Presenza fisica come elemento di residenza fiscale in Italia

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La presenza fisica in Italia per oltre 183 giorni nell'anno rappresenta uno dei criteri previsti dall'art. 2 del TUIR per la residenza fiscale delle persone fisiche.

I criteri di determinazione della residenza fiscale in Italia delle persone fisiche sono indicati nell'art. 2, co. 2 del TUIR. Questa disposizione è stata oggetto di modifica a cura del D.Lgs. n. 209/23, che ha riscritto alcuni dei criteri previsti. Tra le novità, oltre alla nuova definizione di domicilio, vi è anche l'introduzione del criterio della presenza fisica nel territorio dello stato per qualificare la residenza fiscale in Italia.
Quali criteri determinano la residenza fiscale in una persona?
La residenza fiscale in Italia di una persona fisica si ha quando (ex art. 2, co. 2 TUIR) questa ha la residenza (dimora abituale), il domicilio (luogo dove si sviluppano principalmente gli interessi personali e familiari), l'iscrizione all'anagrafe (come presunzione relativa, con prova contraria). In aggiunta vi è anche il criterio della presenza fisica nel territorio dello Stato per oltre 183 giorni.
Quest'ultimo criterio, in particolare, è un elemento che non rispecchia quanto sottoscritto dall'Italia nelle varie Convenzioni contro le doppie imposizioni. Aspetto questo che potrebbe comportare non poche problematiche e non pochi contenziosi. Considerare residente, ad esempio, uno studente solo per il suo soggiorno abituale in Italia, potrebbe causare non poche problematiche. Inoltre, deve essere evidenziato che al momento non vi sono chiarimenti ufficiali sulla portata applicativa di questi nuovi criteri di individuazione della residenza fiscale in Italia.
Come si determina la presenza fisica in Italia?
La norma prevede che ogni frazione di giorno trascorso in Italia corrisponde ad intero giorno di presenza fisica in Italia. Questo aspetto, non presente nella precedente formulazione della norma, amplia la portata dei soggetti che, potenzialmente, possono essere considerati fiscalmente residenti in Italia. Tale scelta del legislatore appare non in linea con la normativa convenzionale, la quale prevede questo criterio non tanto per individuare il soggiorno abituale di una persona, quando per individuare i redditi da lavoro dipendente. Si tratta del criterio legato all'applicazione dell'art. 15 del modello OCSE.
Per questo, in assenza di chiarimenti, potrebbe sembrare possibile prendere a riferimento quanto indicato dalla Circolare n. 207/E/2000 in merito al conteggio dei giorni da lavoro dipendente considerati come effettuati all'estero.
Quali gli effetti per le persone che si trovano a soggiornare abitualmente in Italia?
Il soggiorno abituale in Italia, quindi, se prolungato per oltre 183 giorni nell'arco dell'anno, può portare alla residenza fiscale italiana. Questo, anche in assenza di altri legami rilevanti in Italia. In questo scenario, ad esempio, un frontaliere che si trova a trascorre in Italia oltre la metà dell'anno, può essere considerato fiscalmente residente per la normativa interna. Tale soggetto potrebbe poi trovarsi nella spiacevole situazione di essere considerato fiscalmente residente nello Stato di partenza.
In questi casi o...

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Federico Migliorini
Federico Migliorinihttps://fiscomania.com/federico-migliorini/
Dottore Commercialista, Tax Advisor, Revisore Legale. Aiuto imprenditori e professionisti nella pianificazione fiscale. La Fiscalità internazionale le convenzioni internazionali e l'internazionalizzazione di impresa sono la mia quotidianità. Continuo a studiare perché nella vita non si finisce mai di imparare. Se hai un dubbio o una questione da risolvere, contattami, troverò le risposte. Richiedi una consulenza personalizzata con me.
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