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Il welfare aziendale: cos’è e come funziona

Il welfare aziendale include una serie di benefit e strumenti a carattere liberale corrisposti dal datore di lavoro a favore dei lavoratori dipendenti. Le principali forme di "benessere aziendale" sono rappresentate dai flexible benefit e dai fringe benefit, negli anni sempre più ampliati per migliorare la qualità della vita di lavoratori e familiari.

Il welfare aziendale è uno strumento prezioso per migliorare il clima lavorativo e il benessere dei dipendenti. Garantire servizi di Welfare in linea con le nuove esigenze dei lavoratori, è oggi una delle sfide principali di chi si occupa di gestione delle risorse umane. Ma cosa si intende esattamente per welfare aziendale?

Che cos’è il welfare aziendale?

Il welfare aziendale è l’insieme delle iniziative messe a disposizione dalle aziende per i dipendenti. Letteralmente “benessere aziendale” indica l’insieme di benefit e prestazioni non monetarie erogate a favore dei dipendenti, con l’obiettivo di migliorare la qualità della vita e il benessere dei lavoratori e dei loro familiari. In questo modo si incrementa il potere d’acquisto delle famiglie senza aumentare il loro reddito imponibile e il peso dell’erario sul datore di lavoro.

Questo genere di servizi favorisce dunque il miglioramento della produttività, senza però compromettere la sostenibilità dell’impresa: da una parte si crea un clima lavorativo positivo e si premia la produttività dei lavoratori, dall’altra si ottengono rilevanti benefici fiscali e migliori risultati di business. In particolare, vi rientrano:

  • I benefit ed i servizi che un’azienda offre ai propri dipendenti al fine di incrementare il loro benessere;
  • Le differenti modalità di svolgimento del lavoro in termini di flessibilità.

I servizi di welfare possono essere distinti in base ai bisogni socialmente rilevanti.

Tabella: i servizi di welfare sulla base dei bisogni

ServiziEsempi
Sostegno economicoContribuzione alle spese dei finanziamenti, erogazione di prestiti, istituzione di mense aziendali o uso di buoni pasto e spacci aziendali.
SaluteVisite, check-up, rimborsi spese mediche, medicina preventiva, cure termali.
IstruzioneErogazione di borse di studio o rimborso per l’acquisto dei libri dei figli dei dipendenti.
Sicurezza socialeFinanziamento di fondi di previdenza complementare, servizi a supporto del disagio sociale o psicologico, rimborso delle spese per assistenza ai malati terminali o agli anziani.
PersonaTrasporto o consulenza fiscale e legale.
Interessi extraprofessionaliAbbonamenti a cinema e teatri, circoli sportivi o palestre, quotidiani, corsi di arte, lingua e musica.

Conciliazione con la vita privata
Istituzione di asili nido aziendali o rimborso delle spese per le baby sitter, servizi di car pooling, convenzioni con professionisti per lo svolgimento di pratiche burocratiche.

L’idea di welfare aziendale a partire dalla pandemia

Nel pieno della pandemia, le imprese si sono ritrovate a dover rispondere alle esigenze di protezione, sicurezza, assistenza, formazione e conciliazione vita-lavoro delle proprie persone. Questo ha portato alla trasformazione dei servizi di welfare in azienda offerti per rispondere alle mutate esigenze dei lavoratori. Succede, allora, che alcuni benefit più tradizionali, come l’auto e la mensa aziendale, stiano perdendo di importanza per lasciare spazio a nuove necessità. Il welfare aziendale sembra chiamato a svolgere funzioni sempre più ‘strutturali‘ per il benessere individuale e collettivo dei lavoratori e delle loro famiglie.

Come funziona il welfare aziendale

I piani di welfare aziendale possono essere strutturati “on top” alla retribuzione fissa e variabile, cioè a prescindere da queste, come elargizione liberale da parte della proprietà o anche come frutto di accordo sindacale, con agevolazioni fiscali entro certi tetti di spesa per l’azienda.

Oppure i piani welfare aziendali possono essere associati alla parte variabile delle retribuzioni, nel qual caso vanno regolati da accordi sindacali aziendali o di categoria, soluzione resa possibile dalle leggi di stabilità 2016-2017. In questo modo il welfare aziendale coniuga la responsabilità sociale d’impresa con i piani di incentivazione della forza lavoro, associando direttamente i benefit al tema della compensation.

