I contribuenti residenti in Italia sono tenuti a dichiarare i redditi da lavoro dipendente prodotti all’estero qualora:
- Con il Paese estero non esiste convenzione contro le doppie imposizioni, oppure
- Con il Paese estero è in vigore una convenzione contro le doppie imposizioni ed i redditi da lavoro devono essere assoggettati a tassazione sia in Italia sia nello Stato estero (tassazione concorrente), oppure esclusivamente in Italia.
In queste ipotesi, i soggetti in questione hanno, tuttavia, diritto di poter usufruire di un credito per le eventuali imposte pagate all’estero a titolo definitivo, a norma dell’articolo 165 del TUIR. All’interno di questo articolo voglio andare ad analizzare tutte le peculiarità che riguardano la tassazione in Italia dei redditi da lavoro dipendente estero.
Al termine dell’articolo puoi trovare il link per contattarmi direttamente e ricevere una consulenza fiscale legata a risolvere i tuoi dubbi in relazione alla tua situazione.
Indice degli Argomenti
- Analisi della residenza fiscale delle persone fisiche
- Tassazione dei redditi da lavoro dipendente prestato all’estero
- Modalità di tassazione dei redditi di lavoro dipendente di fonte estera
- Il credito per imposte assolte all’estero
- Lavoro dipendente estero: importanza della documentazione
- Conclusioni e consulenza fiscale
- Domande frequenti
Analisi della residenza fiscale delle persone fisiche
Il primo elemento per individuare le modalità di tassazione di redditi esteri in Italia è la verifica della residenza fiscale. Su questo aspetto ti invito a leggere questo contributo dedicato: “Residenza fiscale delle persone fisiche“. Il primo passo, quindi, è quello di capire se tale lavoratore ha o meno residenza fiscale in Italia. Per farlo dobbiamo preliminarmente guardare all’articolo 2 del TUIR. Secondo questa norma sono considerati fiscalmente residenti in Italia i soggetti che presentano, anche uno solo, di questi requisiti:
- Essere iscritti nelle anagrafi della popolazione residente per la maggior parte del periodo di imposta;
- Essere soggetti, anche non iscritti alle anagrafi, ma che hanno nello Stato il domicilio per la maggior parte del periodo di imposta. Per domicilio si intende il luogo dove si sviluppano principalmente le relazioni personali e familiari di un soggetto;
- Detenere la residenza per la maggior parte del periodo di imposta nello Stato (art. 43 c.c.);
- Trascorrere la maggior parte del periodo di imposta in Italia.
D’altro canto, per non essere considerati residenti, devono non essere presenti tutti i requisiti in questione.
Residenza per l’interno periodo di imposta
La norma italiana, infine, considera un individuo fiscalmente residente in Italia per l’intero anno o non fiscalmente residente in Italia per l’intero anno (Risoluzione n. 471/E/2008). Non è possibile, quindi, considerare un soggetto residente limitatamente ad una frazione dell’anno d’imposta. Questo significa che un contribuente che si trasferisce dopo aver maturato la “residenza fiscale” nel nostro Paese continuerà ad essere assoggettato a tassazione in Italia anche per tutti i redditi prodotti dal momento del trasferimento fino a quello della chiusura del periodo d’imposta.
Diversamente, la normativa convenzionale che, in alcuni casi, ammette il frazionamento del periodo di imposta (“Frazionamento del periodo di imposta: clausole di split year“).
ATTENZIONE! |
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Consiglio molta attenzione nella valutazione della residenza fiscale in quanto la residenza fiscale dipende da elementi formali e sostanziali che devono essere verificati. La verifica di questi elementi avviene, in primo luogo, attraverso la scelta effettuata dal contribuente in sede di presentazione della propria dichiarazione dei redditi, che può essere poi assoggettata a controllo da parte dell’Agenzia delle Entrate. |
Trasferimento in Paese black list
Si considerano residenti ai fini fiscali nel nostro Paese, salvo prova contraria, i cittadini italiani che, pur cancellati dalle anagrafi della popolazione residente, si sono trasferiti in Stati o territori diversi da quelli individuati dal legislatore, con appositi decreti, non caratterizzati da una fiscalità di favore (c.d. “white list“). Questo è quanto prevede l’art. 2, co. 2-bis del TUIR.
