Home Fisco Nazionale Dichiarazione infedele (redditi Iva e Irap): le sanzioni

Dichiarazione infedele (redditi Iva e Irap): le sanzioni

Le fattispecie legate alle sanzioni per infedele dichiarazione dei redditi: le ipotesi di aumento della sanzione e riduzione della stessa e le possibilità di ravvedimento operoso.

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Quando il contribuente compila la dichiarazione (dei redditi, IVA, IRAP, etc) in modo errato determinando l’emersione di un maggior credito oppure di un minor debito, siamo di fronte alla fattispecie di dichiarazione infedele. La disciplina è quella prevista dagli artt. 1 e 5 del D.Lgs. n. 471/97, per cui si rendono applicabili le sanzioni amministrative tributarie, ma in alcuni casi, è possibile anche realizzare una fattispecie penalmente rilevante (imposta evasa superiore a 150.000 euro).

Quando si realizza la fattispecie di dichiarazione infedele?

La normativa tributaria nazionale prevede che siamo di fronte ad una fattispecie di dichiarazione infedele tutte le volte in cui il contribuente presenta validamente la propria dichiarazione (dei redditi, IVA, IRAP, etc), ma commette degli errori. In particolare, vi sono due fattispecie che fanno rientrare in questa casistica:

  • Indicazione di redditi in misura meno elevata rispetto al valore percepito, determinando una minore imposta a debito versata;
  • Indicazione di elementi passivi, deduzioni o detrazioni inesistenti, realizzando una minore imposta o un maggior credito per il contribuente.

La fattispecie di dichiarazione infedele deriva da una contestazione dell’Amministrazione finanziaria sul comportamento del contribuente, ovvero sulla dichiarazione da questi validamente presentata. Difatti, annualmente l’Agenzia delle Entrate effettua controlli volti a verificare, entro i termini di decadenza, la veridicità e la correttezza, dei dati inseriti in dichiarazione. Qualora da questi controlli emergano irregolarità, oltre al recupero dell’imposta, l’Agenzia delle Entrate applica le sanzioni da dichiarazione infedele, disciplinate dagli artt. 1 e 5 del D.Lgs. n. 471/97. Le fattispecie in esame può essere anche accertata direttamente dal contribuente, quando si appresta a correggere i propri errori con la dichiarazione integrativa, attraverso il ravvedimento operoso. Da un punto di vista operativo, possiamo dire che la sanzione amministrativa per infedele dichiarazione è sicuramente tra quelle più largamente diffuse.

L’intento del legislatore nella fattispecie di infedele dichiarazione è quello di prevedere una sanzione importante in caso errore da parte del contribuente, prevedendo comunque, nel contempo, degli aumenti legati a condotte fraudolente. Il tutto senza dimenticare possibilità di riduzione dell’imposta quando l’evasione è contenuta in deter­mi­nati limiti oppure non causa danni all’Erario.

Principali fattispecie sanzionabili per imposte dirette

Sono suscettibili di integrare la violazione in esame, in particolare, le seguenti fattispecie:

  • Tutti i recuperi a tassazione relativi alle categorie reddituali contem­plate dal TUIR, come, ad esempio:
    • Il disconoscimento di costi indeducibili;
    • Il rinvenimento di ricavi non dichiarati;
    • La rettifica delle rimanenze;
    • La ripresa a tassazione delle quote di ammortamento;
    • Gli errori commessi nell’applicazione della legislazione in materia di red­­­di­­to d’impresa, come quelli sulla deduzione degli accantona­men­ti;
    • La mancata o infedele dichiarazione di redditi diversi;
    • Il disconoscimento di particolari regimi tributari, si pensi al conso­li­dato fiscale ex 117 ss. del TUIR;
  • Gli accertamenti con cui il reddito viene determinato in base a metodi presuntivi o induttivi, come nel caso degli studi di settore, delle percentuali di ricarico e del c.d. “reddito­metro”;
  • Le rettifiche di riqualificazione dei redditi dichiarati.

Relativamente al computo della sanzione, per maggiore imposta si intende la dif­fe­renza tra l’am­montare del tributo liquidato in base all’accertamento e quello li­qui­dabile ai sensi degli artt. 36-bis e 36-ter del DPR n. 600/73 e dell’art. 54-bis del DPR n. 633/72. Il Ministero delle Fi­nanze, inoltre, ha specificato che nella base di calcolo si tiene conto pure del minor credito o del minor rimborso spettanti a seguito della rettifica.

