L’art. 9, comma 1, n. 9), del DPR IVA (n. 633/72) prevede la previsione di non imponibilità IVA per le lavorazioni di cui all’art. 176 del TULD (DPR n. 43/73 – Testo Unico delle disposizioni in materia Doganale) eseguite su: 

  • Beni di provenienza estera non ancora definitivamente importati, nonché su 
  • Beni nazionali, nazionalizzati o comunitari destinati ad essere esportati.

Sostanzialmente, questa norma dispone la non imponibilità dell’IVA, in mancanza del requisito di territorialità, per le operazioni di lavorazione che si considerano effettuate in Italia. Sulla base di questa disposizione possiamo dire che sono irrilevanti agli effetti dell’IVA le prestazioni rese nei confronti di un committente non stabilito nel territorio dello Stato, ancorché la fattispecie sia presa in considerazione dall’art. 9 del DPR n. 633/72. Le stesse operazioni non possono quindi essere considerate ai fini della verifica dello status di soggetto abilitato ad effettuare acquisti e importazioni senza pagamento dell’imposta (cd. “esportatore abituale“) e della determinazione del plafond a tal fine spendibile (Circolare n. 37/E/2011, § 5).

I trattamenti di lavorazione ai quali fa riferimento la norma (art. 176 DPR n. 43/73) sono sintetizzabili nei seguenti:

  • Lavorazioni, compresi il montaggio, l’assiemaggio e l’adattamento ad altre merci;
  • Trasformazioni;
  • Riparazioni, compresi il riattamento e la messa a punto;
  • Utilizzazioni, con conseguente consumo parziale o totale come catalizzatori, acceleratori o rallentatori di reazioni chimiche per facilitare la fabbricazione di prodotti da esportare o riesportare, esclusa l’utilizzazione delle fonti di energia, dei lubrificanti e degli attrezzi ed utensili.

Vediamo, a questo punto le casistiche di importazione temporanea di beni con lavorazione in Italia, ed i beni presenti in Italia acquistati da acquirente extra-UE, lavorati in Italia e poi esportati. Si tratta, in buona sostanza, di casistiche che nella pratica quotidiana si presentano in molte occasioni e che necessitano di attenzione per gli obblighi Iva.

Le lavorazioni su beni esteri in temporanea importazione

Riguardo ai trattamenti eseguiti su beni di provenienza estera non ancora definitivamente importati, si deve fare riferimento a beni provenienti da paesi extra-comunitari per essere introdotti in Italia al fine di essere sottoposti a lavorazione. La temporanea importazione può essere effettuata:

  • Dall’operatore nazionale che acquista i beni all’estero per sottoporli (o farli sottoporre) in Italia a delle lavorazioni e, al termine delle stesse, li riesporta fuori dalla UE;
  • Per conto del committente extra UE (proprietario dei beni).

In ogni caso, trattandosi di beni sottoposti a vigilanza doganale, poiché introdotti nel territorio nazionale senza pagamento di IVA e dazi doganali, ai fini della non imponibilità IVA non rileva la successiva esportazione degli stessi (in sostanza la non imponibilità di tali prestazioni ha natura oggettiva). Infatti, deve ritenersi ininfluente la successiva destinazione dei beni rispetto al momento di ultimazione della prestazione, siccome il richiamo all’art. 176 del DPR n. 43/73, operato dalla norma in materia di IVA, è finalizzato esclusivamente ad identificare i trattamenti che possono essere eseguiti sui “beni di provenienza estera non ancora definitivamente importati”, per i quali – da parte delle Autorità doganali – sia stata già accertata la sussistenza dello status di merce in temporanea importazione.

L’Agenzia delle Entrate ha risolto il dubbio con la Risoluzione n. 47/E/2001. Come già indicato dalla C.M. 3 agosto 1979, n. 26/411138, l’art. 9, comma 1, n. 9), del DPR n. 633/72 prevede la non imponibilità IVA per i trattamenti (di cui all’art. 176 del DPR n. 43/73) eseguiti su:

  • Beni di provenienza estera non ancora definitivamente importati;
  • Beni nazionali, nazionalizzati o comunitari destinati ad essere esportati da o per conto del prestatore del servizio o del committente non residente nel territorio dello Stato.

