La necessita di tutelare il proprio patrimonio passa attraverso una attenta analisi di pianificazione patrimoniale che può raggiungere due obiettivi: un risparmio di tassazione e la possibilità di trasmettere il proprio patrimonio secondo la propria volontà (evitando comproprietà indivise). La possibilità di rendere efficiente un investimento immobiliare, attraverso la messa a reddito è un altro aspetto che deve essere tenuto in considerazione quando si decide di effettuare investimenti immobiliari.
In questo senso, molto spesso nell’attività professionale viene valutata l’opportunità di andare a costituire una holding estera per la detenzione e la messa a reddito di beni immobili in Italia. Solitamente questa possibile soluzione viene comparata con la possibilità di costituire una società semplice holding (immobiliare). Questa seconda opzione, a mio avviso, è preferibile nella maggior parte dei casi in quanto consente (a parità di tassazione con la holding non residente) di evitare possibili problematiche di esterovestizione in caso di detenzione delle quote societarie da parte di persone fisiche fiscalmente residenti in Italia. Detto questo andiamo ad analizzare le caratteristiche della holding immobiliare estera.
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La holding immobiliare estera
Per la mia esperienza professionale la holding immobiliare estera è uno strumento giuridico che può essere utilizzato per acquisire immobili in Italia. Tuttavia, qualora i soci di questa società siano soggetti fiscalmente residenti i Italia, questo tipo di struttura societaria può determinare delle conseguenze fiscali importanti legate all’esterovestizione societaria (per approfondire: “Esterovestizione delle società: come evitarla“). Per questo motivo tendo a consigliare con molta cautela questo tipo di struttura per la detenzione e la messa a reddito di beni immobili in Italia. Bisogna sapere, infatti, che ogni scelta imprenditoriale, come quella legata alla costituzione di società all’estero deve essere valutata individuando le “valide ragioni economiche” che hanno portato a tale scelta (a discapito di una più lineare, come la costituzione di una società immobiliare residente).
Per questo motivo, in assenza di valide ragioni economiche è sicuramente sconveniente costituire una holding immobiliare estera. Il riferimento è a tutte quelle situazioni in cui l’unica ragione evidente che ha portato alla formazione di una società estera sia per il raggiungimento di un vantaggio fiscale. Diventa di fondamentale importanza, quindi, effettuare preventivamente un’analisi della propria situazione per capire se, in caso di accertamenti, vi possono essere problematiche legate alla normativa antielusiva applicata dall’Italia su queste fattispecie. In caso di contestazione le conseguenze possono essere importanti. Per questo è fondamentale il consulto con un dottore Commercialista esperto prima di effettuare questo tipo di operazioni.
Tuttavia, immaginando l’esistenza di queste ragioni legate, ad esempio, alla residenza fiscale estera dei soci, andiamo ad individuare gli aspetti civilistici e fiscali maggiormente rilevanti in una società holding immobiliare estera.
Holding immobiliare estera: risvolti operativi
Una società non residente in Italia può liberamente acquistare in immobili in Italia. La società può acquistare in Italia sia immobili strumentali per la propria l’attività, oppure siano non strumentali (es. abitativi). Se la società estera acquista immobili non strumentali e li mette a reddito, ciò potrebbe configurare una vera e propria attività d’impresa dell’azienda in Italia. La condizione di imprenditorialità è legata allo svolgimento dell’attività in modo organizzato e continuativo nel tempo. Sostanzialmente, ogni fattispecie deve essere attentamente valutata in questi termini per stabilire se vi sia, o meno, la presenza di una stabile organizzazione in Italia della holding immobiliare estera. Qualora, invece, l’attività di detenzione sia esclusiva oppure qualora la messa a reddito di beni immobili in Italia sia svolta in modo marginale rispetto all’attività principale dell’azienda, non siamo di fronte ad una stabile organizzazione in Italia.
La detenzione di immobile in Italia non è stabile organizzazione per la holding estera
Il primo aspetto che intendo di risolvere riguarda la fattispecie di “stabile organizzazione“. Infatti, la presenza, o meno, di questa fattispecie sulla società holding immobiliare non residente comporta un diverso criterio di collegamento del reddito. Al fine di risolvere questo aspetto, ovvero in quali casi il possesso di un immobile in Italia configura per una società non residente una stabile organizzazione in Italia, deve essere evidenziato un documento di prassi. Mi riferisco, in particolare, alla Risoluzione n. 460196/1989.
