Per “operazioni intracomunitarie” si intendono, innanzitutto, gli acquisti e le cessioni di beni, che intercorrono tra soggetti passivi IVA appartenenti a diversi Stati membri dell’Unione Europea. Queste cessioni di beni effettuate da operatori italiani nei confronti di operatori comunitario sono considerate “non imponibili” IVA.
Questo in quanto a queste cessioni è applicabile il regime di tassazione nello Stato UE di destinazione dei beni oggetto dell’operazione. A prevedere questo tipo di territorialità ai fini IVA è l’articolo 41, comma 1, lettera a), del D.L. n. 331/93.
Ad esempio, la cessione di 1.000 paia di scarpe, sulla base di un contratto di vendita, da parte di una azienda di Bologna ad un rivenditore di Berlino, costituisce una cessione intracomunitaria. Per l’azienda tedesca, la stessa operazione si definisce acquisto intracomunitario. L’operazione, ai fini IVA, è territorialmente rilevante in Germania.
La disciplina sostanziale delle operazioni intracomunitarie, riguarda, quindi, principalmente gli scambi comunitari (acquisti e cessioni), per la sussistenza dei quali occorre che siano verificati determinati requisiti. In questa disamina mi concentrerò sulla disciplina che riguarda le cessioni intracomunitarie di beni.
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Cessioni intracomunitarie di beni
Le cessioni di beni trasportati o spediti dal cedente, dall’acquirente o da un terzo per loro conto, dal territorio dello Stato italiano a quello di un altro Stato membro, costituiscono cessioni intracomunitarie. Tali operazioni, ai fini IVA sono considerate “non imponibili” in Italia. Affinché questo possa avvenire devono verificarsi le seguenti condizioni:
- La cessione è effettuata a titolo oneroso. Le cessioni a titolo gratuito, quali ad esempio gli omaggi, i campioni gratuiti di modico valore appositamente contrassegnati, sono prive dei presupposti necessari e quindi sono soggette alla normativa interna (Circ. Min. n. 13/E/1994);
- Il cedente è un soggetto passivo in Italia. Ovvero è un soggetto estero che ha nominato un rappresentante fiscale in Italia o si è identificato direttamente;
- L’acquirente è un soggetto passivo in un altro Stato membro. In ogni caso, non un soggetto per il quale si verifichino le condizioni di applicazione, nello Stato membro di appartenenza, del regime derogatorio;
- L’acquirente abbia comunicato al cedente il proprio numero di identificazione (partita IVA integrata dalle iniziali dello Stato membro che l’ha rilasciata iscritta al VIES). Tuttavia, la giurisprudenza ha ritenuto che il numero di identificazione non sia una condizione sostanziale. Ma solo un requisito formale che non può mettere in discussione il diritto alla non imponibilità qualora ricorrano le condizioni sostanziali di una cessione intracomunitaria;
- Si verifichi l’effettivo trasferimento dei beni dall’Italia ad un altro Stato UE. Non rileva il soggetto che cura la spedizione / trasporto dei beni (cedente / acquirente / soggetto terzo per conto di uno dei precedenti). In altre parole la cessione può essere sia “franco destino” che “franco fabbrica”;
- Il cedente sia in possesso di adeguate prove documentali in grado di attestare la sussistenza delle citate condizioni.
L’art. 1, del D.Lgs. n. 192/12, nel recepire le modifiche operate sul piano comunitario, ha introdotto il comma 2-ter, all’articolo 41, D.L. n. 331/93, prevedendo che, ai fini dell’applicazione del regime di non imponibilità delle cessioni intracomunitarie “in senso stretto”, di cui all’articolo 41, comma 1, lettera a), D.L. 331/93, e delle operazioni intracomunitarie “per assimilazione”, di cui all’articolo 41, comma 2, lettera c), dello stesso decreto:
- I cessionari non residenti devono avere comunicato il numero di identificazione agli stessi attribuito da un altro Stato membro; e
- Il cedente italiano deve avere compilato il modello INTRA 1-bis o abbia debitamente giustificato l’incompleta o mancata compilazione dello stesso.
