Nell’era della trasparenza fiscale globale, il Common Reporting Standard (CRS) dell’OCSE ha rivoluzionato il modo in cui le amministrazioni finanziarie combattono l’evasione fiscale internazionale. Attraverso lo scambio automatico di informazioni, i dati sui conti finanziari detenuti all’estero da persone fisiche e società vengono trasmessi sistematicamente al paese di residenza fiscale del titolare. Tuttavia, esistono ancora Paesi che non hanno aderito a questo standard. Questo porta molti imprenditori e privati a domandarsi se operare tramite queste giurisdizioni possa garantire un maggior livello di riservatezza. La risposta è complessa: sebbene l’assenza di scambio automatico sia un dato di fatto, ciò non elimina affatto gli obblighi dichiarativi previsti dalla normativa nazionale, né mette al riparo da pesanti sanzioni. Questo articolo analizza in dettaglio quali sono i Paesi non CRS e, soprattutto, quali sono le implicazioni operative e i rischi per un residente fiscale italiano.
Indice degli Argomenti
Cos’è il Common Reporting Standard (CRS) e come funziona
Prima di analizzare chi è “fuori“, è fondamentale capire cosa sia il CRS. Istituito dall’OCSE, il Common Reporting Standard è uno standard globale per lo scambio automatico di informazioni finanziarie (AEOI – Automatic Exchange of Information). In pratica, le istituzioni finanziarie (banche, broker, fondi d’investimento, ecc.) di un Paese aderente sono obbligate a identificare i conti detenuti da soggetti fiscalmente residenti in altre giurisdizioni partecipanti.
Annualmente, queste istituzioni comunicano i dati (incluso il nome del titolare, il numero di conto, il saldo o valore a fine anno e i redditi lordi percepiti) alla propria autorità fiscale nazionale. Quest’ultima, a sua volta, trasmette le informazioni in modo automatico e massivo all’autorità fiscale del Paese di residenza del titolare del conto. Per l’Italia, la base normativa di recepimento è la Legge n. 95/2015, che ha attuato la Direttiva europea 2014/107/UE (nota come DAC2), rendendo il CRS pienamente operativo.
Caratteristiche
Le principali caratteristiche del CRS includono:
- Scambio automatico di informazioni: Le giurisdizioni partecipanti si impegnano a scambiare automaticamente le informazioni finanziarie dei contribuenti che sono residenti in un’altra giurisdizione partecipante. Questo scambio avviene attraverso un canale sicuro e standardizzato per garantire la confidenzialità e la correttezza delle informazioni trasferite;
- Dati finanziari da segnalare: Il CRS richiede alle istituzioni finanziarie di raccogliere e segnalare una serie di dati finanziari sui conti detenuti dai contribuenti, inclusi i saldi, gli interessi, i dividendi e i proventi di vendita di attività finanziarie.
- Diligenza nell’identificazione del cliente: Le istituzioni finanziarie devono condurre una dovuta diligenza per identificare i titolari dei conti e determinare la loro residenza fiscale. Ciò richiede l’ottenimento di informazioni accurate sui clienti e il confronto di tali informazioni con i requisiti di residenza fiscale del CRS.
- Giurisdizioni partecipanti: Un numero crescente di giurisdizioni in tutto il mondo ha adottato il CRS e ha stabilito accordi di scambio automatico di informazioni con altre giurisdizioni. Questo amplia la portata e l’efficacia dello scambio di informazioni finanziarie tra paesi, promuovendo la trasparenza fiscale e la cooperazione internazionale nel contrasto all’evasione fiscale.
La ratio della normativa
I requisiti CRS sono l’ultima soluzione internazionale per reprimere i conti bancari offshore non divulgati, consentendo a interi paesi di imporre alle proprie banche di condividere i dati nel pool di informazioni, che viene fornito a ogni altro paese per tenere d’occhio i propri cittadini. È la fine del “conto bancario anonimo” di cui parlano spesso i media, ma che non esiste.