Ma in entrambi i casi, sia come investimento on top da parte dell’azienda, sia come conversione parziale o integrale del premio di risultato, entro certi limiti di spesa si tratta di servizi detassati per i lavoratori dipendenti, perché rientrano tra quei beni e servizi che non concorrono a formare reddito imponibile (e quindi neppure da indicare in dichiarazione dei redditi se rimborsati nello stesso anno, né soggetti a detrazione IRPEF), in quanto volti a soddisfare esigenze e interessi meritevoli di tutela, come il miglioramento delle loro condizioni di vita e dei loro familiari (art. 51, secondo comma, TUIR). In pratica, non costituendo reddito, la loro corresponsione è esente da tassazione fiscale e contributiva ed è deducibile per l’azienda (entro certi limiti).

Fringe benefit e flexible benefit

Nello specifico cosa rientra nel welfare aziendale? Tra gli strumenti che oggi le organizzazioni hanno a disposizione per garantire il welfare dei propri collaboratori, ci sono i benefit, raggruppabili in due categorie: i fringe benefit e i flexible benefit. Ecco, di seguito, le caratteristiche e i vantaggi di queste due tipologie di benefit per i dipendenti.

Fringe benefit

Sono i benefici accessori, forniti ai collaboratori tramite beni o servizi finalizzati allo svolgimento dell’attività lavorativa. Non si tratta, quindi, di un compenso in denaro e per questo vengono definiti spesso come compensi in natura. Tra i più comuni ci sono il telefono cellulare, il computer, i buoni pasto e l’automobile in concessione privata.

I fringe benefit sono solitamente regolati mediante il contratto individuale che l’azienda stipula con il lavoratore e sono parte integrante del reddito da lavoro dipendente. Essendo, quindi, parte della retribuzione, sono oggetto di tassazione. Tuttavia, con il Decreto legge n. 48/2023, noto anche come decreto Lavoro, è stato introdotto un regime transitorio più favorevole riguardo all’esenzione dal reddito imponibile dei lavoratori dipendenti per i fringe benefit. È incluso nel regime di esenzione il rimborso delle spese sostenute per utenze domestiche, quali gas, acqua e corrente elettrica.

Flexible benefit

Sono benefici flessibili, ossia beni o servizi che l’azienda decide di erogare al dipendente affiancandoli alla retribuzione. Non sono disciplinati all’interno del contratto individuale e, dunque, sono frutto di una scelta aziendale o di una contrattazione collettiva. I flexible benefit sono finalizzati a migliorare il benessere personale e familiare del dipendente: tra i più comuni troviamo asili nido, borse di studio, assicurazioni sanitarie, previdenza complementare, abbonamenti al trasporto pubblico, ecc.

Generalmente il lavoratore può scegliere quelli che più si adattano alle sue esigenze, per questo vengono spesso definiti il “paniere di beni e servizi” del collaboratore. Dal punto di vista fiscale, poi, i flexible benefit, godono di un trattamento agevolato, in quanto non costituiscono parte del reddito da lavoro dipendente. Lart. 51 del TUIR identifica le varie categorie di servizi che possono essere offerti ai collaboratori, le soglie di esenzione e i tassi di esclusione della tassazione riguardo alle agevolazioni per i dipendenti dei diversi settori.

Detassazione fringe benefit 2024

Con la Legge di Bilancio per l’anno 2024, il Legislatore ha introdotto una disposizione derogatoria al regime ordinario dei fringe benefit. Limitatamente al periodo d’imposta 2024 non concorrono a formare il redditoentro il limite complessivo di 1.000 euro:

  • Il valore dei beni ceduti e dei servizi prestati ai lavoratori dipendenti;
  • Le somme erogate o rimborsate ai medesimi lavoratori dai datori di lavoro per il pagamento delle utenze domestiche di acqua, luce e gas, delle spese per l’affitto della prima casa ovvero per gli interessi sul mutuo relativo alla prima casa.

Quanto sopra deroga a quanto previsto dall’articolo 51, comma 3 del TUIR. Pertanto, rispetto alla disciplina ordinaria viene non solo innalzato il limite di esenzione fiscale e contributivo, che passa dunque da 258,23 euro a 1.000 euro, ma vengono ricompresi in quei beni e servizi che possono essere riconosciuti ai lavoratori anche i valori erogati per il pagamento delle bollette di luce, acqua e gas, delle spese per l’affitto della prima casa di abitazione ovvero per gli interessi sul mutuo per l’acquisto della prima casa, secondo quanto indicato dall’articolo 1 commi 16-17 Legge 30 dicembre 2023, n. 213.