Approfondimenti utili:
Esempi di cessione intracomunitaria di beni
Esempio a): cessione intracomunitaria di beni
L’impresa Alfa, con sede in Italia, vende dei prodotti all’impresa cliente Beta. Quest’ultima risiede in Francia e comunica il proprio numero di identificazione. I prodotti sono trasportati in Francia a cura di Alfa dopo aver subito in Italia una lavorazione da parte dell’impresa Gamma (per conto di Beta). La cessione in esame è una cessione intracomunitaria. Qualora, invece, lavorazione, sempre su commissione del fornitore, fosse effettuata in Francia, la successiva cessione a Beta al termine della lavorazione sarebbe fuori campo IVA. In questo caso, infatti, si tratterebbe di operazione interna alla Francia.
Esempio b): cessione intracomunitaria di beni
Una società con sede in Italia acquista dei prodotti tessili in Italia e li invia in Russia per la lavorazione presso un’azienda russa. Successivamente i prodotti finiti sono inviati in Austria. Dove vengono immessi in libera pratica. Poi vengono ceduti definitivamente in Germania al cliente finale.
In tal caso, l’introduzione dei prodotti finiti in Austria rappresenta un’importazione. La successiva consegna dei beni in Germania al cliente tedesco costituisce una cessione intracomunitaria che però non rileva territorialmente in Italia (Risoluzione n. 19/E/2002).
Esempio c): cessione intracomunitaria di beni
L’impresa Alfa, con sede in Italia, cede all’impresa Beta avente sede in Germania, dei prodotti che restano in Italia. La cessione in esame non può essere considerata intracomunitaria. Nell’operazione manca il requisito del trasferimento fisico dei beni in un altro Stato UE. L’operazione, pertanto, è soggetta ad IVA. Se successivamente Beta vende all’impresa Gamma, con sede in Italia i medesimi prodotti senza trasferirli in un altro Stato UE. Anche tale cessione non può essere considerata intracomunitaria ed è soggetta ad IVA.
Se, invece, la cessione da Beta a Gamma comporta il trasferimento dei prodotti in Francia (o in altro Stato UE), siamo in presenza di una cessione intracomunitaria non imponibile. Vi è obbligo di Beta di identificarsi direttamente in Italia o di nominare un rappresentante fiscale.
Cessioni intracomunitarie di beni particolari
Andiamo ad analizzare, a questo punto, alcune precisazioni sulle cessioni intracomunitarie di beni particolari.
Cessioni UE di beni soggetti ad Accisa
Sono considerati beni soggetti ad accisa, i seguenti:
- Alcol;
- Bevande alcoliche;
- Tabacchi lavorati;
- Prodotti energetici, escluso il gas fornito dal sistema di distribuzione di gas naturale situato nel territorio UE
Le cessioni di beni soggetti ad accisa ad un acquirente che beneficia del regime derogatorio nel Paese membro di appartenenza, si applica comunque il principio della tassazione nel Paese membro di destinazione. L’operazione è imponibile IVA nel Paese di destinazione dei beni soggetti ad accisa.
Cessione di beni tramite commissionari senza rappresentanza
Altro aspetto di particolare interesse si ha nelle cessioni di beni UE tramite commissionari senza rappresentanza. In questo caso, il mandatario senza rappresentanza agisce in nome proprio. In questo caso è tale soggetto ad effettuare la cessione intracomunitario di beni. Il rapporto tra committente e commissionario è soggetto ad IVA quale operazione interna. Vedi la Risoluzione n. 115/E/2001.
Cessioni intracomunitarie di beni nel regime dei beni usati
Quando le cessioni presentano le condizioni sopra indicate ma hanno ad oggetto beni per i quali si applica il regime speciale dei beni usati, non sono operazioni intracomunitarie ma cessioni interne allo Stato italiano.
