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Lavoratori italiani all’estero e tassazione sui redditi da lavoro dipendente

La tassazione in Italia dei redditi da lavoro dipendente prodotti all'estero da parte di soggetti fiscalmente residenti in Italia.

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Criteri di collegamento per la tassazione dei redditi da lavoro dipendente di fonte estera percepiti da soggetti fiscalmente residenti in Italia.


I soggetti italiani, fiscalmente residenti in Italia, che percepiscono redditi esteri da lavoro dipendente sono tenuti a presentare apposita dichiarazione dei redditi in Italia per provvedere alla liquidazione delle relative imposte. Questa è la regola generale da tenere in considerazione quando un soggetto residente percepisce redditi di fonte estera. Tuttavia, per l’applicazione delle disposizioni che riguardano i lavoratori italiani all’estero ai fini delle imposte dirette è necessario tenere in considerazione diverse variabili. In particolare:

  • La residenza fiscale del soggetto percettore del reddito (o l’eventuale iscrizione AIRE);
  • La sua presenza all’estero prolungata o meno nel tempo;
  • L’applicazione della normativa fiscale nazionale e convenzionale (ove esistente) per la tassazione dei redditi;
  • L’individuazione del sistema di tassazione interno corretto in relazione alla tipologia di reddito percepito all’estero.

In questo contributo se sei un lavoratore che opera all’estero ha la possibilità di capire quali sono i tuoi obblighi fiscali in Italia, e capire se e come dichiarare i redditi percepiti all’estero, da lavoro dipendente, in Italia. L’obiettivo è quello di spiegare, semplicemente, quali sono le variabili da tenere in considerazione per individuare in quali paesi devi tassare i tuoi redditi e come evitare fattispecie di doppia imposizione giuridica dei redditi esteri.

Lavoratori Esteri: World Wide Taxation Principle

L’articolo 3 del DPR n. 917/86 (TUIR) sancisce il cosiddetto “principio della tassazione mondiale” (World Wide Taxation Principle). Si tratta del principio cardine sul quale si fonda il sistema fiscale di molti Paesi europei e che è stato adottato anche dalla legislazione fiscale italiana.

Secondo questo principio il soggetto che lavora all’estero, mantenendo la residenza fiscale italiana, ha comunque l’obbligo di pagare le imposte in Italia anche sui redditi prodotti all’estero. Questo salvo che sia diversamente indicato da disposizioni contenute nelle Convenzioni internazionali contro le doppie imposizioni. Questo concetto non è sempre chiaro al contribuente e non è raro che ancora oggi molti lavoratori esteri fiscalmente residenti in Italia si siano visti recapitare accertamenti per la mancata presentazione della dichiarazione dei redditi in Italia (contenente i redditi percepiti all’estero).

World Wide Taxation Principle: Regola generale!

I cittadini italiani che lavorano all’estero e che non sono iscritti all’AIRE (Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero) sono fiscalmente residenti in Italia e devono ogni anno presentare la dichiarazione e pagare le imposte sui redditi ovunque prodotti.

Diventa, quindi, importante individuare la residenza fiscale del lavoratore.

La residenza fiscale dei contribuenti

L’art. 2 del TUIR, afferma che sono soggetti passivi dell’imposta le persone fisiche residenti e non residenti nel territorio dello Stato. Inoltre, ai fini delle imposte sui redditi si considerano residenti le persone che per la maggior parte del periodo di imposta sono iscritte nelle anagrafi della popolazione residente o hanno nel territorio dello Stato, il domicilio o la residenza ai sensi del Codice civile.

La norma, quindi, qualifica un soggetto come residente in Italia quando lo stesso, per la maggior parte del periodo di imposta è in possesso di uno dei seguenti requisiti:

  • Iscrizione alle liste anagrafiche della popolazione residente;
  • Domicilio nel territorio dello Stato;
  • Residenza nel territorio dello Stato.

I predetti requisiti sono tra loro alternativi e non concorrenti (C.M. n. 304/E del 1997). Tali requisiti devono essere verificati per la maggior parte del periodo di imposta, che corrisponde per le persone fisiche con l’anno solare (ai sensi dell’art. 7, comma 1, del TUIR).