Inoltre, il limite esenzione pari a 1.000 euro è elevato a 2.000 euro per i lavoratori dipendenti con figli a carico, compresi i figli nati fuori del matrimonio riconosciuti, i figli adottivi o affidati. Il limite di 2.000 euro si applica se il lavoratore dipendente dichiara al datore di lavoro di avervi diritto, indicando il codice fiscale dei figli.

Figli a carico

A tal proposito va precisato che sono considerati a carico i figli:

  • Fino a 24 anni d’età con reddito non superiore a 4.000 euro, al lordo degli oneri deducibili, nel periodo d’imposta preso a riferimento;
  • Con età superiore a 24 anni con reddito non superiore a 2.840,51 euro, al lordo degli oneri deducibili, nel periodo d’imposta preso a riferimento.

I datori di lavoro provvedono all’attuazione della misura previa informativa alle rappresentanze sindacali unitarie, laddove presenti.

Come già sopra anticipato, la somma erogata ai lavoratori dipendenti non concorre a formare il reddito, né tantomeno la base imponibile ai fini contributivi.

Superamento della soglia di esenzione

Tuttavia, in caso di superamento della soglia di esenzione pari a 2.000 o 1.000 euro, a seconda che il lavoratore abbia o meno figli a proprio carico, l’intero valore dovrà essere assoggettato a contribuzione ai fini previdenziali e assicurativi e a tassazione Irpef. L’intera somma concorrerà dunque alla formazione del reddito del lavoratore dipendente. Con riferimento, poi, ai soggetti potenziali beneficiari, da una lettura letterale delle disposizioni introdotte, sembra che la misura possa essere applicata ai soli lavoratori dipendenti. Sul punto si attendono, tuttavia, i dovuti chiarimenti da parte degli istituti competenti.

Infatti, si segnala che la Circolare del 1° agosto 2023, n. 23 dell’Agenzia delle Entrate, con riferimento all’innalzamento della soglia di esenzione dei fringe benefit a 3.000 euro per il periodo d’imposta 2023, limitatamente a coloro che avevano figli a carico, aveva espressamente esteso l’applicazione della misura anche ai percettori di reddito assimilato a quello di lavoro dipendente.

Fringe benefit relativi a pagamenti di mutui ed affitti

L’Agenzia delle Entrate con la Circolare n. 5/E del 7 marzo 2024 ha fornito chiarimenti in merito ai benefit riguardanti affitti e mutui. In particolare, ha specificato che i datori di lavoro potranno riconoscere rimborsi ai dipendenti in relazione a:

“immobili ad uso abitativo posseduti o detenuti, sulla base di un titolo idoneo, dal dipendente, dal coniuge o dai suoi familiari, nei quali il dipendente o i suoi familiari (di cui all’art 12 del TUIR) dimorino abitualmente, a condizione che ne sostengano effettivamente le relative spese.”

Anche in caso di contratto d’affitto o di mutuo intestato al coniuge o ad un altro familiare tra quelli indicati all’articolo 12 del TUIR, resterà possibile beneficiare della normativa agevolata relativa ai fringe benefit, a patto che l’immobile in affitto o gravato da mutuo sia l’abitazione principale del lavoratore.

Sul fronte invece della locuzione spese per l’affitto, l’Agenzia delle Entrate specifica che si dovrà far riferimento al canone indicato nel contratto registratoversato nel corso dell’anno.

Trattamento integrativo per alcune categorie di lavoratori

La Circolare n. 5/E 2024 dell’Agenzia delle Entrate fornisce indicazioni anche in tema di trattamento integrativo speciale per i lavoratori degli esercizi di somministrazione di alimenti e bevande e per quelli del comparto turistico, ricettivo e termale.

Al fine di sostenere il settore turistico, ricettivo e termale, l’ultima legge di Bilancio riconosce inoltre a favore dei lavoratori degli esercizi di somministrazione di alimenti e bevande e per quelli del comparto del turismo, ivi inclusi gli stabilimenti termali, un trattamento integrativo speciale, che non concorre alla formazione del reddito, pari al 15%.