Sulla base della suddetta interpretazione della norma, il collegamento tra il beneficio della non imponibilità e l’evento successivo dell’esportazione dei prodotti compensatori in questa casistica non è richiesto. Infatti, il richiamo all’art. 176 del DPR n. 43/73, operato dall’art. 9, comma 1, n. 9), del DPR n. 633/72, ha il fine di identificare la natura delle operazioni che possono essere eseguite sui beni temporaneamente importati, risultando ininfluente, ai fini della non imponibilità, la successiva destinazione dei beni temporaneamente introdotti nel territorio dello Stato.

Detto questo, all’interno di questa casistica possiamo trovare due fattispecie di temporanea importazione di beni per lavorazione, ovvero:

  • Il caso delle lavorazioni in Italia su beni temporaneamente importati per conto proprio;
  • Il caso delle lavorazioni in Italia su beni temporaneamente importati per conto di terzi.

Vediamo queste due casistiche con maggiore dettaglio.

Lavorazioni in Italia su beni importati per conto proprio

La prima casistica di non imponibilità riguarda il caso dell’operatore nazionale che acquista all’estero (fuori UE) le materie prime, le introduce in Italia in temporanea importazione per sottoporle (o farle sottoporre) a lavorazione per poi procedere ad esportare il prodotto finito. In questo caso possiamo individuare due distinte operazioni rilevanti ai fini IVA:

  • La temporanea importazione, non soggetta ad IVA ma per la quale occorre prestare
    apposita garanzia in dogana a copertura dei diritti doganali che sarebbero dovuti in caso di importazione definitiva e degli interessi compensativi moratori calcolati sulla base del
    termine concesso per la riesportazione;
  • L’esportazione, non imponibile IVA, art. 8, c. 1, lett. a), DPR n. 633/72.

L’operazione di esportazione concorre alla formazione dello status di esportatore abituale e del relativo plafond.

ESEMIPIO:
Operatore italiano acquista materie prime da un operatore del Svizzero, introduce tali beni in Italia in temporanea importazione dichiarando in dogana un valore di 20.000 euro e prestando le garanzie richieste per diritti doganali ed interessi. Al termine delle lavorazioni, il prodotto finito viene ceduto ad un operatore USA al corrispettivo di 50.000 euro. All’esportazione delle merci vengono restituite le garanzie precedentemente prestate. L’operatore nazionale effettua una cessione all’esportazione ex art. 8, c. 1, lett. a), DPR n. 633/72, che concorre alla formazione dello status di esportatore abituale.

Lavorazioni in Italia su beni importati per conto di terzi

Una seconda casistica di beni in temporanea importazione in Italia per lavorazione si ha quando su incarico di committente extra-UE, un operatore nazionale introduce in Italia delle materie prime di proprietà del committente extra comunitario. L’obiettivo è la lavorazione in Italia di queste materie prime. Al termine delle lavorazioni le merci vengono restituite all’operatore (committente) extra-UE. In questo caso l’effetto che avremo ai fini IVA è così schematizzabile:

  • Le operazioni di temporanea importazione e riesportazione sono fuori dal campo di
    applicazione dell’IVA
    ;
  • La lavorazione delle merci risulta non imponibile IVA ex art. 9, c. 1, n. 9), DPR n. 633/72.

Il valore delle lavorazioni fatturato al committente extra UE concorre alla formazione dello
status di esportatore abituale e del relativo plafond.