Fattispecie sanzionabili ai fini Iva

Ai fini Iva, l’art. 5 co. 4 del D.Lgs. n. 471/97 stabilisce che se nella dichiara­zio­ne risulta un’imposta inferiore a quella dovuta, o un’eccedenza detraibile o rimborsabile superiore a quella spettante. In questo caso trova applicazione la sanzione base dal 90% al 180% dell’imposta dovuto o della differenza di credito utilizzato. Le fattispecie che possono far scaturire l’applicazione di sanzioni sono le seguenti:

  • Operazioni imponibili non dichiarate e in precedenza non registrate e/o non documentate;
  • Operazioni erroneamente ritenute esenti o non imponibili;
  • Applicazione di aliquote inferiori a quelle previste;
  • Indebite detrazioni d’imposta;
  • Erronea applicazione di regimi speciali, o di favore;
  • Accertamenti con cui il maggior imponibile viene determinato in base a metodi presuntivi o induttivi, come nel caso degli studi di settore (ISA) e delle percentuali di ricarico.

Quali sanzioni amministrative della dichiarazione infedele?

L’art. 1 co. 2 del D.Lgs. n. 471/97 prevede l’applicazione della sanzione amministrativa pecuniaria che va dal 90% al 180% della maggiore imposta o della differenza del credito utilizzato se nella dichiarazione è indicato, ai fini delle singole imposte:

  • Un reddito o valore della produzione imponibile inferiore a quello accertato;
  • Un’imposta inferiore a quella dovuta;
  • Un credito superiore a quello spettante;
  • Indebite detrazioni d’imposta o deduzioni dall’imponibile, anche se sono state attribuite in sede di ritenuta alla fonte.

Quello che possiamo dire da questa definizione è che la fattispecie si verifica nel momento in cui si beneficia di una minore imposta o di un maggior credito. Quindi, ad esempio, non può essere sanzionato il soggetto che indica un dichiarazione un credito non spettante senza utilizzarlo in compensazione (“orizzontale” o “verticale”).

Importante:
Anche se l’errore non è stato commesso intenzionalmente dal contribuente la dichiarazione verrà ritenuta infedele e punita come tale. La buona fede, eventualmente, comporterà l’applicazione di una sanzione più vicina al minimo previsto (90%).

Infedele dichiarazione: tabella con le sanzioni in sintesi

Di seguito si riepilogano, in forma tabellare, le sanzioni da dichiarazione infedele di­­sciplinate dagli articoli 1 e 5 del D.Lgs. n. 471/97.

FATTISPECIESANZIONE
Sanzione baseDal 90% al 180% dell’imposta
Irregolare compilazione del modello relativo agli studi di settoreNessuna previsione
Omessa compilazione del modello relativo agli studi di settoreNessuna previsione
Omessa compilazione del modello relativo agli studi di settore€ 2.000,00
Condotte fraudolenteDal 135% al 270% dell’imposta
Evasione massima di 30.000,00 euroDal 60% al 120% dell’imposta
Redditi prodotti all’esteroDal 120% al 240% dell’imposta
Redditi presunti dalla violazione delle norme in tema di RW se lo Stato estero è un “paradiso fiscale”Dal 180% al 360% dell’imposta dovuta
Locazioni immobiliari non dichiarate (con opzione per la cedolare secca)Dal 240% al 480% dell’imposta
Locazioni immobiliari dichiarate infedelmenteDal 180% al 360% dell’imposta
Errori sull’imputazione a periodoDal 60% al 120% dell’imposta
Errori sull’imputazione a periodo senza danno erariale€ 250,00

Aumento della metà delle sanzioni

La sanzione per infedele dichiarazione è soggetta ad un aumento del 50% (della metà) quando la violazione è realizzata mediante l’utilizzo di:

  • Documentazione falsa o
  • Per operazioni inesistenti, mediante artifici o raggiri, condotte simulatorie o fraudolente.

In questi casi la sanzione passa dal 135% al 270% dell’imposta. Trattasi di un aumento che opera sulla sanzione così come irrogata dall’ente impositore. Quindi, se viene contestata nella misura massima, l’aumento della metà opera sul 180% dell’imposta.

