Come funziona il regime impatriati (rientro dei cervelli) 2026?

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Rientri in Italia dopo un periodo all’estero? Scopri come il regime impatriati riduce le tasse al 50% (60% con almeno un figlio) per cinque anni. Ti spiego requisiti, qualificazione necessaria e procedura per accedere all’agevolazione fiscale dedicata ai lavoratori qualificati. Il tutto con la mia esperienza pluriennale nell’assistenza ai lavoratori per questa agevolazione.

l regime impatriati rappresenta oggi una delle agevolazioni fiscali più rilevanti per chi decide di trasferire la propria residenza in Italia dopo un’esperienza lavorativa all’estero. La normativa, riscritta dall’art. 5 del D.Lgs. n. 209/23, consente di ridurre l’imponibile fiscale del 50%, che sale al 60% in presenza di figli minori, per un periodo di cinque anni. Questa misura, conosciuta anche come rientro dei cervelli, mira ad attrarre in Italia professionisti altamente qualificati e lavoratori specializzati, offrendo loro un vantaggio economico concreto rispetto alla tassazione ordinaria.

La riforma entrata in vigore dal 2024 ha introdotto requisiti più stringenti rispetto al passato, ma ha anche chiarito diversi aspetti controversi che in precedenza generavano incertezza. L’Agenzia delle Entrate ha fornito importanti interpretazioni che ampliano la platea dei beneficiari, riconoscendo ad esempio che anche chi non possiede una laurea può accedere al regime se dimostra un’esperienza professionale qualificata. Questa flessibilità rende l’agevolazione accessibile a categorie di lavoratori che prima rischiavano l’esclusione.

Comprendere i requisiti e le modalità di accesso è fondamentale per evitare errori che potrebbero compromettere il beneficio fiscale. L’agevolazione si applica ai redditi di lavoro dipendente, assimilati e di lavoro autonomo professionale, ma con un limite annuo di € 600.000. Chi supera questa soglia vede applicata la tassazione ordinaria sull’eccedenza, un aspetto che richiede pianificazione accurata soprattutto per i redditi elevati. Ti guido ora attraverso tutti gli aspetti operativi del regime impatriati, dai requisiti alla procedura di accesso, fino ai controlli fiscali.

Come funziona il regime impatriati

Il regime impatriati consente di escludere dalla base imponibile IRPEF il 50% dei redditi di lavoro prodotti in Italia. Questo significa che paghi le tasse solo sulla metà del tuo reddito, con un risparmio fiscale che può raggiungere diverse migliaia di euro all’anno. La percentuale di detassazione sale al 60% quando ti trasferisci in Italia con un figlio minore, oppure quando nasce o adotti un figlio durante il periodo agevolato. In questo secondo caso, la maggiorazione si applica dal periodo d’imposta in cui avviene la nascita o l’adozione e per tutto il tempo residuo di fruizione del regime.

L’agevolazione ha durata di cinque anni, corrispondenti al periodo d’imposta in cui trasferisci la residenza fiscale in Italia più i quattro successivi. Non esistono proroghe ordinarie per chi si trasferisce dal 2024, con un’unica eccezione: puoi beneficiare di tre anni aggiuntivi se hai trasferito la residenza anagrafica nel 2024 e hai acquistato un immobile residenziale adibito ad abitazione principale entro il 31 dicembre 2023. Questa proroga transitoria mantiene la detassazione al 50% anche nell’ulteriore triennio.

Il limite massimo di reddito agevolabile è fissato a € 600.000 annui. Superi questa soglia? La parte eccedente viene tassata con le aliquote IRPEF ordinarie. Il limite non si ragguaglia ad anno, quindi opera per intero anche se trasferisci la residenza a metà anno. Devi computare nel limite sia i redditi di lavoro dipendente che quelli di lavoro autonomo: se percepisci entrambe le categorie reddituali nello stesso anno, la somma non deve superare € 600.000 per mantenere l’agevolazione piena. Questa soglia rappresenta una delle principali novità rispetto al vecchio regime, che non prevedeva alcun tetto.

Attenzione:

Se prevedi di superare il limite di € 600.000, valuta la possibilità di differire compensi o redistribuire il reddito tra più anni fiscali. La pianificazione anticipata ti permette di ottimizzare il beneficio fiscale complessivo sui cinque anni di agevolazione.

Requisiti per accedere all’agevolazione

L’accesso al regime impatriati richiede il rispetto simultaneo di cinque condizioni specifiche previste dall’art. 5 del D.Lgs. n. 209/23:

