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Vendita di oggetti online: il compenso deve essere tassato?

Fisco NazionaleProfessioniVendita di oggetti online: il compenso deve essere tassato?

La vendita di oggetti online quando diventa fiscalmente rilevante? Il compenso derivante dalle vendite su internet deve essere tassato? e se si come? La risposta a queste domande sulla tassazione degli oggetti effettuata tramite piattaforma web.

Quanti di voi in negli ultimi mesi hanno pensato di rivendere qualche vecchio oggetto scovato nei propri armadi, cantine o garage? Negli ultimi mesi anche varie App o portali sono nati proprio per incentivare a vendere online anche soggetti privati. Scommetto che anche tu sei tra soggetti interessati a questa tipologia di vendita!

La vendita di oggetti online, infatti, può essere molto interessante, specialmente se legata alla rivendita di oggetti usati, che ogni giorno lasciamo in casa, magari inutilizzati. Oggi le soluzioni per effettuare la vendita di oggetti online possono essere le più varie. Dalle vendite sui social network, alla vendita tramite sito web di proprietà, fino ad arrivare perfino a sfruttare famosi portali online dedicati alle vendite tra “privati“, come Ebay, oppure Etsy. Accanto a chi vende online oggetti usati, vi è anche chi inizia con i primi rudimenti un’attività economica vera e propria legata all’artigianato o al piccolo commercio. In questi casi, occorre prestare molta attenzione alle variabili fiscali, che non sono da tralasciare (come vedremo).

Si tratta, in ogni caso, di scelte da da prendere con attenzione, in quanto, per arrivare davvero a vendere in modo costante serve costanza ed impegno incessante. Vendere oggetti su portali online, infatti, offre una vetrina invidiabile ed un traffico importante, ma la concorrenza è davvero elevata. Allo stesso tempo, aprire una sito web richiede molto impegno in termini di contenuti da pubblicare, schede prodotto da aggiornare, etc. Per questo, spesso chi inizia questo percorso finisce per mollare tutto.

All’interno di questo quadro in questo articolo vado ad affrontare il delicato tema legato agli aspetti fiscali delle vendite di oggetti sul web. L’obiettivo è quello di darti informazioni utili e di taglio pratico su come devi comportarti fiscalmente in questa attività. Naturalmente, mi rendo conto che quanto leggerai non potrà essere esaustivo sulla tua situazione personale. Per questo, al termine dell’articolo troverai il form con cui potermi contattare per ricevere una consulenza personalizzata sulla tua situazione.

Proviamo, quindi, a fare il punto della situazione per la vendita di oggetti online.

La vendita di oggetti online sotto il profilo fiscale

Dal mercatino fatto in casa, dall’accordo con un negoziante privato (con contratti di conto vendita), fino ad arrivare dalla cessione su specifici portali web. La vendita di oggetti, spesso fatti a mano, è davvero molto diffusa in Italia. Tantissimi hobbisti provano ad effettuare le prime vendite, ma anche tante persone che, più o meno abitualmente, si dilettano nel vendere oggetti online. In rete si possono raggiungere tantissimi potenziali acquirenti, il tutto restandosene comodamente seduti in casa.

Sicuramente il sito più famoso per mettere in vendita i propri oggetti è Ebay, un vero e proprio negozio on-line, dove dopo aver effettuato la registrazione è possibile inserire i propri annunci di vendita in pochi passi.

Arrivati a questo punto, ma soprattutto dopo che abbiamo effettuato la prima vendita, la domanda che spesso ci si pone (e che spesso ci ponete nelle vostre domande) è se tale compenso deve essere tassato, o se deve essere inserito in dichiarazione dei redditi. Proviamo a capire insieme quali sono le regole per la tassazione della vendita di beni online.

L’attività di vendita di beni su internet è riconducibile a tre ipotesi distinte, alle quali corrispondono tre diverse conseguenze da un punto di vista fiscale. In particolare possiamo avere:

  • Vendite che non configurano attività commerciale, e quindi non sono tassabili;
  • Vendite di oggetti online che, invece, configurano la fattispecie di attività commerciale occasionale, tassabile ai fini IRPEF;
  • Infine, possiamo arrivare infine alle vendite che configurano attività commerciale abituale, tassabili ai fini IRPEF e rilevanti ai fini Iva.