La prova nella cessioni intracomunitarie di beni
Il punto di partenza è che né la normativa comunitaria né quella nazionale contengono una specifica previsione in merito ai documenti che il cedente deve conservare (ed esibire in caso di controllo) ai fini in esame. Con particolare riferimento alla documentazione idonea a dimostrare l’effettivo trasferimento dei beni dall’Italia in un altro Stato UE, l’Agenzia evidenzia che possono essere considerate ancora valide le indicazioni fornite in passato:
- Risoluzione n. 345/E/2007;
- Risoluzione n. 15.12.2008, n. 477/E/2008;
- La Risoluzione n. 19/E/2013
Si tratta di documenti di prassi in base ai quali l’avvenuta cessione intra-UE è validamente dimostrata se è conservata la seguente documentazione:
- Documentazione relativa agli impegni contrattuali assunti;
- Fattura di vendita all’acquirente UE;
- Modelli Intrastat relativi alle cessioni UE effettuate;
- Documentazione bancaria da cui risulti il pagamento della merce;
- Documento di trasporto CRM firmato dal trasportatore per presa in carico della merce e /o dal destinatario per ricevuta.
Il documento di trasporto internazionale CRM
L’aspetto più delicato della documentazione è il documento di trasporto internazionale, il CRM. Per l’Agenzia delle Entrate la prova fondamentale per provare la cessione intracomunitaria è il CRM. Tale documento che riguarda il trasporto via terra per camion deve essere firmato dal trasportatore per presa in carico della merce e dal destinatario per ricevuta. Tramite la firma del destinatario si ha la prova dell’uscita della merce dal territorio nazionale.
Il CMR può essere prodotto in formato cartaceo o elettronico (avente lo stesso contenuto di quello cartaceo e messo a disposizione in formato pdf). Il medesimo contenuto del CMR può essere sostituito da altri documenti da cui si possano ricavare le medesime informazioni, nonché le firme di cedente, vettore e acquirente.
E’ ammissibile, anche l’utilizzo delle informazioni tratte dal sistema informatico del vettore, da cui risulti che la merce è uscita dall’Italia ed ha raggiunto lo Stato UE. In tal caso sia il CMR elettronico che le informazioni del sistema informatico devono essere comunque stampati in un documento cartaceo, in quanto privi delle caratteristiche dei documenti informatici (riferimento temporale e firma elettronica). In assenza del CMR ogni mezzo di prova alternativa in grado di fornire riscontri analoghi è ammesso, ad esempio, sono stati ritenuti utili i seguenti.
Documenti utili, in assenza del CMR, possono essere il DDT controfirmato dal destinatario, il contratto di assicurazione relativo al trasporto delle merci, la conferma scritta, da parte dell’acquirente, del ricevimento della merce. In assenza di tali documenti, può essere utile anche la prova di fatti secondari dai quali desumere la presenza fisica delle merci in territorio dello Stato UE destinatario. Come ad esempio, nel caso di trasporti stradali, le ricevute di pagamento – recanti data, timbro ed indicazione del chilometraggio dell’automezzo – sottoscritte dal titolare della stazione di rifornimento carburante che risulti ubicata nel territorio di destinazione delle merci. Per i trasporti diversi da quelli su strada è possibile utilizzare i documenti tradizionali, cioè la polizza di carico (trasporti via mare), lettera di vettura aerea e lettera di vettura ferroviaria (CIM).
Dichiarazione del cessionario di avvenuta consegna dei beni
In merito alle prove di cessione la sentenza della Corte di Cassazione n. 8477/2024 (e, in senso conforme, la precedente ordinanza n. 30889/2023) ha indicato che, nel caso in cui il cedente nazionale non sia intervenuto direttamente nel trasporto dei beni e non sia in grado di esibire il documento di trasporto, potrà fornirne la prova con qualsiasi altro documento idoneo. Tra di essi è ammessa la dichiarazione da parte del cessionario di avvenuta consegna dei beni, che potrebbe pervenire anche successivamente all’operazione.
Cessioni franco fabbrica
Una disciplina peculiare è prevista nel caso di cessione con trasporto dei beni fuori dallo Stato UE di partenza ad opera dell’acquirente. Si tratta delle cessioni “ex works” o “franco fabbrica“. La prova che il fornitore può produrre all’AE dipende infatti essenzialmente dagli elementi che riceve dall’acquirente.
