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Lavoratori frontalieri: il regime di tassazione

Fisco InternazionaleTassazione di redditi esteriLavoratori frontalieri: il regime di tassazione

La disciplina fiscale dei lavoratori frontalieri italiani (con Austria, Francia, Svizzera, San Marino e Città del Vaticano. Criteri di collegamento del reddito e modalità di tassazione.

Il reddito da lavoro dipendente prestato all’estero in zona di frontiera (o in altri Paesi limitrofi al territorio nazionale) da soggetti residenti nel territorio dello Stato italiano (cd. frontalieri), concorre a formare il reddito complessivo per l’importo eccedente €. 10.000.


La figura del lavoratore frontaliero, è costituita da quei lavoratori dipendenti che sono residenti fiscalmente in Italia e che quotidianamente si recano all’estero, in zone di frontiera o Paesi limitrofi, per svolgere la prestazione di lavoro.

Non rientrano in tale previsione le ipotesi di lavoratori dipendenti, anch’essi residenti in Italia che, in forza di uno specifico contratto che prevede l’esecuzione della prestazione all’estero in via continuata e come oggetto esclusivo del rapporto, previa sistemazione nel ruolo estero, soggiornano all’estero per un periodo superiore a 183 giorni. Per questi ultimi lavoratori si applica la tassazione prevista dall’articolo 51, comma 8-bis del DPR n. 917/86, costituita dalle c.d. “retribuzioni convenzionali“. Questo aspetto, infatti, contrasta con le reali esigenze oggettive dei datori di lavoro e dei lavoratori. Per questo motivo, i lavoratori che non rientrano in Italia giornalmente non possono applicare la disciplina dei c.d. “frontalieri“.

Il lavoratore di frontiera

Il concetto di lavoratore di frontiera (o frontaliere) definisce la figura del lavoratore occupato su un dato territorio di uno Stato, ma residente fiscalmente presso un diverso Paese. Luogo dove, teoricamente e praticamente, si reca quotidianamente o settimanalmente. L’Amministrazione finanziaria, nel cercare di inquadrare nello specifico la figura del lavoratore di frontiera, ha precisato che l’attività lavorativa deve essere svolta: “in via continuativa e come oggetto esclusivo del rapporto all’estero in zone di frontiera ed in altri Paesi limitrofi da soggetti residenti nel territorio dello Stato“. L’art. 1 par. 1 lett. f) del Reg. 883/2004 offre la definizione di lavoratore frontaliero:

Lavoratore frontaliere
qualsiasi persona che esercita un’attività subordinata o autonoma in uno Stato membro e che risiede in un altro Stato membro, nel quale ritorna in linea di massima ogni giorno o almeno una volta la settimana

La differenza con la definizione di lavoratore all’estero è sostanziale. Il lavoratore all’estero è, infatti, colui che presta al di fuori dei confini nazionali, in via continuativa ed esclusiva, il proprio lavoro. Si tratta di un soggetto che nell’arco di dodici mesi soggiorna nello stato estero per un periodo superiore a 183 giorni. Questo è quanto prevede l’articolo 51, del TUIR.

Lavoratore di frontieraSoggetto lavoratore occupato residente nel territorio dello stato che quotidianamente o settimanalmente si reca per lavoro su un dato territorio di uno Stato (diverso da quello di residenza).
Lavoratore esteroSoggetto lavoratore che presta al di fuori dei confini nazionali, in via continuativa ed esclusiva, il proprio lavoro e che nell’arco di dodici mesi soggiorna nello stato estero per un periodo superiore a 183 giorni.

Le caratteristiche dei lavoratori frontalieri

Nell’ordinamento italiano, oltre al recepimento della definizione di “lavoratore frontaliero comunitario” in tema di sicurezza sociale, è rinvenibile anche una definizione di frontaliero sviluppatasi nella prassi dell’Amministrazione finanziaria per esigenze tributarie. In particolare, l’interesse del Ministero delle finanze italiano a dare definizione al termine di frontaliero è stato (ed è) motivato dal dover identificare in maniera puntuale l’ambito soggettivo d’applicazione delle speciali norme tributarie a questi applicabili. La prassi ministeriale ha definito più volte il lavoratore frontaliero come quel soggetto che:

  • Presta la propria attività lavorativa dipendente in via esclusiva e continuativa:
  • Nelle zone di frontiera o in paesi limitrofi per conto di datore di lavoro estero;
  • Pur mantenendo la sua residenza nel territorio dello Stato.

