estremi per un’analisi in contraddittorio della posizione con l’Agenzia delle Entrate deve essere tempestiva. In buona sostanza di tratta di capire la bontà delle argomentazioni dell’Agenzia delle Entrate ed il “peso” dei suoi mezzi di prova (di collegamento con l’Italia) rispetto ai documenti di collegamento con il paese estero del contribuente. È dall’analisi di questi “pesi” diversi che si deve arrivare a capire quanto può essere legittimo procedere o meno in una fase pre-contenziosa e poi eventualmente contenziosa. Il tutto essendo a conoscenza dei rischi che ogni scelta può comportare, in termini di tempo e di oneri da sopportare.

Quali sono gli indicatori che maggiormente sono indice di residenza fiscale italiana?

Guardando alla giurisprudenza recente possiamo dire che la detenzione di partecipazioni in società italiane, la presenza di cariche sociali, lo svolgimento di attività lavorativa in Italia sono sicuramente indici rilevanti di residenza fiscale italiana.

Rilevante è anche la presenza di immobili in Italia, soprattutto se legati alla presenza della famiglia, dei figli e/o del coniuge in Italia. Anche gli aspetti sanitari sono rilevanti, in quanto la spesa sanitaria in Italia è sicuramente indice di “interessi” verso il nostro Paese.

Allo stesso modo e soprattutto la movimentazione dei conti correnti italiani, anche intestati a società, per i quali il contribuente è legato è molto rilevante. Questo aspetto è dato dal fatto che l’accertamento sulla residenza fiscale del contribuente è sempre preceduto anche da indagini finanziarie ex art. 32, comma 7, del DPR n. 600/73. Si tratta di indagini finalizzate ad individuare i rapporti finanziari e la movimentazione bancaria riconducibile al contribuente. All’interno di questo ambito assumo importanza anche i trasferimenti di denaro da e verso l’estero, anche in relazione ad eventuali segnalazioni antiriciclaggio da parte degli istituti bancari.

Che cosa accade se non rispondo ad inviti o questionari?

In caso di accertamento della residenza fiscale la mancata risposta ad inviti o questionari ha conseguenze importanti. Questo, in quanto tali inviti sono dunque caratterizzati da informazioni precise e facilmente verificabili dall’Amministrazione finanziaria. Può trattarsi di redditi non dichiarati, oppure la disponibilità di attività finanziarie non monitorate. In questo caso, un eventuale mancato riscontro o un riscontro parziale in seguito all’invio di un invito o questionario viene sanzionato con:

  • Il “divieto di utilizzazione in sede amministrativa e processuale delle notizie ed i dati non addotti dal contribuente“;
  • Le sanzioni pecuniarie derivanti dall’omesso monitoraggio fiscale o dalle omesse imposte dirette versate.

Conclusioni e consulenza fiscale online

Da questa analisi emerge chiaramente la necessità per il contribuente trasferitosi all’estero di acquisire e conservare, per ogni periodo di imposta, di tutta la documentazione necessaria a dimostrare il reale e duraturo insediamento all’estero. Si tratta del c.d. “fascicolo documentale“, che è opportuno conservare annualmente.

Allo stesso tempo, il contribuente deve verificare quali siano tutti gli elementi di collegamento con l’Italia. Infatti, come abbiamo visto la presenza di questi elementi potrebbe portare ad un accertamento e successivamente al riscontro di un esito non positivo dello stesso, con la necessità di rivolgersi alla giustizia tributaria.

Per questo motivo muoversi per tempo ed in anticipo può essere fondamentale per arrivare preparati al momento dell’accertamento ed ottenere in breve tempo la chiusura della propria posizione in senso positivo.

In questo articolo ho cercato di racchiudere alcuni elementi importanti e parte della mia esperienza nel campo degli accertamenti basati sulla verifica della residenza fiscale. Ogni anno l’Amministrazione finanziaria implementa la propria attività di controllo grazie anche all’aumentare dei Paesi che aderiscono al CRS.

Quello che voglio dire è che se vuoi trasferirti all’estero non puoi pensare di sottovalutare la normativa fiscale nazionale e convenzionale sul trasferimento.

Soltanto in questo modo potrai evitare di incappare in noiose attività di accertamento di tipo fiscale. Per questo motivo è opportuno farti affiancare da un dottore Commercialista esperto in fiscalità internazionale. Se, invece, hai già ricevuto o credi di ricevere una lettere di compliance o ancora inviti o questionari, è opportuno che possa confrontarti con un esperto. Se hai bisogno di una consulenza personalizzata sulla tua situazione fiscale non esitare a contattarmi. Segui il link sottostante per metterti in contatto con me e ricevere il preventivo per una consulenza personalizza.

Note:

1 Agenzia delle Entrate, Provvedimento del Direttore n. 47060, 8 marzo 2017.

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