Lavoro negli Emirati: devo pagare le imposte in Italia?

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Criteri di collegamento per la tassazione dei redditi da lavoro dipendente prodotti negli Emirati da parte di un contribuente che ha mantenuto la residenza fiscale in Italia.

Negli ultimi anni, la mobilità internazionale del lavoro è cresciuta esponenzialmente, portando sempre più persone a spostarsi temporaneamente o stabilmente all’estero per motivi professionali. Il lavoro in negli Emirati Arabi mantenendo la residenza in Italia, è uno scenario molto frequente nella pratica. Su di esso emergono interrogativi importanti sulla corretta tassazione dei redditi esteri percepiti da lavoro dipendente svolto in territorio emiratino. Dove dichiarare questi redditi? Quali sono gli obblighi verso il Fisco italiano e come evitare la doppia imposizione?

In questo articolo analizzeremo i principali temi legati alla tassazione internazionale per chi lavora a Dubai ad Abu Dhabi o negli altri Emirati. Partiremo dai criteri per determinare la residenza fiscale e l’impatto dell’iscrizione all’AIRE, l’inversione dell’onere della prova, per poi approfondire le regole di tassazione dei redditi esteri e il meccanismo del credito d’imposta. Infine, esploreremo il ruolo delle convenzioni contro le doppie imposizioni e forniremo consigli pratici per gestire al meglio le proprie obbligazioni fiscali.

Lavori ad Abu Dhabi o a Dubai e vuoi sapere se devi dichiarare anche in Italia i tuoi redditi? Hai passato un periodo di lavoro negli Emirati, e adesso ti chiedi se devi presentare la dichiarazione dei redditi in Italia?

Residenza fiscale: un concetto chiave per la tassazione dei redditi da lavoro all’estero

La questione della residenza fiscale è fondamentale per determinare dove un individuo deve pagare le imposte sul proprio reddito, compreso quello derivante dal lavoro dipendente svolto all’estero. In generale, l’Italia, come molti altri paesi, tassa i propri residenti su tutti i redditi che possiedono, indipendentemente da dove questi siano prodotti (art. 3 del TUIR). Questo principio, tuttavia, si complica quando un individuo si trasferisce all’estero per lavorare, come nel caso degli Emirati Arabi.

Ai sensi dell’art. 2, co. 2 del TUIR un soggetto si considera fiscalmente residente in Italia se, alternativamente, verifica almeno una delle seguenti condizioni:

  • Ha la residenza nel territorio dello Stato, ex art. 43 co. 2 c.c. – La residenza deve essere individuata nel luogo in cui la persona ha la dimora abituale, con intenzione di rimanervi;
  • Ha il domicilio nel territorio dello Stato. Per domicilio, deve intendersi “il luogo in cui si sviluppano, in via principale, le relazioni personali e familiari della persona“);
  • È presente nel territorio dello Stato (considerando anche le frazioni di giorno);
  • Salvo prova contraria, risulta iscritto nelle anagrafi della popolazione residente, presso i vari Comuni.

Ai sensi del successivo co. 2-bis dell’art. 2 del TUIR sono considerati fiscalmente residenti i soggetti trasferiti in paesi non collaborativi (“black list“), fino a loro prova contraria. Quindi, per i soggetti trasferiti in paese black list come gli Emirati Arabi, resta la residenza fiscale in Italia, se non si è in grado di provare che i propri legami principali si trovano all’estero.

Criteri di territorialità e residenza fiscale

I criteri che definiscono la “territorialità” dei redditi da lavoro dipendente o assimilato svolto all’estero sono molteplici e dipendono da diversi fattori:

  • Residenza fiscale del lavoratore: Questo è il fattore più rilevante. Un lavoratore può essere considerato residente fiscalmente in Italia anche se lavora all’estero, se mantiene in Italia il proprio domicilio (per l’art. 2 del TUIR), la propria abitazione permanente o il centro degli interessi vitali (per la Convenzione);
  • Periodo di permanenza all’estero: La durata del soggiorno all’estero è un elemento importante. Generalmente, soggiorni superiori a 183 giorni in un anno possono avere implicazioni fiscali, in particolare se si considera la tassazione tramite retribuzioni convenzionali;
  • Nazionalità del datore di lavoro: La nazionalità del datore di lavoro può essere rilevante ai fini della determinazione del paese in cui il reddito è prodotto;
  • Modalità di svolgimento dell’attività lavorativa: Come e dove viene effettivamente svolta l’attività lavorativa è un altro fattore da considerare.