Si tratta esclusivamente di quei soggetti residenti in Italia che prestano un’attività di lavoro dipendente, in via esclusiva e continuativa, a favore di un datore di lavoro estero e che quotidianamente si recano, appunto, all’estero in Paesi confinanti (Francia, Svizzera, Austria, Slovenia e San Marino) ovvero in Paesi limitrofi (sulla portata del termine “limitrofo” il Ministero fornisce la sola esemplificazione del Principato di Monaco).

Non rientrano nell’accezione di frontaliero le ipotesi di lavoratori dipendenti, anch’essi residenti in Italia, che per effetto di uno specifico contratto che prevede l’esecuzione della prestazione all’estero in via esclusiva e continuativa, previo collocamento nel ruolo estero, si trovano a soggiornare fuori del territorio italiano per uno o più periodi di tempo aggregati, complessivamente superiori a 183 giorni nell’arco di 12 mesi.

La qualifica di lavoratore frontaliere

Le caratteristiche quindi che i lavoratori frontalieri devono avere per qualificarsi come tali sono:

  • La residenza sul territorio dello Stato;
  • Il rapporto di lavoro dipendente con un datore di lavoro di uno Stato di confine o limitrofo, con l’Italia;
  • La continuità e l’esclusività del rapporto di lavoro;
  • La quotidianità dei suoi trasferimenti transfrontalieri verso e da, la sede di lavoro.

Per quanto concerne i requisiti richiesti si possono fare ben poche considerazioni, in quanto sono sostanzialmente chiari. Si potrebbe in ogni caso obiettare sulla mancanza di una precisa definizione di quali Stati debbano intendersi come “limitrofi” alle zone di frontiera (il Ministero ha sempre e solo citato a titolo esemplificativo il Principato di Monaco) e sull’utilizzo dell’avverbio “quotidianamente“.

Se debba in altre parole essere inteso in senso restrittivo e dunque che sia frontaliero solo colui che, effettivamente, tutti i giorni (ovviamente fatte salve le giornate di ferie e malattia), si reca oltre confine per svolgere la propria opera lavorativa ovvero se si debba avere una interpretazione più bonaria quale ad esempio ricondurre il concetto di quotidianità a quello di abitualità. In teoria dovrebbe potersi propendere per la seconda ipotesi anche alla luce della definizione data, sebbene in materia previdenziale, dal Regolamento CE 1408/71/CEE (articolo 1, lettera B):

Rientro quotidiano nel Paese di residenza o almeno una volta la settimana
il termine frontaliero designa qualsiasi lavoratore che è occupato nel territorio di uno Stato membro e risiede nel territorio di un altro Stato membro dove, di massima, ritorna ogni giorno o almeno una volta la settimana

Sul requisito della residenza per brevità espositiva si soprassiede dal commentarlo, anche se è sicuramente quello più rilevante, se non altro per la precisa codifica che il legislatore tributario ha previsto di tutte le casistiche che danno luogo a residenza fiscale sul territorio italiano.


Il regime fiscale di tassazione dei frontalieri

Il lavoratore frontaliero, a differenza del lavoratore all’estero, è, peraltro, oggetto di una particolare imposizione fiscale. Questo accade in ragione della continua mobilità tra luogo di residenza in Italia e luogo di svolgimento dell’attività lavorativa. Ai sensi dell’art. 1 co. 175 della Legge n. 147/13:

Tassazione dei lavoratori frontalieri
Il reddito da lavoro dipendente prestato in zone di frontiera, concorre a formare il reddito complessivo IRPEF del contribuente, assieme ad eventuali altri redditi, con l’applicazione di una decurtazione dell’importo pari a 10.000 euro (c.d. “franchigia di esenzione“).

Ad innalzare l’importo della franchigia (da 7.500 a 10.000 euro a partire dal 2024) è stato l’art. 4 della Legge n. 83/23. Sul punto, è bene rammentare che, la suddetta franchigia di esenzione (prevista in materia di IRPEF), per i redditi di lavoro dipendente prestati all’estero (sempre in zona di frontiera) non deve essere parametrata alla durata del rapporto nell’anno, ma deve essere utilizzata in maniera fissa.