Questo in quanto, una volta che il fornitore gli ha consegnato la merce, egli perde ogni potere di controllo sulla movimentazione della stessa. Se quest’ultimo non assolve l’obbligo di trasporto, la responsabilità è solo dell’acquirente, il quale è considerato debitore dell’IVA nel proprio Stato (di destinazione della cessione). Ciò, a condizione che il fornitore sia in buona fede. Cioè abbia adottato tutte le misure necessarie per evitare di partecipare, anche inconsapevolmente, ad una frode. Ad esempio verificando l’affidabilità dell’acquirente: presenza di struttura effettiva, di considerevole giro d’affari o di clientela qualificata, ecc. Tuttavia è da escludersi che il fornitore debba svolgere attività investigative sulla movimentazione subìta dai beni ceduti dopo che gli stessi siano stati consegnati al vettore incaricato dall’acquirente.
Al riguardo, è utile introdurre nel contratto di cessione, per evidenziare la buona fede del fornitore, delle clausole che prevedano l’obbligo specifico per l’acquirente UE di comunicare al fornitore l’eventuale mancata consegna nel luogo di destinazione indicato nel documento di trasporto e una conseguente responsabilità patrimoniale, in capo all’acquirente, per il risarcimento delle maggiori imposte, interessi e sanzioni, eventualmente richieste dall’AE in caso di contestazione per il mancato invio del beni in un altro Paese UE. In pratica, alcune imprese fornitrici sono solite cautelarsi chiedendo al cliente UE il rilascio di una somma a titolo di cauzione pari all’importo dell’IVA eventualmente da pagare. Tale somma viene restituita solo nel caso in cui l’acquirente fornisce la prova dell’uscita della merce dal territorio italiano.
Disciplina delle cessioni intracomunitarie
Le cessioni intracomunitarie sono non imponibili. Ciò significa che pur essendo detassate, esse mantengono, in capo a chi le effettua, tutti gli obblighi e le formalità previsti dalle norme IVA. Inoltre, esse danno diritto alla detrazione o al rimborso dell’IVA assolta sugli acquisti e la possibilità di usufruire, in presenza delle medesime condizioni, della possibilità di acquisto con dichiarazione d’intento previsto per gli esportatori abituali.
In caso di operazioni fraudolente (c.d. operazioni carosello), se è dimostrato, alla luce di elementi oggettivi, che il soggetto passivo sapeva, o avrebbe dovuto sapere, di parteciparvi, spetta alle Autorità e ai giudici nazionali opporre a un soggetto passivo, un diniego del beneficio dei diritti alla detrazione, alla non imponibilità o al rimborso dell’IVA. Anche in assenza di disposizioni di diritto nazionale che lo prevedano. Tale diniego è ammesso anche se l’evasione sia stata commessa in uno Stato membro diverso da quello in cui tale beneficio è stato richiesto. Anche se lo stesso soggetto passivo abbia, in quest’ultimo Stato membro, rispettato le condizioni formali previste dalla normativa nazionale per poter beneficiare dei suddetti diritti.
Se la cessione intracomunitaria riguarda un’operazione esente ai sensi della normativa nazionale, l’operazione stessa non consente il diritto alla detrazione dell’IVA assolta sugli acquisti. A prescindere dal regime IVA applicabile nello Stato membro di destinazione. In tal caso si applicherà quindi il pro-rata di indetraibilità previsto in caso di operazioni esenti.
Momento di effettuazione dell’operazione
Il momento di effettuazione della cessione intracomunitaria coincide con l’inizio del trasporto o della spedizione all’acquirente o a terzi per suo conto dal territorio italiano. Tuttavia, le cessioni intracomunitarie effettuate in modo continuativo nell’arco di un periodo superiore ad un mese solare, si considerano effettuate al termine di ciascun mese. Se anteriormente al verificarsi degli eventi suddetti è emessa la fattura, l’operazione si considera effettuata, limitatamente all’importo fatturato, alla data di emissione della fattura. Il pagamento anticipato totale o parziale (c.d. acconto), non ha rilevanza.
Furto o smarrimento merce
Nel caso di furto, smarrimento, distruzione della merce durante il trasporto dall’Italia all’altro Stato comunitario le conseguenze variano a seconda del momento della scomparsa e dell’autore del trasporto.