Per approfondire: AIRE: Anagrafe degli Italiani residenti all’estero.

Il principio della tassazione su base mondiale dei redditi dei soggetti residenti

Ai sensi dell’art. 3 del TUIR i soggetti fiscalmente residenti in Italia sono tenuti a dichiarare in Italia tutti i propri redditi, ovunque prodotti. Questo principio è uno dei pilastri fondamentali su cui si basa il nostro sistema fiscale, ma anche quello di molti dei sistemi fiscali dei Paesi europei. Il concetto è molto semplice: un soggetto è tenuto a pagare le imposte (ovunque esse siano prodotte e/o percepite), in un unico Stato, quello di residenza, salvo poi ottenere un credito di imposta per le eventuali altre imposte già pagate nei Paesi ove i redditi sono stati percepiti (tassazione nello Stato della fonte).

Riassumendo, quindi, un lavoratore Italiano che svolge la sua attività lavorativa e ha la sua vita all’estero, ha ugualmente l’obbligo del versamento delle imposte sul reddito anche in Italia. Questo, nel caso in cui si trasferisca in Paese considerato non collaborativo e non riesca a dimostrare che i suoi effettivi legami sono prevalenti nello Stato estero, piuttosto che con l’Italia.

Il ruolo delle Convenzioni contro le doppie imposizioni

Le convenzioni bilaterali contro le doppie imposizioni, stipulate tra l’Italia e altri paesi (inclusi gli Emirati Arabi), svolgono un ruolo cruciale nel dirimere i conflitti di residenza fiscale che possono sorgere quando una persona lavora all’estero. Queste convenzioni, spesso basate sul modello OCSE, cercano di evitare che un individuo venga tassato due volte per lo stesso reddito, definendo criteri per stabilire dove una persona è considerata residente fiscalmente.

Il concetto di “abitazione permanente” e “centro degli interessi vitali”

Le convenzioni contro le doppie imposizioni prevedono che, in caso di conflitto di doppia residenza, si debba far riferimento al criterio dell’abitazione permanente. Se una persona ha un’abitazione permanente sia in Italia che all’estero (come spesso accade quando un lavoratore mantiene una casa in Italia), allora si deve considerare il centro degli interessi vitali.

Il centro degli interessi vitali si riferisce al luogo dove una persona ha i legami personali ed economici più forti. Per esempio:

  • Una persona sposata, con figli e forti legami familiari in Italia, è più probabile che mantenga il proprio centro degli interessi vitali (e quindi la residenza fiscale) in Italia, anche se lavora a Dubai;
  • Al contrario, una persona senza vincoli familiari potrebbe più facilmente spostare il proprio centro degli interessi vitali (e la residenza fiscale) nel paese in cui lavora. In questo caso, non sorgerebbero questioni di tassazione italiana del reddito, in quanto la prestazione lavorativa sarebbe svolta all’estero da un soggetto divenuto residente all’estero.

Il mantenimento della residenza fiscale italiana: implicazioni

Se un lavoratore che si reca negli Emirati Arabi per lavoro mantiene la residenza fiscale in Italia (perché, ad esempio, mantiene il proprio centro degli interessi vitali nel territorio italiano), il reddito prodotto negli Emirati sarà soggetto a tassazione in Italia, secondo le modalità che vedremo nel seguito. Questo scenario rende necessario conoscere bene le modalità di tassazione del reddito prodotto all’estero.

Il punto cruciale è stabilire se, nonostante il lavoro emiratino, il lavoratore è considerato fiscalmente residente in Italia. Questo dipende da una valutazione complessa dei legami personali, economici e familiari con l’Italia, che va al di là della semplice presenza fisica nel territorio estero. La residenza fiscale è un concetto dinamico, che può cambiare nel tempo in base ai cambiamenti delle circostanze individuali e familiari di ogni soggetto.

