Effettuare un’attività di tax planning significa saper consigliare lo strumento giusto per ogni tipologia di contribuente e attività lavorativa. In questo report voglio concentrarmi sulle retribuzioni convenzionali. Si tratta di una particolare modalità di tassazione dei redditi da lavoro dipendente per lavoratori che mantengono la residenza fiscale in Italia e si trovano a svolgere attività lavorativa all’estero (come oggetto esclusivo del rapporto) per almeno 183 giorni nell’arco di 12 mesi. Inoltre, è necessario che l’attività lavorativa rientri in uno dei settori ricompresi in uno specifico Decreto Ministeriale che viene pubblicato annualmente.
Attraverso questa modalità di tassazione del reddito il lavoratore ha la possibilità di tassare un reddito figurativo al posto del reddito effettivamente percepito. In questo articolo andremo a riepilogare questo regime di tassazione dei redditi da lavoro dipendente estero. Al termine dell’articolo puoi trovare il modulo di contatto per sfruttare la nostra consulenza fiscale utile a chiarire i tuoi dubbi. Oggi sempre più lavoratori sono interessati dall’internazionalizzazione delle imprese. Si tratta di processi che spesso portano lavoratori italiani ad essere assunti da aziende estere, per lo spostamento della sede di lavoro. Oppure, in altri casi siamo di fronte a casi di distacco del personale all’estero.
Indice degli Argomenti
- La tassazione dei redditi da lavoro dipendente percepiti all’estero
- La residenza fiscale dei contribuenti
- Residenza fiscale nella disciplina convenzionale
- Disciplina fiscale delle retribuzioni convenzionali
- Retribuzioni convenzionali: casi di non applicazione
- Condizioni contrattuali per la retribuzione convenzionale
- Disciplina previdenziale
- Tabelle delle retribuzioni convenzionali dell’INPS 2024
- Gli accertamenti da parte dell’Amministrazione finanziaria
- Conclusioni e consulenza fiscale online
La tassazione dei redditi da lavoro dipendente percepiti all’estero
I redditi corrisposti per l’attività di lavoro dipendente svolta all’estero con carattere di continuità da parte di lavoratori dipendenti Italiani, concorrono alla formazione del reddito complessivo in Italia. Questo se l’attività lavorativa estera supera i 183 giorni. Il riferimento riguarda i lavoratori che conservano residenza fiscale italiana. Attenzione però!
Il concetto di residenza fiscale è quello previsto dall’articolo 2 del DPR n. 917/86 (TUIR). In pratica, se sei assunto da una società estera, o sei in distacco temporaneo all’estero, e svolgi attività di lavoro dipendente questo deve essere tassato in Italia. Tuttavia, per questi lavoratori è prevista un’agevolazione fiscale. È possibile tassare in Italia non tanto la retribuzione effettivamente percepita, ma una retribuzione figurativa. Retribuzione che viene definita retribuzione convenzionale. Questo in quanto è definita annualmente con decreto del ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali. In questo report voglio spiegarti le condizioni che ti possono permettere di applicare retribuzioni convenzionali. Questo sia che tu sia un lavoratore in distacco all’estero, o con contratto estero, ma residente fiscalmente in Italia.
La residenza fiscale dei contribuenti
Il punto di partenza per l’applicazione della disciplina fiscale sulle retribuzioni convenzionali è capire quali soggetti possono utilizzarla. In particolare, possono sfruttare le retribuzioni convenzionali sono le persone fisiche residenti fiscalmente in Italia. Ai sensi dell’articolo 2 del DPR n 917/86 si considerano residenti fiscalmente in Italia le persone fisiche che, per la maggior parte del periodo di imposta, rispettano uno dei seguenti requisiti:
- Risultano iscritte all’anagrafe della popolazione residente nello Stato;
- Hanno il domicilio nello Stato (ex art. 43 c.c.). Ovvero hanno stabilito la sede principale dei loro affari ed interessi, anche morali e sociali, nello Stato;
- Hanno la residenza nello Stato (ex art. 43 c.c.). Hanno dunque in Italia la loro dimora abituale, cioè il luogo nel quale normalmente si trovano.
Il criterio della maggior parte del periodo d’imposta è verificato se il periodo di permanenza è di almeno 183 giorni anche non continuativi nell’anno. I predetti requisiti sono alternativi tra loro e non concorrenti. Questo significa che è sufficiente il verificarsi di uno soltanto di essi affinché un soggetto venga considerato fiscalmente residente in Italia.