Più precisamente, ai fini dell’applicazione del regime di tassazione in commento si deve:

  • Individuare l’insieme di tutte le somme e valori corrisposti al soggetto in relazione al reddito di lavoro svolto come frontaliero;
  • Operare la riduzione, da tale importo globale annuo, della franchigia di esenzione prevista in materia in materia di IRPEF per i redditi di lavoro dipendente prestati all’estero in zona di frontiera (articolo 3 della Legge 23 dicembre 2000, n. 388) che risulta quantificata ad €. 10.000;
  • Applicare la tassazione IRPEF su tale differenza, secondo le regole ordinarie del DPR n. 917/86.

Inoltre, deve essere tenuto in considerazione che, secondo quanto chiarito dalla Circolare n. 25/E del 18 agosto 2023, trovano applicazione nei confronti di tutti i lavoratori frontalieri, i seguenti aspetti (introdotti dalla Legge n. 83/23):

  • L’applicazione della soglia di franchigia di 10.000 euro (art. 4);
  • La deducibilità dal reddito complessivo, nell’importo risultante da idonea documentazione, dei contributi previdenziali per il prepensionamento di categoria, contrattualmente previsti a carico dei lavoratori frontalieri nei confronti degli enti di previdenza dello Stato in cui essi svolgono la propria attività lavorativa (art. 5);
  • La non imponibilità degli assegni di sostegno al nucleo familiare erogati a favore dei frontalieri dagli enti di previdenza degli Stati in cui il primo presta servizio (art. 6).

Indicazione del reddito in dichiarazione

Il reddito da lavoro dipendente del lavoratore di frontiera deve essere indicato all’interno del quadro RC del modello Redditi PF. In particolare, nel rigo dedicato al reddito da lavoro è presente lo specifico campo “Quota esente frontalieri” (si tratta del rigo RC5, colonna 1), dove deve essere indicata la franchigia di 10.000 euro, che va a sottrarsi dal reddito lordo percepito dal lavoratore. Tale soglia fa riferimento al reddito complessivo annuo derivante dall’attività lavorativa nelle zone di frontiera senza alcun riferimento al numero di rapporti di lavoro intrattenuti nel periodo di imposta (vedasi la Circolare n. 2/E/2003 § 9).

Applicazione del credito per imposte estere

Al fine di superare le problematiche di doppia imposizione del reddito del lavoratore frontaliere l’art. 165 del TUIR prevede l’applicazione di un credito per imposte estere legato alla tassazione subita a titolo definitivo nello Stato della fonte. Il lavoratore frontaliere che ha percepito un reddito da lavoro dipendente di fonte estera è chiamato a presentare la dichiarazione dei redditi in questo Stato al fine di individuare le imposte versate a titolo definitivo. Sulla base delle imposte estere versate il contribuente è chiamato a presentare la dichiarazione dei redditi in Italia. In tale dichiarazione deve essere individuato il reddito imponibile (reddito lordo al netto della franchigia) e su tale reddito deve essere determinata l’imposta dovuta in Italia. A quel punto deve essere determinato il credito per imposte estere.

Sul punto occorre prendere a riferimento la Risoluzione n. 38/E/2017 la quale riprende l’orientamento tenuto dalla DRE Lombardia n. 904-45720/2008, secondo la quale se il reddito del frontaliere è tassato in entrambi gli Stati il credito per imposte estere deve essere determinato secondo le disposizioni dell’art. 165, co. 10 del TUIR. Tale disposizione prevede che se il reddito da lavoro dipendente concorre solo parzialmente alla formazione del reddito complessivo italiano, l’imposta estere accreditabile deve essere ridotta in misura corrispondente. Tale posizione si riscontra anche a livello operativo negli accertamenti che effettua l’Amministrazione finanziaria sui redditi dei frontalieri.

Di contro, tuttavia, deve essere evidenziata la posizione della C.T. Prov. Forlì 23.4.2019 n. 129/2/19, secondo la quale, invece, il credito per imposte estere spetta in modo integrale. La questione, successivamente, è stata oggetto di appello sul quale si è espressa la C.G.T. dell’Emilia Romagna (n. 944/2023), dove i giudici si seconde cure si sono espressi confermando la sentenza di primo grado. Infatti, il reddito da lavoro dipendente estero rientro nell’ambito dell’art. 51 commi da 1 a 8 (TUIR), e non si rientri nel comma 8-bis (dedicato alle retribuzioni convenzionali), l’art. 165, co. 10 del TUIR, non può trovare applicazione. Sicuramente si tratta di una prima apertura sul tema, tuttavia, vedremo se questo aspetto si formerà un orientamento giurisprudenziale costante.  