Si tratta cioè dei cittadini italiani cancellati dalle anagrafi della popolazione residente che si sono trasferiti in Stati o territori a fiscalità privilegiata, per i quali il legislatore ha introdotto nel nostro ordinamento una presunzione legale relativa che pone a carico degli stessi l’onere di dimostrare che tali soggetti si sono effettivamente stabiliti all’estero (altrimenti per loro rimane la residenza fiscale italiana).
I Paesi a fiscalità privilegiata sono quelli elencati nel D.M. 4 maggio 1999, nella versione attualmente in vigore per effetto delle modifiche intervenute nel tempo (ad opera dei Decreti 27 luglio 2010 e 12 febbraio 2014). Se desideri individuare i paesi considerati non collaborativi ti lascio il link all’articolo dedicato:
Iscrizione all’Anagrafe degli italiani residenti all’estero
Nell’AIRE (Anagrafe degli italiani residenti all’estero), istituita con la Legge n. 470/1988 e regolamentata dal DPR n. 323/1989, sono riportati i dati dei cittadini che risiedono all’estero per un periodo di tempo superiore a 12 mesi o per i quali è stata accertata d’ufficio tale residenza. In particolare, il cittadino italiano che trasferisce la propria residenza da un Comune italiano all’estero è tenuto, entro 90 giorni da tale trasferimento, ad iscriversi all’AIRE.
L’iscrizione avviene presso l’Ufficio consolare competente per territorio, in tal modo si ha la cancellazione dall’Anagrafe della popolazione residente del Comune italiano di provenienza. Pertanto, se un cittadino italiano che lavora all’estero non è iscritto all’AIRE lo stesso è fiscalmente residente in Italia (fino a sua prova contraria) e deve ivi presentare la dichiarazione e pagare le imposte sui redditi in ogni luogo prodotti.
Conflitti di residenza e Convenzioni contro le doppie imposizioni
In caso di contestuale residenza fiscale italiana ed estera, applicandosi le vigenti normative interne si verrebbe a determinare un conflitto di residenza tra i due Paesi. Conflitto che deve essere risolto facendo ricorso alle disposizioni della Convenzione tra Italia ed il paese estero per evitare le doppie imposizioni sul reddito.
Sulla base di essa, qualora una persona fisica risulti residente di entrambi gli Stati, la stessa è considerata, innanzitutto, residente nello Stato in cui dispone di un’abitazione permanente e, in subordine (laddove disponga di un’abitazione permanente in entrambi gli Stati), la residenza di una persona fisica è determinata secondo i seguenti criteri residuali disposti in ordine decrescente:
- Ubicazione del centro degli interessi vitali (la persona fisica che dispone di un’abitazione principale in entrambi gli Stati sarà considerata residente nel Paese nel quale le sue relazioni personali ed economiche sono più strette);
- Dimora abituale (ove non sia possibile individuare la residenza del contribuente in base ai due criteri sopra citati, una persona fisica sarà considerata residente dello Stato in cui soggiorna abitualmente);
- Nazionalità della persona fisica (quando i primi tre criteri non sono dirimenti, il contribuente sarà considerato residente dello Stato contraente la Convenzione di cui possiede la nazionalità);
- Quando, infine, una persona fisica ha la nazionalità di entrambi i Paesi o di nessuno di essi, gli Stati contraenti la Convenzione risolveranno la questione di comune accordo.
Tassazione dei redditi da lavoro dipendente prestato all’estero
I redditi di lavoro dipendente prodotti all’estero sono sottoposti a specifiche regole di tassazione. Vi sono delle differenze, infatti, a seconda che il contribuente abbia in Italia la residenza fiscale o quest’ultima sia stata trasferita nel Paese estero. Per le persone residenti in Italia l’imposta si applica sull’insieme dei redditi percepiti.
Questo, indipendentemente da dove questi siano prodotti (tassazione “worlwide“). Mentre, per i soggetti non residenti l’imposta si applica solo sui redditi prodotti nel nostro Paese. In questo caso di parla di tassazione nel Paese della fonte. In buona sostanza, questo è quanto dispone l’articolo 3, comma 1, del TUIR.