  • Residenza all’estero pregressa di almeno 3 anni. Periodo che cresce se il lavoratore o la lavoratrice prosegue l’attività con lo stesso datore di lavoro con cui lavorava prima del trasferimento. L’Agenzia delle Entrate valuta questa continuità guardando al periodo d’imposta immediatamente precedente sia il rientro che l’eventuale espatrio:
    • Sono richiesti sei anni se il lavoratore non è stato in precedenza impiegato in Italia in favore dello stesso soggetto oppure di un soggetto appartenente al suo stesso gruppo;
    • Sono richiesti sette anni, se il lavoratore, prima del suo trasferimento all’estero, è stato impiegato in Italia in favore dello stesso soggetto oppure di un soggetto appartenente al suo stesso gruppo;
  • Impegno a risiedere fiscalmente nel territorio dello Stato (ex art. 2 del TUIR) per almeno quattro anni;
  • L’attività lavorativa (lavoro dipendente o lavoro autonomo come esercizio di arte o professione intellettuale) viene svolta prevalentemente nel territorio dello Stato. Puoi lavorare anche all’estero, ma la prevalenza dell’attività deve essere in Italia;
  • I lavoratori sono in possesso dei requisiti di elevata qualificazione o specializzazione come definiti dal decreto legislativo 28 giugno 2012, n. 108, e dal decreto legislativo 9 novembre 2007, n. 206. L’Agenzia delle Entrate ha chiarito nelle risposte ad interpello 71/2025 e 74/2025 che questi requisiti si verificano alternativamente tramite un titolo di istruzione o una qualifica professionale. Possiedi una laurea triennale, una qualificazione post-secondaria triennale o l’autorizzazione per esercitare professioni regolamentate? Hai automaticamente i requisiti.

Residenza fiscale estera pregressa

La residenza fiscale estera pregressa rispetto al momento di impatrio in Italia è un requisito fondamentale che il contribuente è chiamato a dimostrare. Il numero di anni richiesti varia in relazione alla fattispecie in cui si trova il contribuente, così come riassunto nella tabella seguente.

CondizioneResidenza fiscale estera richiesta
Condizione generale3 periodi d’imposta
Non impiegato precedentemente in Italia dallo stesso soggetto o gruppo6 periodi d’imposta
Impiegato precedentemente in Italia dallo stesso soggetto o gruppo7 periodi d’imposta
Lavoratore autonomo che fattura all’ex datore di lavoro non residente6 periodi d’imposta o se si lavorava per lo stesso datore prima dell’espatrio

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Impatriato autonomo che fattura all’ex datore di lavoro estero

L’Agenzia delle Entrate con la risposta ad interpello n. 22/E/25 ha chiarito che occorre un periodo minimo di residenza estera di almeno sei anni in tutti i casi in cui l’impatriato svolta un’attività di lavoro autonomo sul territorio nazionale con committente l’ex datore di lavoro estero. Questo, anche se l’ex datore di lavoro è solo uno dei committenti dell’autonomo. Il periodo di residenza estera richiesto sale a sette anni se il lavoratore era già stato impiegato per lo stesso datore di lavoro prima del trasferimento all’estero.

In particolare, la disposizione di cui all’art. 5, co. 1 del D.Lgs. n. 209/23 non indica quale tipologia contrattuale deve essere intrattenuta tra lavoratore e committente, al fine del computo del periodo di residenza estera pregressa. Pertanto, nel caso in cui vi sia una prestazione di lavoro autonomo a favore dello stesso ed datore di lavoro il periodo estero deve essere di almeno sei anni (o sette).

Verifica della continuità funzionale

Con la risposta ad interpello n. 66/E/25 l’Amministrazione finanziaria non richiede più (a differenza di quanto chiedeva per il regime previgente) di verificare un nesso funzionale tra rientro in Italia ed inizio di un’attività lavorativa. In particolare, nel documento di prassi citato l’Agenzia delle Entrate indica quanto segue:

ai fini dell’applicazione del nuovo regime, non è più necessario verificare la sussistenza di un collegamento ”funzionale” tra il trasferimento della residenza fiscale in Italia e l’inizio di un’attività lavorativa dalla quale derivi un reddito agevolabile, prodotto in Italia, diversamente da quanto chiarito con riferimento al previgente ”regime speciale per lavoratori impatriati

Non è necessario, dunque, che al rientro in Italia sussistano i requisiti previsti dalla norma, potendo gli stessi maturare anche successivamente. In tal caso, il contribuente ha la possibilità di applicare il rientro dei cervelli al ricorrere dei requisiti previsti per i residui periodi di imposta di fruizione dell’agevolazione, che si applica per ciascun periodo d’imposta in cui i requisiti sussistono. Tuttavia, sembra che questa possibilità riguardi solo l’eventuale attività lavorativa iniziata successivamente al rientro e che, al momento del rientro in Italia, aveva i requisiti.

Attività lavorative agevolate e limiti reddituali

Per quanto riguarda i redditi oggetto di questa agevolazione rientrano tra le categorie agevolate:

  • I redditi da lavoro dipendente ed i redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente (es. compenso amministratore di SRL italiana);
  • I redditi di lavoro autonomo derivanti dall’esercizio di arti e professioni (senza preclusioni legate all’iscrizione ad albi professionali).

Di fatto, quindi, restano esclusi dall’agevolazione i redditi da lavoro autonomo derivanti dall’esercizio di impresa.

Lavoratori beneficiari

Possono accedere ai benefici fiscali previsti dal presente articolo i cittadini italiani iscritti all’Anagrafe degli italiani residenti all’estero (AIRE) nonché quelli non iscritti alla stessa Anagrafe purché abbiano avuto la residenza in un altro Stato ai sensi di una Convenzione contro le doppie imposizioni. Tuttavia, anche i contribuenti che non sono mai stati fiscalmente residenti in Italia possono applicare, in presenza di tutti gli altri requisiti previsti, il nuovo regime agevolato (risposta ad interpello n. 70/E/25).