Per capire quale tipo di attività stiamo svolgendo è necessario prestare attenzione alle concrete modalità di svolgimento dell’attività e valutare sempre caso per caso. Vediamo, di seguito, con maggiore dettaglio le casistiche possibili.

Vendita di oggetti online: cessioni “una tantum” e senza fine speculativo

Il punto di partenza di questa analisi non può che essere dato dal fatto che questa tematica risulta essere scarsamente affrontata in dottrina ed anche gli interventi di prassi e di giurisprudenza sono alquanto sporadici. Tuttavia, quello che possiamo dire è che a determinare il carattere occasionale (e quindi non reddituale) della vendita sono, principalmente due fattori:

  • L’occasionalità della vendita;
  • L’intento speculativo della vendita.

Il requisito dell’occasionalità

Quando si procede alla cessioneuna tantum” di un bene non stiamo effettuando un’attività commerciale, bensì una cessione del tutto episodica. Questo vale sia nel caso in cui si stia vendendo un oggetto nuovo, un bene di cui eravamo già in possesso (bene usato), oppure un oggetto prodotto da noi.

Pensa al caso della vendita di un mobile, di un auto, un tappeto, un quadro, o un vestito che non mettiamo più, che avviene in modo del tutto episodica. Pensa alla vendita fatta nei confronto di un amico, o di un qualunque soggetto che ne sia interessato. Nulla cambia se la cessione avviene o meno su internet, tramite un sito o un portale di vendite online.

L’episodicità della vendita fa si che l’attività non possa essere inquadrata come “commerciale“, a prescindere dal corrispettivo economico ottenuto dalla cessione stessa. Non conta il valore dell’incasso, ma piuttosto se l’attività di vendita rimane (o meno) episodica nel tempo. Oltre a questo è da dire che, soprattutto per i beni usati, non vi sono obblighi fiscali in questa fattispecie.

In buona sostanza, cessioni episodiche di beni online di questo tipo non hanno rilevanza ai fini fiscali, in quanto non si tratta di un’attività abituale di tipo commerciale. Per questo motivo il reddito che ne deriva non rientra tra le fattispecie tassabili, e non deve essere inserito in dichiarazione dei redditi.

Analoghe riflessioni valgono anche ai fini dell’Imposta sul Valore Aggiunto (IVA). Tali vendite sono escluse dal campo di applicazione dell’IVA per mancanza del requisito soggettivo e quindi non richiedono alcun adempimento. In ogni caso, se ti trovi in questa fattispecie ti consiglio di costituire una documentazione al fine di provare la provenienza del corrispettivo di vendita incassato e quindi l’estraneità a qualsiasi ipotesi di imposizione fiscale. Il tutto, a patto che questo tipo di vendita sia e rimanga del tutto episodica ed occasionale.

Il requisito dell’intento non speculativo

Ulteriore aspetto da analizzare riguarda l’intento speculativo o meno del soggetto cedente. Questa variabile entra in gioco soprattutto per tutti quei beni che possono essere definiti come oggetti da collezione come orologi, automobili o motociclette d’epoca, giocattoli, etc. In questi casi, quando il valore dei beni può essere destinato a crescere nel tempo occorre valutare se il maggiore valore derivante dalla vendita possa rappresentare reddito. Deve essere evidenziato che l’Agenzia delle Entrate con la Risoluzione n. 204/E/2002 ha fatto rientrare nel reddito di impresa quello che deriva da un unico affare, se per questo è necessaria una serie coordinata di atti economico (nel caso specifico si trattava della vendita di un box auto).

In questi casi l’elemento che discrimina tra provento che non costituisce reddito e reddito di impresa è dato dalla finalità che il cedente persegue dalla vendita di tali beni. In tutti i casi in cui il fine della vendita non è lucrativo, non siamo di fronte ad una attività di impresa. L’esempio di questo può derivare dalla sentenza n. 33 della CTP di Pisa del 13 gennaio 2004, con la quale è stato sancito il carattere non reddituale della vendita di più auto da corsa d’epoca da parte di un avvocato con questa passione, vendite che in un singolo anno d’imposta avevano raggiunto il controvalore di 845 milioni di lire. Secondo i giudici, questi atti (che pure determinano un arricchimento della persona) non dovevano considerarsi animati da un fine speculativo, ma piuttosto atti tipici di un amatore, “che acquista e vende nello spirito di conservare e migliorare il proprio patrimonio acquisito negli anni per la soddisfazione di rigoderne nel proprio tempo libero”. In questo senso, quindi, l’intento speculativo di ravvede nel caso in cui la vendita di oggetti (anche da collezione) venga effettuata in modo costante e in un periodo non molto distante dall’acquisto.

