Nel nostro ordinamento non esiste una categorizzazione fissa per quanto riguarda le holding, ovvero le società che detengono nel loro attivo partecipazioni in altre società. Per effetto dell’art. 162-bis del DPR n. 917/86 (TUIR) una società può assumere la qualifica di holding – finanziaria o industriale a seconda della natura dei soggetti partecipati – ogni qualvolta abbia esito positivo il c.d. “test di prevalenza” che deve essere effettuato sui dati patrimoniali dell’esercizio.
In questo contesto assume particolare rilevanza, quindi, la corretta modalità di effettuazione del test per il giudizio di prevalenza della holding. E’ importante, infatti, individuare quali sono gli elementi dell’attivo patrimoniale dare rilevanza, a quale bilancio d’esercizio fare riferimento e come qualificare correttamente alcune tipologie di soggetti.
Oltre a questo occorre tenere conto che i soggetti rientranti nella definizione di società di partecipazione non finanziaria devono attrezzarsi per far fronte agli adempimenti loro richiesti. In particolare:
- L’iscrizione dell’indirizzo PEC (“Posta elettronica Certificata“) al Registro Elettronico degli Indirizzi (REI);
- La predisposizione delle comunicazioni da inviare all’Agenzia delle Entrate.
Vediamo, quindi, in questo articolo come effettuare correttamente il test di prevalenza per la qualificazione di holding, ovvero società di partecipazione non finanziaria.
Indice degli Argomenti
- Art. 162-bis del TUIR per le holding – società di partecipazione non finanziaria
- Come si determina il requisito della prevalenza per le holding non finanziarie?
- Principali caratteristiche fiscali delle holding industriali – società di partecipazioni non finanziarie
- Le comunicazioni obbligatorie a cui sono soggette le holding industriali – soggetti a partecipazione non finanziaria
- Cos’è l’archivio dei rapporti finanziari?
- Holding industriali: consulenza fiscale
Art. 162-bis del TUIR per le holding – società di partecipazione non finanziaria
L’art. 162-bis del TUIR, al comma 1, fornisce una dettagliata definizione di tra concetti importanti, ovvero:
- Gli intermediari finanziari (lett. a);
- Le società di partecipazione finanziaria (lett. b);
- Le società di partecipazione non finanziaria (lett. c)
Secondo l’art. 162-bis, comma 1, lett. c) del TUIR, si considerano società di partecipazione non finanziaria e soggetti assimilati i soggetti che:
- Esercitano, in via esclusiva o prevalente, l’attività di assunzione di partecipazioni in
soggetti diversi dagli intermediari finanziari; - Svolgono attività non nei confronti del pubblico ai sensi dell’art. 3 co. 2 del DM
2.4.2015 n. 53, “se inclusi in un gruppo di soggetti che svolgono prevalentemente
attività di tipo industriale e commerciale“.
La prevalenza sussiste quando, in base ai dati del bilancio approvato relativo all’ultimo
esercizio chiuso, l’ammontare complessivo delle partecipazioni in questi soggetti e degli “altri elementi patrimoniali intercorrenti con i medesimi” è superiore al 50% del totale dell’attivo patrimoniale.
Gli “altri elementi patrimoniali” menzionati dalla norma comprendono i crediti finanziari, mentre sono esclusi i crediti commerciali, le royalties, i canoni di locazione
infragruppo, ecc. Non rileva in alcun modo, invece, la struttura del Conto economico e la suddivisione dei ricavi e proventi tra quelli finanziari e quelli non finanziari.
Sostanzialmente rientrano tra le società di partecipazione non finanziaria (le holding industriali) le società che esercitano, in via esclusiva o prevalente, l’attività di assunzione di partecipazione in soggetti diversi dagli intermediari finanziari (ovvero società industriali, commerciali o di servizi).
ATTIVITA’ ESCLUSIVA DI HOLDING NON FINANZIARIA
Il requisito della prevalenza non deve essere verificato per le holding in cui l’assunzione e la gestione di partecipazioni costituisce attività esclusiva. Queste sono già holding non finanziarie a prescindere.
