I lavoratori impatriati in Italia dall’estero devono prestare attenzione al monitoraggio fiscale di attività patrimoniali e finanziarie detenute all’estero. I contribuenti fiscalmente residenti in Italia, infatti, devono sottostare alla disciplina legata al monitoraggio fiscale delle attività detenute oltre confine.

Questa disciplina, in particolare, assume rilevanza per coloro che, dopo un periodo trascorso all’estero, nel proprio Paese di origine, o per via di necessità legate a esperienze di lavoro o di studio, decidono di trasferire la propria residenza fiscale in Italia, magari beneficiando degli inventivi legati ai “lavoratori impatriati” (art. 16 D.Lgs. n. 147/15). Questi soggetti, anche prima dell’impatrio in Italia è opportuno che vadano a pianificare anche gli impatti che il mantenimento di attività patrimoniali o finanziarie estere possono avere nella loro pianificazione fiscale. In caso di errori, infatti, possono arrivare lettere di compliance da parte dell’Agenzia delle Entrate, ed intervenire autonomamente con la regolarizzazione può essere sicuramente un’opzione interessante per sfruttare il ravvedimento operoso e la riduzione di sanzioni conseguente.

Il monitoraggio delle attività estere al momento del rientro in Italia

Per i contribuenti impatriati in Italia, quindi, è fondamentale effettuare un’analisi del proprio patrimonio personale, al fine di tracciare le attività di carattere patrimoniale o finanziario, che per scelta di investimento continuano ad essere detenute fuori dai confini nazionali. Può trattarsi, ad esempio di:

  • Beni immobili;
  • Conti correnti, libretti di risparmio;
  • Investimenti finanziari;
  • Fondi pensione, etc.

Una corretta gestione degli adempimenti legati al monitoraggio fiscale (compilazione del quadro RW, versamento di IVIE e/o IVAFE e dichiarazione dei redditi ivi connessi) permette di pianificare al meglio il proprio rientro. L’obiettivo è quello di evitarsi future contestazioni e ridurre il rischio di vedersi applicare sanzioni (in caso di violazioni o inadempimenti).

Gli immobili detenuti all’estero

In caso di impatrio in Italia con un investimento in beni immobili all’estero è necessario prestare attenzione ad alcuni aspetti. In particolare:

  • Monitoraggio fiscale dell’immobile;
  • Determinazione e versamento dell’Ivie;
  • Disposizioni che riguardano l’eventuale tassazione derivante dall’immobile, in caso di locazione o cessione dell’immobile.

Per quanto riguarda il monitoraggio fiscale è importante sapere che per gli immobili appartenenti a paesi UE o SEE è possibile determinare il valore dell’immobile attraverso le tariffe d’estimo catastale utilizzate nel Paese. Per gli altri Paesi, come il Regno Unito, occorre fare riferimento al costo di acquisto o al valore di mercato. Per quanto riguarda l’IVIE, pari allo 0,76% della base imponibile, è necessario ricordare che vi sono, in alcuni casi, imposte patrimoniali estere che possono essere portate a credito (a riduzione dell’imposta dovuta in Italia). Puoi verificare tali imposte dalla Circolare n. 28/E/2012.

Non si deve sottovalutare, inoltre, l’impatto delle eventuali imposte dovute in caso di reddito derivante dall’immobile. In caso di redditi da locazione, il modello di Convenzione OCSE, prevede una tassazione concorrente dei canoni di locazione percepiti (nello Stato della fonte ed in quello di residenza fiscale), con applicazione del credito per imposte estere, ex art. 165 del TUIR (al fine di evitare la doppia imposizione). Infine, se si decide di cedere l’immobile occorre verificare il periodo di detenzione dell’immobile al fine di verificare l’imponibilità o meno della plusvalenza in Italia.