Per determinare la residenza fiscale del soggetto, oltre al concetto dell’AIRE, viene presa a riferimento anche la “normativa convenzionale“. Viene, infatti, previsto che abbia la residenza fiscale estera il soggetto che abbia risieduto all’estero in virtù di una “convenzione contro le doppie imposizioni“. Il riferimento, pare essere riferimento al art. 4, par. 2 delle varie convenzioni, ove vengono riportate le regole (c.d. “tie breaker rules“) per dirimere situazioni di conflitto di residenza fiscale. Pertanto, per i contribuenti non iscritti AIRE è fondamentale analizzare la propria situazione per capire se possono verificare la residenza fiscale estera tramite la Convenzione contro le doppie imposizioni siglata tra lo Stato estero e l’Italia (sempre ove esistente). Si tratta di un’analisi non semplice da effettuare e che richiede l’ausilio di professionisti esperti su questo tipo di casistiche, per analizzare in dettaglio la documentazione comprovante la residenza.

Approfondimento utile: 

Redditi agevolati e limite massimo

Il regime impatriati si applica a tre categorie di reddito prodotto in Italia:

  • I redditi di lavoro dipendente: stipendi, salari e qualsiasi compenso derivante da un rapporto di lavoro subordinato rientrano nell’agevolazione.
  • I redditi assimilati al lavoro dipendente. Ne sono esempi le collaborazioni coordinate e continuative, i compensi per cariche elettive o i compensi percepiti dai membri di collegi e commissioni (es. compenso amministratore di società).
  • I redditi di lavoro autonomo derivanti dall’esercizio di arti e professioni: se sei un professionista con partita IVA (avvocato, commercialista, consulente, architetto) puoi beneficiare della detassazione.

I redditi d’impresa sono esclusi dall’agevolazione. Se avvii un’attività imprenditoriale in forma societaria o come ditta individuale iscritta alla Camera di Commercio, non puoi applicare il regime impatriati a quei redditi. Anche i redditi di lavoro autonomo non professionale (come i diritti d’autore) restano fuori dal beneficio. La distinzione è netta: il commercialista con partita IVA professionale accede al regime, l’imprenditore che apre un negozio no.

Il limite di € 600.000 annui opera come soglia massima di reddito agevolabile. Supponiamo che tu percepisca € 700.000 di reddito di lavoro dipendente. I primi € 600.000 godono della detassazione al 50%, quindi paghi le tasse solo su € 300.000. I restanti € 100.000 subiscono invece la tassazione ordinaria IRPEF progressiva. Se hai anche redditi di lavoro autonomo, la soglia è unica e cumulativa: € 400.000 di lavoro dipendente più € 300.000 di lavoro autonomo sommano € 700.000, quindi € 100.000 eccedono il limite e vengono tassati integralmente.

Indennità ed emolumenti pregressi esclusi

Le indennità come il TFR e altri emolumenti riferiti a prestazioni lavorative svolte prima del trasferimento in Italia non beneficiano dell’agevolazione, anche se li percepisci quando sei già rientrato. L’Agenzia delle Entrate applica il principio di cassa per i redditi da lavoro dipendente: conta il momento della percezione effettiva, non quando è maturato il diritto. Matura un bonus durante il periodo agevolato ma lo ricevi dopo esserti trasferito nuovamente all’estero? Il bonus non gode della detassazione, perché lo percepisci quando non sei più residente in Italia.

Assunzioni infragruppo ammesse ma con vincoli

Rispetto alle precedenti versioni del testo, la disposizione definitiva prevede che vi possa essere attività lavorativa in Italia svolta in continuità con quella svolta all’estero. È il caso, ad esempio del lavoro in smart working con datore di lavoro non residente. Oppure, ancora, è ammessa la possibilità che vi sia datore di lavoro appartenente allo stesso gruppo multinazionale del datore di lavoro estero. Tuttavia, in questi casi sono previsti requisiti particolari di permanenza estera da rispettare, ovvero:

  • Sei periodi di imposta esteri precedenti al rientro. Questo per i lavoratori che non siano stati in precedenza impiegati in Italia a favore dello stesso soggetto o di un soggetto appartenente al suo stesso gruppo. Si tratta di situazioni di assunzione diretta all’estero;
  • Sette periodi di imposta esteri precedenti al rientro. Nel caso in cui il lavoratore, prima del suo trasferimento all’estero, è stato impiegato in Italia in favore dello stesso soggetto oppure di un soggetto appartenente al suo stesso gruppo. Situazione di precedente assunzione in Italia e successivo trasferimento oltreconfine.

Di fatto, quindi, tale disposizione appare volta a disincentivare la possibilità di usufruire dell’agevolazione a seguito di distacchi internazionali.

Nel testo non vi sono riferimenti a passaggi del lavoratore dalla stabile organizzazione estera alla casa madre italiana o il contrario. Tuttavia, si attendono chiarimenti, anche se potrebbero ritenersi possibili.