Tabella: territorialità dei redditi dei residenti
SOGGETTI | IMPONIBILITA’ |
---|---|
Residenti | Tutti i redditi posseduti |
Non residenti | Redditi prodotti in Italia |
Lavoro dipendente prodotto all’estero nelle convenzioni internazionali
In base al c.d. ‘‘principio della tassazione mondiale’’ (World Wide Taxation Principle), il cittadino con residenza fiscale italiana che lavora all’estero ha, infatti, comunque l’obbligo di pagare le imposte in Italia anche sui redditi prodotti all’estero. Questo, salvo che nelle convenzioni contro le doppie imposizioni stipulate con gli altri Paesi sia previsto diversamente. In particolare, il Modello OCSE di Convenzione per eliminare le doppie imposizioni, cui si ispirano gran parte delle convenzioni stipulate dal nostro Paese, all’articolo 15 disciplina la ripartizione della potestà impositiva del reddito derivante dall’attività di lavoro subordinato.
Art. 15, par. 1 modello OCSE – Redditi da lavoro dipendente
Subject to the provisions of Articles 16, 18 and 19, salaries, wages and other similar remuneration derived by a resident of a Contracting State in respect of an employment shall be taxable only in that State unless the employment is exercised in the other Contracting State. If the employment is so exercised, such remuneration as is derived therefrom may be taxed in that other State. |
Tale articolo dispone, al riguardo, che i salari, gli stipendi e le altre remunerazioni che un residente di uno Stato contraente riceve in corrispettivo di un’attività dipendente sono imponibili soltanto in detto Stato. Questo, a meno che tale attività non venga svolta nell’altro Stato contraente. Se l’attività è quivi svolta, le remunerazioni percepite a tal titolo sono imponibili in questo altro Stato.
Di fatto, la normativa convenzionale, prevede un criterio generale di tassazione concorrente del reddito da lavoro dipendente. Il reddito deve essere tassato nello Stato di residenza fiscale del lavoratore, poi se l’attività è svolta in un altro Stato anche quest’ultimo ha la potestà impositiva sul reddito. Soltanto nel caso in cui lo Stato di svolgimento dell’attività lavorativa coincide con lo Stato di residenza fiscale del lavoratore si avrà tassazione esclusiva in questo Stato. In linea di principio, infatti, le Convenzioni non prevedono che sia un unico Stato, tra i due contraenti, ad assoggettare a tassazione un determinato tipo di reddito.
La tassazione esclusiva nello stato di residenza del lavoratore
In deroga al principio generale sopra illustrato, il paragrafo 2 dell’art. 15 del modello OCSE prevede, a determinate condizioni, l’esenzione da tassazione nello Stato dove è svolta l’attività di lavoro dipendente e la tassazione nel solo Stato di residenza del lavoratore. La tassazione esclusiva nello Stato di residenza del lavoratore è subordinata al verificarsi di tutte le seguenti condizioni:
- Il beneficiario soggiorni nello Stato in cui esercita l’attività di lavoro dipendente per un periodo (o per periodi) che non oltrepassa (oltrepassano) in totale 183 giorni nel corso di un periodo di 12 mesi, che inizi o che termini nell’anno fiscale considerato;
- Le remunerazioni siano pagate da, o per conto di, un datore di lavoro che non è residente nello Stato dove viene svolta l’attività di lavoro dipendente;
- L’onere delle remunerazioni non sia sostenuto da una stabile organizzazione, o da una base fissa, di cui il datore di lavoro dispone nello Stato in cui è svolta l’attività.
Lo scopo della deroga in esame è: “quello, da un lato, di consentire che brevi periodi di lavoro svolti al di fuori del Paese di residenza non assumano rilevanza fiscale in entrambi gli Stati contraenti e, dall’altro, di far sì che il contribuente renda conto del suo operato, ovviamente da un punto di vista fiscale, esclusivamente ad un unico ordinamento tributario, quello di residenza”.