In particolare, occorre distinguere le seguenti ipotesi.
a) i beni scompaiono durante il trasporto effettuato con mezzi propri del cedente:
- Se la scomparsa si verifica in Italia, tale evento impedisce il sorgere del presupposto impositivo (es. il cedente italiano invia con i propri mezzi la merce in Germania. Durante il trasporto in Italia questa viene rubata. Non c’è stata cessione e manca quindi il momento impositivo);
- Se la scomparsa avviene nel territorio dell’altro Paese UE, si configura per il cedente nazionale una cessione intra UE non imponibile, fermo restando per il cedente l’adempimento degli obblighi previsti nel Paese membro di scomparsa dei beni (es. il cedente invia con i propri mezzi la merce in Francia ove viene rubata durante il trasporto. C’è stata una cessione intracomunitaria. Il cedente dovrà attivarsi in Francia per dimostrare la scomparsa dei beni);
b) i beni scompaiono durante il trasporto effettuato con mezzi propri dell’acquirente o tramite un vettore (incaricato indifferentemente dal cedente o dall’acquirente):
- Se la scomparsa dei beni si verifica in Italia, l’operazione è da qualificare come cessione interna (es. l’acquirente tedesco acquista in Italia e si incarica del trasporto in Germania. Prima del confine i beni scompaiono e quindi la cessione intracomunitaria non è avvenuta. È avvenuta però una cessione interna soggetta ad IVA);
- Se la scomparsa dei beni si verifica nel territorio di altro Stato UE, l’operazione si concretizza in una cessione intra UE non imponibile, in considerazione del fatto che i beni sono comunque usciti dal territorio nazionale (es. l’acquirente francese acquista in Italia e si incarica del trasporto in Francia. Dopo il confine i beni scompaiono ma è già avvenuta la cessione intracomunitaria non imponibile).
Casi particolari di cessioni intracomunitarie
Costituiscono cessioni intracomunitarie anche quelle nelle quali i beni vengono spediti o trasportati in un altro Stato membro, per essere lì imballati, montati, installati od assiemati, da parte del fornitore o per suo conto.
Esempio
Un’azienda italiana vende ad un cliente tedesco dei beni che saranno installati dal cedente italiano in Germania. Questa operazione costituisce una cessione intracomunitaria non imponibile (ex art. 41 c. 1 lett. c). Invece, se un’azienda italiana acquista da un fornitore tedesco dei beni da installare in Italia, l’introduzione dei beni in Italia non costituisce acquisto intracomunitario (e il trasferimento dei beni risulta irrilevante ai fini dell’imposta – art. 38 c. 5 lett. b) e Circ. Min. 23 febbraio 1994 n. 13).
La successiva consegna dei beni installati è una operazione interna. A differenza di ciò che avviene per gli analoghi acquisti di beni spediti in Italia per essere installati, imballati ecc. che sono operazioni interne, le cessioni in esame sono intracomunitarie (anziché prive del requisito della territorialità).
Realizzazione e cessione di stampi
La realizzazione (costruzione diretta o acquisto da terzi secondo la normativa interna) per conto di un committente comunitario di stampi, da utilizzare in Italia per la produzione di beni da inviare in un altro Stato membro, è da inquadrare nell’ambito di cessioni intracomunitarie qualora:
- Tra il committente e l’operatore nazionale venga stipulato un unico contratto d’appalto. Avente ad oggetto sia la realizzazione dello stampo sia la fornitura dei beni che con esso si producono;
- Lo stampo, a fine lavorazione, venga inviato nell’altro Paese comunitario, a meno che, in conseguenza dell’ordinario processo di produzione o per accordi contrattuali, sia distrutto o sia divenuto ormai inservibile. Se lo stampo viene trattenuto dal prestatore per essere utilizzato per eventuali successive forniture, la condizione non è rispettata.
Se le citate condizioni non sono rispettate (es. stampo riutilizzato dall’operatore nazionale), la costruzione dello stampo si considera una prestazione di servizi generica, esclusa da IVA ai sensi della regola generale. In caso di distruzione volontaria degli stampi è necessario osservare l’apposita procedura, a meno che non li si consegnino da smaltire a soggetti autorizzati, compilando l’apposito formulario.