Esempio: conta la presenza del datore di lavoro ma non la residenza fiscale italiana pre espatrio

Prendiamo il caso di un cittadino tedesco, residente all’estero, in precedenza assunto in Italia e distaccato all’estero nello stesso anno presso una branch estera del gruppo. Il lavoratore non avrebbe acquisito la residenza italiana prima del distacco estero ma, in caso di rientro alla fine del distacco, vi sarebbe continuità del rapporto di lavoro fin dalla fase di espatrio. Pertanto tale lavoratore deve verificare 7 anni di lavoro all’estero.

Lavoratori con figli minori ed imponibilità ridotta al 40%

 L’art. 5, co. 4 del D.Lgs. n. 209/23 stabilisce che la percentuale di imponibilità è ridotta al 40% nei seguenti casi:

  • Trasferimento in Italia con un figlio minore;
  • In caso di nascita di un figlio ovvero di adozione di un minore di età durante il periodo di fruizione del regime. In tale caso il beneficio è fruito a partire dal periodo d’imposta in corso al momento della nascita o dell’adozione e per il tempo residuo.

In base al successivo comma 5 la maggiorazione si applica a condizione che, durante il periodo di fruizione del regime, il figlio minore di età, ovvero il minore adottato, sia residente nel territorio dello Stato.

Con la risposta ad interpello n. 53/E/25 l’Agenzia ha chiarito la circostanza in cui successivamente al rientro, i figli diventino maggiorenni. Ebbene, il realizzarsi di questa fattispecie non determina la perdita del maggiore beneficio fiscale fino al termine del periodo agevolato. Inoltre, ha precisato l’Agenzia, che l’agevolazione si può applicare, nel risp

Qualificazione professionale: chi può accedere

La principale novità di questa nuova agevolazione riguarda i requisiti di elevata specializzazione e qualificazione che deve avere il lavoratore. Per l’individuazione dei requisiti può farsi riferimento a quanto previsto dal D.Lgs. n. 108/12, il quale, a sua volta ha inserito l’art. 27-quater nel D.Lgs. n. 286/98 (così come modificato dal D.Lgs. n. 152/23). Sono altamente qualificati i lavoratori che, alternativamente, sono in possesso di:

  • Un titolo di istruzione superiore rilasciato da autorità competenti nel Paese dove è stato conseguito che attesti il completamento di un percorso di istruzione superiore di durata almeno triennale e della relativa qualifica professionale superiore, rientrante nei livelli:
  • Dei requisiti previsti dal decreto legislativo 6 novembre 2007, n. 206, limitatamente all’esercizio delle professioni ivi regolamentate. Il possesso di tali requisiti deve essere attestato da una delle Autorità Italiane indicate all’articolo 5 del D.Lgs. n. 206/07, (vedasi Elenco Professioni regolamentate e autorità competenti – impresainungiorno.gov.it ). Si tratta delle seguenti professioni: farmacista, architetto, ostetrica, veterinario, odontoiatra, infermiere, medico chirurgo;
  • Di una qualifica professionale superiore attestata da almeno cinque anni di esperienza professionale, pertinenti alla professione o al settore specificato nel contratto di lavoro o all’offerta vincolante;
  • Di una qualifica professionale superiore attestata da almeno tre anni di esperienza professionale pertinente acquisita nei sette anni precedenti la presentazione della domanda di Carta blu Ue, per quanto riguarda dirigenti e specialisti nel settore delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione.

La qualifica professionale superiore con 5 anni di esperienza professionale

I requisiti sopra menzionati sono alternativi, sicché è sufficiente che sia integrato uno di questi per consentire l’ingresso e il soggiorno in Italia di soggetti con elevate competenze. Sul punto è intervenuta l’agenzia delle Entrate nella risposta a interpello 71/E/25. In particolare, nel caso affrontato, l’istante (cittadino italiano residente all’estero) dichiarava di aver “acquisito negli anni esperienza professionale nel settore project management” e che, attualmente, “svolge una mansione che rientra nel livello 2 della classificazione delle professioni Istat Cp 2011“, ed era privo di titolo di studio. Sulla scorta di tale quadro fattuale, veniva chiesta conferma, da parte del lavoratore, di poter usufruire del regime impatriati.

Nella risposta a interpello l’agenzia delle Entrate ha chiarito che ai fini dell’applicazione del nuovo regime, riguardante sia lavoratori italiani che stranieri, si intendono richiamati solo i requisiti relativi al possesso, alternativamente, del titolo di istruzione o di una qualificazio

Dello stesso tenore anche la risposta ad interpello n. 74/E/25, riguardante un lavoratore, specialista informatico, non in possesso del diploma di laurea. L’Agenzia delle Entrate ha ammesso la possibilità di fruizione del regime agevolato del rientro dei cervelli da parte del lavoratore: “in possesso di un’esperienza professionale più che triennale in qualità di specialista nel settore delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione di cui alla classificazione ISCO-08, n. 133 e n. 25”.

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Diploma di laurea almeno triennale

Importante evidenziare che il requisito della laurea non per forza deve essere stato conseguito all’estero. La stessa, infatti, può anche essere stata conseguita nel periodo precedente l’espatrio. In particolare, la Circolare n. 17/E/17 ha precisato che occorre essere in possesso di un titolo di istruzione superiore rilasciato da autorità competente, quindi anche una laurea presa all’estero (o in Italia). Oppure, l’attestato legato ad un completamento di un percorso di studi di almeno tre anni. Qualora ottenuto in un paese extra UE, il titolo di studio dovrà essere munito di Dichiarazione di Valore o in alternativa di Dichiarazione di Comparabilità rilasciata da CIMEA.