Società di partecipazione non finanziaria e sub-holding: chiarimenti
Nel corso di Telefisco 2019, l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che, per verificare se la holding che possiede solo partecipazioni in una sub-holding sia un intermediario finanziario, è necessario guardare alla composizione delle partecipazioni detenute dalla sub-holding.
Come si determina il requisito della prevalenza per le holding non finanziarie?
Tralasciando la categoria delle società che detengono in modo esclusivo partecipazioni in società industriali e commerciali di servizi, per le altre società occorre verificare il requisito di società di partecipazione non finanziaria attraverso il test della prevalenza.
Il requisito della prevalenza, infatti, qualifica la società come società di partecipazione finanziaria o non finanziaria a seconda che l’ammontare complessivo delle partecipazioni, rispettivamente, in intermediari finanziari o in società che non hanno lo status di intermediari finanziari, sia superiore al 50% dell’attivo patrimoniale.
Il test della prevalenza deve essere effettuato sui valori contabili (tenendo quindi conto di eventuali svalutazioni delle partecipazioni), tenendo in considerazione sia:
- Le partecipazioni iscritte tra le immobilizzazioni finanziarie;
- Le partecipazioni iscritte tra il circolante (pur se queste ultime non sono oggetto di comunicazione all’Anagrafe tributaria, laddove il soggetto partecipante sia tenuto a questo adempimento).
Il test deve essere svolto con riferimento al solo ultimo esercizio precedente chiuso. Dal test dovrebbero essere escluse le partecipazioni azionarie acquisite sul mercato di entità inferiore al 3% (5%, se si tratta di PMI), le quali non rappresentano partecipazioni rilevanti con obbligo di comunicazione alla CONSOB. Allo stesso modo, andrebbero esclusi i meri investimenti in liquidità (sempre che ciò non avvenga nell’interesse di altre società del gruppo nell’ambito di un rapporto di deposito o di custodia), e quindi non solo i conti correnti bancari, ma anche i titoli acquistati “a breve”, le quote di fondi comuni di investimento, le polizze assicurative ecc.
Principali caratteristiche fiscali delle holding industriali – società di partecipazioni non finanziarie
Una volta individuati i criteri utili ad identificare le holding industriali – società di partecipazioni non finanziarie – vediamo i principali profili che riguardano l’applicazione del regime fiscale applicabile. Le informazioni fornite di seguito indicate vengono schematizzate e riassunte, senza alcuna pretesa di esaustività.
Il principio di derivazione rafforzata per le holding
Le società di partecipazione non finanziaria hanno l’obbligo di seguire le regole di derivazione rafforzata. Si tratta delle disposizioni di cui all’art. 83, comma 1, del TUIR, per cui rilevano ai fini fiscali i criteri di qualificazione, imputazione temporale e classificazione in bilancio previsti dai principi contabili nazionali.
Che cos’è il principio di derivazione rafforzata?
Con il principio di derivazione rafforzata si tende ad assumere le indicazioni inserite in bilancio come redatte secondo il principio di prevalenza della sostanza sulla forma. Questo determina una rappresentazione dei fatti tesa ad evidenziare gli effetti legati all’effettivo trasferimento dei rischi e dei benefici dell’operazione in luogo degli effetti giuridici. L’obiettivo di questa rappresentazione dei fatti in bilancio è quello di ridurre le differenze tra l’utile di bilancio ed il reddito di impresa.
La derivazione rafforzata non si applica alle holding “micro-imprese“
Le società di partecipazione non finanziaria che si classificano come “micro-imprese” sono escluse dall’applicazione del principio di derivazione rafforzata. Per questo motivo occorre andare ad analizzare l’art. 2435-ter del c.c., il quale fissa i parametri per l’individuazione delle micro imprese. I limiti da rispettare sono i seguenti:
- Totale dell’attivo dello stato patrimoniale: Euro 175.000,00;
- Ricavi delle vendite e delle prestazioni: Euro 350.000,00;
- Dipendenti occupati in media durante l’esercizio: 5.
Per essere qualificata come micro-impresa una società non deve superare congiuntamente due limiti per due esercizi consecutivi.