Sono inoltre considerati residenti, ai sensi della legislazione italiana, salvo prova contraria, i cittadini italiani cancellati dalle anagrafi della popolazione residente ed emigrati in Stati o territori aventi un regime fiscale privilegiato individuati con decreto del ministro delle finanze 4 maggio 1999 (c.d. “paesi black list“). Quindi, nel caso di trasferimento di residenza in uno dei paesi indicati in tale elenco è necessario fornire la prova del reale trasferimento all’estero. In tutti gli altri casi di trasferimento all’estero, invece, l’onere della prova spetta all’Amministrazione finanziaria.

Lavoratori esteri: Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero

L’AIRE (“Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero” istituita con la Legge n. 470/1988 e regolamentata dal DPR n. 323/1989) contiene i dati dei cittadini che risiedono all’estero per un periodo di tempo superiore a 12 mesi o, per i quali, è stata accertata d’ufficio tale residenza.

Il cittadino italiano che trasferisce la propria residenza da un comune italiano all’estero (anche se in un Paese dell’Unione Europea), entro 90 giorni dal trasferimento della residenza deve iscriversi all’AIRE, gratuitamente, presso l’Ufficio consolare competente per territorio. È possibile approfondire sul sito del Ministero degli affari esteri.

L’iscrizione all’AIRE implica la cancellazione dall’Anagrafe della popolazione residente (APR) del Comune italiano di provenienza. Senza tale cancellazione il contribuente risulta ancora residente ai fini fiscali. L’iscrizione all’AIRE può anche avvenire d’ufficio, sulla base di informazioni di cui l’Ufficio consolare sia venuto a conoscenza.

Vantaggi dell’iscrizione all’AIRE

  • Si può usufruire di alcuni servizi forniti direttamente dal Consolato italiano all’estero, quali, il rilascio di certificati anagrafici e di residenza, il rinnovo del passaporto, il rinnovo della patente di guida per chi risiede in Paesi extraeuropei, eccetera;
  • Si può esercitare il diritto di voto per corrispondenza, tramite il Consolato competente;
  • Nel caso in cui non si possiedano altri redditi in Italia non è necessario dichiarare i redditi prodotti all’estero, ma solo quelli con un legame con il territorio (ad esempio locazione di immobili, ecc.).

Il principale svantaggio, per contro, con l’iscrizione all’AIRE è la perdita del diritto all’assistenza sanitaria di base in Italia (è garantita solo l’assistenza sanitaria urgente).

Per approfondire: “Assistenza sanitaria per gli iscritti all’AIRE: guida“.

Lavoratori italiani all’estero e Convenzioni internazionali

Una volta analizzati gli aspetti legati alla residenza fiscale è necessario occuparsi di come devono essere tassati i redditi di fonte estera da lavoro dipendente percepiti. In questa analisi vedremo la disciplina che riguarda i redditi da lavoro dipendente di fonte estera.

Per evitare che i soggetti subiscano una doppia imposizione, che si avrebbe in seguito al pagamento delle imposte sia nel Paese di produzione del reddito, sia in quello di residenza, l’Italia ha stipulato con molti Paesi Convenzioni internazionali contro le doppie imposizioni e riconosce un credito di imposta per le imposte pagate all’estero, come meglio indicato di seguito.

Sul sito del Dipartimento delle Finanze, nella sezione della fiscalità comunitaria e internazionale, sono pubblicate e periodicamente aggiornate tutte le convenzioni stipulate dall’Italia, disponibili a questo link:

Le Convenzioni internazionali contro le doppie imposizioni sono accordi tra due Stati, attraverso i quali viene disciplinata la sovranità tributaria di entrambi, in base al principio della reciprocità. Oltre a evitare le doppie imposizioni sui redditi e sul patrimonio dei rispettivi residenti, le Convenzioni hanno anche lo scopo di prevenire l’evasione e l’elusione fiscale.

Generalmente, le Convenzioni contro le doppie imposizioni stipulate dall’Italia con gli Stati esteri prevedono che le remunerazioni percepite in corrispettivi di una attività dipendente svolta in uno Stato siano tassabili sia nello stato ove il reddito viene percepito. Tuttavia, ove nella convenzione manchi l’avverbio “soltanto“, si deve intendere che il reddito deve essere tassato:

  • Nel Paese estero in cui il reddito viene prodotto (Stato della fonte);
  • Anche in Italia se il contribuente ha la residenza fiscale italiana.