Aumento del terzo per omessa indicazione di redditi esteri

La normativa prevede l’aumento del terzo della sanzione per infedele dichiarazione in caso di omessa indicazione dei redditi esteri. Con riferimento alle imposte o alle maggiori imposte relative a tali redditi. In questo caso la sanzione base del 90% diventa una sanzione base del 120%.

Riduzione di un terzo della sanzione

Fuori dal caso delle condotte fraudolente (in cui opera l’aumento della metà della pena), “la san­zione da dichiarazione in­fedele è ridotta di un terzo quando la mag­giore imposta o il minore credito accertati sono complessivamente inferiori al tre per cento dell’imposta e del credito dichiarati e comunque complessivamente inferiori a euro 30.000”. Dunque, la sanzione dal 90% al 180% dell’imposta diventa dal 60% al 120%. Per poter applicare la riduzione di 1/3 è necessario, fare riferimento al minore dei due limiti indicati dalla norma. Relativamente al limite del 3%, esso va computato raffrontando la maggiore imposta accertata e quella dichiarata. In ogni caso, questa riduzione di un terzo della sanzione non può trovare applicazione in presenza di condotte fraudolente, eventualità in cui permane l’ordinaria sanzione dal 90% al 180% dell’imposta aumentata della metà.

Violazioni collegate e su obblighi comunicativi

Per l’Amministrazione finanziaria, la infedele dichiarazione non assorbe le vio­lazioni relative alla fatturazione e alla registrazione, quindi, nel­la men­zionata ipotesi così come nella presentazione, per più anni, di di­chiarazioni infedeli, opera l’art. 12 del D.Lgs. n. 472/97 sul cumulo giuridico. Di contro, la prassi, per la dichiarazione dei redditi e Irap, va nel senso di escludere, in caso di infe­deltà dichiarativa, le sanzioni per omesso versamento delle imposte che avrebbero dovuto essere versate, qualora la dichiarazione fosse stata presentata correttamente. La violazione di dichiarazione infedele è indipendente rispetto alle violazioni relative a obblighi comunicativi che vanno assolti all’interno della dichiarazione stessa. Si pensi alla mancata indicazio­ne separata delle plusvalenze e dei dividendi ex art. 8 co. 3-ter del D.Lgs. n. 471/97, o alla mancata comunicazione delle minusvalenze ex art. 11 co. 4-bis del D.Lgs. n. 471/97.

Quando si realizza la fattispecie di dichiarazione inesatta?

Le inosservanze che non danno luogo ad un’infedeltà dichiarativa ai sensi degli artt. 1 e 5 del D.Lgs. n. 471/97 possono, salvo il caso delle violazioni mera­mente formali ex art. 6 co. 5-bis del D.Lgs. n. 472/97, integrare la dichiarazione inesatta prevista dall’art. 8 del D.Lgs. n. 471/97, contemplante una sanzione da 250,00 a 2.000,00 euro. Si tratta di errori dichiarativi che non comportano l’emersione di una mag­giore imposta o di un minor credito, come la dichiarazione:

  • Non redatta in conformità al modello approvato;
  • Con indicazioni errate/omesse per l’individuazione del contribuente;
  • Con indicazioni errate e/o omesse per la determinazione del tributo;
  • Infine, con indicazioni errate/omesse su elementi rilevanti per i controlli.

Per fare alcuni esempi, si pensi alla dichiarazione che espone un credito inferiore a quello spettante (anche non utilizzato in compensazione), alla mancata indicazione dell’opzione/revoca dei regimi contabili e di determinazione dell’Iva (ex art. 1 DPR n. 442/97) o all’accertamento di una minore perdita fiscale. Detta sanzione è unica, per cui non ha rilievo il numero di errate indicazioni con­tenute nella singola dichiarazione.

Esempi di violazioni formali:
Sono state ritenute violazioni formali non sanzionabili ex art. 6 co. 5-bis del D.Lgs. n. 472/97 gli errori sull’indi­cazione del co­dice fiscale, l’errata com­pilazione del prospetto sul ricalcolo degli acconti e la mancata indi­ca­zione, nella dichiarazione Iva, del credito compensato nel modello F24.