Da un punto di vista pratico è da osservare che in molte situazioni le holding ricadono nella definizione di micro-impresa, considerando il fatto che di rado sono dotate di dipendenti e di regola non superano il parametro dei ricavi (ma non del valore dell’attivo patrimoniale).
Aliquota IRAP maggiorata per le holding industriali
Le società di partecipazione non finanziaria determinano il valore della produzione netta ai sensi dell’art. 6, comma 9, del D.Lgs. n. 446/97. Il principio generale è quello per il quale debbono essere seguite le regole dettate per le società di capitali non esercenti attività bancaria, finanziaria e assicurativa, con taluni correttivi di natura finanziaria.
La base imponibile IRAP è determinata sommando al valore della produzione la differenza tra:
- La somma degli interessi attivi e dei proventi assimilati;
- La somma degli interessi passivi e degli oneri assimilati.
Gli interessi passivi concorrono alla formazione del valore della produzione nella misura del 96% del loro ammontare, ovverosia sono indeducibili nella misura del 4%.
Tra i proventi e gli oneri assimilati dovrebbero rientrano tutti i proventi e gli oneri che si originano dall’impiego attivo o passivo di capitale pur se non sono qualificabili come interessi.
A partire dal 2008 non concorrono più alla formazione della base imponibile IRAP delle holding industriali:
- Le plusvalenze (minusvalenze) derivanti dalla cessione o dalla valutazione delle partecipazioni;
- I dividendi;
- I proventi derivanti dalla partecipazione ad organismi di investimento collettivo.
Alle società di partecipazione non finanziaria si applica un’aliquota IRAP maggiorata pari al 4,65%. Questa aliquota può subire ulteriori incrementi stabiliti dalle singole regioni sino ad un massimo del 5,57%.
Deducibilità degli interessi passivi per le holding
In tema di deducibilità degli interessi passivi ai sensi dell’art. 96 del TUIR pur mantenendo la distinzione tra la generalità dei soggetti IRES (tra cui le società di partecipazione non finanziaria) che applicano il monitoraggio del ROL e gli intermediari finanziari, le imprese di assicurazione e le società capogruppo di gruppi assicurativi, per i quali è stata confermata la deducibilità in misura integrale o per il 96% degli interessi passivi sostenuti.
Per le società di partecipazione non finanziaria le quali svolgono esclusivamente l’attività di detenzione di partecipazioni possono presentarsi situazioni problematiche quanto alla deducibilità degli interessi passivi se solo si considera il fatto che i proventi finanziari di cui alle voci C.15 e C.16, che per tali società costituiscono l’unico componente di segno positivo del conto economico, non vengono ricompresi nel calcolo del ROL.
Il D.Lgs. n. 142/2018 ha previsto la modifica completa dell’art. 96 del TUIR (a partire dal 2019). I principali elementi che riguardano le società di partecipazione non finanziaria sono:
- Il riporto degli interessi attivi non utilizzati ai fini della deduzione degli interessi passivi ai periodi d’imposta successivi;
- Con riferimento alle società che hanno optato per il consolidato fiscale l’eventuale eccedenza di interessi passivi indeducibili generatasi in capo a un soggetto può essere portata in abbattimento del reddito complessivo di gruppo se e nei limiti in cui altri soggetti partecipanti al consolidato presentino, per lo stesso periodo d’imposta:
- Un risultato operativo lordo (ROL) capiente non integralmente sfruttato per la deduzione;
- Un’eccedenza di interessi attivi e proventi finanziari rilevanti ai fini della compensazione con gli interessi passivi.
- La modifica del calcolo del ROL da attuarsi mediante la differenza tra il valore e i costi della produzione (ad esclusione di ammortamenti e canoni di leasing) assunti nella misura risultante dall’applicazione delle disposizioni volte alla determinazione del reddito di impresa (c.d. “ROL fiscale”);
- Al riporto dell’eccedenza del ROL (fiscale) limitato a cinque periodi di imposta, utilizzando prioritariamente il 30% del ROL dell’esercizio e poi il 30% di quello riportato dai periodi d’imposta precedenti a partire da quello meno recente.