Da valutare attentamente la presenza della Convenzione con lo Stato estero con cui viene prodotto il reddito e cosa prevede in concreto. Come vedremo, questo sistema porta ad una doppia imposizione giuridica che viene comunque eliminata mediante l’applicazione del credito di imposta per imposte pagate all’estero. Questo è quanto prevedono sia la Convenzione che l’art. 165 del TUIR.

L’applicazione delle retribuzioni convenzionali per il reddito da lavoro dipendente estero

L’art. 51, co. 8-bis del TUIR prevede che “in deroga alle disposizioni di cui ai commi da 1 a 8, il reddito di lavoro dipendente, prestato all’estero in via continuativa e come oggetto esclusivo del rapporto da dipendenti che nell’arco di 12 mesi soggiornano nello Stato estero per un periodo superiore a 183 giorni, è determinato sulla base delle retribuzioni convenzionali definite annualmente con il decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale“.

La disposizione prevede una norma agevolativa che consente, al verificarsi di determinate condizioni, di tassare in luogo del reddito di lavoro subordinato effettivamente percepito le c.d. “retribuzioni convenzionali“, generalmente inferiori rispetto al reddito effettivamente percepito.

Questa norma, è opportuno precisarlo, si rivolge solo ai soggetti che lavorano all’estero stabilmente, mantenendo la propria residenza fiscale in Italia. Inoltre, questa normativa non può trovare applicazione quando il contribuente presta la propria attività lavorativa in uno Stato con il quale l’Italia ha stipulato un accordo per evitare le doppie imposizioni e lo stesso preveda per il reddito da lavoro dipendente la tassazione esclusivamente nel Paese estero. In questo caso la normativa della convenzione prevale sulle disposizioni fiscali interne.

Affinché operi questa disciplina è necessario che venga stipulato uno specifico contratto che preveda l’esecuzione della prestazione in via esclusiva all’estero e che il dipendente venga collocato in uno speciale ruolo estero. Quindi, tale normativa non si rende applicabile ai dipendenti in trasferta, in quanto manca il requisito della continuità ed esclusività del rapporto.

L’applicazione delle retribuzioni convenzionali è collegato al rispetto dei suddetti requisiti:

  • Lavoratore dipendente fiscalmente residente in Italia;
  • Svolgimento del lavoro dipendente all’estero da contratto;
  • Lavoro come oggetto esclusivo del rapporto;
  • Soggiorno all’estero per un periodo superiore a 183 giorni.

Quando una delle suddette condizioni non trova riscontro la tassazione del reddito deve avvenire sulla base degli importi effettivamente percepiti secondo il principio di cassa.

Lavoratori esteri e credito per imposte estere

Non necessariamente l’obbligo di dichiarare i redditi prodotti all’estero comporta il versamento delle imposte in Italia. Le eventuali imposte pagate a titolo definitivo nei Paesi in cui i redditi sono stati percepiti, infatti, si possono comunque detrarre da quelle italiane, sotto forma di credito di imposta, nei limiti stabiliti dall’articolo 165 del DPR n. 917/86. Tale articolo prevede:

‘‘Se alla formazione del reddito complessivo concorrono redditi prodotti all’estero, le imposte ivi pagate a titolo definitivo su tali redditi sono ammesse in detrazione dall’imposta netta dovuta fino alla concorrenza della quota d’imposta corrispondente al rapporto tra i redditi prodotti all’estero ed il reddito complessivo al netto delle perdite di precedenti periodi d’imposta ammesse in diminuzione’’

art. 165 del tuir

Le imposte estere si considerano pagate a titolo definitivo quando:

  • Le imposte pagate non sono ripetibili;
  • E’ stata presentata la dichiarazione dei redditi all’estero;
  • Vi è un’apposita certificazione di definitività dell’imposta, rilasciata dalle autorità estere.

Se l’imposta non è definitiva non può esserci credito per imposte estere.

Credito per imposte estere e retribuzione convenzionale

La R.M. 12/E/2002 afferma che il credito a fronte delle imposte pagate all’estero spetta anche se il reddito imponibile in Italia è determinato in base alle retribuzioni convenzionali di cui all’art. 51, co. 8-bis del TUIR. Inoltre, l’art. 36, co. 30 del D.L. n. 223/06 ha fornito una interpretazione autentica dell’art. 165 del TUIR, stabilendo che lo stesso trova applicazione anche nel caso delle retribuzioni convenzionali dei dipendenti che lavorano all’estero di cui all’art. 51, co. 8-bis del TUIR.