Art. 15, par. 2 modello OCSE – Redditi da lavoro dipendente
2. Notwithstanding the provisions of paragraph 1, remuneration derived by a resident of a Contracting State in respect of an employment exercised in the other Contracting State shall be taxable only in the first-mentioned State if: a) the recipient is present in the other State for a period or periods not exceeding in the aggregate 183 days in any twelve month period commencing or ending in the fiscal year concerned, and b) the remuneration is paid by, or on behalf of, an employer who is not a resident of the other State, and c) the remuneration is not borne by a permanent establishment which the employer has in the other State. |
Tabella: criteri per l’imponibilità del reddito da lavoro dipendente prodotto all’estero in relazione ai giorni lavorati
PERMANENZA ALL’ESTERO | DATORE DI LAVORO ITALIANO | DATORE DI LAVORO ESTERO |
---|---|---|
Sino a 183 giorni | Tassazione esclusiva in Italia | Tassazione concorrente in Italia e all’estero |
Oltre 183 giorni | Tassazione concorrente in Italia e all’estero | Tassazione concorrente in Italia e all’estero |
Applicazione delle retribuzioni convenzionali sul lavoro dipendente estero dei soggetti residenti
La tassazione dei redditi da lavoro dipendente estero percepiti da soggetti fiscalmente residenti in Italia può essere calcolata attraverso una norma agevolativa. Infatti, i soggetti residenti in Italia che nell’arco di 12 mesi soggiornano in uno Stato estero per un periodo superiore a 183 giorni, devono tassare i propri redditi secondo le cd “retribuzioni convenzionali“. Questa disposizione riguarda, ad esempio, i soggetti che, pur avendo soggiornato all’estero per più di 183 giorni sono considerati residenti in Italia. Questo in quanto hanno mantenuto nel nostro Paese i propri legami familiari ed il centro dei propri interessi patrimoniali e sociali (“centro degli interessi vitali“).
Le retribuzioni convenzionali sono definite dall’articolo 51, comma 8-bis del TUIR e consentono la tassazione del reddito in base a tabelle definite annualmente dal Ministero del Lavoro. Questa modalità di tassazione del reddito è sicuramente conveniente per il lavoratore, in quanto consente di tassare un reddito “figurativo” generalmente inferiore rispetto al reddito effettivo. Tuttavia, l’applicazione di questa metodologia di tassazione richiede il rispetto di alcuni requisiti che ho trattato in questo articolo: “Retribuzioni convenzionali per il lavoro dipendente estero: guida“.
Nella tabelle seguente ho deciso di riepilogare le casistiche in cui è possibile applicare la retribuzione convenzionale per i redditi da lavoro dipendente estero per il lavoratore che ha mantenuto la residenza fiscale italiana.
LAVORATORE | DATORE DI LAVORO | GIORNI ALL’ESTERO | TASSAZIONE DEL REDDITO |
---|---|---|---|
Residente in Italia | Datore di lavoro italiano | > 183 nell’arco di 12 mesi < 183 nell’arco di 12 mesi | Retribuzione convenzionale Tassazione IRPEF ordinaria |
Residente in Italia | Datore di lavoro estero | > 183 nell’arco di 12 mesi < 183 nell’arco di 12 mesi | Retribuzione convenzionale Tassazione IRPEF ordinaria |
Requisiti per l’applicazione delle retribuzioni convenzionali
Ai fini dell’applicazione di tali retribuzioni, devono essere pertanto presenti i seguenti requisiti:
- Residenza fiscale in Italia;
- Continuità ed esclusività della prestazione all’estero;
- Permanenza all’estero per un periodo superiore a 183 giorni nell’arco di 12 mesi.
Il lavoratore deve dunque prestare la propria opera all’estero per un periodo superiore a 183 giorni nell’arco di 12 mesi, il che vuol dire che lo stesso può anche essere a cavallo di due anni. Inoltre, se il contratto prevede la permanenza all’estero per più di 183 giorni, la tassazione su base convenzionale si applica già a partire dalla prima retribuzione erogata. Ferma restando la rettifica in sede di conguaglio laddove dovessero venire meno i requisiti richiesti.
Quanto, poi, alla determinazione della retribuzione convenzionale mensile, occorre dividere per 12 la retribuzione annuale prevista, comprendendo, qualora si tratti di datore di lavoro nazionale, gli emolumenti riconosciuti per accordo fra le parti, salvo l’indennità estera, determinando la fascia di appartenenza. Inoltre, allorché il contratto di lavoro preveda che il rapporto di lavoro sia svolto a tempo parziale, la retribuzione convenzionale può essere ridotta proporzionalmente alla riduzione dell’orario di lavoro. Mentre nel caso in cui nel corso dell’anno la retribuzione complessiva subisca variazioni occorrerà ricalcolare la retribuzione convenzionale, operando gli aggiustamenti in sede di conguaglio. In caso, poi, di datore di lavoro estero, il reddito estero deve essere dichiarato al netto dei contributi previdenziali obbligatori versati nello Stato estero (Circolare n. 17/E/2015 dell’Agenzia delle Entrate).