Esempio: la tassazione dei redditi di un frontaliere

Si ipotizzi, a titolo meramente esemplificativo, il caso di un lavoratore frontaliere che, nel periodo d’imposta “n”:

  • Percepisce un reddito di lavoro dipendente prestato in Svizzera pari a €. 31.000 su cui è stata pagata un imposta di 6.400 euro;
  • Risulta titolare di un reddito immobiliare imponibile nel territorio dello Stato di €. 1.000.

Nella situazione prospettata, le imposte dovute dal contribuente dovranno essere calcolate su un reddito complessivo di €. 21.000, ovvero: €. 31.000 (reddito di lavoro prestato in zone di confine); (-) €. 10.000 (franchigia prevista) (+) € 1.000 (redditi immobiliari)

Assumendo (per semplicità di calcolo) che non vi siano detrazione applicabili, l’imposta netta dovuta dal suddetto contribuente sarà pari a €. 4.830. L’imposta può essere così quantificata: (23% * 21.000 €.), applicando il primo scaglione IRPEF.

A questo punto, applicando l’impostazione di cui all’art. 165, co. 8 del TUIR, per il calcolo del credito per imposte estere occorre effettuare la seguente operazione:

Imposta estera * (imponibile italiano al netto della franchigia/imponibile italiano al lordo)

(6.400 * (21.000/31.000) = 4.335 euro. In pratica, le imposte estere versate a titolo definitivo all’estero devono essere parametrare in relazione al minore reddito imponibile in Italia. In definitiva, quindi, il lavoratore si trova a versare in Italia l’importo di 495 euro (4.830 – 4.335).

Nell’esempio, per semplicità, non sono state prese in considerazione l’addizionale regionale e comunale.

Disciplina convenzionale per i redditi dei lavoratori frontalieri

Si rammenta, infine, che, la suddetta disciplina impositiva – che prevede la riduzione del reddito di lavoro svolto come frontaliero della franchigia di esenzione prevista – deve essere tuttavia coordinata con le specifiche disposizioni contenute nelle diverse Convenzioni contro le doppie imposizioni, stipulate dall’Italia con i governi limitrofi. Tutto questo considerato che, le norme contenute nelle diverse convenzioni, in quanto speciali, prevalgono su quelle interne. In caso di contrasto, pertanto, si deve applicare la norma contenuta nel trattato internazionale.

Paese confinanteTassazione del reddito
AUSTRIAI redditi di frontiera sono assoggettati ad imposta in via esclusiva solo da parte dello Stato in cui il lavoratore è residente.
FRANCIAÈ prevista la tassazione, in via esclusiva, del lavoratore frontaliero nello Stato di residenza: la rinuncia a imposizione da parte dello Stato della fonte è subordinata all’effettivo prelievo da parte dello Stato della residenza.
SVIZZERAI redditi di frontiera devono essere assoggettati ad imposizione concorrente, nello Stato di svolgimento dell’attività e nello Stato di residenza fiscale del lavoratore.
SAN MARINOI redditi di frontiera devono essere assoggettati ad imposizione concorrente, nello Stato di svolgimento dell’attività e nello Stato di residenza fiscale del lavoratore.
CITTA’ DEL VATICANOEsenzione IRPEF del reddito (ex art. 3 DPR n. 601/73) nel caso in cui il reddito venga erogato:
– Dalla Santa Sede;
– Dagli altri enti centrali della Chiesa Cattolica;
– Dagli enti gestiti direttamente dalla Santa Sede.

I lavoratori frontalieri con la Svizzera

Il Consiglio dei Ministri n. 49 del 3 dicembre 2021 ha approvato un disegno di legge riguardante ratifica ed esecuzione dell’Accordo tra la Repubblica italiana e la Confederazione svizzera relativo all’imposizione dei lavoratori frontalieri. Il nuovo accordo sui frontalieri è Stato ratificato dall’Italia con la Legge n. 83/23 ed è entrato in vigore dal 2024.