Cessioni di beni in depositi IVA
Le cessioni a soggetti comunitari di beni introdotti precedentemente in depositi IVA, spediti in uno Stato membro, sono considerate cessioni intracomunitarie. Un’azienda italiana cede materie prime che introduce in un deposito IVA. Una società francese procede all’estrazione della merce per utilizzarla nel suo processo produttivo in Francia. Si tratta di cessione intracomunitaria.
Operazioni assimilate alle cessioni intracomunitarie
L’invio di beni dal territorio italiano a quello di un altro Stato membro, mediante trasporto o spedizione a cura di un soggetto passivo in Italia o da terzi per suo conto, indipendentemente dal titolo che lo giustifica (quindi anche per causa diversa dalla cessione a titolo oneroso), è assimilato ad una cessione intracomunitaria (c.d. trasferimento di beni).
Un caso tipico si verifica con la vendita di beni in un altro Stato UE dopo che, nel medesimo Stato, siano stati sottoposti ad una lavorazione per conto del cedente italiano.
Il primo trasporto è un trasferimento a se stessi, operazione assimilata alle cessioni intracomunitarie (che necessita l’identificazione nello Stato UE, diretta o mediante rappresentante fiscale, di chi effettua il trasferimento per assolvere l’imposta sul conseguente acquisto intracomunitario). Mentre la cessione alla società estera è un’operazione interna allo Stato dell’acquirente, quindi fuori campo IVA. Infatti questa cessione non può considerarsi effettuata in Italia (come operazione intracomunitaria). In quanto il contratto di acquisto ha per oggetto il prodotto finito risultante dopo la lavorazione avvenuta nello Stato UE.
La società italiana Bianchi invia i beni in Francia a Rouge che esegue, per suo conto, alcuni lavori di rifinitura, al termine dei quali i beni sono consegnati all’acquirente francese Jaune. Il primo trasporto/spedizione dà luogo ad un trasferimento a se stessi, operazione assimilata alle cessioni intracomunitarie. Mentre la cessione alla società Jaune è un’operazione interna alla Francia, in quanto il contratto di acquisto ha per oggetto il prodotto finito risultante dopo la lavorazione avvenuta in Francia. In sostanza, Bianchi ha venduto i beni a Jaune al termine della lavorazione effettuata da Rouge.
Operazioni escluse dalla disciplina
Sono esclusi dalla disciplina delle cessioni intracomunitarie i beni inviati in un altro Stato UE:
INVIO | CONDIZIONE | PRECISAZIONE | RIFERIMENTO |
---|---|---|---|
Per perizie o manipolazioni usuali o operazioni di perfezionamento attivo | se rinviati al committente nello Stato UE di provenienza | se non rinviati al committente | art. 41 c. 3 DL 331/93 |
Per essere utilizzati temporaneamente che, se ivi importati, beneficerebbero della temporanea importazione in esenzione totale dei dazi (art. 176 DPR 43/73) | (massimo 24 mesi) per servizi prestati dallo stesso soggetto es. beni da esporre in mostre e fiere | es. noleggi | Ris. AE 19 giugno 2008 n. 25/E art. 41 c. 3 DL 331/93 |
Gas,energia elettrica e calore o freddo | ceduti mediante sistemi situati nel territorio dell’UE | – | art. 41 c. 2 bis DL 331/93 |
Beni usati | assoggettati al relativo regime speciale | il cedente italiano realizza una cessione interna | art. 37 DL 41/95 |
Da soggetti in regime di franchigia | es. i forfettari | – | art. 41 c. 2 bis DL 331/93 |
Omaggi e campioni gratuiti di modico valore appositamente contrassegnati | assoggettati a norma interna non essendo contemplati da quella comunitaria | – | Circ. Min. 23 febbraio 1994 n. 13/E |
Cessioni in valuta
Per le cessioni espresse in valuta, il tasso di cambio applicabile deve essere individuato secondo le regole generali applicabili alle cessioni interne. Si considera pertanto il cambio del giorno in cui è stata effettuata l’operazione o, in mancanza, il cambio del giorno antecedente più vicino.
Regime di call-off stock
Il regime di call-off stock si verifica quando il venditore trasferisce uno stock di beni presso un deposito a disposizione di un acquirente conosciuto situato in un altro Stato membro e tale acquirente diventa proprietario dei beni all’atto della loro estrazione dal deposito.
