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Finanziamento soci: guida alla procedura

Fisco NazionaleFinanziamento soci: guida alla procedura

Il finanziamento soci alla società può essere eseguito attraverso due modalità: “versamenti in conto capitale” e “versamenti a titolo di mutuo”. I primi devono essere contabilizzati tra le voci di patrimonio netto ed i secondi sono iscritti tra i debiti dello Stato Patrimoniale. Sotto l’aspetto fiscale, i versamenti dei soci sono considerati debiti della società verso i soci, se dai bilanci di tali società non risulta che il versamento è stato fatto ad altro titolo (es.: versamenti per futuri aumenti di capitale). In caso di fallimento della società, le restituzioni dei finanziamenti ai soci costituiscono o bancarotta fraudolenta per distrazione ovvero bancarotta preferenziale.

L’apporto di liquidità dei soci alle società partecipate può avvenire a diverso titolo. Questo tipo di operazioni possono far sorgere crediti o debiti verso i soci. Sostanzialmente, il finanziamento soci passa attraverso:

  • Un prestito dei soci alla società (quindi con previsione di restituzione sin dall’origine). Classico esempio è quello di un mutuo. Siamo nel caso dei versamenti dei soci con obbligo di restituzione.
  • Un aumento di capitale (con relativa procedura notarile), con le ulteriori sfumature degli apporti in conto capitale o a copertura perdite, che restano acquisiti al patrimonio netto pur senza determinare la modifica dei patti sociali. Siamo nel caso dei versamenti dei soci senza obbligo di restituzione.

Di seguito andremo ad analizzare la disciplina riguardante il finanziamento soci nei confronti della società. In particolare affronteremo i metodi con i quali è possibile effettuare il finanziamento, le modalità di rimborso e di rinuncia al finanziamento, da parte dei soci.

Come finanziare una società (SRL o SPA)?

Una SRL dispone, in genere, di due opzioni per finanziarsi:

  • Tramite un prestito da parte dei soci stessi;
  • Tramite un finanziamento erogato da una banca.

In aggiunta, le SPA hanno la possibilità di ricorrere al mercato della raccolta dei capitali. In ogni caso, se ci si rivolge al canale bancario è necessario fare i conti con le garanzie che vengono richieste alla SRL, solitamente legate al rilascio di fideiussioni da parte dei soci, oppure attraverso iscrizione di ipoteca sugli immobili della società. Questo tipo di finanziamento è sicuramente ottimale nelle fasi di crescita ed espansione della società. Tuttavia, in situazioni diverse, il finanziamento bancario può presentare il problema della scarsa liquidità e quindi dell’escussione delle garanzie prestate. Per questo motivo, solitamente, le imprese di medio piccole dimensioni ricorrono al finanziamento soci per trovare la liquidità utile al loro sostentamento. Oggi il finanziamento soci è uno strumento molto utilizzato all’interno delle PMI italiane. Viene utilizzata, soprattutto, la forma del finanziamento soci infruttifero (ovvero non produttivo di interessi).

Le criticità del finanziamento soci

La forma più frequente di inserimento di liquidità nella società da parte dei soci è quella del finanziamento. In relazione a questo tipo di operazione si possono evidenziare talune criticità:

  • Il momento a partire dal quale il socio può effettuare un finanziamento;
  • La tipologia di remunerazione concordata: finanziamento fruttifero o infruttifero, e relativo problema della presunzione di onerosità del prestito prevista dalla norma fiscale;
  • Le possibilità di restituzione, in relazione alle cautele civilistiche esistenti;
  • La possibilità di rinuncia al diritto alla restituzione, con relativi effetti fiscali.

Vediamo tutti questi aspetti con maggiore dettaglio.

Tempistica, clausole statutaria e corrispondenza nel finanziamento soci

Quando si effettua un finanziamento soci?

