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Uscita dal forfettario e passaggio ad SRL: come funziona?

Fisco NazionaleProfessioniUscita dal forfettario e passaggio ad SRL: come funziona?

L'uscita dal regime forfettario e il passaggio a una Società a Responsabilità Limitata (SRL) rappresenta una transizione significativa per un imprenditore o un libero professionista. Questo cambiamento è solitamente motivato dal raggiungimento dei limiti di reddito del regime forfettario, dall'esigenza di espandere l'attività, o dalla necessità di limitare la responsabilità personale.

Il regime forfettario è un’opzione fiscale molto conveniente per alcune imprese e professionisti, poiché permette di pagare meno tasse rispetto al regime ordinario. Tuttavia, ci sono casi in cui le imprese o i professionisti potrebbero voler effettuare l’uscita dal forfettario per sfruttare al meglio le opportunità di crescita del proprio business. In altri casi, invece, ci si può trovare nella situazione di dover uscire dal regime in quanto viene verificata una causa di esclusione.

In questo articolo, esploreremo i requisiti per uscire dal regime forfettario, le conseguenze fiscali dell’uscita e i vantaggi e gli svantaggi di questa scelta. Inoltre, forniremo una guida passo-passo per aiutare le imprese e i professionisti che decidono di uscire dal regime forfettario a comprendere meglio i passi da seguire per la costituzione di una SRL.

Cause di esclusione dal regime forfettario

Le attuali cause di esclusione dal regime forfettario sono le seguenti:

  • Fatturato annuo superiore alla soglia di 85.000 euro (ragguagliate ad anno nel primo anno). In particolare:
    • Il fatturato supera gli 85.000 euro e fino ai 100.000 euro, l’esclusione dal regime avviene dal periodo di imposta successivo;
    • Il fatturato supera i 100.000 euro il passaggio ad altro regime avviene direttamente in corso d’anno;
  • Utilizzo di regimi speciali Iva e di determinazione forfetaria del reddito;
  • Residenza fiscale all’estero (fatta eccezione per i residenti in Stati Ue/See che producono in Italia almeno il 75% del reddito complessivo);
  • Compimento, in via esclusiva o prevalente, di cessioni di fabbricati o loro porzioni, di terreni edificabili o di mezzi di trasporto nuovi;
  • Esercizio di attività d’impresa, arti o professioni e, contemporaneamente all’esercizio dell’attività, partecipazione in società di persone, associazioni o imprese familiari (art. 5 del TUIR) e controllo, diretto o indiretto, di SRL o associazioni in partecipazione, che esercitano attività economiche direttamente o indirettamente riconducibili a quelle svolte dagli esercenti attività d’impresa, arti o professioni;
  • Possesso, nell’anno precedente, di redditi di lavoro dipendente o a questi assimilati, eccedenti l’importo di 35.000 euro; la soglia non deve essere verificata se il rapporto di lavoro è cessato;
  • Esercizio dell’attività prevalentemente nei confronti di datori di lavoro con i quali sono in essere o erano intercorsi rapporti di lavoro nei due precedenti periodi d’imposta o nei confronti di soggetti agli stessi direttamente o indirettamente riconducibili, ad esclusione dei soggetti che iniziano una nuova attività dopo aver svolto il periodo di pratica obbligatoria ai fini dell’esercizio di arti o professioni.

Quasi tutte queste cause di esclusione determinano l’esclusione nell’anno successivo ma, come hai letto, non è sempre così. Per questo motivo è fondamentale l’ausilio di un commercialista esperto che possa seguirti e farti evitare di commettere errori.

Conseguenze dell’uscita

Ci sono diverse conseguenze legate all’uscita dal regime forfettario, tra cui:

  1. Applicazione dell’Iva: quando si esce dal regime forfettario, si è obbligati ad applicare l’aliquota Iva ordinaria del 22%, anziché l’esenzione Iva prevista per i soggetti che adottano il regime forfettario;
  2. Rettifica della detrazione Iva: all’atto del passaggio dal regime forfettario a quello ordinario, è possibile recuperare l’Iva non detratta sulle merci e materie prime acquistate mentre il contribuente stava applicando il regime forfettario. Naturalmente, il riferimento riguarda le merci che si trovano ancora in rimanenza (del forfettario) al 31 dicembre dell’anno precedente al passaggio al regime ordinario. Oppure, in caso di acquisto di beni strumentali ammortizzabili, è possibile recuperare parte dell’Iva non detratta, in ragione di tanti quinti quanti sono gli anni mancanti al compimento del quinquennio;
  3. Ritorno al regime ordinario IRPEF di tassazione dei redditi: una volta usciti dal regime forfettario, le imprese e i professionisti devono tornare al regime ordinario IRPEF, il che significa applicare le regole fiscali normali per le attività commerciali e professionali.
  4. Maggiore complessità contabile: l’uscita dal regime forfettario significa che le imprese e i professionisti devono tenere una contabilità più dettagliata e sottostare a maggiori controlli fiscali.
  5. Possibilità di dedurre i costi: in generale, nel regime forfettario le imprese e i professionisti non possono dedurre i costi sostenuti, ma una volta usciti dal regime forfettario, possono dedurre i costi sostenuti nell’esercizio dell’attività.
  6. Pagamento di maggiori imposte: l’uscita dal regime forfettario può comportare il pagamento di maggiori imposte, in particolare a causa dell’aliquota Iva più elevata.