Holding e disciplina sulle società di comodo
Per quanto riguarda la normativa sulle società di comodo, di cui all’art. 30 della Legge n. 724/94, le holding possono beneficiare di una causa di esclusione parziale. Si tratta dell’esclusione delle partecipazioni dal calcolo dei ricavi minimi presunti nel test di operatività.
Pertanto alle stesse è consentito di non:
- Applicare i coefficienti di reddittività sul valore degli asset interessati dalla disapplicazione
- Considerare gli eventuali ricavi iscritti a conto economico e direttamente riferibili alle partecipazioni detenute. Non devono essere considerati i dividendi e le eventuali plusvalenze relative a partecipazioni escluse dal test di operatività.
Da precisare che in caso di detenzione di sole partecipazioni in società considerate non di comodo la disapplicazione è totale anche se la holding non ha ricavi.
L’Agenzia delle Entrate, con la Circolare n. 44/E/2007, ha precisato che la disciplina delle società di comodo si applica alla holding anche quando questa detiene partecipazioni in società escluse per legge dalla disciplina in quanto residenti all’estero e prive di una stabile organizzazione nel territorio italiano. Questo comporta che la società holding non può escludere in maniera automatica le partecipazioni estere dal test di operatività (ciò in quanto non è possibile verificare lo status di società operativa della partecipata estera applicando il test di comodo italiano alle risultanze di un bilancio redatto con criteri e regole diverse). Resta, tuttavia, possibile disapplicare la disciplina, tra l’altro, con la presentazione di istanza di interpello.
Holding ed ISA (Indici Sintetici di Affidabilità fiscale)
Le società di partecipazione non finanziaria sono soggette agli Indici Sintetici di Affidabilità fiscale (ISA). Gli ISA si applicano alla generalità dei soggetti esercenti attività d’impresa o arti e professioni (fanno eccezione pertanto le holding costituite nella forma di società semplice).
Holding e disciplina IVA
La determinazione dello status di soggetto passivo IVA in capo alle società holding si ricava essenzialmente dalla tipologia di attività esercitata. In linea generale:
- Se la holding si limita al possesso di partecipazioni (c.d. “holding statiche“), essa non si considera un soggetto passivo IVA;
- Se, invece, interviene nella gestione delle società partecipate (ad esempio rendendo servizi amministrativi o finanziari), la soggettività passiva deve ritenersi sussistente.
Per le holding che non sono soggetti passivi IVA, il diritto alla detrazione è precluso ab-origine. La carenza della soggettività passiva d’imposta impedisce, difatti, l’esercizio del diritto alla detrazione ai sensi dell’art. 19 co. 1 del DPR n. 633/72.
Le holding soggetti passivi IVA, se effettuano operazioni esenti ex art. 10 co. 1 del DPR 633/72 nei confronti delle partecipate (es. concessione di crediti, operazioni di finanziamento), subiscono limitazioni al diritto della detrazione.
Le comunicazioni obbligatorie a cui sono soggette le holding industriali – soggetti a partecipazione non finanziaria
Le società a partecipazione non finanziaria, ovvero le holding industriali, ex art. 162-bis, comma 1, del TUIR sono soggette obbligatoriamente ad alcuni obblighi comunicativi annuali. Tali obblighi riguardano:
- La comunicazione obbligatoria all’anagrafe tributaria;
- Le comunicazioni obbligatoria al CRS e al FATCA.
Vediamole di seguito in modo schematico.
La comunicazione delle holding all’anagrafe tributaria
Gli operatori finanziari sono tenuti ad effettuare i seguenti tipi di comunicazioni all’Archivio dei rapporti con operatori finanziari dell‘Anagrafe tributaria:
- Comunicazioni con cadenza mensile relative ai rapporti o alle operazioni di natura finanziaria instaurate nell’ambito, oppure al di fuori, di un rapporto continuativo (art. 7 co. 6 del DPR n. 605/73);
- Comunicazione integrativa annuale delle movimentazioni che hanno interessato i rapporti di cui sopra (art. 7 co. 6 del DPR n. 605/73).