L’importanza dell’analisi della propria situazione
Nella mia esperienza personale ho visto tante persone applicare in modo non corretto le retribuzioni convenzionali. E’ di fondamentale importanza analizzare compiutamente la propria situazione personale. E’ importante, infatti, capire se il contribuente che lavora all’estero abbia conservato o meno la residenza fiscale italiana. Soltanto qualora vi siano i requisiti per essere considerati residenti fiscalmente in Italia, la retribuzione convenzionale può trovare applicazione. Particolare importanza deve essere data al concetto, sopra indicato, di domicilio. E’ considerato fiscalmente residente in Italia un soggetto che, indipendentemente dalla propria effettiva presenza sul territorio nazionale, mantenga il centro dei propri interessi familiari morali e sociali in Italia (Circolare n. 304/E/97). Inoltre, la cancellazione dall’anagrafe della popolazione residente e la conseguente iscrizione all’AIRE (Anagrafe degli italiani residenti all’estero) da sola non è sufficiente ad escludere il domicilio o la residenza nello Stato. In quanto questi ultimi, sono criteri alternativi alle risultanze anagrafiche.
Per approfondire: “Trasferimento della residenza all’estero: la guida“.
Residenza fiscale nella disciplina convenzionale
Ai fini della qualificazione del lavoratore dipendente come residente fiscalmente o meno, occorre, tener conto anche di quanto previsto dalle norme internazionali. Vi possono essere situazioni in cui il contribuente, con domicilio in Italia, si trovi all’estero per motivi di lavoro per oltre 183 giorni nell’anno. In questo caso il lavoratore potrebbe maturare anche i requisiti per essere considerato fiscalmente residente anche nello Stato estero ove soggiorna. Queste situazioni sono definite di “doppia residenza fiscale” (c.d. “dual residence“). In questi casi è necessario individuare dei criteri dirimenti per individuare la residenza fiscale, tra lo Stato della fonte del reddito e quello di domicilio.
In questi casi vi sono regole speciali, definite dalla normativa convenzionale, che derogando alle norme interne. Tali criteri, infatti, indicano delle regole suppletive per stabilire il Paese di residenza fiscale.
Tie breaker rules
Queste regole, definite “tie breaker rules“. Esse devono essere applicate secondo l’ordine progressivo (nel senso che se non è applicabile la prima si passa alla seconda e così via), e non concorrente. Le regole sono le seguenti:
- Dimora permanente;
- Centro degli interessi vitali;
- Soggiorno abituale;
- Nazionalità.
Naturalmente, per approfondimenti sull’applicazione delle tie breaker rules ti rimando a questo report: “Doppia residenza fiscale. Tie Breaker Rules“.
Modello OCSE e lavoro dipendente
Se stai proseguendo la lettura significa che hai capito di avere la residenza fiscale italiana. A questo punto è necessario proseguire ed individuare come la normativa convenzionale disciplina la tassazione dei redditi da lavoro dipendente percepiti all’estero. L’Italia con riferimento ai redditi di lavoro dipendente ha adottato, per la maggior parte dei trattati contro le doppie imposizioni, l’articolo 15. Come formulato dal modello predisposto dall’OCSE. Tale disposizione prevede, in via generale, che:
In base a tale regolamentazione, quindi, in questi casi vi è una tassazione concorrente. Il reddito da lavoro dipendente prestato all’estero da un soggetto residente in Italia è tassato sia all’estero che in Italia.
Lavoro dipendente tassato nello Stato di residenza fiscale
In deroga a tale regola generale, il comma 2 dell’articolo 15 stabilisce che le remunerazioni che un residente di uno Stato contraente (Italia) riceve in corrispettivo di una attività dipendente svolta nell’altro Stato (estero) contraente sono imponibili soltanto nel primo Stato (di residenza) se:
- Il beneficiario soggiorna nell’altro Stato (estero) per un periodo o periodi che non oltrepassano in totale 183 giorni in un periodo di dodici mesi che inizi o che termini nel corso dell’anno fiscale considerato;
- Le remunerazioni sono pagate da o per conto di un datore di lavoro che non è residente dell’altro Stato (Stato estero);
- L’onere delle remunerazioni non è sostenuto da una stabile organizzazione o da una base fissa che il datore di lavoro ha nell’altro Stato (Stato Estero).
Disciplina fiscale delle retribuzioni convenzionali
Quella che ho delineato fino ad adesso, è la normativa generale riguardante la tassazione dei redditi da lavoro dipendente estero. Tuttavia, in alcuni casi, per i lavoratori dipendenti che lavorano all’estero, la normativa interna consente un’agevolazione. Infatti, al verificarsi di alcune condizioni è possibile tassare in luogo del reddito di lavoro subordinato effettivamente percepito le retribuzioni convenzionali. Sul punto, l’articolo 51, comma 8-bis, del DPR n. 917/86 stabilisce che:
Art. 51, co. 8-bis TUIR – Retribuzioni convenzionali redditi da lavoro dipendente |
---|
“in deroga alle disposizioni dei commi da 1 a 8, il reddito di lavoro dipendente, prestato all’estero in via continuativa e come oggetto esclusivo del rapporto da dipendenti che nell’arco di dodici mesi soggiornano nello Stato estero per un periodo superiore a 183 giorni, è determinato sulla base delle retribuzioni convenzionali definite annualmente con il Decreto del Ministro del Lavoro e della Previdenza Sociale di cui all’articolo 4, comma 1, del D.L. n. 317/87, convertito, con modificazioni, dalla Legge n. 398/87“ |
Questa disposizione prevede un agevolazione che consente, al verificarsi di determinate condizioni, di tassare in luogo del reddito di lavoro subordinato effettivamente percepito le retribuzioni convenzionali. Retribuzione che generalmente è inferiore rispetto al reddito effettivamente percepito. Quindi, tassare la retribuzione convenzionale al posto di quella effettiva è sicuramente un bel vantaggio!