ESEMPIO:
Un operatore italiano, riceve incarico da un operatore extra-UE, per introdurre materie prime in Italia in temporanea importazione per lavorazione. L’importazione delle materie prime, in quanto temporanea è soggetta a vigilanza doganale. Infatti, al termine delle lavorazioni il prodotto viene restituito all’operatore extra-UE. L’operatore nazionale effettua un servizio internazionale ex art. 9, c. 1, n. 9), DPR n. 633/72, che concorre alla formazione dello status di esportatore abituale.

Lavorazioni su beni destinati ad essere esportati

In conclusione vediamo anche la seconda casistica oggetto di questa analisi, ovvero le lavorazioni su beni nazionali destinati ad essere esportati. Ipotizziamo il caso di un operatore estero (comunitario o extra comunitario) che acquista beni, alternativamente, con le seguenti caratteristiche:

  • Si tratta di beni di origine nazionale (italiana); oppure
  • Nazionalizzati (importati definitivamente in Italia); oppure
  • Di origine comunitaria.

In ogni caso, deve trattarsi di beni già presenti in Italia. Tali beni vengono acquistati da un esportatore italiano. L’operatore estero incarica un operatore nazionale di effettuare delle lavorazioni su questi beni. In questo caso, per poter godere del regime di non imponibilità IVA, di cui all’art. 9, c. 1, n. 9), DPR n. 633/72, devono verificarsi entrambe le seguenti condizioni:

  • I beni devono essere esportati, da o per conto, dal prestatore nazionale o dal committente;
  • Il committente (promissario acquirente dei beni) deve essere un operatore non residente nel territorio dello Stato.

Come provare l’avvenuta esportazione dei beni?

Per riuscire ad ottenere la prova dell’avvenuta esportazione dei beni, occorre presentare alla dogana competente la seguente documentazione:

  • La fattura di vendita delle materie prime emessa dall’esportatore nazionale;
  • La fattura relativa alle lavorazioni effettuate, emessa dal prestatore nazionale.

Entrambe le fatture devono essere vidimate dalla dogana competente al fine di poter provare l’avvenuta fuoriuscita dei beni dal territorio UE ed avere titolo per l’emissione della fattura non imponibile IVA.

Per fare un esempio pratico, ipotizziamo che un operatore extra-UE incarichi un operatore nazionale per eseguire delle lavorazioni su merce acquistata in Italia dall’operatore extra comunitario. Al termine delle lavorazioni il prodotto finito viene esportato dal prestatore nazionale che, per l’attività di lavorazione, emette fattura non imponibile IVA ex art. 9, c. 1, n. 9), DPR n. 633/72. Il soggetto cedente nazionale delle materie prime, presenta fattura non imponibile IVA ex art. 8, c. 1, lett. a), DPR n. 633/72, nei confronti del committente extra-UE.

Lavorazioni di beni in temporanea importazione e lavorazioni di beni italiani destinati ad essere esportati: conclusioni

Come abbiamo visto, l’art. 9, comma 1, n. 9), del DPR IVA consente di applicare la non imponibilità IVA per le lavorazioni di cui all’art. 176 del TULD (DPR n. 43/73 – Testo Unico delle disposizioni in materia Doganale) eseguite su: 

  • Beni di provenienza estera non ancora definitivamente importati, nonché su 
  • Beni nazionali, nazionalizzati o comunitari destinati ad essere esportati.

La mancanza del requisito di territorialità, per queste operazioni di lavorazione svolte in Italia su beni che torneranno all’estero è molto importante, in quanto consente ad operatori esteri di far lavorare i propri beni in Italia per poi esportarli o farli tornare nel Paese di provenienza (o altro Paese), senza che vi sia imponibilità IVA nella lavorazione svolta in Italia. Indirettamente, per l’azienda italiana che effettua questo tipo di lavorazioni, tali importi connessi alla fatturazione dell’operazione di lavorazione non possono essere considerate ai fini della verifica dello status di soggetto abilitato ad effettuare acquisti e importazioni senza pagamento dell’imposta (cd. “esportatore abituale“) e della determinazione del plafond a tal fine spendibile (Circolare n. 37/E/2011, § 5).

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