In generale, prima di decidere di uscire dal regime forfettario, è importante valutare attentamente i possibili vantaggi e svantaggi, e considerare se l’uscita dal regime forfettario sia la scelta più adatta per il proprio business.

Regime ordinario o SRL: quale scegliere

Quando il contribuente fuoriesce dal regime forfettario si trova di fronte alla possibilità di valutare alcune possibilità. Vediamo, le possibilità a disposizione e le scelte che, invece, risultano essere maggiormente problematiche. Le valutazioni da fare riguardano:

  • Mantenere la partita Iva individuale: con l’applicazione del regime della contabilità semplificata e tassazione IRPEF;
  • Aprire una società di persone (SAS, SNC): con l’applicazione del regime della contabilità semplificata e tassazione IRPEF sul reddito, imputato pro-quota, come socio.
  • Aprire una società di capitali, tipicamente una SRL: scelta che comporta la tassazione del reddito di impresa come SRL, e successiva tassazione sul socio in caso di dividendo. In caso di esercizio di attività professionale è possibile valutare l’apertura di una società tra professionisti.

Tra le scelte che possiamo definire problematiche, invece, troviamo:

  • L’apertura di una partita Iva individuale all’estero: scelta che comporta delle problematiche fiscali notevoli, infatti, se si mantiene la residenza fiscale in Italia il reddito della partita IVA estera deve essere dichiarato anche in Italia attraverso il passaggio della contabilità in una partita IVA italiana (di fatto applicando una situazione di doppia imposizione, parzialmente attenuabile);
  • Aprire una società all’estero: anche in questo caso se si mantiene la residenza fiscale in Italia si potrebbe incorrere in problematiche fiscali importanti con la normativa sull’esterovestizione societaria, la normativa CFC, oppure in una fattispecie di stabile organizzazione occulta. Per evitare queste problematiche sono necessari investimenti importanti nell’attività estera.

Per approfondire: Aprire società all’estero: tutto quello che devi sapere.

La partita Iva individuale

Il passaggio da forfettario a partita Iva individuale in contabilità semplificata, rappresenta, di fatto la naturale prosecuzione dell’attività imprenditoriale o professionale in forma autonoma. Deve essere tenuta in considerazione l’applicazione dell’Iva con aliquota 22%, delle ritenute di acconto per i professionisti, e della tassazione IRPEF.

Proprio questo aspetto deve essere valutato con attenzione, in quanto specialmente se il soggetto percepisce già altri redditi imponibili IRPEF (redditi da lavoro dipendente, redditi da locazione, etc) l’aliquota marginale di tassazione del reddito da contabilità semplificata potrebbe essere elevata. Tuttavia, questa opzione, è sicuramente la più semplice e meno onerosa da implementare.

La società di persone (SNC, SAS)

Il passaggio da forfettario a società di persone è una possibilità da valutare tutte le volte in cui si intende proseguire l’attività, non più individualmente, ma con l’ausilio di altri soggetti. In questo caso, infatti, la società di persone non permette l’esercizio in forma individuale, ma soltanto collettiva dell’attività. Pensa al caso di due coniugi che decidono di lavorare insieme aprendo una società dove ognuno presta la propria attività.

In questo caso può essere conveniente valutare la società di persone per suddividere il reddito tra i soci, ove ognuno tasserà ad IRPEF la propria quota. Naturalmente, questa opzione è valida per redditi che rimangono comunque modesti, altrimenti è opportuno valutare un passaggio da forfettario ad SRL.

Il passaggio da forfettario ad SRL

In molti casi la scelta migliore da prendere quando si fuoriesce dal regime forfettario, specialmente se per limiti di fatturato, è il passaggio ad una SRL. Si tratta di costituire una società di capitali, che può essere costituita anche con atto unilaterale. Questa è una persona giuridica che ha come principale vantaggio quello di separare il suo patrimonio da quello del socio. Si parla, di fatto, di autonomia patrimoniale perfetta.

In pratica, se si opera con la SRL è questa che determina il reddito, determina la tassazione, riscuote i crediti e paga i suoi debiti. Tutto questo, indipendentemente dal socio e dal suo patrimonio. Per questo motivo la SRL rappresenta anche un veicolo per la tutela del patrimonio, che può essere poi affiancata anche da altre tipologie societarie (vedi il caso delle holding).

La gestione del denaro nelle SRL

Quando si è titolari di una partita iva individuale, non importa se in regime forfettario o in regime ordinario, le somme di denaro derivanti da consulenze, vendite, servizi, sono subito disponibili e utilizzabili dal titolare della partita Iva. Il percettore può liberamente impiegare e spendere tale denaro come meglio crede.