Finora, più di 100 paesi, tra cui la maggior parte dei paradisi fiscali e paradisi bancari offshore, hanno aderito e la maggior parte di questi sta già scambiando dati. Le banche, infatti, ogni anno sono obbligate a chiederti dove sei residente fiscale e non accetteranno più “da nessuna parte” come risposta. Le banche non hanno mai compreso il concetto di “viaggiatore perpetuo” o “nomade digitale” e CRS lo porta a un livello completamente nuovo.
Nell’articolo “Pianificazione fiscale per nomadi digitali“, ho cercato di spiegare perché essere residente nel nulla sta diventando piuttosto difficile da realizzare, sia dal punto di vista fiscale che operativo. Per gli imprenditori facoltosi, l’unica risposta possibile è sempre più quella di creare una base fissa in uno Stato ed ottenere un certificato di residenza fiscale nel Paese, adottando tutta una serie di attività che possano dimostrare il proprio radicamento in loco.
Tuttavia, se questo non è possibile diventare complesso ipotizzare un trasferimento di residenza fiscale all’estero. Indirettamente, mantenere la residenza in un Paese che aderisce al CRS significa che l’autorità fiscale del Paese riceverà dagli altri Paesi aderenti informazioni su attività patrimoniali e finanziarie estere detenute dal contribuente, per incrociare i propri dati. Tuttavia, vi sono dei Paesi che ancora hanno deciso di non aderire a questo tipo di accordi e che può essere opportuno conoscere.
I Paesi non aderenti al CRS: una lista in continua evoluzione
L’elenco dei Paesi che non hanno ancora implementato il CRS è fluido, poiché nuove giurisdizioni si impegnano a farlo ogni anno. Tuttavia, a oggi, diverse nazioni rimangono fuori da questo perimetro.
L’OCSE elenca una serie di paesi che sono “in via di sviluppo” (tranne uno!) che non hanno ancora aderito al CRS. A titolo informativo abbiamo riportato di seguito alcuni di questi paesi che ad oggi non fanno parte dell’accordo sullo scambio di informazioni finanziarie ai fini fiscali. Questo significa che ad oggi le attività finanziarie detenute in uno di questi Paesi non sono scambiate (attenzione in modo automatico) con altri Paesi. Tuttavia, è importante evidenziare che molte autorità fiscali hanno siglato accordi di scambio di informazioni su richiesta. Per questo motivo, occorre prestare molta attenzione prima di effettuare investimenti in uno di questi Paesi e comunque farsi assistere da professionisti esperti, in attività finanziarie.
Tabella Paesi non aderenti al CRS
Stato | Descrizione |
---|---|
Armenia | L’Armenia è un’eccellente destinazione bancaria emergente con o senza CRS. Aprire un conto lì è relativamente semplice e banche come Ameriabank ed Evoca Bank hanno un’eccellente esperienza del cliente che è migliore di molte banche occidentali. I tassi di interesse sulle valute locali sono alti e puoi ottenere un’esposizione sia alle valute occidentali (si pensi a USD ed euro) che a quelle orientali (si pensi ai rubli). |
Cambogia | La Cambogia potrebbe essere una delle ultime economie di frontiera del mondo, ma questo status sta cambiando. L’economia della Cambogia non è in recessione dagli anni ’90 e molti capitali si stanno riversando nel paese, comprese solide banche locali e internazionali. |
Repubblica Dominicana | Molti espatriati canadesi e statunitensi si trasferiscono nella Repubblica Dominicana, alcuni ottengono permessi di soggiorno permanenti che richiedono depositi nelle banche dominicane. La Repubblica Dominicana è uno dei paesi non CRS con banche decenti. |
Guatemala | Al momento non ha aderito al CRS ma, come altri Paesi, probabilmente vi aderirà nei prossimi anni. |
Macedonia del Nord | La Macedonia del Nord è uno dei paesi più favorevoli alle imprese nei Balcani e in Europa nel suo insieme, con aliquote flat tax basse e incentivi per le imprese. È un altro dei paesi non CRS che vale la pena considerare. |
Filippine | Essendo una destinazione popolare per gli espatriati, le Filippine sono un posto facile per aprire un conto in banca. La catena di isole ha molte grandi banche internazionali e solide banche locali. |
Stati Uniti d’America | Gli Stati Uniti non hanno adottato il CRS, ma hanno invece implementato il Foreign Account Tax Compliance Act (FATCA), una legislazione che richiede alle istituzioni finanziarie straniere di fornire informazioni finanziarie sui conti detenuti da cittadini statunitensi. Fondamentalmente, gli Stati Uniti condividono alcune informazioni, ma alle proprie condizioni. Gli Stati Uniti, e in particolare stati come il Delaware, sono stati a lungo conosciuti come “il più grande paradiso fiscale del mondo“. |
Attenzione!