La norma non pone riferimenti in merito al collegamento tra la qualificazione (laurea) e l’attività lavorativa effettivamente esercitata. In assenza di chiarimenti sul punto, deve ritenersi non sussistente la presenza di un collegamento tra questi due aspetti.

La verifica dei quattro anni di permanenza in Italia

Il beneficiario dell’agevolazione che trasferisce la propria residenza fuori dall’Italia prima che siano trascorsi quattro anni dal suo trasferimento nel territorio dello Stato decade dall’agevolazione. Per approfondire questo aspetto è utile rifarsi ai chiarimenti forniti dalla Circolare n. 17/E/2017 (§ 3.6) dell’Agenzia delle Entrate. Documento relativo alla precedente formulazione dell’agevolazione (art. 16 D.Lgs. n. 147/15), ma da ritenersi applicabile in assenza di ulteriori chiarimenti sul tema.

Nel documento in esame viene precisato che il periodo obbligatorio di permanenza nel territorio dello Stato decorre dal periodo di imposta in cui il lavoratore diviene fiscalmente residente. Questo, in coerenza con il presupposto dell’agevolazione in esame, basato sulla acquisizione della residenza fiscale ai sensi dell’articolo 2 del TUIR (oppure, ma questo non è nel documento in commento in quanto oggetto di intervento più recedente, attraverso il rispetto delle Convenzioni contro le doppie imposizioni, ove esistenti).

Ne consegue, ad esempio, che, nel caso in cui il lavoratore si sia trasferito in Italia nel mese di marzo dell’anno “n”, e abbia pertanto acquisito la residenza fiscale per l’intero anno (in quanto soddisfa il requisito della residenza per la maggior parte del periodo di imposta), il quadriennio potrà ritenersi compiuto il 3 luglio dell’anno “n+3”, vale a dire una volta trascorsi i 183 giorni previsti dal richiamato articolo 2, comma 2, del TUIR, che ne determinano la residenza fiscale per l’intero anno.

Nel caso, invece, in cui il lavoratore si sia trasferito in Italia nel mese di novembre dell’anno “n”, e non può quindi essere considerato fiscalmente residente in Italia in detto anno, il quadriennio comincerà a decorrere dal periodo di imposta successivo (anno “n+1”) e potrà ritenersi compiuto il 3 luglio dell’anno “n+4”, una volta trascorsi i 183 giorni di cui al citato articolo 2, comma 2, del TUIR.

Per approfondire: 

Applicazione per i lavoratori sportivi

Gli sportivi nel momento in cui ricevono un compenso per l’attività svolta sono considerati lavoratori sportivi. Il reddito percepito rientra, a seconda dei casi tra i redditi da lavoro dipendente o tra i redditi da lavoro autonomo. Si tratta di categorie ove è possibile godere del rientro dei cervelli. Tuttavia, nella nuova normativa, rispetto alla precedente non vi è alcun riferimento agli sportivi. Questo significa che non è stata prevista una disciplina specifica per questa particolare categoria di lavoratori.

Questi, pertanto, al pari delle altre categorie di lavoratori hanno la possibilità di sfruttare l’agevolazione, nel rispetto degli ordinari requisiti richiesti dalla norma. Di fatto, gli sportivi rientrano nella categoria 3 (professioni tecniche) della classificazione ISTAT (di cui sopra). Pertanto, in presenza della verifica del requisito di qualificazione (laurea) avranno la possibilità di poter fruire dell’agevolazione. Tuttavia, occorre tenere presente che su questo punto non vi sono ancora chiarimenti in merito e che la situazione potrebbe mutare. Pertanto, è consigliabile la massima prudenza

Procedura per richiedere il regime

La procedura di accesso al regime impatriati varia a seconda della tipologia di reddito percepito. I lavoratori dipendenti presentano una richiesta scritta al datore di lavoro, accompagnata da un’autocertificazione che attesta il possesso di tutti i requisiti previsti dall’art. 5 del D.Lgs. n. 209/23. Il datore di lavoro, ricevuta la richiesta, applica direttamente la detassazione sulle retribuzioni mensili, trattenendo le imposte solo sul 50% o 40% dell’imponibile a seconda della presenza di figli minori.

I lavoratori autonomi fruiscono del regime direttamente nella dichiarazione dei redditi. Compili il quadro RE del modello Redditi Persone Fisiche, indicando il codice specifico nella casella “Impatriati” (codice 8 per la detassazione al 50%, codice 9 per quella al 60%). Il reddito professionale deve essere calcolato secondo le regole ordinarie (compensi meno spese deducibili), ma nella compilazione del modello indichi separatamente la quota di reddito che supera il limite di € 600.000 o che devi escludere per rispettare i limiti de minimis. Se hai committenti italiani, puoi chiedere loro di applicare la ritenuta d’acconto del 20% sull’imponibile ridotto, così eviti di anticipare le imposte sull’intero reddito.