E’ consentito ai soci di effettuare finanziamenti alla società partecipata alle seguenti condizioni:
– Il socio deve detenere almeno il 2% del capitale;
– Il socio deve essere iscritto come tale al Registro Imprese da almeno tre mesi.
In presenza di tali condizioni il prestito è possibile, anche se nella pratica quotidiana si riscontra che gli apporti di liquidità spesso vengono effettuati direttamente al momento della costituzione della società.

E’ necessaria una previsione statutaria di Finanziamento soci?

L’attività di finanziamento soci è sottoposta ad una rigida regolamentazione al fine di contrastare fenomeni di riciclaggio e/o usura.
Per questo motivo è opportuno prevedere questa pratica attraverso una apposita clausola da inserire nello Statuto sociale.
La clausola potrebbe essere di questo tipo:

“La società potrà acquisire dai soci versamenti in conto capitale e/o finanziamenti, a titolo oneroso o gratuito, con o senza obbligo di rimborso, nel rispetto delle normative vigenti, con particolare riferimento a quelle che regolano la raccolta di risparmio tra il pubblico. Salvo diversa determinazione i versamenti ed i finanziamenti effettuati dai soci in favore della società devono considerarsi infruttiferi. E’ attribuita alla competenza dell’assemblea dei soci l’emissione dei titoli di debito di cui all’articolo 2483 c.c.”

Attraverso questa previsione statutaria non è necessario che la società adotti una formale delibera assembleare per richiedere il finanziamento soci. In ogni caso, la delibera assembleare non è altro che un mero invito ai soci a finanziaria la società. Inoltre, la delibera di cui sopra è soggetta a registrazione in termine fisso con il pagamento dell’imposta di registro nella misura del 3%.

Il finanziamento soci con corrispondenza commerciale

L’unico caso in cui non è prevista l’applicazione dell’imposta di registro (o per meglio dire assoggettamento alla stessa solo in caso d’uso) ed è quando il finanziamento viene richiesto dalla società ai soci a mezzo di “corrispondenza commerciale“. In questo caso le lettere devono essere spedite senza busta al fine di dare loro data certa (si possono spedire anche per raccomandata, sempre senza busta al fine di certificare il contenuto). In alternativa è possibile altresì uno scambio di PEC (“Posta Elettronica Certificata”).

La remunerazione

Come anticipato, la norma fiscale prevede l’esistenza di una presunzione di fruttuosità del finanziamento, presunzione che è possibile vincere mediante:

  • La creazione di documenti di corrispondenza commerciale con data certa, da cui risulti la gratuità;
  • L’apposita descrizione contabile che evidenzia l’infruttuosità.

Si ricorda che, al riguardo, non si ritiene valida l’assunzione della decisione in sede assembleare. Questo anche perché ciascun socio decide in proprio e non si applicano le procedure di decisione collettiva.

Modello di lettera da utilizzare

Vediamo adesso alcuni modelli di corrispondenza commerciale tra società e soci, al fine di certificare l’avvenuto scambio di corrispondenza commerciale utile a dimostrare il finanziamento soci.

Come ricordato, lo scambio di corrispondenza dovrà essere certificato con data certa (data dall’ufficio postale), su tutti i documenti.

Richiesta inviata dal legale rappresentante ai soci per richiesta di finanziamento alla SRL

Alfa Srl
Via …………………. – Cap Città (..)
Codice fiscale e Partita IVA: 00000000000
Spett. li Sigg. ri Soci

Oggetto: finanziamento infruttifero
Pregiatissimi Soci,
come da precedenti intese, Vi informo che la nostra società, necessita di fondi liquidi in eccedenza rispetto alla dotazione di capitale.
Prima di rivolgermi al sistema bancario, con i connessi oneri, mi pare opportuno richiedervi la disponibilità all’effettuazione di un finanziamento a titolo infruttifero, proporzionale (o meno) alle quote di partecipazione.
Ove foste disposti, Vi pregherei di segnalarmi la somma che potete versare, provvedendo all’accredito diretto sul conto bancario intestato alla società.
Nell’attesa di una vostra cortese risposta, porgo i migliori saluti.
Xxx Srl
Il legale rappresentante

Ciascun socio, a prescindere dalle quote di partecipazione, sarà libero di aderire, o meno, alla proposta, rispondendo alla sollecitazione, attraverso la spedizione di una nuova raccomandata alla società.