È importante tenere presente che la situazione può cambiare nel tempo poiché i paesi possono rivedere le loro politiche e aderire al CRS o completare la loro implementazione in una fase successiva. Inoltre, è fondamentale consultare fonti aggiornate e affidabili per ottenere informazioni precise sullo stato di adesione al CRS dei singoli paesi.
L’illusione del “rifugio sicuro”: gli obblighi di monitoraggio fiscale (Quadro RW)
Qui si trova il punto cruciale che un contribuente non può ignorare. La scelta di un Paese non CRS non costituisce uno “scudo” contro il Fisco o l’Amministrazione finanziaria. L’obbligo di dichiarazione dei capitali detenuti all’estero è infatti imposto da una norma interna, del tutto indipendente dall’esistenza di accordi di scambio informativo.
L’art. 4 del D.L. 167/1990 (convertito dalla Legge n. 227/1990) impone a tutte le persone fisiche, gli enti non commerciali e le società semplici residenti in Italia di dichiarare gli investimenti e le attività finanziarie detenute all’estero. Questo adempimento, noto come monitoraggio fiscale, si concretizza nella compilazione del Quadro RW del Modello Redditi.
L’obbligo di compilazione del Quadro RW sussiste indipendentemente dal fatto che il Paese estero partecipi o meno al CRS. Il CRS è uno strumento di controllo per l’Agenzia delle Entrate; l’obbligo di dichiarazione è un dovere del contribuente che esiste a prescindere. Pertanto, omettere la compilazione del Quadro RW per un conto corrente detenuto in un Paese non CRS costituisce una violazione fiscale a tutti gli effetti.
Le sanzioni: cosa si rischia a non dichiarare i conti esteri
Le conseguenze dell’omessa dichiarazione sono severe. La mancata compilazione del Quadro RW comporta l’applicazione di una sanzione amministrativa che va dal 3% al 15% dell’ammontare degli importi non dichiarati.
La situazione si aggrava notevolmente se le attività sono detenute in Paesi considerati “non cooperativi” ai fini fiscali (le cosiddette “blacklist“, individuate dal D.M. 4 maggio 1999 e successive modifiche). In questo caso, le sanzioni sono raddoppiate, variando quindi dal 6% al 30% del valore non dichiarato. Oltre a ciò, opera una presunzione legale (relativa) di reddito: salvo prova contraria fornita dal contribuente, le somme non dichiarate si considerano fruttifere e il loro rendimento presunto viene tassato ai fini IRPEF, con applicazione di ulteriori sanzioni e interessi.
Per approfondire: Attività in paradisi fiscali non dichiarate: presunzioni del Fisco.
Oltre il CRS: altri strumenti di scambio di informazioni
È un errore strategico pensare che il CRS sia l’unico strumento a disposizione delle autorità fiscali. Anche se un Paese non scambia informazioni in modo automatico, l’Italia può ottenerle attraverso altri canali, tra cui:
- Convenzioni contro le doppie imposizioni (CDI): Quasi tutte contengono un articolo specifico (solitamente l’art. 26 del Modello OCSE) che permette lo scambio di informazioni su richiesta;
- Accordi TIEA (Tax Information Exchange Agreement): Sono trattati specifici volti unicamente allo scambio di informazioni fiscali su richiesta;
- FATCA: L’accordo con gli Stati Uniti per lo scambio di informazioni sui cittadini americani ha fatto da apripista al CRS e dimostra l’interconnessione del sistema globale.
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