Indicazione del codice Stato estero

La compilazione del frontespizio richiede l’indicazione del codice dello Stato estero in cui sei stato residente prima del trasferimento. Questo dato aiuta l’Agenzia a verificare la correttezza del requisito della residenza estera pregressa. Conserva tutta la documentazione che prova il tuo diritto all’agevolazione: certificati di residenza estera, contratti di lavoro, diplomi o attestati di qualificazione, atti di acquisto dell’immobile se richiedi la proroga triennale. In caso di controllo, devi dimostrare puntualmente ogni requisito: la mancata documentazione comporta il recupero delle imposte con sanzioni del 30% e interessi.

Limiti de minimis

Il regime impatriati è soggetto ai limiti del regime de minimis per i lavoratori autonomi. Devi compilare il prospetto degli aiuti di Stato nel quadro RS del modello Redditi Persone Fisiche, indicando il risparmio fiscale conseguito nell’anno. Il limite de minimis è fissato a € 300.000 su tre anni fiscali: se lo superi, devi escludere dall’agevolazione una quota di reddito tale da riportare il beneficio sotto soglia. I lavoratori dipendenti non compilano il quadro RS perché il regime de minimis non si applica ai redditi da lavoro subordinato.

Per i lavoratori autonomi, il reddito rilevante ai fini del limite è quello risultante dalla differenza tra compensi e costi deducibili. Se fatturi € 800.000 ma hai € 300.000 di spese, il reddito imponibile è € 500.000, quindi resti sotto soglia e godi della piena agevolazione

Differenze tra vecchio e nuovo regime

Il D.Lgs. n. 209/23 ha profondamente modificato la disciplina previgente contenuta nell’articolo 16 del D.Lgs. n. 147/15. La principale differenza riguarda la misura della detassazione: il vecchio regime prevedeva un imponibile ridotto al 30% (quindi detassazione del 70%), che scendeva al 10% per i trasferimenti nelle regioni del Sud Italia (detassazione del 90%). Il nuovo regime prevede invece un imponibile al 50% (detassazione del 50%), che diventa 40% in presenza di figli minori (detassazione del 60%). Il vantaggio fiscale si è quindi ridotto sensibilmente per chi rientra dal 2024, ma resta comunque molto rilevante.

Il secondo grande cambiamento concerne la residenza estera pregressa. Il vecchio regime richiedeva solo due anni di residenza all’estero, ora ne servono tre. Il periodo si allunga a sei-sette anni in caso di continuità lavorativa, un requisito completamente nuovo che penalizza chi rientra per lavorare presso il precedente datore. L’impegno a mantenere la residenza in Italia passa da due a quattro anni, raddoppiando la permanenza minima richiesta. Questi requisiti più stringenti mirano a selezionare trasferimenti stabili e duraturi, escludendo rientri temporanei o strategici.

Il terzo cambiamento riguarda i redditi agevolati. Il vecchio regime includeva anche i redditi d’impresa dell’imprenditore individuale, ora esclusi. Per i lavoratori autonomi, la specificazione che beneficiano solo i redditi da arti e professioni esclude altre categorie di lavoro autonomo non professionale. Il nuovo regime introduce poi il limite di € 600.000 annui, inesistente in precedenza: chi guadagna oltre questa soglia subisce la tassazione ordinaria sull’eccedenza. Questa limitazione ridimensiona l’attrattività del regime per i redditi molto elevati.

Un aspetto positivo del nuovo regime è l’eliminazione del requisito del collegamento funzionale tra trasferimento e inizio dell’attività lavorativa. Prima l’Agenzia delle Entrate richiedeva che il trasferimento fosse finalizzato all’assunzione del nuovo lavoro; ora puoi trasferirti e iniziare l’attività anche successivamente, purché poi la svolgi prevalentemente in Italia. Le facoltà di proroga si sono invece ridotte drasticamente: il vecchio regime permetteva estensioni per ulteriori cinque anni versando un contributo del 5-10%, mentre ora esiste solo la proroga transitoria di tre anni per chi ha acquistato casa entro fine 2023.

Tabella: confronto tra vecchio e nuovo regime

AspettoVecchio regime (fino 2023)Nuovo regime (dal 2024)
Detassazione standard70% (imponibile 30%)50% (imponibile 50%)
Detassazione rafforzata90% (per residenza al Sud Italia)60% (con almeno un figlio minore o a carico)
Residenza estera2 anni3 anni (6-7 anni con continuità, a seconda dei casi)
Impegno residenza Italia2 anni4 anni
Limite di redditoNessuno€ 600.000 annui (reddito agevolabile massimo)
Redditi agevolatiLavoro dipendente, autonomo e di impresaSolo lavoro dipendente e autonomo professionale

Fonte: art. 16 D.Lgs. 147/2015 e art. 5 D.Lgs. 209/2023

Attenzione: Se hai trasferito la residenza anagrafica entro il 31 dicembre 2023, puoi ancora beneficiare del vecchio regime più favorevole. Questa clausola di salvaguardia vale anche per i contratti sportivi stipulati entro quella data. Verifica attentamente quando hai effettuato il trasferimento per capire quale disciplina si applica al tuo caso.