Modalità di tassazione dei redditi di lavoro dipendente di fonte estera

Quando un soggetto residente in Italia percepisce redditi da lavoro dipendente o assimilato prodotti all’estero, la tassazione può avvenire secondo diverse modalità. La scelta del regime fiscale applicabile dipende da vari fattori, tra cui la durata del soggiorno all’estero e le specifiche caratteristiche del rapporto di lavoro. È fondamentale notare che, in linea generale, l’Italia considera imponibili i redditi di lavoro dipendente prodotti all’estero da soggetti residenti, salvo diverse disposizioni previste dalle convenzioni contro le doppie imposizioni.

Le due modalità alternative di tassazione, applicabili nel caso in commento, sono:

  • Regime ordinario: Questo regime si applica in via residuale, ovvero quando non ricorrono le condizioni per l’applicazione degli altri regimi;
  • Tassazione secondo le retribuzioni convenzionali: Questo regime si applica a specifiche categorie di lavoratori che svolgono attività all’estero in modo continuativo e come oggetto esclusivo del rapporto di lavoro per un periodo superiore a 183 giorni nell’arco di 12 mesi.

Regime ordinario

Il regime ordinario si applica quando non sono soddisfatti i requisiti per l’applicazione delle retribuzioni convenzionali. In questo caso, il reddito imponibile è determinato sulla base delle somme e dei valori percepiti all’estero, rideterminati secondo la normativa fiscale italiana (art. 51 co. 1-8 del TUIR). Questo significa che si considera il valore effettivo della retribuzione, con eventuali adeguamenti previsti dalle leggi italiane, e non necessariamente l’importo lordo estero.

  • Base imponibile: La base imponibile include tutte le voci della busta paga estera che hanno natura retributiva secondo la normativa italiana. Questo include anche somme simili al TFR, che sono tassate annualmente nello Stato estero, nella misura in cui vengono effettivamente corrisposte;
  • Contributi previdenziali: Ai fini della tassazione italiana, il reddito è assunto al netto dei contributi obbligatori versati nello Stato estero. Tali contributi sono scomputati direttamente nel quadro RC della dichiarazione;
  • Oneri deducibili: Si possono dedurre anche i contributi a forme pensionistiche complementari e i contributi di assistenza sanitaria versati a enti o casse aventi esclusivamente fine assistenziale;
  • Assegni di sede e indennità: Gli assegni di sede e le altre indennità percepite per servizi prestati all’estero costituiscono reddito per il 50%. Questa riduzione al 50% si applica solo sulla parte eccedente gli emolumenti spettanti per l’attività prestata in Italia;
  • Imposte assolte: Nello scenario prospettato gli Emirati non applicano tassazione sul reddito delle persone fisiche. Pertanto, non possono venirsi a creare ipotesi di doppia imposizione giuridica del reddito. Tuttavia, il reddito emiratino deve essere dichiarato e tassato nello Stato di residenza fiscale del lavoratore (nello scenario in Italia). Le eventuali giornate di lavoro effettuate in Italia, come attività di smart working, devono essere assoggettate ad imposizione esclusiva nel nostro Paese. Vedasi la risposta ad interpello n. 171/E/23.

Tassazione secondo le retribuzioni convenzionali

Questo regime, previsto dall’art. 51 co. 8-bis del TUIR, si applica a quei lavoratori che prestano la loro attività all’estero in via continuativa e come oggetto esclusivo del rapporto di lavoro per un periodo superiore a 183 giorni nell’arco di 12 mesi. In questo caso, il reddito imponibile non è determinato sulla base delle retribuzioni effettivamente percepite, bensì attraverso retribuzioni convenzionali definite annualmente con decreto del Ministero del Lavoro. Per quanto interessa in questa sede possiamo schematizzare quanto segue:

  • Presupposti: È fondamentale che il lavoratore, pur svolgendo l’attività all’estero, sia considerato residente fiscale in Italia. La prestazione lavorativa deve essere svolta all’estero in via continuativa e come oggetto esclusivo del rapporto di lavoro;
  • Calcolo del periodo: Per il calcolo dei 183 giorni, si considerano i giorni di effettiva permanenza all’estero, incluse le festività, i sabati e le domeniche, mentre non si considerano i giorni di ferie e i periodi di malattia. Se il periodo di lavoro è a cavallo di due annualità, il beneficio delle retribuzioni convenzionali può essere applicato in entrambe le annualità;
  • Fringe benefit: In questo regime, gli eventuali fringe benefit erogati dal datore di lavoro non sono soggetti a tassazione autonoma, in quanto ricompresi forfetariamente nella retribuzione convenzionale;
  • Retribuzioni convenzionali superiori a quelle effettive: Se le retribuzioni convenzionali sono superiori a quelle effettive, la giurisprudenza ha stabilito che occorre assoggettare a tassazione gli importi effettivamente percepiti per non violare il principio di capacità contributiva (secondo C.T. Prov. Macerata 3.3.2015 n. 67/2/15);
  • Distacco all’estero: Le retribuzioni convenzionali si applicano anche ai soggetti residenti in Italia che lavorano all’estero in regime di distacco.

Convenzioni contro le doppie imposizioni

Le convenzioni contro le doppie imposizioni (CDI) sono accordi bilaterali stipulati tra due Stati per evitare che un soggetto residente in uno Stato venga tassato due volte per lo stesso reddito, una volta nello Stato in cui risiede e un’altra nello Stato in cui il reddito viene prodotto. Queste convenzioni, generalmente conformi agli articoli 15 e 19 del modello OCSE, giocano un ruolo cruciale nella tassazione dei redditi di lavoro dipendente di fonte estera.

  • Articolo 15 del modello OCSE: Questo articolo disciplina la tassazione dei redditi da lavoro dipendente, stabilendo che, in generale, tali redditi sono imponibili nello Stato in cui l’attività lavorativa viene svolta e nello Stato di residenza fiscale. Tuttavia, l’articolo prevede delle eccezioni, come nel caso di soggiorni brevi (inferiori a 183 giorni) o quando l’onere delle remunerazioni non è sostenuto da un datore di lavoro residente nello Stato in cui si lavora;
  • Articolo 19 del modello OCSE: Questo articolo riguarda le remunerazioni derivanti da funzioni pubbliche, stabilendo che stipendi e salari pagati da uno Stato o da una sua suddivisione politica o amministrativa sono imponibili solo in tale Stato.

Lavoro dipendente di fonte privata (art. 15 Convenzione)

L’art. 15, paragrafo 1, del modello OCSE stabilisce che se l’attività lavorativa è svolta in uno Stato diverso da quello di residenza, la tassazione può avvenire in entrambi gli Stati. Questo principio è alla base della “tassazione concorrente”.

L’art. 15, paragrafo 2, del modello OCSE prevede una deroga al principio di tassazione concorrente, stabilendo che la tassazione è esclusiva nello Stato di residenza del lavoratore se si verificano contemporaneamente le seguenti condizioni:

  • Il lavoratore soggiorna nell’altro Stato per un periodo non superiore a 183 giorni.
  • Le remunerazioni sono pagate da un datore di lavoro non residente nello Stato in cui il lavoro è svolto.
  • L’onere delle remunerazioni non è sostenuto da una stabile organizzazione del datore di lavoro nello Stato in cui l’attività è svolta.

Lavoro dipendente per funzioni pubbliche (art. 19 Convenzione)

L’art. 19 del modello OCSE prevede che le remunerazioni pagate da uno Stato o da una sua suddivisione politica o amministrativa per servizi resi a tale Stato, sono imponibili solo in tale Stato. La nozione di impiego pubblico è ristretta a enti come stati federali, cantoni, distretti, ecc.

Attenzione alla normativa sul monitoraggio fiscale

Un altro aspetto da tenere in considerazione nella situazione oggetto di analisi è la disciplina sul monitoraggio fiscale. Le disposizioni sul monitoraggio fiscale sono contenute nel D.L. n. 167/90 (conv. Legge n. 227/90) e consentono all’Amministrazione finanziaria di avere una compiuta conoscenza delle attività detenute all’estero dai contribuenti residenti in Italia e, dunque, di controllare il corretto assolvimento dei relativi debiti tributari in applicazione del principio della tassazione in capo ai residenti del reddito ovunque prodotto. Infatti, questa normativa prevede che i soggetti fiscalmente residenti in Italia comunichino le attività patrimoniali e finanziarie detenute all’estero. Questa attività di monitoraggio si effettua attraverso la compilazione del quadro RW del modello Redditi.