Errori rilevabili in sede di liquidazione automatica e controllo formale

Non possono essere punite con la pena con­templata per la dichiarazione infedele le deduzioni e le detrazioni d’imposta utilizzate in misura superiore a quella prevista dalla legge. E, più in generale, tutte le violazioni che rientrano nella casistica elencata ne­gli artt. 36-bis e 36-ter del DPR n. 600/73, nonché nell’articolo 54-bis del DPR n. 633/72, che, per espressa previsione dell’articolo 13 del D.Lgs. n. 471/97, so­­no sanzionate nella mi­­su­ra del 30% o del 15% dell’imposta non versata.

Quando la dichiarazione infedele è reato?

L’infedele dichiarazione è anche un illecito penale disciplinato all’art. 4 del D.Lgs. n. 74/2000. Tale norma, stabilisce che, fuori dei casi previsti dagli arti­co­li 2 e 3 è punito con la reclusione da 1 a 3 anni chiunque, al fine di evadere le imposte sui red­diti o sul valore aggiunto, indica in una delle dichiarazioni annuali relative a dette imposte elementi attivi per un ammontare inferiore a quello effettivo od elementi passivi inesistenti, quando, congiun­tamente:

  • L’imposta evasa è superiore, con riferimento a taluna delle singole imposte, a € 150.000,00;
  • L’ammontare complessivo degli elementi attivi sottratti all’imposizione, anche mediante indi­cazione di elementi passivi inesistenti, è superiore al 10% dell’ammontare complessivo degli elementi attivi indicati in dichiarazione, o, comunque, è superiore € 3.000.000,00.

Ai fini dell’illecito penale, per effetto del comma 1-bis dell’articolo 4 del D.Lgs. n. 74/2000, non si tiene conto della non corretta classificazione, della valutazione di elementi attivi o passivi oggettivamente esistenti, rispetto ai quali i criteri concretamente applicati sono stati comunque indicati nel bilancio ovvero in altra documentazione rilevante ai fini fiscali, della violazione dei criteri di determinazione dell’esercizio di competenza, della non inerenza, della non deducibilità di elementi passivi reali.

Qualora la condotta del contribuente sia suscettibile di violare, nel contempo, una norma penale e una fiscale, le sanzioni amministrative potrebbero essere non dovute in applicazione del principio di specialità ex articolo 19 del DLgs n 74/2000.

Causa di non punibilità del reato di dichiarazione infedele

Secondo quanto stabili dall’art. 13, co. 2 del D.Lgs. n. 74/00, la fattispecie di dichiarazione infedele non è punibile qualora i debiti tributari (comprese sanzioni ed interessi), sono stati estinti mediante integrale pagamento degli importi dovuti a seguito di:

  • Ravvedimento operoso o
  • Dalla presentazione della dichiarazione dei redditi omessa entro il termine di presentazione della dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta successivo.

Questo, sempreché il ravvedimento o la presentazione siano intervenuti prima che l’autore del reato abbia avuto formale conoscenza di accessi, ispezioni, verifiche o dell’inizio di qualunque attività di accertamento amministrativo o di procedimenti penali.

Dichiarazione relativa a più tributi

Può succedere che la presentazione della dichiarazione dei redditi abbia rilievo per più tributi, e questo è lampante in caso di invio della c.d. “di­chia­razione unifi­ca­ta”, o che in essa siano indicate e liquidate anche determinate imposte sostitu­ti­ve, come la c.d. “cedolare secca”. Sui risvolti sanzionatori di ciò non constano interventi della giuri­spru­den­za, né norme specifiche. Con maggiore dettaglio, l’Amministrazione finanziaria, con la C.M. 25.1.99 n. 23/E (cap. I, § 1), aveva specificato che, se la presentazione della dichiara­zio­ne infedele rileva ai fini di più tributi, si devono applicare, ove ammesso dall’art. 12 del D.Lgs. n. 472/97, gli istituti del cumulo giuridico e della conti­nua­zione.