Vediamo quali sono le condizioni che consentono di poter applicare le retribuzioni convenzionali.
Condizioni per l’applicazione delle retribuzioni convenzionali
Le retribuzioni convenzionali si applicano al verificarsi di queste condizioni, riepilogate nella tabella seguente:
Condizione | Descrizione |
---|---|
Residenza fiscale | Il lavoratore dipendente sia fiscalmente residente in Italia, ex art. 2 del TUIR |
Lavoro in settore di attività individuati dal Decreto Ministeriale | Svolgimento di lavoro dipendente all’estero in via continuativa che opera in uno dei settori di attività individuati nel nel decreto ministeriale sulle retribuzioni convenzionali. In caso contrario, l’assenza del settore economico nel quale viene svolta l’attività dal lavoratore costituisce motivo ostativo all’applicazione del regime di vantaggio (Circolare n. 20/E/2011 e Risposta a interpello n. 54/E/2022). |
Lavoro come oggetto esclusivo del rapporto | Il lavoro sia oggetto esclusivo del rapporto. Con la C.M. n. 207/2000 è stato chiarito che è necessario stipulare uno specifico contratto che preveda l’esecuzione della prestazione all’estero come oggetto esclusivo del rapporto di lavoro e che il dipendente venga collocato in uno speciale ruolo estero (aspetto non necessario, quest’ultimo in caso di assunzione diretta da parte dell’impresa estera). |
Lavoro all’estero per oltre 183 giorni nell’arco di 12 mesi | Soggiorno all’estero per un periodo superiore a 183 giorni anche non consecutivi, nell’arco di 12 mesi (anche a cavallo di due anni). Per il computo dei 183 giorni rilevano, in ogni caso, il periodo di ferie, le festività, i riposi settimanali e gli altri giorni non lavorativi, indipendentemente dal luogo in cui sono trascorsi (C.M. 207/2000). |
Qualora non trovi concreta applicazione una delle condizioni esposte non potrà trovare applicazione l’applicazione delle retribuzioni convenzionali per la tassazione del reddito. In questo caso il reddito deve essere dichiarato prendendo a riferimento la retribuzione effettivamente percepita (secondo il principio di “cassa“). Ad esempio, la disposizione in commento non può trovare applicazione per i lavoratori in trasferta.
Esclusività del rapporto di lavoro estero
Ai fini dell’applicazione delle retribuzioni convenzionali ci appare opportuno soffermarsi su un aspetto importante descritto in precedenza, il requisito dell’esclusività del rapporto di lavoro. L’attività lavorativa deve costituire l’oggetto esclusivo del rapporto di lavoro, pertanto, l’attività lavorativa deve essere integralmente svolta all’estero.
Il requisito dell’esclusività appare soddisfatto quando la prestazione di lavoro estera costituisce l’unica attività affidata al dipendente. Non è, quindi, accessoria o strumentale rispetto allo svolgimento di altre mansioni. È il caso, ad esempio del compimento di fiere o missioni presso clienti stranieri, fiere o trasferte presso società collegate estere. In questi casi la mansione appare accessoria rispetto all’attività svolta in Italia. In pratica, quindi, l’unico oggetto del rapporto di lavoro tra azienda e dipendente deve essere lo svolgimento di attività lavorativa all’estero. È necessario, quindi, stipulare uno specifico contratto che preveda l’esecuzione della prestazione in via esclusiva all’estero e collocare il dipendente in uno speciale ruolo estero. Sul punto vedasi i chiarimenti della risposta ad interpello n. 345/E/2021 dell’Agenzia delle Entrate.
Continuità del rapporto di lavoro estero
Per quanto riguarda la continuità del rapporto, invece, si deve fare riferimento al fatto che l’incarico debba essere stabile, non di tipo occasionale. È sufficiente che il lavoratore presti la propria opera all’estero per un minimo di 183 giorni nell’arco di dodici mesi. Calcolo da effettuare facendo riferimento alla permanenza all’estero stabilita nel contratto, possibile anche per un periodo a cavallo di due anni solari. Nel conteggio dei 183 giorni rientrano anche le ferie, le festività, i riposi settimanali e gli altri giorni non lavorativi, indipendentemente dal luogo in cui sono trascorsi (Circolare n. 207/E/2000).