Quando, invece, si opera con una SRL, ciò che viene incassato e depositato sul conto della società, non può essere prelevato e speso a piacimento da parte del socio. I soldi realizzati con il business della SRL non possono essere prelevati da uno o più soci a piacimento. Di fatto, la società di cui si è soci è paragonabile a un datore di lavoro. Quindi se tu all’interno della tua società ne sei anche l’amministratore dovrai anche provvedere a percepire un compenso dalla stessa, anche tutti i mesi. Inoltre, oltre al compenso amministratore potranno essere previsti anche dei rimborsi spese spesso esentasse. Se amministri la società è giusto che la SRL paghi per il lavoro svolto e ogni mese si avrai un cedolino, simile a quello dei dipendenti.

Di fatto, quindi, il socio ha due possibilità (principali) per prelevare denaro dalla sua società:

  • Attraverso la distribuzione dei dividendi;
  • Attraverso la nomina ad amministrazione e l’attribuzione di un compenso amministratore.

In aggiunta al compenso amministratore e ai dividendi, esistono altre modalità per prelevare denaro da un SRL, ma ogni singola operazione necessita di una precisa pianificazione. Ne ho parlato in dettaglio in questo articolo: “Come prelevare i guadagni da una SRL: i metodi“. Ecco perché è fondamentale valutare bene la propria situazione con un commercialista esperto.

I soci lavoratori di SRL commerciale o artigianale

Abbiamo detto che se in regime forfettario, il soggetto con partita IVA può gestire in autonomia entrate, uscite e adempimenti fiscali, con una SRL è diverso. Prima di tutto è necessario distinguere tra socio lavoratore e socio non lavoratore (di capitale). I soci di capitale non sono altro che investitori ai quali interessano solo gli utili della SRL e non operano per conto della società. Questi soggetti non hanno alcun onere nel corso dell’anno, ma hanno la possibilità di visionare l’operato degli amministratori. 

I soci lavoratori, invece, qualora la società eserciti attività commerciale o artigianale sono tenuti a pagare i contributi previdenziali alla gestione commercianti o artigiani INPS. Si tratta di circa 4.000 euro annui divisi in rate trimestrali di pari importo. Inoltre, nel caso in cui la società determini un reddito imponibile superiore a circa 15.000 euro, il socio lavoratore può essere chiamato a versare ulteriori contributi previdenziali. L’aspetto su cui prestare attenzione è che questi contributi INPS devono essere versati dal socio e non dalla società. 

Questo aspetto è sicuramente da attenzionare in quanto l’onere previdenziale potrebbe rivelarsi anche importante. Anche in questo caso ho dedicato un articolo ad approfondire questa tematica, anche per capire se vi sono possibili soluzioni a questa situazione: “Socio amministratore di SRL: doppia contribuzione INPS non automatica“.

Quante imposte paga una SRL?

Oltre ai contributi INPS obbligatori per tutti i soci lavoratori della SRL, la stessa è tenuta al versamento delle imposte sul reddito generato. Le imposte sul reddito da versare sono l’IRES e l’IRAP, con un’aliquota rispettiva del 24% e del 3,9%. 

Al netto di tutte le imposte, si ottiene l’utile netto della SRL, che può essere distribuito tra i soci oppure reinvestito nella società (sotto forma di autofinanziamento). In caso di distribuzione, gli utili sono soggetti, ordinariamente, ad una tassazione del 26%. Questo perché per i soci si tratta di un reddito da capitale. Tuttavia, in alcuni casi può essere utile valutare l’applicazione del regime della trasparenza fiscale, il quale permette di evitare il pagamento dell’IRES per andare ad imputare direttamente sui soci il reddito per andare ad assoggettarlo ad IRPEF (come se si trattasse di una società di persone).

Naturalmente, la tassazione della società è determinata dall’attenzione e dalla cura con cui l’amministratore ed il suo consulente fiscale effettuano attività di pianificazione durante l’anno. Attenzione, pianificazione fiscale non vuol dire elusione ma piuttosto attenzione nello sfruttare al meglio tutte le opportunità che l’Amministrazione finanziaria mette a disposizione per ottenere un lecito risparmio fiscale. Ad esempio, capire come strutturare al meglio la società, prevedere rimborsi spese oppure istituire un trattamento di fine mandato per gli amministratori sono opportunità del tutto legali, se effettuate in modo corretto. Per questo è importante avvalersi sempre di professionisti esperti e preparati.

Consulenza fiscale online

In conclusione, il passaggio dal regime forfettario alla società a responsabilità limitata (SRL) può essere una scelta vantaggiosa per molti imprenditori, ma richiede una valutazione attenta delle proprie esigenze e delle opportunità offerte dal mercato. Per supportare i lettori in questo processo, offriamo un servizio di consulenza completo, che include la valutazione della convenienza del passaggio, la preparazione della documentazione necessaria e l’accompagnamento durante tutte le fasi dell’apertura della società (SRL). Anche se desideri valutare opzioni estere contattaci per capire se nella tua situazione vi sono possibilità, anche se, in linea generale è opzione che sconsigliamo per attività ancora troppo piccole per sostenere gli investimenti necessari alla compliance normativa.

Consulenza fiscale online|Fiscomania.com

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