Retribuzioni convenzionali e regole di applicazione
Al riguardo, occorre, altresì, tener presente che la mancata previsione nel decreto ministeriale del settore economico nel quale viene svolta l’attività da parte del dipendente costituisce motivo ostativo all’applicazione del particolare regime previsto dall’art. 51, comma 8-bis, del TUIR. Mentre laddove vengano corrisposte retribuzioni precedentemente all’entrata in vigore del decreto annuale, dovrà farsi riferimento al decreto relativo all’anno precedente, salvo ricalcolo in sede di conguaglio.
Pertanto, occorre prestare sempre attenzione al settore economico in cui si opera, soprattutto nel caso in cui il lavoratore dipendente operi con datore di lavoro non residente (e quindi contratto di lavoro estero). In questo caso è consigliabile che il datore di lavoro vada ad integrare il contratto di lavoro con le indicazioni utili ad inquadrare il lavoratore nell’ambito dei contratti italiani.
Modalità di tassazione dei redditi di lavoro dipendente di fonte estera
In sintesi, i redditi derivanti da attività di lavoro dipendente prestato all’estero risultano imponibili in Italia secondo tre modalità alternative:
- Regime “ordinario” (art. 51 TUIR);
- Tassazione secondo le retribuzioni convenzionali (art. 51, co 8-bis del TUIR);
- Tassazione secondo il regime dei lavoratori frontalieri.
REGIME | REQUISITI | BASE IMPONIBILE |
Regime ordinario | Si applica a tutti i lavoratori all’estero, se non ricorrono le condizioni per la tassazione secondo i due criteri alternativi di cui sotto. | Somme e valori percepiti all’estero, rideterminati secondo la normativa fiscale italiana (art. 51 co. 1 – 8 del TUIR) |
Retribuzioni convenzionali | La prestazione di lavoro deve essere svolta all’estero in via continuativa e come oggetto esclusivo del rapporto di lavoro, e deve essere svolta all’estero per un periodo superiore a 183 giorni nell’arco di 12 mesi. | Retribuzioni convenzionali (art. 51 co. 8-bis del TUIR) |
Lavoratori frontalieri | Il lavoro dipendente deve essere svolto in zone di frontiera o in altri Stati limitrofi in via continuativa e come oggetto esclusivo del rapporto di lavoro, e il lavoratore deve recarsi quotidianamente all’estero per lo svolgimento della prestazione. | Somme e valori percepiti all’estero, rideterminati secondo la normativa fiscale italiana, assunti al netto di una “franchigia” di 10.000,00 euro |
Se le somme e i valori percepiti non sono denominati in euro, la conversione avviene secondo le regole generali stabilite dall’art. 9, co. 2, del TUIR, per cui occorre adottare il cambio del giorno in cui essi sono stati percepiti o del giorno antecedente più prossimo o, in mancanza, il cambio del mese in cui le somme o i valori sono stati percepiti.
Il credito per imposte assolte all’estero
La tassazione del reddito da lavoro dipendente estero, solitamente, comporta il manifestarsi della fattispecie conosciuta come “doppia imposizione giuridica” del reddito. Per arginare questo fenomeno è possibile ricorrere all’istituto del credito per imposte pagate all’estero “foreign tax credit” previsto dall’articolo 165 del TUIR.
L’articolo 165, comma 1, del TUIR dispone, infatti, che se alla formazione del reddito complessivo concorrono redditi prodotti all’estero, le imposte ivi pagate a titolo definitivo su tali redditi sono ammesse in detrazione dall’imposta netta dovuta. Questo avviene fino alla concorrenza della quota d’imposta corrispondente al rapporto tra i redditi prodotti all’estero ed il reddito complessivo al netto delle perdite di precedenti periodi d’imposta ammesse in diminuzione.
La detrazione delle imposte pagate nello Stato estero non spetta laddove si ometta di presentare la dichiarazione dei redditi o non si indichino in essa i redditi prodotti all’estero (articolo 165, comma 8, del TUIR). Sono interessati dalla normativa tutti i contribuenti residenti fiscalmente in Italia che svolgono un lavoro dipendente all’estero.