Tabella: conteggio dei 183 giorni per l’applicazione delle retribuzioni convenzionali
Fattispecie | Rientrano nel computo dei giorni |
---|---|
Giorni lavorativi nello Stato Estero | SI |
Giorni lavorativi in altri Paesi | NO |
Ferie non trascorse nello Stato estero | SI |
Festività non trascorse nello Stato estero | SI |
Riposi settimanali non trascorsi nello Stato estero | SI |
Soggiorno all’estero per un periodo superiore a 183 giorni avvenga a cavallo di due anni
Con la risposta a interpello n. 50 del 2023, l’Agenzia delle Entrate ha fornito chiarimenti sull’applicazione delle convenzionali in caso di soggiorno all’estero per un periodo superiore a 183 giorni a cavallo di due anni. L’Amministrazione finanziaria, per la prima volta, esplicita un orientamento secondo il quale la valorizzazione su due differenti periodi d’imposta può essere effettuata solo quando in entrambi gli anni il lavoratore sia qualificato come fiscalmente residente in Italia. Il principio ha un notevole impatto sulla gestione dei dipendenti operanti all’estero.
Gli obblighi del sostituto d’imposta
Se il contratto prevede la permanenza all’estero per più di 183 giorni, il sostituto applica la tassazione su base convenzionale a partire dalla prima retribuzione erogata, salvo rettifica in sede di conguaglio qualora vengano meno i requisiti richiesti. Nel caso in cui vengano corrisposte retribuzioni prima dell’entrata in vigore del decreto che ogni anno stabilisce le nuove retribuzioni convenzionali si fa riferimento al decreto dell’anno precedente, salvo poi ricalcolare in fase di conguaglio. Nel caso in cui nel decreto non sia previsto il settore economico nel quale viene svolta l’attività da parte del dipendente non è possibile applicare il regime delle retribuzioni convenzionali.
Retribuzioni convenzionali: casi di non applicazione
Nella tassazione del reddito da lavoro dipendente estero in Italia non sempre può trovare applicazione la retribuzione convenzionale. Se il lavoratore dipendente presta la propria attività per un datore di lavoro estero, ma trascorre in Italia la maggior parte dell’anno, la retribuzione convenzionale non può essere applicata. Si pensi al caso del telelavoro o di tutte quelle attività lavorative ove la presenza in loco non è indispensabile (come le attività online).
Altra casistica che non permette l’applicazione delle retribuzioni convenzionali è il fatto di operare in settori lavorativi per i quali il ministero non ha previsto l’applicazione delle retribuzioni convenzionali. Inoltre, la retribuzione convenzionale non trova applicazione quando lo Stato estero preveda che la tassazione del reddito da lavoro dipendente debba avvenire esclusivamente in loco, e non anche nello stato di residenza fiscale del lavoratore. Questo aspetto è disciplinato nella convenzione contro le doppie imposizioni siglata tra l’Italia e lo Stato estero in questione. Ricordo, che la normativa convenzionale prevale comunque sulle normative fiscali nazionali
Condizioni contrattuali per la retribuzione convenzionale
Tuttavia, la condizione più importante da rispettare per far trovare applicazione la retribuzione convenzionale è la seguente:
“è necessario che venga stipulato uno specifico contratto di lavoro che preveda l’esecuzione della prestazione lavorativa in via esclusiva all’estero e che il lavoratore dipendente venga collocato in un ruolo speciale estero“ |
In pratica, l’esecuzione della prestazione lavorativa deve essere integralmente svolta all’estero. Da ciò si deduce che tale normativa non si applica ai dipendenti in trasferta. In questo caso, infatti, viene a mancare il requisito della continuità ed esclusività dell’attività lavorativa all’estero derivante da un contratto specifico.
Tassazione forfettaria anche in assenza di distacco internazionale del personale
Un’interpretazione letterale dell’articolo 51 comma 8-bis del DPR n 917/86 porta a ritenere che quest’ultimo sia applicabile anche nell’ipotesi in cui il lavoratore venga assunto direttamente dall’azienda straniera. Questo senza che si realizzi un distacco di personale da società italiana ad impresa estera. Il predetto orientamento è stato, peraltro, confermato dall’Agenzia delle Entrate, quesito 1.5 della Circolare n. 11/E/2014. Questo documento di prassi ha precisato come l’applicazione del regime in esame sia possibile anche qualora non sia presente in Italia alcun soggetto che adempia, a favore del dipendente stesso, i relativi obblighi contributivi.
Tassazione convenzionale anche in caso di assunzione diretta all’estero – Circolare n. 50/E/2002 Entrate
Questo aspetto, ovvero l’applicazione delle retribuzioni convenzionali a dipendenti assunti direttamente da datore di lavoro estero, è stato oggetto di prima analisi dalla Circolare n. 50/E/2002. In questo documento, l’Agenzia delle Entrate, al paragrafo 18, ha previsto l’applicazione delle retribuzioni convenzionali ad un lavoratore dipendente italiano (residente fiscalmente in Italia) assunto presso una società estera (in questo caso tedesca). Tale lavoratore aveva svolto in Germania l’attività per più di 183 nell’arco di dodici mesi.