Ai predetti adempimenti comunicativi sono tenute anche le società di partecipazione non finanziaria e assimilate, sulla base dell’art. 10, comma 10 del D.Lgs. n. 141/2010.
La comunicazione da effettuare con cadenza mensile riguarda:
- Le partecipazioni;
- I finanziamenti ricevuti ed effettuati dalla holding;
- I prestiti obbligazionari emessi e sottoscritti dalla holding o da terzi, e quelli emessi e sottoscritti dalle partecipate o da terzi;
- Il rilascio di garanzie a terzi a favore di società partecipate.
Si precisa, inoltre, che la comunicazione integrativa annuale non deve essere trasmessa rispetto ai rapporti inerenti portafogli, cessioni indisponibili, depositi chiusi, garanzie, crediti, finanziamenti, fondi pensione, patti compensativi, finanziamenti in pool, partecipazioni e altri rapporti già oggetto di comunicazione mensile. Sulla base di tale impostazione le holding industriali possono essere pertanto esonerate dalla comunicazione integrativa annuale, nella misura in cui detengano esclusivamente i rapporti precedentemente elencati, in caso di rapporti già trasmessi che non hanno subito modifiche.
Per le comunicazioni dei dati all’Anagrafe tributaria, a carico alle holding di partecipazione (come individuate dall’articolo 12 del D.Lgs. n. 142/2018), bisogna attendere i termini ordinari per l’approvazione del bilancio, ovvero il 30 aprile per i soggetti solari.
I dati da comunicare
Sono oggetto di comunicazione all’Archivio dei rapporti dell’Anagrafe tributaria tutti i tipi di rapporto, sia quelli direttamente intestati o cointestati ai contribuenti, sia quelli sui quali i medesimi hanno facoltà di disposizione, in virtù di rapporti di rappresentanza, delega, mandato o garanzia, nonché le operazioni extra-conto non confluite all’interno di un rapporto continuativo.
Tali rapporti sono individuati mediante codici identificativi, secondo quanto riportato nell’Allegato 2 al provv. 25.1.2016 n. 1335268. Con specifico riferimento alle holding di partecipazioni, i principali rapporti da comunicare riguardano:
- Le partecipazioni;
- I finanziamenti ricevuti dai soci della holding e quelli effettuati dalla holding alle società partecipate;
- I prestiti obbligazionari, sia quelli emessi dalla holding e sottoscritti da terzi, sia quelli emessi dalle partecipate o da terzi e sottoscritti dalle holding medesime;
- Il c.d. “cash pooling“;
- Il rilascio di garanzie a terzi a favore di società partecipate ed il rilascio di garanzie da parte di terzi nell’interesse della holding a favore dell’intermediario presso cui viene acceso il rapporto di finanziamento, fatta eccezione per le garanzie già comprese nel contratto stesso di finanziamento.
Le comunicazioni ai fini CRS e FATCA
Nell’ambito dello scambio automatico di informazioni secondo il Common Reporting Standard (CRS), le holding di partecipazioni possono essere tenute, al ricorrere di alcune condizioni, ad effettuare le comunicazioni relative ai dati dei conti dei soggetti non residenti, regolate dal D.M. 28 dicembre 2015. Tale obbligo sussiste se, per la tipologia di attività svolta, la holding rientra nella categoria delle Entità di investimento, come definite all’art. 1 co. 1 lett. h) del citato D.M. 28 dicembre 2015.
La disposizione esclude la sussistenza di tale qualifica rispetto alle entità in cui tutta l’attività consiste nella detenzione di partecipazioni o nella fornitura di servizi alle partecipate che svolgono attività industriali, commerciali o di servizi (condizione che caratterizza le c.d. “holding statiche”, che non sono tenute agli obblighi di comunicazione).
Nel caso in cui rientri tra i soggetti obbligati, la holding dovrebbe effettuare la comunicazione CRS sia nel caso in cui effettivamente sussistano rapporti con soggetti non residenti sia nel caso in cui detti rapporti non sussistano (in questo secondo caso dovrà essere presentata la Comunicazione di assenza di dati da comunicare). La cadenza delle comunicazioni CRS è annuale e prevista, di volta in volta, sulla base di appositi provvedimenti dell’Agenzia delle Entrate.