Quali imposte concorrono alla formazione del credito?
Quando si percepiscono redditi da lavoro dipendente estero è sempre necessario interrogarsi si quali imposte estere concorrano a formare credito in Italia. Sostanzialmente, possiamo dire che le imposte estere da considerare sono quelle divenute definitive entro il termine di presentazione della dichiarazione in cui il credito d’imposta viene recuperato.
Il credito d’imposta spetta, tuttavia, fino a concorrenza della quota d’imposta lorda italiana corrispondente al rapporto tra il reddito prodotto all’estero ed il reddito complessivo al netto delle perdite di precedenti periodi d’imposta ammesse in diminuzione e sempre, comunque, nel limite dell’imposta netta italiana relativa all’anno di produzione del reddito estero. Il tutto tenendo conto, ai fini dell’individuazione del limite, anche del credito già utilizzato nelle precedenti dichiarazioni riferito allo stesso periodo di produzione del reddito. Laddove esista, invece, una convenzione contro le doppie imposizioni in base alla quale i redditi devono essere assoggettati a tassazione esclusivamente in Italia, allora, se gli stessi hanno subito un prelievo fiscale anche nello Stato estero, il contribuente ha diritto al rimborso delle imposte pagate in tale Stato. Il rimborso deve essere chiesto all’autorità estera competente in base alle procedure da questa stabilite.
Arco temporale di formazione del credito
Si deve prestare attenzione al fatto che la detrazione delle imposte estere deve essere effettuata nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo di imposta cui appartiene il reddito prodotto all’estero al quale si riferisce l’imposta estera, a condizione che il pagamento a titolo definitivo avvenga prima della sua presentazione. Inoltre, deve essere prestata attenzione al fatto che, in presenza di retribuzioni convenzionali, il credito di imposta relativo al reddito da lavoro dipendente conseguito all’estero deve essere riconosciuto soltanto proporzionalmente alla quota parte di reddito che concorre alla formazione del reddito complessivo. Questo significa che se il reddito effettivo prodotto all’estero non concorre interamente alla formazione del reddito complessivo in Italia, è necessario rideterminare in misura proporzionale il credito di imposta maturato a titolo definitivo all’estero.
Risposta ad interpello n. 203/2019 delle Entrate
Con riferimento all’ipotesi di un lavoratore residente fiscalmente in Italia e che ha svolto per la maggior parte dell’anno un’attività di lavoro dipendente in Danimarca alle dipendenze di una società di tale Stato, tale reddito dovrebbe essere dichiarato ai fini dell’imposizione nel nostro Paese. Tuttavia, ai sensi dell’art. 15, paragrafo 1, della Convezione a tal fine stipulata con la Danimarca, ratificata dalla Legge 11 luglio 2002, n. 170, il reddito percepito è assoggettato ad imposizione concorrente nei due Paesi contraenti (ossia in Italia, Stato di residenza ed in Danimarca, Stato di svolgimento dell’attività lavorativa). Ciò nondimeno, la conseguente doppia imposizione sul reddito viene eliminata sulla base di quanto previsto dall’articolo 24, par. 2, di tale Convezione. La quale dispone che:
Art. 24, par. 2, Convenzione contro le doppie imposizioni tra Italia e Danimarca |
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“Se un residente dell’Italia possiede elementi di reddito che sono imponibili in Danimarca, l’Italia, nel calcolare le proprie imposte sul reddito … può includere nella base imponibile di tali imposte detti elementi di reddito, a meno che espresse disposizioni della presente Convenzione non stabiliscano diversamente. In tal caso, l’Italia deve detrarre dalle imposte così calcolate l’imposta sui redditi pagata in Danimarca, ma l’ammontare della detrazione non può eccedere la quota di imposta italiana attribuibile ai predetti elementi di reddito nella proporzione in cui gli stessi concorrono alla formazione del reddito complessivo“ |
Lavoro dipendente estero: importanza della documentazione
Nella mia attività di consulenza in ambito di fiscalità internazionale mi imbatto quotidianamente in situazioni di tassazione di redditi esteri. In questi casi è di fondamentale importanza per il contribuente reperire e conservare la corretta documentazione. I documenti, infatti, sono la base per arrivare alla corretta (e spesso migliore) modalità di tassazione del reddito percepito.