L’Agenzia ha dato parere favorevole all’applicazione delle retribuzioni convenzionali. In pratica, in questi casi è lo stesso lavoratore a dover inquadrare il suo contratto tra quelli previsti dal decreto ministeriale. Successivamente questi è tenuto ad indicare nel quadro RC del modello Redditi l’importo della retribuzione convenzionale spettante. Allo stesso modo deve essere compilato il quadro CE (ex art. 165 del TUIR) al fine di determinare il credito per imposte estere spettante. Credito che è calcolato in base alle trattenute estere applicate alla retribuzione del lavoratore.
Considerazioni pratiche
Resta evidente che, da un punto di vista operativo, nell’ipotesi descritta, risulta difficile individuare con precisione la retribuzione convenzionale da assoggettare ad imposizione. Quest’ultima viene, infatti, fissata dal decreto ministeriale sopra richiamato, alla luce della retribuzione nazionale di riferimento. Ovvero del trattamento previsto per il lavoratore dal contratto collettivo italiano, comprensivo degli emolumenti riconosciuti per accordo tra le parti. Al fine di rendere applicabile la disposizione dell’articolo 51, comma 8-bis del DPR n. 917/86, si consiglia, pertanto, di inserire all’interno del contratto di lavoro stipulato all’estero:
- Gli opportuni richiami al livello di inquadramento collettivo italiano;
- La relativa retribuzione che lo stesso dipendente percepirebbe, se l’assunzione, invece che all’estero, fosse avvenuta all’interno del territorio nazionale.
Nell’ipotesi in cui il decreto non preveda il settore economico in cui viene svolta l’attività da parte del dipendente, non troverà applicazione la retribuzione convenzionale. In questo caso la tassazione del reddito da lavoro dipendente estero avverrà in base alla retribuzione effettivamente percepita. Vedi la Circolare n. 20/E/2011 dell’Agenzia delle Entrate.
Il calcolo della retribuzione convenzionale
Arrivato a questo punto sono sicuro che sei in grado di capire se nella tua situazione può trovare accoglimento l’applicazione della retribuzione convenzionale. Questa, come detto, ti permette di tassare una retribuzione figurativa al posto di quella effettivamente percepita.
Tieni presente che questa normativa non ammette eccezioni!
Questo significa che non puoi, ad esempio, optare per la tassazione del reddito effettivamente percepito, nel caso in cui tu ti possa avvalere della retribuzione convenzionale. Il procedimento per l’individuazione della retribuzione convenzionale da sottoporre a tassazione è il seguente:
- Individuare il proprio settore di attività tra quelli previsti dal Ministero. Industria; industria edile; artigianato; industria cinematografica; spettacolo; autotrasporto e spedizione merci; commercio; credito; assicurazioni; trasporto aereo; agricoltura;
- Individuare la propria fascia di reddito. In relazione ai lavoratori per i quali sono previste fasce di reddito, la retribuzione convenzionale imponibile è determinata “sulla base del raffronto con la fascia di retribuzione nazionale corrispondente“. Ai fini dell’attuazione della disposizione relativa alle fasce di retribuzione, per retribuzione nazionale deve intendersi il trattamento previsto per il lavoratore dal contratto collettivo, “comprensivo degli emolumenti riconosciuti per accordo tra le parti“. Incluso superminimo e altre indennità, con esclusione dell’indennità estero;
- Individuare la retribuzione convenzionale. L’importo così calcolato (deve poi essere diviso per dodici nel caso siano previste fasce di reddito) e, raffrontando il risultato del calcolo con le tabelle del settore corrispondente, deve essere individuata la fascia retributiva da prendere a riferimento ai fini degli adempimenti contributivi e dichiarativi.
Esempio di calcolo fascia di retribuzione convenzionale
Proviamo a fare un esempio prendendo in considerazione i seguenti quadri:
- Settore: industria;
- Qualifica: quadro;
- RAL: euro 55.000;
- Valore complessivo dei benefit esteri: 15.000 euro.
Per il settore industria, qualifica quadri, le tabelle ministeriali valide ipotizziamo che siano le seguenti:
Fascia | Scaglioni | Retribuzione convenzionale |
---|---|---|
I | Fino a 4.000,62 | 4.000,62 |
II | Da 4.000,63 a 4.760,94 | 4.760,94 |
III | Da 4.760,95 a 5.521,27 | 5.521,27 |
IV | Da 5.521,28 a 6.281,59 | 6.281,59 |
V | Da 6.281,60 a 7.041,93 | 7.041,93 |
VI | Da 7.041,94 in poi | 7.802,17 |
Pertanto, dividendo la RAL per 12 ed escludendo dal calcolo i benefit esteri, il valore di riferimento è pari ad € 4.583 (55.000/12 = 4.583). Tale valore si colloca nella fascia tra 4.000,63 euro ed 4.760,94 euro. Pertanto, la retribuzione convenzionale applicabile è pari ad 4.760,94 euro.