Cliccando sul link di sequito, puoi scaricare una bozza di richiesta inviata dal legale rappresentante al socio:

Risposta dal socio alla società SRL – Erogazione del finanziamento infruttifero

Socio Xxx
Via Xxxx Cap Xxx Città (Xxx)
Spett.le Società
A Srl
Via Xxx
Oggetto: finanziamento infruttifero
Con la presente, facendo seguito alla Vostra comunicazione del  …/ …./ …. , confermo la mia disponibilità alla effettuazione di un finanziamento infruttifero alla società da me partecipata, con le seguenti caratteristiche:

  • Importo – xxxxxxx,00;
  • Rendimento – zero (infruttifero);
  • Restituzione – a semplice richiesta con preavviso di 6 mesi.

Provvederò all’accredito delle somme sul conto corrente della società. Con i migliori saluti
Socio Xxx.

Cliccando, sul link di seguito, puoi scaricare una bozza di lettera di adesione del socio al finanziamento soci di SRL infruttifero:

Attenzione all’imposta di registro

Al fine di evitare problemi di applicazione dell’imposta di registro, deve essere fatta particolare attenzione al fatto che non debbono mai risultare sul medesimo foglio (contratto) le firme dei due soggetti.

Gli aspetti contabili del finanziamento soci

Vediamo adesso la collocazione del finanziamento in relazione all’obbligo di restituzione della liquidità ai soci. Come anticipato, possiamo avere due casistiche:

  • Finanziamento soci senza obbligo di restituzione;
  • Finanziamento soci con obbligo di restituzione.

I finanziamenti dei soci senza obbligo di restituzione

Lo schema di Stato Patrimoniale ex art. 2424 c.c. prevede nel passivo la Voce A VI “Altre riserve, distintamente indicate”. Questa voce accoglie altre riserve esplicitamente previste dal Codice civile oppure utilizzate nella prassi dalle società.

Con riferimento a queste ultime, a titolo esemplificativo, si riportano le “Riserve per versamenti effettuati dai soci senza obbligo di restituzione”. Si tratta di riserve che sorgono in occasione di apporti dei soci effettuati con una destinazione specifica, quali ad esempio le seguenti.

Tabella: Le riserve per versamenti effettuati dai soci senza obbligo di restituzione

Versamenti in conto aumento di capitale
Tale riserva accoglie gli importi di capitale sottoscritti dai soci, in ipotesi di aumento di capitale scindibile, quando la procedura di aumento del capitale sia ancora in corso alla data di chiusura del bilancio.
Versamenti in conto futuro aumento di capitale
Tale riserva accoglie i versamenti non restituibili effettuati dai soci in via anticipata, in
vista di un futuro aumento di capitale sociale.
Versamenti in conto capitale
Tale riserva accoglie il valore di nuovi apporti operati dai soci, pur in assenza dell’intendimento di procedere a futuri aumenti di capitale sociale.
Versamenti a copertura perdite
Tale riserva accoglie i versamenti effettuati dopo che si sia manifestata una perdita, anche in corso d’esercizio.

Esempio di scrittura contabile per il finanziamento dei soci alla società

Di seguito proponiamo un esempio di scrittura contabile relativa ad una delle ipotesi di versamento di finanza da parte dei soci alla società. L’ipotesi è quella di un apporto erogato dai soci pur in assenza di un’intento di procedere ad un futuro aumento di capitale sociale.

Banca c/caVersamenti in conto capitale

Tale “voce”, nello Stato Patrimoniale figura nella “Voce A VI: Altre riserve, distintamente indicate” del patrimonio netto.