Risoluzione n. 460196/1989 – Possesso di immobile in Italia da parte di società non residente non è stabile organizzazione |
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“La struttura immobiliare (la proprietà di un immobile) non sembra, quindi, concretizzare una stabile organizzazione, trattandosi di un bene patrimoniale non avente distinzione organizzativa e contabile dalla casa madre” |
Quindi, il mero possesso di una struttura immobiliare in Italia non deve essere considerato come stabile organizzazione per una società holding non residente. Dalla lettura della risoluzione citata si percepisce che la fattispecie di non rilevanza si ha anche nel caso in cui venga acquistato (non un piccolo immobile) anche un intero palazzo. Questo, in quanto trattasi di “bene patrimoniale non avente distinzione organizzativa e contabile dalla casa madre“. Di fatto, quindi, una holding non residente ha la possibilità di acquisire beni immobili in Italia senza, di fatto, costituire una stabile organizzazione in Italia.
L’affitto dell’immobile da parte della holding non configura stabile organizzazione
A questo punto occorre analizzare come questa fattispecie possa modificarsi in caso di messa a reddito dell’immobile. In caso di affitto dell’immobile a terzi, ebbene, non si produce nessuna variazione a questa fattispecie: l’immobile in Italia di società holding immobiliare estera messo in locazione non determina una fattispecie di stabile organizzazione. Infatti, sempre all’interno della citata risoluzione viene indicato quanto segue:
Risoluzione n. 460196/1989 – Locazione di immobile italiano per la società estera non è stabile organizzazione |
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“Resterebbe comunque da verificare che il soggetto estero effettivamente impianterà in Italia un’attività da definirsi imprenditoriale e non meramente di semplice affitto di locali“. |
Più avanti la risoluzione definisce una stabile organizzazione con le seguenti parole:
Risoluzione n. 460196/1989 – Definizione di stabile organizzazione |
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“la effettiva istituzione di una autonoma e funzionale struttura nazionale…sia sul piano gestionale che sul piano contabile e deve costituire…un’entità economica operativa dotata di autonomia di gestione“ |
Quindi si può affermare che quando la locazione riguardi, data l’ampiezza dell’immobile ed i canoni percepiti, una attività marginale per l’azienda, essa non cambi la situazione di non esistenza di una stabile organizzazione. Tuttavia, quando la rilevanza dell’affitto, per gestione operativa determini una autonoma e funzionale struttura in Italia dell’azienda, allora siamo di fronte ad una stabile organizzazione.
Questo significa che ogni qualvolta vi sia una gestione imprenditoriale dell’immobile messo a reddito (attraverso, ad esempio, un’attività turistico ricettiva extralberghiera) siamo di fronte ad una fattispecie di stabile organizzazione in Italia. Per questo motivo, in dettaglio, occorre sempre valutare se gli immobili in Italia della holding messi a reddito rappresentano il reddito principale della holding non residente, o se rappresentano, invece, solo un investimento accessorio (e non il core business dell’attività societaria). Inoltre, occorre valutare se l’organizzazione dell’attività in Italia possa rappresentare un’autonomia funzionale rispetto alla struttura estera dell’azienda. Caso, questo, legato all’avvio di attività turistico ricettiva in Italia legata all’immobile.
La tassazione del reddito fondiario per la holding non residente
Accertato che il possesso dell’immobile e la locazione dello stesso non comportano la nascita di una stabile organizzazione, con tutti gli adempimenti conseguenti, si deve individuare la corretta tassazione del reddito prodotto. Il riferimento è legato alla casistica di una mera locazione, senza la presenza di stabile organizzazione in Italia.
In particolare, ex art. 151, comma 3, del DPR. n 917/1986 (TUIR), in questo cso, devono essere seguite le regole disposte dal titolo I, per le singole categorie di reddito (art. 6 del TUIR). In altre parole, in assenza di stabile organizzazione in Italia, si deve tassare il reddito secondo le regole previste per le persone fisiche.
Il reddito percepito dalla società non residente in Italia, come detto, rientra tra i redditi fondiari. Per le società non residenti, tale reddito fondiario prevede una tassazione del 95% del reddito derivante dai canoni di affitto (per competenza economica). Qualora, invece, per la holding immobiliare estera, si configuri una fattispecie di stabile organizzazione in Italia, dovrà essere aperta una partita IVA, ed il reddito percepito confluisce tra i redditi di impresa.
Per quanto riguarda gli adempimenti collegati alla dichiarazione del reddito occorre fare qualche precisazione. Ai fini dell’acquisto dell’immobile la società non residente deve essersi dotata di un codice fiscale italiano, con questo è tenuta ad eseguire il primo adempimento. Mi riferisco alla stipulazione ed alla successiva registrazione del contratto di locazione. Sotto il profilo fiscale, il corrispettivo incassato per l’affitto non richiede l’obbligo di un documento contabile specifico e nemmeno l’applicazione dell’IVA. L’emissione di una ricevuta (da emettere su richiesta del cliente) e solo in caso di pagamento in contanti è elemento sufficiente.
