In questo articolo affrontiamo una caso pratico di applicazione dell’IVA in ambito internazionale. In particolare si tratta di una operazione di cessione di beni in ambito intracomunitario, ove la merce torna al fornitore italiano per riparazione. Si tratta di merce che rientra in Italia non accompagnata da alcun documento fiscale e ci si chiede se questa sia la procedura corretta da adottare.
L’aspetto da chiarire è legato alla necessità (o meno) di applicare la disciplina sulle note di variazione IVA, quando siamo di fronte ad operazioni di reso a seguito di una precedente operazione di cessione intracomunitaria di beni. Vediamo in questo articolo la risposta a questo interrogativo che riguarda la corretta applicazione del criterio di territorialità ai fini IVA, di cui all’art. 7 e 7-bis del DPR n. 633/72.
Criteri generali che definiscono la territorialità ai fini IVA
L’art. 7 del DPR n. 633/72 ripropone la definizione di territorio dello Stato e di territorio della Comunità. Per quanta riguarda nello specifico il nostro Paese per “Stato” o “territorio dello Stato” ai fini dell’imposta sul valore aggiunto si intende il territorio della Repubblica Italiana, con esclusione di:
- Comune di Livigno;
- Comune di Campione d’Italia;
- Acque italiane del Lago di Lugano.
Restano esclusi dalla disciplina IVA i territori appartenenti alla Repubblica di San Marino e Città del Vaticano, perché, pur facendo parte del territorio fisico, non sono soggetti alla sovranità della Repubblica italiana, costituendo territori extracomunitari.
L’art. 7-bis del DPR n. 633/72 disciplina la territorialità ai fini IVA delle cessioni di beni mobili ed immobili. Ai sensi del suddetto articolo si evince che per considerare effettuata nel territorio dello Stato la cessione di un bene sia esso mobile che immobile è necessario che il bene al momento di effettuazione dell’operazione esista fisicamente nel territorio dello Stato. Affinché una cessione di beni possa essere qualificata come cessione intracomunitaria non imponibile ai sensi dell’art. 41 D.L. n. 331/93 devono sussistere i seguenti requisiti:
- Cedente ed acquirente entrambi soggetti passivi IVA iscritti al VIES;
- Onerosità dell’operazione;
- Acquisizione o trasferimento del diritto di proprietà o di altro diritto reale sui beni;
- Effettivo trasferimento dei beni in altro Stato comunitario
La mancanza di uno solo di tali requisiti rende l’operazione assoggettata ad IVA ad aliquota propria del bene.
Territorialità IVA in caso di reso merce UE per riparazione
Una volta definiti questi aspetti preliminari vediamo la concreta applicazione degli stessi in un caso concreto.
Caso pratico: |
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Ho molti clienti esteri (UE) che quando mi inviano della merce di reso, quasi sempre per la riparazione, non mi inviano nessun documento allegato giustificativo e la merce viaggia in questo caso molte volte solo con le lettere di vettura dei corrieri. Fiscalmente, sotto il profilo IVA, come deve essere gestita questa operazione? |
Secondo l’Agenzia delle Entrate, in caso di reso di merce dovuto a difetti e vizi dei beni venduti, è possibile applicare la procedura di variazione in diminuzione dell’imponibile e dell’imposta prevista dall’art. 26, comma 2, del DPR n. 633/72. Si tratta di una disciplina riferita alle operazioni venute meno, in tutto o in parte, o per le quali si sia ridotto l’ammontare imponibile, in conseguenza di dichiarazione di nullità, annullamento, revoca, risoluzione, rescissione e simili o in conseguenza dell’applicazione di abbuoni o sconti previsti dal contratto.
Nel caso in cui la restituzione della merce sia disposta da un cliente comunitario, al quale i beni sono stati precedentemente ceduti in regime di non imponibilità di cui all’art. 41 del D.L. n. 331/1993, occorre osservare che la normativa applicabile, ai fini IVA, alle operazioni intracomunitarie non disciplina espressamente le variazioni dell’imponibile e/o dell’imposta. In forza, tuttavia, del rinvio generale previsto dall’art. 56 del D.L. n. 331/1993, vale a dire per tutto quanto non specificamente stabilito dal D.L. n. 331/1993, in presenza di variazioni intervenute nelle operazioni effettuate in ambito intra-UE si applicano le disposizioni dell’art. 26 del DPR n. 633/72.
Il reso del cliente comunitario dà luogo alla rettifica della cessione intracomunitaria di beni
Pertanto il reso da parte del cliente comunitario dà luogo alla rettifica della cessione intracomunitaria (C.M. 23 febbraio 1994, n. 13). Dato che la procedura di variazione in diminuzione non è obbligatoria, il fornitore italiano ha la facoltà di intervenire sul registro delle fatture emesse con un’apposita annotazione di rettifica in diminuzione (nota di credito), che riduce l’ammontare imponibile della corrispondente operazione se annotata nello stesso periodo di riferimento in cui è annotata l’operazione originaria. Diversamente, della rettifica si tiene conto in dichiarazione IVA annuale.
Sotto il profilo operativo, il fornitore italiano riceve la merce con il DDT di reso emesso dal cliente ed è tenuto ad emettere una nota di credito per merce non conforme (ex art. 26 del DPR n. 633/72). La nota deve essere emessa entro un anno dalla fatturazione della vendita al cliente UE. In caso di restituzione di merce che avviene a distanza di oltre un anno dalla cessione, il reso deve essere fatturato normalmente dal cliente al proprio fornitore, come se si trattasse di una nuova operazione (e non la rettifica di una operazione precedente).
Nel caso in cui la variazione in diminuzione sia stata operata è necessario presentare il modello INTRA 1-ter ai fini, sia fiscali, sia statistici, indicando il codice “2” (restituzione o sostituzione di merci) nella colonna relativa alla natura della transazione. A prescindere dall’avvenuta variazione in diminuzione, il fornitore nazionale deve ridurre del corrispondente ammontare la disponibilità del plafond per effettuare
acquisti di beni/servizi e importazioni senza applicazione dell’IVA.
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