La misura si riferisce alle prestazioni rese tra il 1° gennaio 2024 e il 30 giugno 2024 dai lavoratori dipendenti con redditi non superiori a 40mila euro per il periodo di imposta 2023. L’agevolazione è calcolata sulla retribuzione lorda corrisposta per lavoro straordinario in giorni festivi o in periodo notturno. Il datore di lavoro, a partire dalla prima retribuzione utile e, comunque entro il termine di effettuazione delle operazioni di conguaglio di fine anno, eroga come sostituto d’imposta il trattamento integrativo speciale, indicando poi l’importo nella certificazione unica del dipendente relativa al periodo di imposta 2024.

Riscatto dei periodi non coperti da retribuzione

La Circolare n. 5/E 2024 fa infine il punto sugli effetti fiscali delle nuove misure in materia di riscatto ai fini pensionistici di periodi non coperti da retribuzione.

In via sperimentale per il biennio 2024 -2025 gli iscritti presso una delle gestioni previdenziali amministrate dall’Inps, non titolari di pensione e privi al 31 dicembre 1995 di anzianità contributiva, possono riscattare i periodi antecedenti all’entrata in vigore della legge di Bilancio compresi tra l’anno del primo e quello dell’ultimo contributo accreditato. Sono previste specifiche condizioni per l’applicazione e i periodi riscattabili non possono superare i 5 anni anche non continuativi. Il dipendente può chiedere al proprio datore di lavoro di sostenere l’onere del riscatto utilizzando i premi di produzione spettanti al lavoratore.

I vantaggi per le aziende

Le iniziative di welfare aziendale agiscono sul livello di engagement dei dipendenti, cioè sul loro livello di ingaggio, di motivazione al lavoro e, di conseguenza, sulla loro produttività, perché se sono più soddisfatti sono anche più disponibili a impegnarsi e a produrre secondo i tempi e gli obiettivi dati.

I benefici per le aziende sono molteplici: si abbassano anche i livelli di assenteismo, i tempi di rientro dai congedi facoltativi e si riduce il turnover perché l’azienda favorisce la conciliazione dei tempi di cura e tempi di lavoro. Inoltre, il clima che tende a crearsi sul luogo di lavoro, positivo e collaborativo, si riflette anche sull’employer branding, cioè sull’attrattività dell’impresa come posto di lavoro. Godendo di una buona reputazione grazie ai suoi ambassador interni, questa attira più candidati sia per i suoi pacchetti retributivi, sia per l’attenzione che pone al benessere dei dipendenti e si traduce anche in processi più veloci ed efficaci di ricerca e selezione di personale qualificato.

Inoltre, con la conversione dei premi di produttività in servizi di welfare l’impresa viene alleggerita del carico fiscale grazie alla deducibilità dei costi. Infine, la disponibilità oggi di piattaforme digitali, con una gestione da parte di terzi che stipulano gli accordi con i fornitori di servizi, sgrava ulteriormente l’azienda della gestione operativa dei suddetti servizi.

Il piano di welfare aziendale

Prima di redigere il piano di welfare, il datore di lavoro può decidere:

  • In modo indipendente le prestazioni da erogare ai propri dipendenti, oppure;
  • Di introdurre dei flexible benefit, mettendo a disposizione del lavoratore un budget che può spendere scegliendo liberamente quale prestazione utilizzare nell’ambito di un paniere di prestazioni a disposizione.

L’obiettivo del welfare aziendale è quello di incidere positivamente sul benessere dei lavoratori, sia sotto un profilo lavorativo che privato, stimolando ricadute positive dal punto di vista motivazionale e in termini di produttività. Con riferimento alle fonti di istituzione, il welfare si può distinguere in:

  • Unilaterale, se istituito esclusivamente per volontà del datore di lavoro nei confronti dei propri dipendenti;
  • Bilaterale, se istituito da un accordo collettivo a livello nazionale, territoriale o aziendale, operante nei confronti di tutti i dipendenti di un particolare comparto;
  • Distrettuale, istituito mediante accordi che interessano aziende presenti nel medesimo territorio, includendo gli enti bilaterali, gli enti territoriali o le associazioni di rappresentanza dei datori di lavoro.

Infine, sulla base della definizione adottata, il welfare aziendale può distinguersi in:

  • Individuale, se destinato ad un singolo dipendente;
  • Collettivo, con servizi di welfare diretti ad una parte consistente dell’organico aziendale.

Il legislatore, mediante la definizione di una specifica disciplina fiscale e previdenziale, ha inteso sviluppare le politiche di welfare aziendale.