Gli apporti sotto forma di debito verso i soci con obbligo di restituzione

La voce D3 del passivo dello Stato Patrimoniale contiene l’importo di tutti i finanziamenti concessi dai soci alla società sotto qualsiasi forma, per i quali la società ha un obbligo di restituzione. Non è rilevante ai fini della classificazione nella voce D3:

  • La natura fruttifera o meno di tali debiti;
  • L’eventualità che i versamenti vengano effettuati da tutti i soci in misura proporzionale alle quote di partecipazione.

L’elemento discriminante per considerare il debito un finanziamento e non una componente di “patrimonio netto” va individuato nel diritto dei soci previsto contrattualmente alla restituzione delle somme versate. Questo, indipendentemente dalle possibilità di rinnovo dello stesso finanziamento. Infatti, per questa tipologia di versamenti il loro eventuale passaggio a patrimonio netto necessita della preventiva rinuncia dei soci al diritto alla restituzione.

Il finanziamento, in questo caso, viene trasformato in apporto di capitale: il tutto risultante da una delibera assembleare o da un atto scritto. Nella voce D3 sono iscritti i finanziamenti effettuati da un socio e che è anche una società controllante.

La scrittura contabile per un finanziamento soci con obbligo di restituzione del capitale è la seguente:

Banca c/caDebiti verso soci per finanziamenti

Gli aspetti fiscali nel finanziamento soci

Ai sensi dell’articolo 46 del DPR n 917/86 (TUIR) i versamenti soci sono considerati debiti della società verso i soci, se dai bilanci o rendiconti di tali società non risulta che il versamento è stato fatto ad altro titolo.

Ad esempio, è il caso di versamenti per futuri aumenti di capitale, versamenti in conto capitale, etc. Nel caso di debiti verso soci, la voce del passivo dello Stato Patrimoniale deve essere:

D3 “Debiti verso soci per finanziamenti

Quando i versamenti dei soci, invece, sono effettuati “a titolo di capitale” l’iscrizione in bilancio figura nel “Patrimonio Netto” della società. Sotto il profilo fiscale, i versamenti dei soci a titolo di capitale non producono mai “interessi attivi per i soci”, in quanto il “capitale di rischio” della società produce “reddito imponibile” per l’Erario e “dividendi” per i soci.


Fattispecie penali nel finanziamento soci

La Corte di cassazione suddivide i “versamenti dei soci” nelle seguenti categorie:

  • Versamenti in conto capitale (o con altra analoga dizione indicati);
  • Finanziamenti a titolo di mutuo.

I versamenti operati dai soci in conto capitale, pur non incrementando immediatamente il capitale sociale, e pur non attribuendo alle relative somme la condizione giuridica propria del capitale (onde non occorre che siano conseguenti ad una specifica deliberazione assembleare di aumento dello stesso), hanno tuttavia una causa che, di norma, è diversa da quella del mutuo.

Essa è assimilabile a quella del capitale di rischio. Per questo tale finanziamento non da diritto a crediti esigibili nel corso della vita della società. Tale finanziamento può essere chiesto dai soci in restituzione solo per effetto dello scioglimento della società e nei limiti dell’eventuale residuo attivo del bilancio di liquidazione.

I “versamenti in conto capitale” devono confluire in un’apposita “riserva in conto capitale” (o altre simili denominazioni) e non danno luogo ad un credito esigibile da parte dei soci, se non per effetto dello scioglimento della società e nei limiti dell’eventuale attivo di liquidazione.

I finanziamenti dei soci a titolo di mutuo, invece, non sono “capitale di rischio” della società, ma sono debiti della società verso i soci, i quali si sono riservati il diritto alla restituzione durante la vita della società. In questo caso la società deve restituire la somma ricevuta ad una determinata scadenza e di conseguenza devono essere iscritti tra i debiti.