Nell’esempio proposto, la retribuzione convenzionale è superiore a 1/12 della RAL, che ammonta a 4.583 euro. Tuttavia tale differenza è sensibilmente inferiore, riferita all’anno, rispetto al valore dei benefit esteri che potrebbero essere assoggettati a tassazione, in caso di calcolo analitico. Specularmente, lo stesso calcolo applicato alla base imponibile contributiva sulla retribuzione convenzionale invece che sulla retribuzione effettiva, comprensiva delle indennità e dei benefit legati all’invio all’estero, comporta una riduzione della base imponibile.
Sul futuro importo pensionistico del dipendente, tali minori importi impattano sia sul montante contributivo che, per i soggetti vicini all’età pensionabile, sulla retribuzione media utile per la quota retributiva.
Deducibilità dei contributi esteri
Il contribuente fiscalmente residente in Italia che presta la propria attività lavorativa all’estero per conto di un datore di lavoro estero deve dichiarare quanto percepito al netto dei contributi previdenziali obbligatori versati nello Stato estero. È quanto affermato dall’Amministrazione Finanziaria nella C.M. 17/E del 24.04.2015, paragrafo 4.7, in risposta alle questioni interpretative in materia di IRPEF prospettate dal Coordinamento Nazionale dei Centri di Assistenza Fiscale e da altri soggetti.
Il chiarimento fornito dall’Amministrazione Finanziaria si riferisce al caso in cui non trovino applicazione le retribuzioni convenzionali, meccanismo che prevede, al verificarsi di determinate condizioni, di tassare in luogo del reddito di lavoro subordinato effettivamente percepito una retribuzione “forfettaria”, generalmente, inferiore al reddito effettivamente percepito. Detto questo dobbiamo capire se i contributi previdenziali obbligatori versati all’estero possano essere computati nel calcolo della retribuzione convenzionale. Su questo aspetto, anche se in assenza di chiarimenti dell’Agenzia delle Entrate, la risposta è da ritenersi affermativa.
L’Agenzia delle Entrate, infatti, ha espressamente specificato che l’unica condizione da soddisfare al fine di poter scomputare i contributi versati, è che: “le somme e i valori cui i contributi si riferiscono siano assoggettate a tassazione in Italia”. Detto questo a nulla rileva il fatto che tali contributi vadano a riduzione del reddito effettivamente percepito, piuttosto che del reddito convenzionale determinato.
Sul punto rilevante è la sentenza n. 17747/2024 con cui la Corte di Cassazione ha stabilito che, per i redditi determinati con le retribuzioni convenzionali è ammessa la deducibilità dei contributi versati nello Stato estero in ottemperanza a disposizioni di legge. Tale sentenza si allinea alla precedente della C.G.T. II Veneto n. 373/2/23. Questa ha stabilito che il diritto allo scomputo dei contributi non può essere negato sulla scorta della considerazione (errata) per cui le retribuzioni convenzionali rappresenterebbero una sorta di agevolazione rimessa alla scelta del contribuente.
Certificazione estera. Tali dati potranno essere desunti da una “certificazione” rilasciata dal datore di lavoro estero. In generale anche all’estero è previsto il rilascio di un documento analogo al modello CU italiano. In alternativa, si dove procedere alla sommatoria delle voci dei “cedolini paga” esteri ricevuti.
Il ragguaglio giornaliero
Nel caso in cui il rapporto di lavoro sia svolto a tempo parziale, la retribuzione convenzionale dovrà essere ridotta proporzionalmente all’orario di lavoro (Circolare N. 72/E/1990). È possibile ragguagliare a giornata i valori convenzionali esclusivamente in caso di assunzione, risoluzione del rapporto, trasferimento nel corso del mese. Operativamente l’imponibile mensile deve essere diviso per 26 giornate e, successivamente, moltiplicato per il numero dei giorni, domeniche escluse, comprese nella frazione di mese interessata.
In caso di passaggio di qualifica nel corso del mese, ovvero di mutamento nel corso del mese del trattamento economico individuale da contratto collettivo, nell’ambito della qualifica di “quadro”, “dirigente” e “giornalista”, o per passaggio di qualifica, con la medesima decorrenza della nuova qualifica o della variazione del trattamento economico individuale deve essere attribuita la nuova retribuzione convenzionale. A questo fine, è opportuno chiarire che per il conteggio dei giorni di permanenza all’estero del lavoratore dipendente, rilevano in ogni caso nel computo dei 183 giorni:
- Il periodo di ferie;
- Le festività;
- I riposi settimanali e
- Gli altri giorni non lavorativi,
Questo indipendentemente dal luogo in cui sono trascorsi questi giorni. Vedasi la Circolare n. 207/2000 del Ministero delle Finanze (paragrafo 1.5.7).
La richiesta di applicazione delle retribuzioni convenzionali
L’azienda datrice di lavoro, al verificarsi delle condizioni previste dall’articolo 51, comma 8-bis del DPR n 917/86, opera le ritenute ai fini Irpef, non sulla retribuzione effettivamente percepita dal lavoratore per il lavoro estero. Bensì sugli importi convenzionali, comprensivi di eventuali fringe benefits erogati. A questo fine, la Circolare n. 207/E/2000 ha precisato che l’azienda datrice di lavoro è tenuta a:
- Stipulare con il dipendente uno specifico contratto da cui risulti la esclusività (nonché il rapporto in via continuativa) della prestazione svolta all’estero;
- Collocare il lavoratore su uno specifico ruolo estero (formalità che può essere adempiuta mediante la tenuta degli ordinari libri paga e matricola, regolarmente vidimati dagli enti previdenziali).