Lavoratori esteri: quadro CE Modello Redditi

Il quadro CE della dichiarazione Modello Redditi Persone fisiche (Fascicolo III) è riservato ai soggetti che hanno prodotto all’estero redditi per i quali si è resa definitiva l’imposta ivi pagata al fine di determinare il credito spettante (art. 165 del DPR n. 917/86, come modificato dall’articolo 15 del D.Lgs. n. 147/2015).

Le imposte da indicare sono quelle divenute definitive entro il termine di presentazione della dichiarazione, oppure nel caso in cui l’imposta venga calcolata per competenza, anche se il pagamento a titolo definitivo avviene entro il termine di presentazione della dichiarazione (opzione di cui all’articolo 1, comma 5, del DPR n. 917/86), entro il termine di presentazione della dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta successivo.

Come indicato in precedenza, si considerano pagate a titolo definitivo le imposte divenute irripetibili, pertanto, non vanno indicate, ad esempio, le imposte pagate in acconto o in via provvisoria e quelle per le quali è prevista la possibilità di rimborso totale o parziale.

Si ricorda che alcune Convenzioni bilaterali contro le doppie imposizioni contengono clausole particolari secondo le quali, se lo Stato estero ha esentato da imposta, in tutto o in parte, un determinato reddito prodotto nel proprio territorio, il soggetto residente in Italia ha comunque diritto a chiedere il credito per l’imposta estera come se questa fosse stata effettivamente pagata (imposte figurative).

Determinazione del credito

La determinazione del credito va effettuata con riferimento al reddito prodotto in ciascuno Stato estero ed al singolo anno di produzione. Nel caso in cui il reddito prodotto all’estero abbia concorso parzialmente alla formazione del reddito complessivo in Italia (ai sensi del comma 10 dell’art. 165 del DPR n. 917/86), anche l’imposta estera va ridotta in misura corrispondente. Il quadro si compone di tre sezioni.

  • La prima è riservata all’indicazione delle informazioni necessarie alla determinazione del credito d’imposta (art. 165, comma 1, del DPR n. 917/86) e del credito d’imposta indiretto;
  • La seconda è riservata all’indicazione delle informazioni necessarie per la determinazione delle eccedenze di imposta nazionale e delle eccedenze di imposta estere (art. 165, comma 6, del DPR n. 917/86) e dell’eventuale credito spettante;
  • La terza è una sezione di riepilogo dei crediti determinati nelle precedenti sezioni.

È necessario conservare la documentazione da cui risultino l’ammontare del reddito prodotto e le imposte pagate in via definitiva al fine di poterle esibire a richiesta degli uffici finanziari.

In caso di omessa presentazione dei redditi non spetta il credito per imposte estere

Nel caso si ometta di presentare la dichiarazione dei redditi o non si indichino in essa i redditi prodotti all’estero, non spetta la detrazione delle imposte pagate nello Stato estero (art. 165, comma 8, del DPR n. 917/86). I soggetti italiani che percepiscono redditi esteri devono provvedere alla presentazione della dichiarazione dei redditi in Italia negli ordinari termini (30 novembre).

Per approfondire, visto che sul credito in caso di dichiarazione omessa ci sono orientamenti contrastanti, ti consiglio: “Credito per imposte estere in caso di omessa dichiarazione“. Se, invece, desideri approfondire gli aspetti legati all’omessa presentazione della dichiarazione dei redditi: “Omessa presentazione della dichiarazione dei redditi: fattispecie e sanzioni“.

Lavoratori esteri: dichiarazione integrativa

Nel caso in cui i cittadini italiani non iscritti all’AIRE abbiano presentato la dichiarazione dei redditi in Italia, omettendo però di indicare i redditi prodotti all’estero, per non perdere il diritto di usufruire della detrazione delle imposte pagate all’estero, possono presentare dichiarazione integrativa (art. 2, comma 8, del DPR n. 322/1998). In tal caso, infatti, il reddito oggetto di integrazione deve ritenersi, comunque, dichiarato e, conseguentemente, al contribuente spetta la detrazione delle imposte pagate all’estero.