Ipotesi di bancarotta fraudolenta per distrazione e bancarotta preferenziale

In caso di fallimento della società, la restituzione delle somme versate dai soci genera in capo ai soci medesimi i corrispondenti reati fallimentari, che secondo le sentenze della Corte Di cassazione sono:

  • Bancarotta fraudolenta per distrazione: nel caso di restituzione ai soci di versamenti in conto capitale;
  • Bancarotta preferenziale: nel caso di finanziamenti a titolo di mutuo.

Nella citata sentenza, viene precisato quanto segue:

  • Il prelievo di somme a titolo di restituzione di versamenti operati dai soci in conto capitale (o indicati con altra analoga dizione) integra la fattispecie della bancarotta fraudolenta per distrazione,
    non dando luogo tali versamenti ad un credito esigibile nel corso della vita della società;
  • Al contrario, il prelievo di somme quale restituzione di versamenti operati dai soci a titolo di mutuo integra la fattispecie della bancarotta preferenziale (v. Cassazione, Sez. V pen., n. 14908 del 7 marzo 2008, che ha qualificato in termini di bancarotta preferenziale la restituzione di finanziamenti che, non avendo “natura di conferimenti di capitale di rischio”, “rappresentano il sorgere di un effettivo ed esigibile credito (chirografario) in capo ai soci, senza che da ciò consegua effettivo depauperamento dell’asse patrimoniale”).

La procedura di restituzione del finanziamento soci

Come abbiamo avuto modo di vedere la restituzione del finanziamento soci deve avvenire a scadenza prestabilite a seconda della tipologia di finanziamento. Se trattasi di finanziamento in conto capitale, abbiamo visto come la restituzione sia possibile solo al termine della vita della società. In questo caso, condizione essenziale per il rimborso è un bilancio di liquidazione in attivo.

Per quanto riguarda, invece, il finanziamento soci sotto forma di debito societario, occorre rispettare le scadenze di rimborso indicate nel contratto sottoscritto con i soci creditori. Sia che si decida di passare la lettera commerciale o da verbale assembleare è sempre opportuno indicare sempre una scadenza di restituzione del prestito, oppure un termine entro il quale effettuare il reso, a richiesta del titolare del diritto. Tuttavia, il codice civile prevede una norma di tutela per i terzi, tesa a limitare il patologico fenomeno della sotto-capitalizzazione delle società.

La disciplina della postergazione del finanziamento soci

Per quanto riguarda la procedura di restituzione del finanziamento soci l’art. 2467 c.c. prevede una specifica normativa che ha la ratio di limitare il fenomeno legato all’erogazione di finanziamenti a titolo di capitale di prestito da parte dei soci. Si tratta di quei finanziamenti che formalmente risultano essere capitale di credito, ma nella sostanza, rappresentano capitale di rischio. Qualora il finanziamento venga concesso in un momento di squilibrio finanziario, ci sono delle conseguenze legate alla postergazione del rimborso del finanziamento. In dettaglio, tale normativa prevede che:

  • Il rimborso dei finanziamenti dei soci è postergato rispetto al soddisfacimento degli altri creditori sociali;
  • La somma rimborsata va restituita alla società, qualora il rimborso sia avvenuto nell’anno precedente la dichiarazione di fallimento della società stessa.

Tale disciplina si applica ai finanziamenti dei soci a favore della società, in qualsiasi forma effettuati, concessi:

  • In un momento in cui, anche in considerazione del tipo di attività esercitata dalla società, risulti un eccessivo squilibrio dell’indebitamento rispetto al patrimonio netto;
  • In una situazione finanziaria della società in cui sarebbe stato ragionevole un conferimento.

Rilevanza nel momento di effettuazione del finanziamento

Tali criteri sono rilevanti nel momento in cui viene effettuato il finanziamento, nel senso che questo nasce già postergato a nulla rilevando il successivo deteriorarsi delle condizioni della società. Sostanzialmente, l’obiettivo di questa normativa è quello di garantire la postergazione dei finanziamenti soci fino alla soddisfazione degli altri creditori sociali. Questo nel caso in cui il finanziamento è stato erogato in un momento di eccessivo squilibrio finanziario della società, ove sarebbe stato più opportuno effettuare un conferimento.