Costruzione e gestione del piano

Nella costruzione del piano di welfare aziendale occorre tener conto di una serie di elementi per:

  • Raggiungere gli obiettivi finali in termini di produttività e benessere;
  • Usufruire dei connessi benefici contributivi e fiscali.

Preliminare ad ogni azione è l’individuazione delle risorse economiche destinabili e un’attenta verifica delle necessità dei dipendenti. In particolare, fermo restando che ogni individuo possiede bisogni differenti e personalizzati sulla base delle caratteristiche di età, sesso, situazione economica, nucleo familiare, occorre analizzare:

  • Bisogni;
  • Capacità di spesa;
  • Percezione del welfare quale valore aggiunto rispetto ad un premio in denaro.

È inoltre essenziale cercare di rendere il processo partecipativo e trasmettere la filosofia aziendale di vicinanza al personale. Se nelle piccole realtà il controllo dei bisogni è semplificato, nelle grandi occorre utilizzare particolari strumenti di rilevazione, quali questionari, incontri di gruppo. Raccolti i dati, la fase successiva consiste nella progettazione del piano di welfare. 

Modalità di erogazione e di gestione

Le erogazioni possono riguardare:

  • Servizi interni, che consistono nelle misure messe in atto direttamente dall’azienda (ad es., asilo nido aziendale, trasporto collettivo gestito con mezzi propri dell’azienda, erogazione diretta della mensa);
  • Servizi esterni (anche gestiti attraverso voucher);
  • Servizi rimborsati.

La gestione del piano di welfare può essere:

  • Diretta da parte dell’azienda, ma richiede un rilevante sforzo organizzativo;
  • Indiretta, attraverso i provider, soggetti che hanno la funzione specifica di gestire le erogazioni del welfare. Attualmente quasi la totalità dei provider si affida, per il supporto alle aziende, ad una piattaforma tecnologica all’interno della quale il lavoratore ha a disposizione un paniere con una serie di servizi.

Le piattaforme si differenziano sostanzialmente per la varietà del paniere di servizi offerti e per la semplicità di utilizzo da parte dei dipendenti. Il funzionamento standard prevede che l’azienda carichi, per ogni dipendente, un credito welfare che verrà poi speso dal dipendente. Il provider si occupa anche dei flussi verso il payroll e delle rendicontazioni contabili. 

Gestione dei residui

È importante definire nel piano cosa accade in caso di mancato utilizzo da parte del lavoratore dell’intero valore delle prestazioni di welfare previste. Nel caso di premio welfarizzato non si crea un vero e proprio residuo; allo scadere del piano, l’importo non ancora utilizzato verrà erogato in denaro entro la fine dell’anno, con l’applicazione dell’aliquota sostitutiva del 10%. Per i residui di welfare on top, il piano può prevedere l’estinzione del residuo o l’assegnazione dei residui a forme di welfare collettivo, a posizioni individuali di previdenza o assistenza sanitaria integrativa.

Monitoraggio del piano

Il piano di welfare deve essere monitorato, verificando eventuali anomalie e correggendole. Il monitoraggio è suddiviso in varie fasi:

  • Osservazione sull’utilizzo delle prestazioni;
  • Controllo della coerenza tra obiettivi prefissati e raggiunti;
  • Integrazione nuove prestazioni;
  • Report conclusivo

Il monitoraggio è un procedimento che deve riproporsi più volte nel corso della durata del piano di welfare. Più controlli nel corso dell’anno consentono di adeguare in modo migliore il piano di welfare ai bisogni e al benessere dei dipendenti.

Regolamento aziendale

Il regolamento aziendale definisce le regole applicabili in materia di welfare aziendale. Se stilato in maniera corretta e nei limiti normativi, consente l’applicazione dei benefici contributivi e fiscali. Non esiste un unico modello di regolamento aziendale, è possibile organizzarlo come segue:

  • Premessa;
  • Regolamento tecnico;
  • Istruzioni per la gestione del portale che consente ai lavoratori di usufruire delle prestazioni.

La premessa, oltre a giustificare l’introduzione del piano di welfare, cita le normative di riferimento tra cui le ordinanze del contratto collettivo di lavoro adoperato, il TUIR, le leggi di bilancio, i decreti e le circolari di riferimento. Esistono delle componenti che un regolamento aziendale deve assolutamente disciplinare, quali:

  • La definizione del piano di welfare aziendale, accompagnata dagli obiettivi per l’indicazione del budget welfare individuale;
  • Le categorie di lavoratori destinatari;
  • Gli importi messi a disposizione ed eventuali modalità di determinazione;
  • L’elenco dei beni e servizi a disposizione;
  • La durata del regolamento;
  • La gestione del piano e dei residui, specificando la procedura di realizzazione e descrivendo le piattaforme utilizzate e la tempistica necessaria.