L’accordo prevede che l’imposta sui redditi venga applicata nello Stato in cui viene svolta l’attività lavorativa, sui redditi da lavoro dipendente esercitati dal lavoratore. La percentuale di prelievo applicata sarà dell’80%. Naturalmente, i lavoratori frontalieri rimangono soggetti a tassazione anche nello Stato di residenza, che eliminerà la doppia imposizione giuridica secondo quanto previsto dalle disposizioni convenzionali in vigore tra Svizzera ed Italia.

Il nuovo accordo fornisce una definizione di lavoratore frontaliere molto più specifica e restrittiva rispetto a quella previgente. In particolare, l’art. 2, lett. b) del nuovo accordo fornisce la definizione del lavoratore frontaliere che si applica a qualsiasi lavoratore risiedente in uno Stato contraente che è fiscalmente domiciliato in un Comune il cui territorio si trova, totalmente o parzialmente, nella zona di 20 km dal confine con l’altro Stato contraente. Le aree di frontiera sono:

  • Per la Svizzera: Cantoni di Grigioni, Ticino e Vallese;
  • Per l’Italia: Regione Lombardia, Piemonte, Valle d’Aosta e provincia autonoma di Bolzano.

Questa persona svolge un’attività di lavoro dipendente nell’area di frontiera dell’altro Stato e ritorna, in linea di principio, quotidianamente al proprio domicilio principale nello Stato di residenza. Questa definizione si applica a tutti i frontalieri (nuovi e attuali) a partire dall’entrata in vigore dell’accordo.

Per approfondire: “Frontalieri con la Svizzera: con tassazione concorrente“.

Monitoraggio fiscale (quadro RW IVIE ed IVAFE)

I lavoratori frontalieri fiscalmente residenti in Italia non sono ordinariamente tenuti ad assolvere gli obblighi di monitoraggio fiscale connessi al possesso di investimenti ed attività finanziarie detenute nello Stato in cui svolgono l’attività lavorativa (art. 38, co. 13, lett. b) del D.L. n. 78/10). Tuttavia, tale esonero è legato al rispetto di alcuni requisiti indicati nel Provvedimento n. 151663 del 18 dicembre 2013, pubblicato dall’Agenzia delle Entrate, secondo il quale:

  • L’esonero riguarda soltanto il periodo di tempo in cui il lavoratore presta la propria attività lavorativa all’estero, come frontaliere;
  • L’esonero è riconosciuto per l’intero periodo d’imposta, se l’attività lavorativa è svolta all’estero in via continuativa per la maggior parte del medesimo periodo;
  • In caso di cessazione dell’attività e rientro in Italia, l’esonero è legato al trasferimento in Italia delle attività detenute all’estero entro sei mesi dalla cessazione del rapporto di lavoro. Superato il termine scatta l’obbligo di monitoraggio degli investimenti esteri per l’intero periodo di imposta, come chiarito dalla Circolare n. 38/E/2013 dell’Agenzia delle Entrate.

L’esonero è esteso, con solo riferimento al conto corrente costituito all’estero per l’accredito degli stipendi, al coniuge e ai familiari di primo grado del titolare del conto stesso cointestatari o beneficiari di deleghe o procure. Non deve essere sottovalutato il fatto che questo tipo di esonero ha ad oggetto le sole attività detenute nello Stato in cui è prestata l’attività lavorativa, e non si estende alle eventuali attività detenute in altri Stati dalla stessa persona. 

Le problematiche di IVIE ed IVAFE

Il lavoratore frontaliere, nonostante l’esonero ai fini del monitoraggio fiscale (alle condizioni indicate) rimane comunque soggetto all’applicazione dell’IVIE e dell’IVAFE anche con riferimento agli investimenti detenuti nello Stato estero dove svolge la propria attività lavorativa. Questo significa, operativamente, che il frontaliere è, comunque, tenuto alla compilazione del quadro RW del modello Redditi PF, tuttavia ai soli fini della liquidazione delle imposte patrimoniali (e non anche ai fini del monitoraggio). Questo aspetto, che può sembrare secondario assume valenza importante quando si parla di regime sanzionatorio (assai importante per le violazioni legate al monitoraggio fiscale).