Conti correnti esteri

I conti correnti esteri devono essere dichiarati ai fini del monitoraggio fiscale ed ai fini del versamento dell’IVAFE. In particolare, occorre tenere presenti i seguenti criteri. L’articolo 2, comma 4-bis, del D.L. n. 4/2014, convertito in Legge n. 50/2014, modificato dalla Legge n. 186/2014 prevede l’obbligo di monitoraggio per le i conti correnti detenuti all’estero, il cui valore massimo giornaliero raggiunto nel periodo d’imposta sia superiore alla soglia di 15.000 euro. Questo significa che se detieni un conto estero che nell’anno, non ha mai superato (anche solo per un giorno) i 15.000 euro, non sei tenuto a rispettare la disciplina sul monitoraggio. In caso contrario, deve essere compilato il quadro RW del modello Redditi P.F. ai fini del monitoraggio fiscale.

L’obbligo di compilazione del quadro RW, tuttavia, sussiste per il contribuente anche laddove lo stesso sia necessario ai fini del calcolo dell’IVAFE (imposta patrimoniale sulle attività finanziarie detenute all’estero). L’obbligo di segnalazione del conto corrente estero ai fini del pagamento dell’IVAFE scatta nel caso in cui la consistenza media del conto estero sia superiore alla soglia di 5.000 euro. Nel caso l’IVAFE è di importo fisso di 34,20 euro.

Investimenti finanziari esteri

Anche gli investimenti finanziari esteri devono essere dichiarati ai fini del monitoraggio fiscale. Classici esempi sono dati dal possesso di azioni, obbligazioni e titoli. Allo stesso tempo, oggetto di monitoraggio sono anche le stock option detenute e le RSU, verificando specifici requisiti. Casistiche, queste, che si verificano sovente quando un lavoratore estero si trasferisce in Italia. Questo significa che devi prestare attenzione al mantenimento di investimenti finanziari all’estero, anche per l’eventuale applicazione dell’IVAFE che, in questi casi, sempre al verificarsi di alcune condizioni, si attesta al due per mille del valore dell’attività finanziaria estera detenuta.

Fondi pensione esteri

Il soggetto fiscalmente residente in Italia che aderisce ad un fondo pensione estero è soggetto alla disciplina sul monitoraggio fiscale degli investimenti e delle attività finanziarie detenute all’estero. Sul punto l’Agenzia delle Entrate, secondo quanto previsto dalla Circolare n. 38/E/2013 prevede che:

  • Non vi sia obbligo di monitoraggio fiscale per le somme versate per obbligo di legge a forma di previdenza complementare organizzate o gestite da società o enti di diritto estero. Possono esserne esempi il cosiddetto “secondo pilastro svizzero“, trattandosi di forma di previdenza obbligatoria, seppure complementare;
  • Non vi sia obbligo di monitoraggio fiscale per le somme versate a forme di previdenza complementare obbligatorie per effetto di contratti collettivo nazionali, con esclusione di quelle derivanti da accordi individuali.

Tuttavia, quando non si rientra nelle predette ipotesi, rimane valido l’obbligo di compilazione del quadro RW del modello Redditi per l’indicazione delle somme versate alla previdenza complementare estera.

Le lettere di compliance dell’Agenzia delle Entrate

L’attività di controllo e di accertamento su attività finanziarie estere non dichiarate si è intensificato nel corso degli ultimi anni. Grazie alle informazioni ricavate dallo scambio automatico di informazioni tra Paesi del Common Reporting Standard (CRS) l’Agenzia delle Entrate invia ogni anno specifiche lettere di compliance. Si tratta di inviti alla regolarizzazione del contribuente su passate omissioni o inesattezze sulla propria dichiarazione dei redditi.

Rientrano tra i soggetti destinatari di “particolari attenzioni” da parte dell’Agenzia:

  • Tutti i cittadini italiani, anche se iscritti all’AIRE. In quanto, la loro residenza fiscale potrebbe essere comunque attratta nel territorio dello Stato;
  • Cittadini esteri iscritti nell’Anagrafe della popolazione residente in Italia. Oppure soggetti esteri per i quali la residenza fiscale, sulla base di analoghe considerazioni circa elementi di fatto, viene comunque attratta in Italia.