Aspetti previdenziali e contributivi

Il regime impatriati produce effetti diversi a seconda che tu sia lavoratore dipendente o autonomo. Per i lavoratori dipendenti, i contributi previdenziali si calcolano sull’intero reddito senza alcuna riduzione. Il datore di lavoro versa i contributi INPS sulla retribuzione effettiva, non su quella ridotta fiscalmente. Questo significa che la tua posizione previdenziale non subisce penalizzazioni: continui ad accumulare contributi come se non fruissi di alcuna agevolazione fiscale, mantenendo piena copertura pensionistica e piena maturazione dell’anzianità contributiva.

Per i lavoratori autonomi la situazione è diversa. I contributi previdenziali dovuti alle casse professionali o alla gestione separata INPS si calcolano sul reddito individuato ai fini IRPEF. Se benefici della detassazione al 50%, i tuoi contributi si calcolano sul 50% del reddito, con un risparmio contributivo che si aggiunge a quello fiscale. L’INPS ha confermato questo orientamento con le circolari 72/2024 e 52/2023. Il risparmio contributivo amplifica il vantaggio economico del regime, ma riduce proporzionalmente i contributi accreditati per la pensione. Devi valutare attentamente se il beneficio immediato compensa la riduzione della futura pensione.

Molti professionisti scelgono di versare contributi integrativi volontari per compensare la riduzione contributiva derivante dal regime impatriati. Le casse professionali permettono generalmente questi versamenti aggiuntivi, che puoi dedurre fiscalmente entro i limiti previsti. Questa strategia ti consente di mantenere il vantaggio fiscale senza penalizzare eccessivamente la tua posizione previdenziale futura. Consulta la tua cassa di previdenza per verificare le modalità di versamento volontario disponibili.

Il regime impatriati non impatta invece sugli altri contributi dovuti dai lavoratori autonomi, come il contributo INAIL per chi esercita attività pericolose o il contributo INPGI per i giornalisti. Questi contributi continuano a calcolarsi secondo le rispettive normative specifiche. Per i lavoratori dipendenti iscritti a fondi pensione complementari, i contributi versati mantengono la piena deducibilità fiscale nei limiti ordinari, calcolati sull’imponibile ridotto dal regime impatriati.

Utilizzo congiunto di regimi agevolati

Attualmente, l’utilizzo congiunto dei regimi agevolati per rientro dei cervelli (impatriati) e per il rientro di docenti e ricercatori è possibile, a condizione che le agevolazioni si applichino a redditi differenti percepiti nello stesso periodo d’imposta. Questo significa che un contribuente può beneficiare del regime in commento per i redditi da lavoro dipendente o autonomo e, contemporaneamente, usufruire delle agevolazioni per il rientro dei ricercatori per i redditi derivanti da attività di ricerca, purché tali redditi siano distinti e separati. Tale interpretazione è stata confermata dall’Agenzia delle Entrate nella risposta all’interpello n. 16/E/2025.

Compatibilità con altri regimi agevolativi

Il regime impatriati può cumularsi con altri regimi fiscali agevolativi, ma con precisi limiti. L’Agenzia delle Entrate ha chiarito con la risposta ad interpello 16/E/25 che il regime impatriati e gli incentivi per docenti e ricercatori (art. 44 del D.L. n. 78/10) sono compatibili nello stesso periodo d’imposta, purché si applichino a redditi differenti. Supponiamo che tu rientri in Italia come docente universitario ma svolgi anche consulenze professionali: puoi applicare il regime docenti (detassazione 90%) sul reddito da docenza e il regime impatriati (detassazione 50%) sui compensi da consulenza.

Il regime impatriati è invece incompatibile con il regime forfettario per lavoratori autonomi. Non puoi applicare contemporaneamente le due agevolazioni perché operano su presupposti differenti: il forfettario sostituisce l’IRPEF con un’imposta sostitutiva del 5% o 15%, mentre il regime impatriati riduce la base imponibile IRPEF. Senza base imponibile IRPEF, la riduzione del 50% non ha alcun effetto pratico. Devi scegliere quale regime applicare calcolando quale ti conviene di più in base al tuo livello di reddito e costi.

La compatibilità esiste invece con la cedolare secca sugli affitti. Se percepisci redditi da locazione di immobili residenziali e opti per la cedolare secca, questa si applica normalmente anche se fruisci del regime impatriati per i redditi da lavoro. Le due agevolazioni operano su categorie reddituali diverse e non interferiscono tra loro. Lo stesso vale per i regimi agevolativi settoriali (come quelli per start-up innovative o per l’imprenditoria giovanile): verifichi caso per caso la compatibilità in base alla tipologia di reddito e alla natura dell’agevolazione.

Il regime neo-residenti (articolo 24-bis del TUIR) è incompatibile con il regime impatriati. Chi trasferisce la residenza in Italia può scegliere tra il regime impatriati (detassazione del 50% senza limiti di provenienza geografica dei redditi esteri) oppure il regime neo-residenti (imposta forfettaria di € 200.000 annui sui redditi esteri). La convenienza dipende dalla composizione del tuo reddito: se percepisci principalmente redditi italiani scegli il regime impatriati, se hai consistenti redditi esteri potrebbe convenirti il regime neo-residenti.