Per quanto riguarda l’analisi del rapporto tra indebitamento reale e patrimonio netto, trattasi di indice di bilancio utile ad individuare il grado di solvibilità della società. Tuttavia, manca l’individuazione della soglia oltre la quale lo squilibrio fra indebitamento e patrimonio netto debba essere considerato eccessivo. Per quanto riguarda, invece, la situazione finanziaria della società in cui sarebbe stato ragionevole un conferimento, siamo essenzialmente nelle more del primo elemento oggetto di analisi. Infine, sul punto, occorre evidenziare che non è chiaro quando si debba procedere alla verifica dei presupposti. Posto che l’applicazione della regola della postergazione non si estende ai finanziamenti dei soci concessi in condizioni “fisiologiche“, non rilevando eventuali successivi peggioramenti della situazione patrimoniale della società.

Un finanziamento soci postergato quando può essere rimborsato?

È possibile procedere al rimborso del finanziamento soci solo se nel corso della vita della società i debiti verso terzi sono stati completamente soddisfatti (o quando sussistono sufficienti mezzi finanziari per soddisfarli) e che l’originario squilibrio patrimoniale e finanziario (che ha prodotto la postergazione) sia stato superato.

Modifiche alla compagine societaria e postergazione nella restituzione del finanziamento soci

Ai fini dell’applicazione della normativa sulla postergazione sono irrilevanti eventuali modifiche nella posizione di socio e in quella di creditore in conseguenza di vicende della partecipazione sociale avvenute in data successiva all’erogazione del finanziamento di cui all’art. 2467 c.c. Tuttavia, sul punto deve essere tenuta in considerazione l’ordinanza della Cassazione n. 21422/2022 secondo la quale nel caso in cui venga superata la situazione di rischio per i creditori sociali che si pone a fondamento della postergazione, il credito dell’ex socio ritorna ordinariamente esigibile, sebbene non risultino adempiuti tutti gli altri debiti della società.

Conseguenze per il socio nella postergazione del rimborso del finanziamento alla società

In presenza della sottocapitalizzazione della società, l’art. 2467 c.c. vieta alla società la restituzione del finanziamento, fino alla liquidazione del patrimonio sociale. Di fatto, quindi, tale disciplina rende equiparabile il finanziamento soci alla disciplina del capitale sociale. Infatti, la restituzione del capitale sociale ai soci è possibile soltanto successivamente al pagamento di tutti i creditori sociali. Occorre prestare la dovuta attenzione a questo aspetto. Si deve ritenere che il pagamento effettuato fuori da questa situazione è indebito. Pertanto, il curatore o la società sono legittimati a chiedere che le somme finanziate rientrino nelle casse sociali.

Deve essere evidenziato che risulta direttamente ascrivibile al comportamento dell’amministratore il danno apportato dal rimborso di simili finanziamenti, in violazione dei doveri impostigli dagli artt. 2392 e 2394 c.c. Questo significa che il creditore pregiudicato ha la possibilità di ascrivere un’azione di responsabilità verso l’organo che ha predisposto il rimborso del finanziamento soci illegittimo.


La rinuncia al finanziamento soci

L’ipotesi alternativa rispetto alla restituzione del finanziamento è quella della rinuncia del socio al diritto alla restituzione del finanziamento, intendendo gli stesso apportare tali somme a rafforzamento del capitale sociale. Anche in questo caso non si tratta di decisione riservata all’assemblea, poiché il diritto è esistente in capo ad ogni singolo socio. Qui sarà importante comprendere a quale titolo si intende rinunciare, in quanto sono possibili le seguenti alternative:

  • Versamenti in conto aumento di capitale. Rappresentano una riserva di capitale, con un preciso vincolo di destinazione, la quale accoglie gli importi di capitale sottoscritti dai soci, in ipotesi di aumento di capitale scindibile, quando la procedura di aumento del capitale sia ancora in corso alla data di chiusura del bilancio;
  • Versamenti in conto futuro aumento di capitale. Rappresentano una riserva di capitale avente uno specifico vincolo di destinazione, nella quale sono iscritti i versamenti non restituibili effettuati dai soci in via anticipata, in vista di un futuro aumento di capitale;
  • Versamenti in conto capitale. Rappresentano una riserva di capitale che accoglie il valore di nuovi apporti operati dai soci, pur in assenza dell’intendimento di procedere a futuri aumenti di capitale;
  • Versamenti a copertura perdite. Effettuati dopo che si sia manifestata una perdita; in tal caso, la riserva che viene a costituirsi presenta una specifica destinazione.

La corretta qualificazione, anche a livello contabile, appare assai importante in quanto determina l’inserimento nelle voci del patrimonio netto o dei debiti ed, inoltre, può determinare (nel caso in cui non tutti i soci abbiano provveduto in modo paritetico rispetto alla partecipazione) delle situazioni di vantaggio o di svantaggio a carico degli uni e degli altri.

La rinuncia dei crediti che i soci vantano nei confronti della società non costituisce, ai sensi dell’art. 88, comma 4, TUIR, una sopravvenienza attiva, con conseguente irrilevanza fiscale della stessa.

Comunicazione di rinuncia alla restituzione del finanziamento

Il socio, per comunicare alla società la sua volontà di rinunciare alla restituzione del finanziamento effettuato potrà utilizzare una comunicazione del seguente tenore:

Con la presente comunico la mia intenzione di rinunciare al diritto alla restituzione del finanziamento infruttifero erogato in data ………. per un importo di €. ……….., destinando tali somme a: Versamento in conto aumento capitale; oppure versamento in conto futuro aumento capitale; Versamento in conto capitale; Versamento a copertura perdite“.

Al riguardo, va segnalato che  fiscalmente, invece, il DPR n. 917/86 prevede un trattamento differenziato riguardante la possibile sopravvenienza attiva derivante dalla rinuncia del finanziamento del socio. Si prevede che la rinuncia determini una sopravvenienza tassabile (a prescindere dal transito a conto economico, quindi con variazione in aumento nella dichiarazione dei redditi) per la quota eccedente il costo fiscalmente riconosciuto del credito in capo al socio, da attestare con apposito atto di notorietà. Proviamo allora a comprendere cosa può, nelle ipotesi usuali nelle quali il credito rinunciato deriva da un precedente finanziamento. Se, ad esempio, un socio rinuncia ad un credito di 100.000 euro: 

  • Se fornisce alla società un atto notorio in cui attesta che il suo credito vale 100.000 euro (importo pari alla originaria erogazione), nulla accade in capo alla società; 
  • Se, diversamente, il socio nulla attesta, sembrerebbe che la società debba operare una variazione in aumento per un importo di 100.000 euro nella dichiarazione dei redditi.

Disciplina fiscale connessa al finanziamento soci fruttifero

In merito al finanziamento soci occorre analizzare anche gli aspetti fiscali connessi al pagamento degli interessi passivi sul finanziamento fruttifero ai soci. Ai fini fiscali gli interessi passivi sostenuti dalla società finanziata costituiscono un componente negativo che risulta deducibile dal reddito di impresa:

  • Per i soggetti passivi IRES, applicando le disposizioni previste dall’art. 96 del TUIR, oppure  
  • Per i contribuenti IRPEF imprenditori, applicando il pro-rata di cui all’art. 61 co. 1 del TUIR, in relazione agli interessi passivi inerenti all’impresa.