Senza la documentazione, infatti, è impossibile verificare i requisiti previsti dalle varie norme (nazionali e internazionali), precludendo spesso vantaggi non trascurabili. Pensa al caso di un lavoratore dipendente che non è in grado di provare il pagamento di imposte nello Stato estero. In questo caso per lui diventerà impossibile arrivare a godere di un credito per imposte estere in Italia. Altro caso è quello di un lavoratore che non è in grado di provare la presenza di una stabile organizzazione all’estero dell’ente che gli eroga lo stipendio. Le fattispecie possono essere davvero molte. Il consiglio che posso darti è quello di reperire e conservare sempre tutta la documentazione utile a ricostruire:
- Dove hai percepito un reddito;
- Quale sia l’importo del reddito percepito;
- Quale sia l’importo delle ritenute subite;
- La tassazione subita a titolo definitivo all’estero.
Senza questi documenti diventa pressoché impossibile applicare norme agevolative per il lavoratore dipendente che ha percepito redditi esteri.
Conclusioni e consulenza fiscale
In questo articolo ho cercato di riepilogare tutte le informazioni che possono esserti utili per capire le modalità di tassazione in Italia del reddito da lavoro dipendente estero. Mi rendo perfettamente conto che non sia semplice codificare la tassazione a cui andrai incontro. Esistono, infatti, moltissime casistiche che possono presentarsi. Le variabili in gioco, infatti, sono molte. Prima tra tutte la residenza fiscale, per poi passare alla presenza o meno di convenzioni internazionali, per poi passare alle retribuzioni convenzionali. Infine, altra variabile che entra quasi sempre in gioco è data dall’applicazione del credito per imposte estere. Tutti questi aspetti destinati ad entrare in gioco nella tassazione del reddito finiscono per incidere sul risultato finale dell’operazione, ovvero la tassazione. Per questo motivo il consiglio che posso darti è sempre quello di affidarti ad un dottore Commercialista esperto in fiscalità internazionale.
Solo in questo modo potrai avere sicurezza che tutte le variabili in gioco sono state correttamente analizzate per arrivare alla corretta tassazione del tuo reddito. Tieni conto che tutte queste operazioni vengono svolte in sede di dichiarazione dei redditi. Per questo motivo devi arrivare preparato a tale data. Se hai bisogno di un esperto che valuti la tua situazione personale e possa risolvere tutti i tuoi dubbi e possa individuare la modalità corretta di tassazione del tuo reddito, contattami!
Segui il link sottostante per metterti direttamente in contatto con me e richiedere la mia consulenza fiscale.
Domande frequenti
La Convenzione OCSE contro le doppie imposizioni è un modello di trattato internazionale progettato per aiutare i paesi a negoziare accordi bilaterali per evitare la doppia imposizione dei redditi. Questi trattati stabiliscono le regole su come il reddito guadagnato in un paese da residenti di un altro paese deve essere tassato.
Generalmente, secondo il modello OCSE, il reddito da lavoro dipendente viene tassato:
– nel paese in cui il lavoro è fisicamente svolto, e
– nel Paese di residenza fiscale del lavoratore. Questo se l’attività lavorativa estera si è protratta per oltre 183 giorni.
Questo è possibile solo quando l’attività lavorativa estera è stata inferiore a 183 giorni, il datore di lavoro è italiano e non ha una stabile organizzazione estera.
In caso di doppia imposizione, la convenzione bilaterale tra i due paesi stabilisce le regole per determinare come ridurre la doppia imposizione. Per il lavoro dipendente questo avviene con l’applicazione di un credito per imposte estere nello Stato di residenza fiscale del lavoratore.
Puoi controllare sul sito web dell’agenzia fiscale del tuo paese o consultare un consulente fiscale. Molti paesi pubblicano l’elenco dei loro trattati fiscali in vigore.
La tassazione dei lavoratori remoti dipende da vari fattori. Come la tua residenza fiscale, la localizzazione dell’azienda e le specifiche della convenzione di doppia imposizione applicabile. Generalmente, sei soggetto alla tassazione nel tuo paese di residenza, ma potrebbero esserci obbligazioni fiscali anche nel paese dell’azienda.