Controlli e decadenza dall’agevolazione

L’Agenzia delle Entrate può verificare in qualsiasi momento il rispetto dei requisiti per l’accesso e il mantenimento del regime impatriati. I controlli si concentrano principalmente su tre aspetti: la residenza estera pregressa, la qualificazione professionale e l’effettivo svolgimento dell’attività prevalentemente in Italia. Per la residenza estera, l’Amministrazione incrocia i dati anagrafici con le dichiarazioni dei redditi presentate negli anni precedenti e con le informazioni ricevute dagli Stati esteri tramite lo scambio automatico di informazioni fiscali. Se risulti fiscalmente residente in Italia in uno dei periodi che dovrebbero provare la residenza all’estero, perdi il diritto all’agevolazione.

La qualificazione professionale rappresenta l’aspetto più delicato nei controlli. L’Agenzia può richiedere l’esibizione dei diplomi, degli attestati o della documentazione che prova i cinque anni di esperienza professionale. Se non dimostri adeguatamente la tua qualificazione, l’agevolazione decade retroattivamente con recupero delle imposte, sanzioni e interessi.

Lo svolgimento prevalente dell’attività in Italia si verifica considerando il tempo effettivamente dedicato all’attività sul territorio nazionale rispetto a quello dedicato all’estero. L’Agenzia può richiedere calendari lavorativi, trasferte, biglietti aerei, prenotazioni alberghiere e ogni altra documentazione utile a ricostruire dove hai effettivamente lavorato. Se emerge che hai lavorato prevalentemente all’estero nonostante la residenza fiscale italiana, perdi il beneficio per quell’anno. Il regime impatriati richiede quindi una presenza operativa effettiva in Italia, non solo formale.

Decadi dall’agevolazione anche se non mantieni la residenza fiscale in Italia per almeno quattro anni. Supponiamo che ti trasferisci nuovamente all’estero dopo tre anni: l’Agenzia recupera tutte le imposte non versate nei tre anni in cui hai fruito del regime, applicando gli interessi ma non le sanzioni come previsto dall’articolo 5 comma 3 del Decreto Legislativo 209/2023. La norma riconosce che il trasferimento all’estero può derivare da motivi legittimi non prevedibili al momento del rientro, quindi evita la sanzione ma comunque recupera il beneficio fiscale goduto.

L’applicazione non corretta del regime impatriati può derivare anche da errori del contribuente o del datore di lavoro. Se il datore applica la detassazione senza che tu abbia effettivamente i requisiti, sei comunque tu il responsabile del recupero delle imposte. Per questo è fondamentale verificare attentamente ogni requisito prima di richiedere l’agevolazione e conservare tutta la documentazione probatoria. In caso di dubbio, l’interpello preventivo ti garantisce certezza e ti protegge da contestazioni successive, purché la tua situazione concreta corrisponda a quella descritta nell’istanza.

Quando non si applicano sanzioni

Esiste un caso specifico in cui decadi dall’agevolazione ma l’Agenzia delle Entrate non può applicare sanzioni. L’articolo 5 comma 3 del D.Lgs. n. 209/23 stabilisce che se non mantieni la residenza fiscale in Italia per almeno quattro anni consecutivi, il recupero delle imposte avviene senza applicazione di sanzioni, ma con gli interessi calcolati al tasso legale. Supponiamo che ti trasferisci nuovamente all’estero dopo tre anni per motivi familiari, professionali o personali: l’Agenzia recupera tutte le imposte non versate nei tre anni in cui hai fruito del regime, applicando gli interessi ma non le sanzioni previste normalmente per l’infedele dichiarazione.

Consulenza personalizzata online

Il regime impatriati offre vantaggi fiscali concreti, ma la corretta applicazione richiede competenza specifica e attenzione ai dettagli normativi. Ogni situazione presenta caratteristiche uniche che influenzano l’accesso all’agevolazione e la sua convenienza rispetto ad altri regimi. La verifica preliminare dei requisiti evita errori costosi e ti permette di pianificare il rientro con la massima certezza normativa. Gli aspetti più delicati riguardano la qualificazione professionale senza laurea, il calcolo dei sei-sette anni di residenza estera in presenza di continuità lavorativa e la gestione del limite di € 600.000 per i redditi elevati.

Ti assisto nell’analisi della tua situazione personale, verificando puntualmente ogni requisito e valutando la documentazione necessaria per dimostrare il diritto all’agevolazione. Grazie all’esperienza maturata negli anni sono in grado di aiutarti ad individuare potenziali problematiche o aspetti di rischio che devono essere analizzati ed approfonditi. Eventualmente, possiamo assisterti per la predisposizione di un’istanza di interpello all’Agenzia delle Entrate, vincolando l’Amministrazione a riconoscere l’agevolazione se la situazione corrisponde a quanto rappresentato.

Ti supporto durante eventuali controlli dell’Agenzia delle Entrate, fornendo tutta la documentazione probatoria e rappresentando le tue ragioni in sede di contraddittorio. L’obiettivo è garantirti il massimo risparmio fiscale lecito, proteggendoti da contestazioni e recuperi d’imposta successivi.

Contattami per verificare se possiedi i requisiti per accedere al regime impatriati e per ricevere assistenza nella procedura di attivazione. Una corretta pianificazione fiscale al momento del rientro ti consente di risparmiare migliaia di euro di imposte ogni anno per cinque anni, rendendo il tuo ritorno in Italia economicamente vantaggioso oltre che professionalmente gratificante.

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