Con riferimento invece alla normativa del Foreign Account Tax Compliance Act (FATCA) che regola i rapporti di comunicazione con l’autorità fiscale statunitense per il contrasto all’evasione fiscale dei contribuenti statunitensi che fanno investimenti tramite intermediari finanziari esteri, gli intermediari sono tenuti a identificare i titolari dei conti detenuti nel proprio paese da cittadini e residenti negli Stati Uniti e a trasmetterle tramite le agenzie delle entrate nazionali all’autorità fiscale americana (IRS).
La normativa è recepita nell’ordinamento italiano dal D.M. 06 agosto 2015, laddove all’art. 1, co. 1, n. 7.1, viene previsto che sono soggette alla comunicazione, tra le altre, anche le entità la cui attività principale consiste nella detenzione, diretta o indiretta, di tutte o parte delle quote o azioni di uno o più membri del proprio Expanded Affiliated Group (concetto assimilabile a quello del gruppo societario dove un’entità controlla le altre entità, ovvero le entità sono soggette a controllo comune, laddove il controllo comprende il possesso, diretto o indiretto, di più del 50% dei diritti di voto e del valore di un’entità). Anche per le comunicazioni FATCA la cadenza è annuale e prevista, di volta in volta, sulla base di appositi provvedimenti dell’Agenzia delle Entrate.
Cos’è l’archivio dei rapporti finanziari?
L’Anagrafe dei rapporti finanziari è una banca dati dell’anagrafe tributaria che contiene al suo interno tutte le informazioni che gli operatori finanziari devono sistematicamente trasmettere all’Amministrazione finanziaria. Si tratta di una banca dati in cui sono contenuti i dati identificativi e contabili di tutti i soggetti titolari di rapporti di conto corrente o di deposito, istituita al fine di rendere più efficiente l’attività di controllo dell’Amministrazione finanziaria.
L’obbligo, per gli operatori finanziari, di comunicare all’Anagrafe tributaria le informazioni sui saldi e sulle movimentazioni dei rapporti attivi dei contribuenti italiani, è stato introdotto dal D.L. n. 201/2011. La comunicazione dei dati al fisco deve essere effettuata attraverso il SID (sistema di interscambio dati).
Come funziona l’archivio dei rapporti finanziari?
L’archivio dei rapporti finanziari è organizzato in base al codice fiscale di ciascun intestatario dei rapporti finanziari. Banche e altri operatori finanziari inviano periodicamente e in modalità telematica all’Anagrafe tributaria i dati di natura qualitativa e quantitativa dei loro clienti (italiani) tramite le loro filiali o le loro sedi operative all’estero.
Quali sono i dati che devono essere comunicati al fisco?
Gli operatori finanziari comunicano, con periodicità mensile, i dati relativi ai rapporti finanziari. Con periodicità annuale, invece, gli operatori finanziari comunicano i dati relativi ai saldi del rapporto, distinti in saldo iniziale al 1° gennaio e saldo finale al 31 dicembre, dell’anno cui è riferita la comunicazione, ovvero il saldo iniziale di apertura e il saldo contabilizzato antecedente la data di chiusura, per i rapporti chiusi in corso d’anno
La comunicazione deve essere effettuata annualmente entro la data del 15 febbraio dell’anno successivo a quello cui si riferiscono le informazioni, mentre la comunicazione mensile deve essere effettuata entro il mese successivo all’apertura o alla cessazione del rapporto finanziario.
L’archivio dei rapporti finanziari viene utilizzato per le indagini finanziarie, per elaborare liste selettive per l’analisi del rischio di evasione e per le verifiche e i controlli effettuati ai fini ISEE. Ultimamente, è aumentato anche l’uso dei dati contenuti nell’archivio dei rapporti finanziari, da parte dei concessionari della riscossione per le procedure esecutive di pignoramento presso terzi, condotte proprio sui conti bancari del debitore.
Holding industriali: consulenza fiscale
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Soltanto in questo modo, infatti, potrai essere sicuro di evitare di commettere errori, che in futuro possono esserti contestati e quindi sanzionati.