La cedolare secca non applicabile alle società non residenti
Con l’articolo 3 del D.Lgs. n. 23/2011 il legislatore ha introdotto un sistema di tassazione degli immobili locati a fini abitativi, agevolato e semplificato, denominato cedolare secca. Questo tipo di tassazione forfettaria prevede che il contribuente sia esonerato dalla tassa di registro, dal bollo nonché dall’IRPEF e dalle addizionali.
L’aliquota di tassazione è fissata al 21% del canone, che diventa del 10% in caso di locazione a canone concordato (articolo 2, Legge n. 431/1998). La domanda che mi pongo ora è la seguente: “considerato quanto previsto dall’articolo 151, comma 3, del DPR n 917/1986, per cui la tassazione avviene in base a quanto previsto dal Titolo I e al tipo di reddito da tassare, una società non residente può fare uso della cedolare secca?
A primo acchito sembra di no, in quanto il provvedimento del 7 aprile 2011 del Direttore dell’Agenzia delle Entrate, prevede espressamente, al punto 1.1 che tale sistema sia riservato alle persone fisiche. La Circolare n. 26/E/2011 continua ribadendo il concetto già esposto dal provvedimento ed argomentandolo, con quanto previsto dall’articolo 3 del D.Lgs. n. 23/2011. Tuttavia, analizzando quanto previsto dall’articolo 3 del D.Lgs. n. 23/2011 e collegandolo con quanto previsto dall’articolo 151, comma 3 del DPR n. 917/1986, non sembrerebbe così scontato il fatto che una società non residente e senza stabile organizzazione non possa fruire di questo regime agevolato e semplificato per l’affitto di un immobile ad uso abitativo. Tuttavia, nonostante queste argomentazioni, la cedolare secca non risulta essere applicabile per le società non residenti.
Obblighi dichiarativi della holding immobiliare non residente con immobili in Italia
L’ultimo aspetto che deve essere considerato è quello che riguarda la presentazione della dichiarazione dei redditi per la società non residente. Su questo aspetto occorre prendere a riferimento l’articolo 151, comma 3, del TUIR (già citato), secondo il quale si deve fare riferimento all’articolo 73, comma 1, nonché alle istruzioni per le dichiarazioni dei redditi. Le società e gli enti non residenti devono presenta un’unica dichiarazione dei redditi, per tutti i redditi prodotti in Italia. In particolare, il modello dichiarativo da utilizzare per le società non residenti è il modello Redditi SC. Tale modello deve essere utilizzato:
- Sia da parte delle società (di persone e di capitali) e degli enti commerciali (compresi i trust) che hanno in Italia una stabile organizzazione;
- Sia da parte degli stessi soggetti, se non hanno in Italia una stabile organizzazione.
In questo caso, quindi, deve essere presentato il modello Redditi SC, ed in particolare deve essere compilato il quadro RB dedicato all’indicazione dei redditi fondiari. Al contrario, quando, invece, siamo di fronte ad una stabile organizzazione dovrà essere presentato sempre il modello Redditi SC, con la compilazione del quadro relativo ai redditi di impresa.
Consulenza fiscale online
Il possesso di un bene immobile in Italia da parte di una società non residente non comporta, automaticamente, la presenza della fattispecie di stabile organizzazione. Tutte le volte in cui in Italia non si ravvisa una autonoma gestione amministrativa e contabile dell’attività, non si può ravvisare la presenza di una stabile organizzazione. Questo significa, indirettamente, che la mera messa a disposizione degli spazi non rappresenta un’ipotesi di stabile organizzazione per l’azienda non residente proprietaria dell’immobile in Italia. Tale attività, inoltre, deve restare marginale e non svolta in modo professionale da parte della società non residente.
Nel rispetto di queste condizioni la tassazione del reddito fondiario derivante alla locazione dell’immobile sconta la tassazione nel modello Redditi SC. Specificatamente, deve essere utilizzato per dichiarare questo reddito il modello Redditi SC, utilizzando il quadro RB.
Sotto un profilo puramente pratico deve essere evidenziato che non è sempre facile dirimere situazioni ove siamo di fronte ad una stabile organizzazione. Ragionando per analogia, sicuramente l’esercizio di attività professionale di casa vacanze rappresenta ipotesi di stabile organizzazione in Italia dell’azienda estera. Tuttavia, situazioni come la presenza di più immobili messi a reddito con mera locazione, non sappiamo se possa rappresentare stabile organizzazione, in quanto l’organizzazione degli immobili è sicuramente attività rilevante. Dal documento di prassi citato, questa ipotesi pare non rappresentare una stabile organizzazione ma sarebbe opportuno avere un ulteriore parere da parte dell’Amministrazione finanziaria.
Il consiglio che posso darti è quello di affidarti sempre a professionisti preparati prima di effettuare un investimento immobiliare in Italia con un’azienda estera. Se desideri approfondire l’argomento, segui il link sottostante per metterti in contatto con noi. Riceverai il preventivo per una consulenza personalizzata in grado di risolvere i tuoi dubbi.