Con riferimento agli interessi maturati sui mutui erogati dai soci, il soggetto pagatore, se assume la qualifica di sostituto d’imposta, è obbligato:

  • Ad operare la ritenuta ex art. 26 co. 5 del DPR n. 600/73;
  • Ad effettuarne il versamento entro il 16 del mese successivo alla data di corresponsione o di maturazione, mediante modello F24, indicando, in corrispondenza dei relativi importi, il codice tributo1030“, se i percettori sono residenti in Italia, e il codice tributo1031“, se si tratta di soggetti non residenti.

In linea generale, la ritenuta di cui all’art. 26 co. 5 del DPR n. 600/73 è operata con aliquota del 26% ed a titolo d’acconto. Tuttavia, la società partecipata non è obbligata ad operare detta ritenuta qualora il socio percettore operi in regime d’impresa. La ritenuta in esame è, invece, operata a titolo di imposta sugli interessi corrisposti a soggetti non residenti, ancorché realizzati nell’esercizio di impresa. In questo caso, è, tuttavia, possibile:

  • Ridurre la misura di tale ritenuta mediante l’applicazione delle Convenzioni internazionali, oppure,
  • Escludere l’obbligo di operare la c.d. “ritenuta in uscita“, in presenza delle condizioni di cui all’art. 26-quater del DPR n. 600/73, applicando il regime di esenzione previsto dalla Direttiva n. 2003/49/CE (Circolare n. 47/E/2005, § 2.1.2).

Finanziamento soci in caso di concordato preventivo o accordi di ristrutturazione

Il D.L. n. 78/10 ha introdotto l’art. 182-quater della legge fallimentare, titolato “Disposizioni in tema di prededucibilità dei crediti nel concordato preventivo, negli accordi di ristrutturazione dei debiti“. La disposizione qualifica come prededucibili (con possibilità di essere soddisfatti con preferenza rispetto agli altri) i crediti:

  • Derivanti da finanziamenti in qualsiasi forma effettuati da banche e intermediari finanziari sia in esecuzione di un concordato preventivo ovvero di un accordo di ristrutturazione dei debiti omologati;
  • Derivanti da finanziamenti effettuati dai soci, in esecuzione di un concordato preventivo o di un accordo di ristrutturazione, fino a concorrenza dell’80% del loro ammontare.

L’obiettivo è quello di incentivare interventi di sostegno finanziario a società in crisi, che risultino comunque trasparenti e condivisi in quanto contemplate in un concordato o di accordo omologato.

Imposta di registro sulla rinuncia al finanziamento: la giurisprudenza

Ai sensi dell’art. 22 del DPR n. 131/86 nel caso in cui in un atto vengano enunciate disposizioni contenute in atti scritti o contratti verbali non registrati e posti in essere fra le stesse parti intervenute nell’atto che contiene l’enunciazione, l’imposta si applica anche alle disposizioni enunciate. Sostanzialmente, i finanziamenti soci sono conclusi attraverso scambio di corrispondenza per evitarne la registrazione. Tuttavia, l’imposta può essere richiesta dall’Agenzia delle Entrate in caso di verbale assembleare che riporta il finanziamento soci in caso di rinuncia da parte degli stessi soci per destinare l’importo a copertura perdite.

Sul punto la Cassazione ha confermato la posizione dell’Agenzia delle Entrate nella sentenza n. 15585/2010 e nelle pronunce n. 21699/2021, 17023/2021 e 16539/2021. Di posizione avversa, invece, devono essere citate le sentenze n. 3839/2023 e 3841/2023. Prima di tutto i giudici hanno osservato che in un verbale assembleare con vi sarebbero “parti” in quanto il verbale ne è privo essendo una mera rendicontazione di fatti accaduti. Inoltre, secondo i giudici si ravviserebbero gli estremo per l’applicazione del co. 2 dell’art. 22 del DPR n. 131/86 che disapplica l’imposta quando gli effetti delle disposizioni enunciate sono già cessati o cessano in virtù dell’atto che contiene l’enunciazione. Infatti, il finanziamento cessa i suoi effetti proprio a seguito della rinuncia al credito da parte dei soci di cui ha dato conto il verbale assembleare.

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