Scaduti i termini di presentazione della dichiarazione, il contribuente può rettificare o integrare la stessa presentando, secondo le stesse modalità previste per la dichiarazione originaria, una nuova dichiarazione completa di tutte le sue parti, su modello conforme a quello approvato per il periodo d’imposta cui si riferisce la dichiarazione.

Presupposto per poter presentare la dichiarazione integrativa è che sia stata validamente presentata la dichiarazione originaria. Sono considerate valide anche le dichiarazioni presentate entro novanta giorni dal termine di scadenza, fatta salva l’applicazione delle sanzioni.

Nell’ipotesi prevista dall’art. 2, comma 8, del DPR n. 322/98, è possibile presentare la dichiarazione integrativa entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione, per correggere errori od omissioni, compresi quelli che abbiano determinato l’indicazione di un maggiore o di un minor reddito o, comunque, di un maggiore o di un minor debito d’imposta ovvero di un maggiore o di un minore credito, fatta salva l’applicazione delle sanzioni.

Per approfondire: “Termine di accertamento delle imposte sui redditi“.

Lavoratori esteri impatriati in Italia: l’agevolazione

Altra disposizione è quella prevista dal D.Lgs. n. 147/2015 che, all’art. 16, ha introdotto un regime speciale per i lavoratori “impatriati” in base al quale, nel rispetto di determinate condizioni, il reddito di lavoro dipendente prodotto in Italia da lavoratori che trasferiscono la residenza nel territorio dello Stato, può concorrere alla formazione del reddito complessivo limitatamente al 30% o al 10% del suo ammontare (in relazione alla Regione in cui il soggetto trasferisce la sua residenza). Questo, a partire dall’anno di acquisizione della residenza fiscale italiana, di base per cinque anni, estendibili, al verificarsi di precise condizioni per ulteriori cinque anni (con detassazione al 50% del reddito).

Per accedere all’agevolazione, irrevocabile, i lavoratori devono presentare un’apposita richiesta scritta (c.d. autocertificazione) al proprio datore di lavoro contenente le generalità del contribuente, il suo codice fiscale, l’indicazione dell’attuale residenza in Italia e l’impegno a comunicare ogni variazione della residenza o del domicilio prima del decorso di cinque anni dalla data della prima fruizione del beneficio.

Per approfondire: “Lavoratori impatriati in Italia: guida all’agevolazione“.

Consulenza fiscale

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2 COMMENTI

  1. Buongiorno,
    Porto all’attenzione anche il caso di terminazione di lavoro all’estero e di cosa puo accadere se si prosegue a lavorare con contratti locali (esteri) o con aziende non italiane.
    Ho lavorato in Cina per dieci anni e con residenza fiscale in Cina (iscritto AIRE) dal 01/01/2017. Dipendente di azienda italiana, assunto in italia con contratto italiano e distaccato presso la filiale Cinese.
    Stipendio pagato in Italia e contribuzione INPS versata in Italia.
    A Settemnbre 2017 ho deciso di lasciare l’azienda e mi sono fermato in Cina per valutare nuove collaborazioni.
    La contribuzione all’INPS si e’ quindi arrestata.
    Preciso che ho 26 anni di contribuzione all’INPS dal 1989-1990.
    Ad oggi, Febbraio 2018, non ho ancora concluso contratto con nuova azienda Italiana, e sto decidendo per assuznione presso un’azienda non Italiana (Cinese o Americana o Tedesca) per lavorare in Cina con contratto Cinese: posso fare una contribuzione volontaria all’INPS per completare il mio piano previidenziale, ma a quali condizioni?
    Il contributo volontario deve essere calcolato sul nuovo stipendio in Cina (ben piu basso di quello dei 5-6 anni precedenti) o sulla retribuzione dell’ultimo anno (o degli ultimi anni) sullai quale sono stati calcolati e versatii gli ultimi contributi all’INPS ? (in tal caso estremamente sfavorevole)
    grazie per vs risposta ed eventuali suggerimenti.
    Carodialmente,
    Massimo

  2. A questo punto quello che può fare è versare contributi volontari in Italia. Dovrà informarsi presso l’Inps per vedere quante annualità dovrà versare con questo meccanismo per ottenere la contribuzione pensionistica italiana.

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