Ogni regolamento aziendale, in coda, include le clausole finali, in cui vengono esposte le clausole di salvaguardia nei casi di successive modifiche della normativa.

Welfare nella contrattazione collettiva

Il vantaggio del welfare aziendale è stato valutato anche dalle parti sociali che hanno iniziato ad integrare i loro accordi collettivi con piccoli valori concessi come benefit. Precursore ed innovatore in questo contesto è stato il rinnovo del CCNL metalmeccanica industria, stipulato in data 26.11.2016, nel quale si è posta particolare attenzione al capitolo del welfare con l’introduzione di nuovi istituti che integrano quelli già conosciuti tra cui l’assistenza sanitaria, la previdenza complementare, le prestazioni di educazione, istruzione e formazione.

Tale accordo oltre a rilanciare i fondi di previdenza complementari, prevede l’estensione delle misure di assistenza sanitaria integrativa anche per i familiari a carico, il diritto ad una formazione di 24 ore per 3 anni. La peculiarità è stata, per coloro che utilizzano il CCNL dell’industria metalmeccanica privata (Federmeccanica) l’introduzione del flexible benefit per un importo pari a 100 euro per il 2017, 150 euro per il 2018 e 200 euro per il 2019.L’accordo siglato in data 20.4.2021 ha confermato che, a decorrere da 1° giugno di ciascun anno, le aziende dovranno mettere a disposizione dei lavoratori degli strumenti di welfare dal valore di 200 euro. Tale somma sarà da utilizzare entro il 31 maggio dell’anno successivo.

Conclusioni

Il welfare aziendale comprende una serie di iniziative e benefici a favore dei lavoratori dipendenti, volti a migliorare non solo il benessere degli stessi ma anche il potere d’acquisto dei familiari. Negli anni il novero di strumenti a carattere liberale inclusi nel piano di welfare è stato via via allargato per andare incontro alle nuove esigenze dei lavoratori e alla trasformazione della società.

I principali benefici del welfare aziendale sono i flexible benefit e i fringe benefit, e i vantaggi che ne conseguono non sono solo per i dipendenti ma anche per le stesse aziende, che possono guadagnarci anche in termini di produttività.

Domande frequenti

Cos’è il welfare aziendale?

Il welfare aziendale è un insieme di beni e servizi offerti da un’azienda ai propri dipendenti per migliorare il loro benessere lavorativo e conciliare vita privata e lavorativa.

Quali sono i vantaggi del welfare aziendale?

I vantaggi del welfare aziendale sono molteplici:
Per i dipendenti: aumenta la soddisfazione e la motivazione, riduce lo stress e migliora il work-life balance.
Per le aziende: aumenta la produttività, attrae e trattiene i talenti, migliora l’immagine aziendale.

Come si sceglie il piano di welfare aziendale?

La scelta del piano di welfare aziendale dovrebbe avvenire in base alle esigenze specifiche dei dipendenti e dell’azienda.

Chi può usufruire del welfare aziendale?

In generale, il welfare aziendale è rivolto a tutti i dipendenti dell’azienda. Tuttavia, in alcuni casi, l’accesso ai servizi e ai benefit può essere differenziato in base al ruolo, alle mansioni o al livello di inquadramento del dipendente.

Come si finanzia il welfare aziendale?

Il welfare aziendale può essere finanziato attraverso diverse fonti:
Risorse proprie dell’azienda.
Contributi dei dipendenti.
Fondi interprofessionali.

Quali sono i trend futuri del welfare aziendale?

Il welfare aziendale è un settore in continua evoluzione. I trend futuri indicano una crescente attenzione alla personalizzazione dei piani di welfare, all’utilizzo di tecnologie digitali e alla promozione di una cultura del benessere in azienda.

Sabrina Maestri
Sabrina Maestri
Classe 1986, vogherese, aspirante consulente del lavoro. Appassionata di giornalismo, scrivo da anni per portali di informazione e testate giornalistiche online occupandomi di temi legati al mondo del lavoro, al fisco e bonus fiscali.

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