Contributi previdenziali non oggetto di sanzione per dichiarazione infedele

Le violazioni connesse ai contributi previdenziali e assistenziali de­ter­mi­nati nell’ambito della dichiara­zione dei redditi non sono sanzionate ai sensi dell’articolo 1 del DLgs n 471/97, norma valevole solo per i tributi. Del pari, non è possibile il ravvedimento operoso ai sensi dell’art. 13 del D.Lgs n. 472/97. Quindi, da un punto di vista sanzionatorio, l’omessa compilazione, nel model­lo Redditi P.F., del qua­dro RR, non configura una dichiarazione infedele, ma potrebbe rientrare, al massimo, nell’ambito dell’art. 8 comma 1 del D.Lgs. n. 471/97, che prevede una sanzione da 250,00 a 2.000,00 euro per dichiarazione inesatta. Si evidenzia che, ai sensi dell’art. 116 co. 8 lett. b) primo periodo della Legge n. 388/2000, in caso di eva­sione contributiva connessa a registra­zio­ni o denunce ob­­bligatorie omesse o non conformi al vero, è prevista una sanzione civile, in ragione d’anno, pari al 30% dei contributi non versati. In buona sostanza, l’INPS, con il messag­gio 15.1.2014 n. 821, ha chiarito che tale sanzione va applicata, in caso di man­cato pagamento del dovuto, al professionista titolare del reddito fiscale che abbia omesso l’iscrizione e/o la deter­minazione nel modello Redditi del­la contribuzione, mediante il quadro RR.

Infedele dichiarazione ed altre violazioni dichiarative

Oltre alle ipotesi elencate in precedenza, il sistema contempla fattispecie di infedeltà dichiarativa, oggetto di una disciplina specifica. L’importanza circa la conoscenza delle normative peculiari che si stanno per esporre deriva dal fatto che esse, talvolta, devono essere applicate in sede di ravvedimento operoso.

Transfer pricing

I componenti di reddito derivanti da operazioni con società non residenti nel territorio dello Stato, che direttamente o indirettamente controllano l’im­presa, ne sono con­trollate o sono controllate dalla stessa società che controlla l’impresa, sono valutati in base alle condizioni e ai prezzi che sarebbero stati pattuiti tra soggetti indipendenti operanti in condizioni di libera concorrenza e in circostanze comparabili.

In base all’articolo 1, comma 6, del D.Lgs. n. 471/97, la sanzione per infedele dichiara­zione, ordinariamente applicabile nel caso di rettifica dei prezzi praticati, non è irrogata quando, “nel corso dell’accesso, ispezione o verifica o di altra atti­vità istrut­toria”, l’impresa consegni ai verificatori la documentazione idonea a spiegare la conformità dei suddetti corrispettivi. Con dettaglio, la consegna, in sede di verifica, della documentazione non è di per sé suffi­ciente ad escludere le sanzioni, essendo previsto un controllo ex ante della sua sus­­sistenza. L’impresa che ha predisposto la documentazione deve, infatti, darne notizia all’Agenzia delle Entrate nel modello Redditi.

Tale comunicazione “pre­ven­tiva” è particolarmente importante, in quanto in sua assenza si rendono applicabili le sanzioni per infedele dichiarazione, come stabilito dall’articolo 1, comma 6, ultimo periodo del D.Lgs. n. 471/97. L’Agenzia delle Entrate ha raccomandato di inasprire le sanzioni ove, in presenza della comunica­zione che attesta il possesso dei documenti, essi non sia­no stati redatti, o in ogni caso di utilizzo strumentale della normativa. Inoltre, la disapplicazione delle sanzioni non opera per le contestazioni fondate sul difetto di ine­renza del costo ai sensi dell’articolo 109, comma 5, del DPR n. 917/86, quand’anche l’impresa abbia aderito al regime degli oneri documentali.

Omessa/infedele dichiarazione di canoni di locazione

Le conseguenze sanzionatorie, sul versante delle imposte sui redditi, re­lative all’omessa/infedele dichiarazione dei canoni di locazione ad uso abi­tativo sono disciplinate dall’articolo 1, comma 7 del D.Lgs. n. 471/97. Tale disposizione prevede, nei casi dell’articolo 3 del D.Lgs. n. 23/2011 (quindi in presenza di opzione per la “cedolare secca”), il ca­no­ne di locazione immobiliare ad uso abitativo non è dichiarato o è di­chiarato in misura inferiore, le sanzioni dei commi 1 e 2 sono raddoppiate. In dettaglio, il dato normativo induce ad affermare che il rad­dop­pio delle sanzioni, a differenza di ciò che preve­deva l’articolo 3 comma 5 del D.Lgs. n. 23/2011, sia circo­scritto all’opzione per la “cedolare secca”.