Da precisare è che, oltre alle lettere di compliance (meno pericolose per i contribuenti), è partito anche l’invio di inviti o questionari ex articolo 32 DPR n. 600/1973. Inviti e questionari che, a differenza della richiesta generica tipica delle sopracitate lettere di compliance, rappresenta l’inizio di una vera e propria attività istruttoria.

La scelta dei contribuenti da sottoporre a compliance da parte dell’Agenzia delle Entrate è effettuata in modo quasi automatico. La banca dati dell’Agenzia invia la comunicazione a specifici contribuenti, quelli ritenuti a maggior rischio evasione. La scelta dei contribuenti da sottoporre a controllo, tuttavia, deriva essenzialmente dalle informazioni ricevute dal Common Reporting Standard (CRS). In ogni caso le lettere di compliance contengono le seguenti informazioni:

  • Codice fiscale, cognome e nome del contribuente;
  • Numero identificativo della comunicazione e anno d’imposta;
  • Codice atto;
  • Modalità per regolarizzare la propria posizione, avvalendosi dell’istituto del ravvedimento operoso;
  • Modalità per richiedere informazioni o per eventuali precisazioni utili a chiarire l’anomalia segnalata, rivolgendosi alla Direzione Provinciale competente.

La regolarizzazione spontanea del contribuente: il ravvedimento operoso

Per questo motivo è necessario valutare la regolarizzazione spontanea del contribuente tramite ravvedimento operoso, sfruttando la riduzione delle sanzioni di cui all’art. 13 del D.Lgs. n. 472/1997. L’istituto del ravvedimento operoso è da sfruttare in tutti i casi in cui vi siamo irregolarità commesse nella predisposizione della dichiarazione dei redditi del contribuente. Si tratta, in buona sostanza, di una opportunità di regolarizzazione delle proprie posizioni estere mediante la presentazione di una dichiarazione integrativa.

L’effetto positivo è quello di ridurre le ordinarie sanzioni legate al monitoraggio fiscale. La sanzione ordinaria è compresa tra il 3% ed il 15% dell’importo non dichiarato. Le sanzioni raddoppiano, dal 6% al 30% in caso di attività finanziarie detenute in Stati o territori a fiscalità privilegiata (DM 4 maggio 1999 e 21 novembre 2001). Tali importi, attraverso la presentazione della dichiarazione integrativa con ravvedimento operoso, possono essere ridotte in base al tempo intercorso tra violazione e regolarizzazione.

Quanto tempo ha l’Agenzia per la contestazione?

L’atto di contestazione da parte dell’Agenzia delle Entrate deve essere notificato al contribuente entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui è avvenuta la violazione (art. 20, comma 1, del D.Lgs. n. 472/1997). Tuttavia, occorre tenere in considerazione che, nel caso in cui gli investimenti siano detenuti in Paesi non white list, è previsto il raddoppio dei termini di accertamento. Questo significa che la contestazione può essere notificata entro il 31 dicembre del decimo anno successivo a quello in cui è avvenuta la violazione (art. 12 del D.L. n. 78/2009).

Consulenza fiscale online

Queste considerazioni portano alla conclusione che è sicuramente opportuno analizzare i vari scenari ed effettuare le opportune simulazioni in merito al mantenimento dell’investimento all’estero (piuttosto che un disinvestimento). Naturalmente, le condizioni degli impatriati possono essere particolarmente diverse, anche in relazione alla detenzione di attività finanziarie più diverse, come stock option, rsu, partecipazioni in società residenti in paesi black list, etc. Per questo motivo è opportuna un’analisi preliminare, anche prima dell’impatrio in Italia al fine di pianificare i propri investimenti finanziari e patrimoniali all’estero in relazione alla disciplina fiscale italiana.

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