Vendita di oggetti online: cessioni considerate attività commerciale occasionale

Per considerare la vendita di oggetti online come un’attività commerciale occasionale è necessario effettuare un passaggio in più rispetto alla fattispecie precedente. La vendita di beni, anche in questo caso, non è svolta in maniera sistematica, ma è un attività che richiede comunque un minimo di organizzazione, di preparazione, ed un chiaro intento speculativo.

La partecipazione ad un mercatino per vendere oggetti non più utilizzati, è il classico esempio di attività commerciale occasionale. Lo stesso intento si raggiunge nel caso in cui il venditore si faccia pubblicità per vendere gli oggetti esposti anche su portali online (Ebay, Etsy, etc). In tutti questi casi, anche se siamo di fronte a vendite episodiche ed occasionali siamo di fronte ed un’organizzazione e preparazione particolari. Vedi il caso dei soggetti che, come hobbisti producono oggetti per diletto e li rivendono. In questi casi il reddito che ne deriva rientra nella categoria dei “redditi diversi” del TUIR e i ricavi devono essere tassati al netto delle eventuali spese sostenute. Il quadro reddituale è il quadro E del modello 730 o il quadro RL del modello redditi PF. In ogni caso, da questo punto di vista è irrilevante che le vendite avvengano su un mercato reale o virtuale. Rientrano in questa categoria, quindi, sia le vendite fatte nei mercatini sia quelle svolte online (su qualsiasi piattaforma).

L’aspetto fondamentale per rientrare in questa categoria è il carattere del tutto occasionale ed episodico della vendita. Ti consiglio di prestare molta attenzione all’aspetto dell’occasionalità, in quanto spesso si commettono errori. E’ occasionale la vendita di un oggetto realizzato a mano e ceduto ad un mercatino di hobbisti, oppure la stessa vendita effettuata online. Tuttavia, se la varietà e la quantità di oggetti realizzati e venduti nel tempo è costante, si esce da questa categoria per andare nella categoria delle attività commerciali di tipo abituale.

Ti consiglio di valutare sempre nel tempo la quantità e la frequenza delle vendite che effettui per verificare di rientrare nell’occasionalità, piuttosto che nell’abitualità, che prevede obblighi fiscali sicuramente più complessi. L’Agenzia delle Entrate non ha mai fornito parametri oggettivi per suddividere la vendita occasionale da quella abituale, per questo occorre prudenza ed il confronto con un dottore commercialista esperto.

L’attività commerciale occasionale, anche se soggetta ad IRPEF, non è però rilevante ai fini Iva. Quindi, non è necessario istituire i relativi registri ed emettere fattura. Tuttavia, è necessario emettere una ricevuta non fiscale per ogni importo incassato.

Ricordo che la ricevuta deve essere emessa obbligatoriamente in caso di incasso in contanti, mentre per gli incassi con mezzi tracciabili (bonifico, assegno, etc), la ricevuta deve essere emessa in caso di richiesta da parte dell’acquirente.

Vendita di oggetti online: attività commerciale abituale

Quando la cessione di oggetti avviene in maniera abituale, continuativa ed in modo sistematico, essa produce un vero e proprio reddito d’impresa. Ad esempio è il caso di chi, invece di limitarsi a partecipare ogni tanto ad un mercatino, lo fa sistematicamente, magari anche acquistando gli oggetti da rivendere. Oppure è il caso di chi apre un sito internet proprio per la vendita dei propri oggetti, un vero e proprio negozio virtuale. Anche in questo caso è irrilevante che la vendita sia svolta in un mercato reale o virtuale. Posso assicurarti che la linea di confine tra la vendita occasionale e quella abituale è spesso molto labile, e per questo rinnovo il consiglio di prestare la massima attenzione.