Attività finanziarie estere e quadro RW

L’articolo 12 del D.L. n. 78/2009 stabilisce che gli investimenti e le attività di natura finanziaria detenuti negli Stati o territori a fiscalità privilegiata in vio­la­zione della normativa in materia di monitoraggio fiscale si presumono costi­tuiti, salvo prova contraria, mediante redditi sottratti a tassazione. In questo caso, infatti, le sanzioni ex articolo 1 del D.Lgs. n. 471/97 sono raddoppiate, e la pena potrà essere dal 180% al 360% dell’imposta. La violazione è collegata al monitoraggio fiscale delle attività patrimoniali e finanziarie estere (quadro RW).

Come sanare la dichiarazione infedele: il ravvedimento operoso?

Quando ci si rende conto di rientrare nella categoria della infedele dichiarazione il contribuente può, autonomamente, sanare la propria situazione usufruendo delle sanzioni ridotte con ravvedimento operoso. La dichiarazione infedele, infatti, può essere oggetto di ravvedimento operoso ex art. 13 del D.Lgs. n. 472/97. Tale possibilità può essere inibita soltanto a seguito della notifica di atto impositivo da parte dell’Agenzia delle Entrate. Altrimenti, lo strumento può essere sfruttato senza limitazioni temporali, permettendo una riduzione della sanzione che decresce all’aumentare del tempo trascorso dalla commissione della violazione. La data di commissione della violazione (rilevante per il computo della riduzione della sanzione) coincide (in questi casi) con il termine per la presentazione della dichiarazione, ancorché questa sia stata trasmessa in tempo precedente.

TEMPISTICHE DEL RAVVEDIMENTORIDUZIONE DELLA SANZIONESANZIONE
Dal 91° giorno al termine di presentazione della dichiarazione relativa all’anno in cui è stata commessa la violazione1/8 del minimo 11,25%
Entro il termine di presentazione della dichiarazione relativa all’anno successivo a quello in cui è stata commessa la violazione1/7 del minimo12,86%
Oltre il termine di presentazione della dichiarazione relativa all’anno successivo a quello in cui è stata commessa la violazione1/6 del minimo15%
Se la sanatoria avviene dopo il “PVC1/5 del minimo18%

Il ravvedimento nei 90 giorni

La dichiarazione infedele sanata nei 90 giorni dalla scadenza è equiparata ad una dichiarazione inesatta. Questo significa che l’importo minimo su cui effettuare il calcolo della riduzione con ravvedimento operoso è di € 250,00. In questo caso, come chiarito dalla Circolare n. 42/E/2016 dell’Agenzia delle Entrate, il ravvedimento avviene con riduzione della sanzione ad 1/9 del minimo. In dettaglio, quindi, la sanzione da applicare è di 27,78 euro (pari a 250/9). In questo caso gli eventuali tardivi versamenti delle imposte dovute a saldo ed in acconto avviene con la sanzione base di “omesso versamento“, ovvero la sanzione del 30% o del 15% ridotta con ravvedimento operoso.

Quale procedura operativa per sanare gli errori dichiarativi?

Per poter perfezionare la procedura e vedersi riconoscere la correzione autonoma della violazione il contribuente è chiamato a:

  • Predisporre e presentare telematicamente una dichiarazione integrativa che corregga l’errore commesso;
  • Effettuare il versamento delle maggiori imposte dovute risultanti dalla dichiarazione, con la sanzione ridotta a seguito del ravvedimento operoso. Inoltre, deve essere effettuato il calcolo ed il versamento degli interessi legali, calcolati nello spazio temporale tra la commissione della violazione ed il giorno del ravvedimento.

Conclusioni e consulenza

Le ipotesi che possono configurare la sanzione per infedele dichiarazione possono essere le più varie, come descritto in questo contributo. Infatti, le possibilità offerte dalla normativa variano nei diversi quadri dichiarativi. Se stai leggendo questo articolo molto probabilmente ti starai chiedendo se anche nel tuo caso sia possibile applicare le sanzioni per dichiarazione infedele. Per questo motivo se hai un dubbio contattaci in privato per una consulenza personalizzata. Ricordando, comunque, in dettaglio che la violazione per infedele dichiarazione può essere ridotta con l’applicazione del ravvedimento operoso.

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