Il caso classico di versamento dell’IVAFE riguarda i conti correnti detenuti all’estero dal frontaliere, magari utilizzati per l’accredito dello stipendio. Sul conto corrente, l’IVAFE, non è dovuta qualora vi sia una giacenza media annua del conto che non supera la soglia di 5.000 euro.

Frontalieri di nazionalità non italiana | Cenni

Un cittadino di nazionalità non italiana può ottenere il permesso di soggiorno in Italia se:

  • Svolge un’attività di lavoro in Italia come dipendente o come lavoratore autonomo. In tal caso il soggetto viene automaticamente iscritto al SSN poiché versa l’imposta IRPEF. Ricevono l’iscrizione automatica al SSN anche coloro che dispongono “dell’attestazione di residenza permanente” (i cittadini comunitari possono richiederla dopo cinque anni di residenza in Italia);
  • Pur non svolgendo alcuna attività di lavoro in Italia, dispone di mezzi sufficienti per mantenersi senza dover ricorrere alle prestazioni sociali. In tal caso il soggetto è tenuto obbligatoriamente a sottoscrivere un’assicurazione medica in Italia. In particolare potrà effettuare l’iscrizione volontaria al SSN secondo i suddetti importi oppure potrà optare per un’assicurazione medica privata (secondo i requisiti dettati dall’Accordo tra Stato e Regioni del 20 dicembre 2012).

Consulenza fiscale online

La disciplina dei lavoratori che operano in zone di frontiera con l’Italia presenta delle peculiarità proprie che non si riscontrano in altre casistiche. Per questo motivo occorre prestare al dovuta attenzione sia al momento della conclusione del rapporto di lavoro estero, sia al momento della presentazione della dichiarazione dei redditi in Italia, dove la particolarità principale è legata all’applicazione del credito per imposte estere da rapportare alla quota imponibile di reddito estero (al netto della franchigia) ed agli obblighi legati al pagamento di IVIE ed IVAFE da parte dei frontalieri, con gli obblighi legati alla compilazione del quadro RW.

Se hai letto questo articolo sulla tassazione dei redditi dei frontalieri italiani sicuramente ti stai apprestando ad effettuare un lavoro all’estero. Il consiglio che posso darti è quello di non sottovalutare gli aspetti fiscali. Potresti essere considerato frontaliere ed ottenere le relative agevolazione. Oppure, nel caso in cui tu non possa essere considerato tale è comunque possibile capire se vi sono altre agevolazioni a cui puoi fare riferimento.

Puoi capire tutto questo soltanto affidandoti ad un esperto. Per questo motivo se hai un dubbio o vuoi farmi analizzare la tua situazione personale, contattami! Segui il link seguente e mettiti in contatto con me una consulenza sulla tua fiscalità internazionale.

Domande frequenti

Cosa significa essere un lavoratore frontaliere?

Un lavoratore frontaliere è una persona che vive in un Paese ma si reca quotidianamente o frequentemente in un altro Paese per lavorare. Ad esempio, potrebbe vivere in Francia e lavorare in Italia.

Dove dovrei pagare le tasse sul mio reddito da lavoro frontaliere?

La tassazione dei lavoratori frontalieri può variare in base agli accordi tra i Paesi coinvolti. Spesso, le tasse sul reddito sono pagate nel Paese in cui si svolge il lavoro, ma ci possono essere eccezioni o crediti d’imposta nel Paese di residenza.

C’è un trattato fiscale che regola la tassazione dei lavoratori frontalieri?

Sì, molti Paesi hanno trattati fiscali bilaterali che dettagliano come vengono tassati i redditi dei lavoratori frontalieri.

Cosa succede se cambio il mio status di residenza?

Cambiare il tuo status di residenza potrebbe avere un impatto significativo sulla tua situazione fiscale. È fondamentale consultare un esperto fiscale per comprendere le implicazioni.

Sono soggetto a contributi previdenziali nel Paese in cui lavoro?

In genere, i contributi previdenziali sono dovuti nel Paese in cui si svolge il lavoro, ma ci sono eccezioni e accordi che possono alterare questa regola generale.

Quali documenti dovrei conservare per la mia situazione fiscale come lavoratore frontaliero?

Conserva tutti i documenti relativi al tuo reddito, detrazioni, crediti d’imposta e qualsiasi altra informazione pertinente che potrebbe essere necessaria per la dichiarazione dei redditi in entrambi i Paesi.

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