La vendita abituale e sistematica è un attività d’impresa che implica la tassazione del relativo reddito sia ai fini IRPEF. Tutto questo si traduce in obbligo di richiede la partita IVA, comunicazione in CCIAA e al SUAP e all’INPS. Insomma, si tratta di avviare un’impresa a tutti gli effetti. Inoltre, devi tenere presente che vi sono da rispettare anche tutti gli adempimenti in termini di tenuta di libri e registri, liquidazioni e versamenti periodici, documentazione dei corrispettivi di vendita etc.

Infine, deve essere evidenziato che ai fini Iva è previsto un particolare regime per la vendita dei beni usati (c.d. “regime del margine) e sono prevista regole ad hoc anche per il commercio elettronico.

L’attività di controllo sui venditori da parte dell’agenzia delle entrate

Con l’art. 13, comma 1, D.L. n. 34/2019 ha previsto l’obbligo a carico dei marketplace online, ovvero degli operatori che, avvalendosi di piattaforme elettroniche facilitano la vendita a distanza, di trasmettere i flussi di vendita dei propri iscritti all’Agenzia delle Entrate. Questa comunicazione dei dati parte dall’anno di imposta 2019, per poi arrivare a regime ad essere effettuata con cadenza trimestrale.

A cosa serve tale monitoraggio? L’Agenzia delle Entrate dichiara, nella propria pagina dedicata all’adempimento, che tali dati verranno utilizzati per monitorare il volume delle vendite a distanza dei beni. Di fatto, non esistendo un regime di vendita occasionale per artigiani e commercianti, questo permetterà la segnalazione di diverse posizioni irregolari presenti sui marketplace anche da diversi anni. Come abbiamo detto più volte in vari articoli, la vendita occasionale di beni non esiste, chi vende online deve farlo con partita Iva.

Lo stesso portale Etsy, ha reso noto che tutti gli operatori che vendono con il loro portale devono obbligatoriamente indicare il numero di partita Iva, invitandoli a registrare tale dato per procedere con la comunicazione dei dati delle vendite all’Agenzia delle Entrate.

Quello che possiamo dire è che la comunicazione dei dati delle transazioni effettuate da parte dei vari marketplace online permetterà di effettuare dei controlli incrociati da parte dell’Agenzia delle Entrate. I controlli riguarderanno l’incrocio tra i dati presenti in dichiarazione dei redditi e quelli trasmessi dai marketplace. In questo modo le Entrate potranno verificare la corretta indicazione dei redditi percepiti in dichiarazione. In questo modo tutti gli operatori che vendono (irregolarmente) senza partita Iva rischieranno un accertamento fiscale, con sanzioni importanti. Inoltre, tali dati verranno condivisi con il Registro delle Imprese, con l’Inps e l’Inail, che potrebbero a loro volta volta far partire accertamenti per l’iscrizione d’ufficio a tali enti. Per questo motivo il consiglio non può che essere quello di regolarizzare immediatamente la propria posizione con tutti gli enti coinvolti.

Conclusioni e consulenza fiscale

In questo articolo, molto schematico, ho cercato di riepilogare le principali indicazioni che devi ricordare se stai facendo vendite online. Devi porre particolare attenzione non tanto al volume dei compensi raggiunti nell’anno, quanto piuttosto alla sistematicità della vendita e all’organizzazione legata alle vendite. Maggiore è l’importanza di questi aspetti più aumentano le probabilità che la tua attività possa essere inquadrata come imprenditoriale.

Per tutti questi aspetti è indispensabile essere affiancati da un dottore commercialista esperto. Solo in questo moto puoi evitare di commettere errori, ma soprattutto potrai iniziare ad analizzare il futuro: la disciplina fiscale che riguarda le il commercio elettronico.

Se hai dubbi sulla tua situazione personale e desideri un confronto puoi lasciare un commento di seguito. Riceverai una risposta nel più breve tempo. Altrimenti, se desideri una consulenza più approfondita contattami in privato.

Se hai letto questo articolo e ti stai rendendo conto che necessiti dell’analisi della tua situazione personale, ti invito a contattarci attraverso il form di cui al link seguente. Riceverai il preventivo per una consulenza personalizzata in grado di risolvere i tuoi dubbi sull’argomento. Soltanto in questo modo, infatti, potrai essere sicuro di evitare di commettere errori, che in futuro possono esserti contestati e quindi sanzionati.

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