È il caso di ricordare che, se si presentassero eventuali situazioni di doppia tassazione derivanti dalla circostanza che il dipendente possa risultare fiscalmente residente sia in Italia che nel Paese estero. Ovvero dal fatto che uno stesso reddito risulti imponibile in entrambi gli Stati, è possibile ricorrere allo strumento del credito di imposta. Articolo 165 del DPR n. 917/86. Credito da ottenere con apposita richiesta, a pena di decadenza, nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta in cui le imposte estere sono state pagate a titolo definitivo.
Per approfondire: “Credito per imposte estere in dichiarazione“.
Indicazione nel modello 730
L’indicazione dell’applicazione delle retribuzioni convenzionali da parte del lavoratore passa attraverso la dichiarazione dei redditi. Sia che si stia utilizzando il modello 730 o il modello Redditi PF, all’interno del quadro relativo all’indicazione dei redditi da lavoro dipendente:
- Quadro C del modello 730;
- Quadro RC del modello Redditi PF,
in considerazione della colonna 4 “altri dati” del rigo corrispondere al reddito da indicare, deve essere indicato il codice relativo alle retribuzioni convenzionali.
Codice 6 – “Redditi prodotti all’estero in via continuativa e come oggetto esclusivo del rapporto, determinati sulla base delle retribuzioni convenzionali definite annualmente dal Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali“.
Credito per imposte estere
Nel caso in cui al lavoratore vengano applicate imposte estere sul reddito percepito, queste ai sensi dell’art. 24 del modello OCSE e dell’art. 165 del TUIR possono essere portare a credito nello Stato di residenza fiscale. La prima condizione da rispettare per la formazione del credito per imposte estere è che tali imposte assumano il carattere di definitività. Questo significa che il lavoratore è tenuto a presentare la dichiarazione dei redditi nel Paese estero al fine di individuare il valore delle imposte divenute definitive (non più richiedibili a rimborso).
A questo punto, tuttavia, è necessario tenere in considerazione quanto previsto dall’art. 165, co. 10 del TUIR. Tale disposizione prevede che se il reddito concorre solo parzialmente alla formazione della base imponibile in Italia, anche le imposte assolte all’estero devono essere ridotte nella stessa proporzione. Questo significa che, inevitabilmente, l’applicazione della retribuzione convenzionale comporta una rideterminazione (al ribasso) delle imposte estere che concorrono alla formazione del credito in Italia. In particolare, il calcolo da fare è il seguente:
Imposta estera versata a titolo definitivo * (reddito convenzionale – contributi previdenziali) / (reddito effettivo – contributi previdenziali) |
L’imposta estera così rideterminata potrà concorrere alla determinazione del credito per imposte estere nel quadro CE del modello Redditi PF. Naturalmente, devono essere rispettate tutte le condizioni previste per l’attribuzione del credito.
Il distaccato all’estero in trasferta in altri Stati
L’Agenzia delle Entrate con la risposta ad interpello n. 428/E/23 ha chiarito che può trovare applicazione la disciplina delle retribuzioni convenzionali anche nel caso in cui il lavoratore, distaccato in Paese estero, effettui delle trasferte occasionali, per esigenze aziendali e nell’esclusivo interesse dell’azienda, in Paesi esteri diversi (inclusa l’Italia). Di fatto, l’Amministrazione finanziaria ammette la possibilità che la prestazione lavorativa possa essere svolta anche in stati diversi, inclusa l’Italia, per trasferte occasionali aziendali.
Nel caso oggetto di interpello il lavoratore è stato distaccato presso una società estera, andando a svolgervi attività continuativa e come oggetto esclusivo del rapporto. Questo, seppur effettui nell’interesse dell’azienda occasionali trasferte in paesi esteri (tra cui l’Italia). Secondo l’Agenzia, in questo scenario, il carattere di esclusività e di continuità del rapporto di lavoro presso l’azienda estera non verrebbe meno se il lavoratore distaccato effettuasse, per esigenze aziendali e nell’esclusivo interesse dell’azienda estera distaccataria, anche occasionali trasferte di lavoro in Paesi diversi da quello della distaccataria. Questo fermo restando che la prestazione dell’attività lavorativa all’estero venga effettuata per un periodo superiore a 183 giorni e che tutte le restanti condizioni vengano rispettate.