L’art. 1, Direttiva 2018/1910/UE, al fine di armonizzare la disciplina del call-off stock, ha modificato l’art. 17-bis, Direttiva 2006/112/CE, in vigore dal 2020, secondo cui non è assimilato a una cessione di beni effettuata a titolo oneroso il trasferimento, da parte di un soggetto passivo, di un bene della sua impresa a destinazione di un altro Stato membro in regime di call-off stock. In pratica, il fornitore non è più tenuto ad aprire una posizione IVA nello Stato membro di destinazione dei beni finalizzata alla corrispondente acquisizione intracomunitaria, in quanto il trasferimento dei beni assume rilevanza ai fini IVA, come operazione intracomunitaria, nel momento successivo in cui i beni sono prelevati dal deposito da parte del cliente.
L’art. 1, D.Lgs. n. 192/21 in recepimento dell’art. 17-bis, Direttiva 2006/112/CE, ha disciplinato il regime IVA delle operazioni intracomunitarie in regime di call-off stock inserendo nel D.L. n. 331/93 gli art. 38-ter e 41-bis. Ai sensi di queste disposizioni possiamo schematizzare i requisiti legati all’esistenza di un operazione di call-off stock:
- I beni devono essere spediti o trasportati da un soggetto passivo, o da un terzo che agisce per suo conto, verso un altro Stato membro, in previsione del fatto che tali beni saranno ivi ceduti, in una fase successiva e dopo il loro arrivo, a un altro soggetto passivo che ha il diritto di acquisire la proprietà di tali beni in conformità di un accordo tra i soggetti;
- Il soggetto passivo che spedisce o trasporta i beni non abbia stabilito la sede della propria attività economica, né disponga di una stabile organizzazione nello Stato membro verso cui i beni sono spediti o trasportati;
- Il soggetto passivo che spedisce o trasporta i beni non abbia stabilito la sede della propria attività economica, né disponga di una stabile organizzazione nello Stato membro in cui i beni sono spediti o trasportati;
- Il soggetto passivo destinatario della cessione di beni sia identificato ai fini IVA nello Stato membro verso cui i beni sono spediti o trasportati e la sua identità e il numero di identificazione IVA attribuitogli da tale Stato membro siano noti al soggetto passivo dello Stato membro di partenza nel momento in cui ha inizio la spedizione o il trasporto;
- Il soggetto passivo che spedisce o trasporta i beni annoti il loro trasferimento nel registro di magazzino (art. 50, co. 5-bis D.L. n. 331/93) e inserisca nell’elenco riepilogativo delle cessioni intracomunitarie l’identità del soggetto passivo che acquista i beni e il numero di identificazione IVA attribuitogli dallo Stato membro verso cui i beni sono spediti o trasportati.
Al verificarsi di queste condizioni il trasferimento di beni in call-off stock assume natura di operazione intracomunitaria, ma con effetto nel momento del prelievo dei beni dal deposito che si verifica l’effetto traslativo della proprietà. Infatti, al momento del trasferimento della proprietà in capo al cliente, e purché il trasferimento abbia luogo entro il termine di 12 mesi dall’arrivo dei beni nello Stato membro di destinazione, si verifica:
- Nello Stato di partenza dei beni, una cessione intracomunitaria esente da imposta ai sensi dell’art. 41, co. 1, lett. a) del D.L. n. 331/93, se i beni partono dall’Italia;
- Nello Stato di arrivo dei beni, un acquisto intracomunitario imponibile ai fini IVA ai sensi dell’art. 38, co. 1, del D.L. n. 331/93.
Qualora nei 12 mesi dall’arrivo dei beni nello Stato membro verso il quale sono stati spediti o trasportati questi non sono stati ceduti al soggetto passivo cui erano destinati, si considera verificata una cessione intracomunitaria “per assimilazione” (art. 41, co. 2, lett. c) D.L. n. 331/93). In questo caso il fornitore deve identificarsi ai fini IVA nello Stato membro di destinazione dei beni ai fini della regolarizzazione dell’acquisizione intracomunitaria, soggetta ad imposta.