Caso classico legato al monitoraggio fiscale è legato al conto corrente estero aperto dal contribuente per l’accredito dello stipendio. In questo caso occorre evidenziare che vi sono obblighi di segnalazione del conto corrente al superamento di una di queste soglie:

  1. Consistenza media annua del conto corrente superiore a 5.000 euro;
  2. Soglia di saldo giornaliero pari o superiore a 15.000 euro (anche solo per un giorno nell’anno).

Per la verifica della prima soglia, il contribuente è tenuto alla compilazione del quadro RW per il versamento dell’IVAFE (Imposta patrimoniale sulle attività finanziarie estere), che per i conti correnti è di importo fisso di 34,20 euro. In caso di superamento solo della seconda soglia il contribuente deve compilare il quadro RW con i dati del conto corrente ai soli fini del monitoraggio fiscale (con esenzione dal versamento dell’IVAFE).

Per approfondire:

Adempimenti dichiarativi

La corretta gestione degli obblighi dichiarativi relativi ai redditi da lavoro dipendente o assimilati prodotti all’estero richiede, la presentazione della dichiarazione dei redditi in Italia. Sostanzialmente, è il lavoratore che deve assumersi l’obbligo di assolvere gli obblighi fiscali in Italia per:

  • La dichiarazione dei redditi di fonte estera da lavoro dipendente, attraverso la compilazione del Quadro RC: I redditi da lavoro dipendente o assimilato prestato all’estero, non soggetti a tassazione separata, vanno dichiarati nel quadro RC del modello Redditi PF;
  • L’assolvimento degli obblighi legati al monitoraggio fiscale connessi alla compilazione del quadro RW del modello Redditi. Questo al fine di indicare eventuali attività patrimoniali e/o finanziarie detenute all’estero (Emirati Arabi) durante il periodo di imposta. Caso classico è quello del conto corrente dove avviene l’accredito dello stipendio.

Conclusioni e consulenza fiscale online

Cosa possiamo imparare dall’esame di questo caso? Prima di tutto è bene ribadire che in questi casi è fondamentale consultare un Commercialista esperto in fiscalità internazionale, quando si intende trasferirsi all’estero per periodi maggiori di 6 mesi, sia per studio che per lavoro, in modo da pianificare correttamente gli adempimenti fiscali conseguenti. Non potendo tuttavia generalizzare in quanto ogni situazione personale ha le sue peculiarità, quello che posso dirti è che se un cittadino Italiano svolge la sua vita (personale e/o lavorativa) all’estero, per evitare il pagamento delle imposte sul reddito anche in Italia dovrebbe trasferire la propria residenza fiscale all’estero, iscrivendosi all’AIRE.

La questione però non si risolve così semplicemente, è necessario che il contribuente che intende trasferirsi all’estero sposti con se il c.d. “centro degli interessi vitali“, intendendo con tale locuzione sia i suoi principali interessi familiari e lavorativi. Un soggetto che vuole trasferirsi all’estero lasciando la sua famiglia in Italia o i suoi principali interessi economici in Italia sarà sicuramente soggetto a controlli ed accertamenti, per questo è bene pianificare con cura ed in anticipo questi aspetti legati alla normativa fiscale. Questo, anche se potrà sembrarti poco conveniente, ti consentirà di risparmiarti in futuro un possibile lungo e costoso contenzioso fiscale con l’Amministrazione finanziaria.

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    Dottore Commercialista, Tax Advisor, Revisore Legale. Aiuto imprenditori e professionisti nella pianificazione fiscale. La Fiscalità internazionale le convenzioni internazionali e l'internazionalizzazione di impresa sono la mia quotidianità. Continuo a studiare perché nella vita non si finisce mai di imparare. Se hai un dubbio o una questione da risolvere, contattami, troverò le risposte. Richiedi una consulenza personalizzata con me.
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