Disciplina previdenziale
Si ricorda, infine, che le retribuzioni convenzionali sono state previste inizialmente per fini previdenziali. Infatti, l’utilizzo delle stesse avviene nel caso in cui i dipendenti vengono inviati in Paesi extracomunitari con cui l’Italia non ha siglato un accordo di sicurezza sociale. Oppure limitatamente alle forma non coperte, anche nel caso in cui sia stato stipulato un accordo parziale. Invece, nel caso in cui è in vigore un accordo di carattere previdenziale tra l’Italia e il Paese di destinazione, i contributi vengono calcolati sulla retribuzione effettiva determinata secondo gli ordinari criteri.
Tabelle delle retribuzioni convenzionali dell’INPS 2024
Di seguito il link per verificare le retribuzioni convenzionali applicabili per i lavoratori dipendenti assunti all’estero. Tabella utile anche per coloro che hanno un contratto di distacco all’estero, valido per almeno 183 giorni all’anno, e che sono considerati residenti fiscalmente in Italia.
Gli accertamenti da parte dell’Amministrazione finanziaria
L’Agenzia delle Entrate effettua ordinariamente controlli volti a verificare la corretta attribuzione dell’art. 51, co. 8-bis del TUIR. Questa attività di controllo è volta, principalmente, a:
- Individuare se il contribuente rispetta i requisiti che consentono l’applicazione della retribuzione determinata in modo convenzionale secondo le tabelle pubblicate annualmente dal Ministero;
- Il corretto inquadramento del lavoratore all’interno delle tabelle ministeriali, in relazione all’attività concretamente svolta dal lavoratore e riepilogata nel contratto di lavoro estero.
Per quanto riguarda il rispetto dei requisiti previsti dalla norma il contribuente rischia molto. Infatti, in caso di contestazione l’Agenzia andrà a rideterminare il reddito effettivo del contribuente da assoggettare a tassazione, richiedendo allo stesso la differenza rispetto all’imposta versata con la convenzionale. Su tale differenza viene poi calcolata la sanzione amministrativa per dichiarazione infedele che va dal 90% al 180% della maggiore imposta dovuta e non versata (la sanzione è poi aumentata di 1/3 in caso di redditi di fonte estera). Oltre a questo sono dovuti gli interessi da ritardato versamento dell’imposta.
Per quanto riguarda il secondo aspetto oggetto di controllo, ovvero l’inquadramento, nel caso in cui venga riscontrato un diverso inquadramento del lavoratore (in relazione alle mansioni concretamente svolte), l’Agenzia andrà a rideterminare il reddito convenzionale spettante, richiedendo la differenza rispetto all’imposta versata, con le stesse conseguenze in termini sanzionatori viste per il punto precedente.
Tutto questo per dire che il contribuente, quando siamo di fronte a situazioni di contratto di lavoro estero, di fatto, si assume, assieme al proprio datore di lavoro dei rischi legati all’applicazione della convenzionale.
Conclusioni e consulenza fiscale online
La determinazione del reddito imponibile in Italia sulla base della retribuzione convenzionale, come abbiamo visto, discende da alcune particolari fattispecie:
- Corresponsione della retribuzione in Italia a fronte di un distacco all‘estero. La remunerazione è convenzionale soddisfatte ovviamente le condizioni già indicate. In questa situazione potrebbe non emergere la necessità di recuperare le imposte pagate all’estero stante che le stesse potrebbero non essere state corrisposte;
- Corresponsione della remunerazione da parte di un soggetto estero. Il lavoratore indica nella sua dichiarazione domestica la remunerazione convenzionale. In questo caso invece il lavoratore avrà interesse a recuperare le imposte corrisposte all’estero.
Come detto l’applicazione delle retribuzioni convenzionali è obbligatoria quando l’applicazione sia più favorevole al dipendente. Mentre, al contrario, tale regime rimane facoltativo in virtù del principio legato alla capacità contributiva. Questo regime, inoltre, di per sé favorevole al dipendente, è ancora più attrattivo se si tiene in considerazione che ogni fringe benefits, quale ad esempio l’abitazione all’estero, riconosciuto al dipendente è incluso forfettariamente nella base convenzionale, non subendo alcuna tassazione autonoma permettendo quindi un’ulteriore riduzione della tassazione.
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Se hai letto il mio report fino a questo punto vuol dire che sei effettivamente interessato alla possibilità di applicare le retribuzioni convenzionali nella tua situazione. Il consiglio che posso offrirti è quello di affidarti un dottore commercialista esperto in questo ambito. Commettere degli errori è molto semplice in questi casi. Ricorda che in caso di errori le sanzioni per dichiarazione infedele vanno dal 90% al 180% della maggiore imposta dovuta e non versata (la sanzione è poi aumentata di 1/3 in caso di redditi di fonte estera).
Per questo motivo, affidati sempre ad un professionista preparato. Se lo desideri puoi chiedere la mia consulenza su questo argomento attraverso l’apposito servizio di consulenza fiscale online. Potrai contare sulla mia esperienza per risolvere i tuoi dubbi. Segui il link sottostante e compila il form con la tua situazione ed i tuoi principali dubbi/domande sull’argomento. Verrai ricontattato nel più breve tempo con il preventivo per una consulenza online da fare insieme per aiutarti a risolvere i tuoi dubbi.