Le operazioni internazionali legate alla compravendita di beni molto spesso interessano fornitori extra-UE che si trovano a commerciare con clienti, soggetti passivi Iva residenti nella UE. In questi casi l’operazione classica è quella che si identifica con l’importazione di beni nel territorio UE, con la fattura dell’operatore extra-UE, e la bolletta doganale come documento valido ai fini Iva.
Alternativamente a questa fattispecie può essere vantaggioso implementare una procedura che consenta cliente UE di dover gestire un acquisto intracomunitario, più semplice da gestire, rispetto ad una più complessa procedura di acquisto da soggetto extra UE, con ricezione di fattura (o emissione di autofattura) e bolletta doganale legata all’immissione dei beni nel territorio UE. Questa semplificazione, che è sicuramente vantaggiosa per il cliente, può diventare utile anche per il fornitore, specialmente se questi si avvale di beni provenienti dalla UE per la propria produzione o per la rivendita.
Il meccanismo a cui sto facendo velatamente riferimento è quello legato alla nomina del rappresentante fiscale in zona UE del fornitore extracomunitario. Attraverso la nomina del rappresentante fiscale in un qualsiasi Stato UE è possibile ottenere dei vantaggi nell’attività economica da svolgere nella UE. Proviamo ad approfondire insieme questa procedura, tenendo presente che se hai intenzione di approfondire la figura del rappresentante fiscale puoi trovare in questo portale diversi articoli di approfondimento dedicati.
Per approfondire: “Rappresentante fiscale: figura, nomina e adempimenti“.
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La nomina di un rappresentante fiscale nella zona UE per il fornitore estero
La possibilità per un fornitore di beni extracomunitario di nominare un rappresentante fiscale in uno degli Stati UE può essere utile a rendere più semplice il processo di acquisto dei beni da parte dei clienti nazionali. Questa semplificazione deriva dalla possibilità di utilizzazione della c.d. “immissione in libera pratica di beni“. Infatti, l’introduzione dei beni nel territorio UE, con relativa immissione in libera pratica può avvenire senza il pagamento dell’imposta, fruendo della possibilità riconosciuta dall’art. 143 Direttiva n. 2006/122/EC. Questa prevede la sospensione del pagamento dell’Iva al momento dell’importazione del bene, se i beni sono destinati a proseguire in altro Stato membro nel quale verrà assolto il tributo.
Ad esempio, un fornitore Cinese può pensare di nominare un rappresentante fiscale in Italia, per poter immettere in libera pratica i propri beni in Italia, senza assolvimento dell’imposta al momento dell’immissione nel territorio UE. A quel punto l’applicazione dell’imposta avverrà solo nel momento in cui tali beni proseguiranno, ad esempio, verso la Francia luogo di destinazione finale dei beni.
Con questo schema il cliente finale ha la possibilità di acquistare gli stessi beni acquistati precedentemente con procedura di importazione, utilizzando la procedura (semplificata) legata agli acquisti intracomunitari. In questi termini, la nomina di un rappresentante fiscale in UE, per dar corso all’immissione senza pagamento dell’imposta semplifica le procedura di assolvimento dell’Iva per cliente finale UE.
Il cessionario acquirente UE tuttavia, ai fini Iva, deve integrare e registrare la fattura emessa dal rappresentante fiscale e collaborare con tale soggetto per fornire la prova dell’avvenuto trasferimento dei beni dallo Stato d’immissione in libera pratica. Nel caso in cui (per prassi dello Stato di importazione dei beni), tuttavia, potrebbe capitare che il rappresentante non sia tenuto a emettere fattura e possa limitarsi a compilare l’elenco riepilogativo delle cessioni intracomunitarie. In questo caso il cessionario deve emettere autofattura ex art. 46, co. 5, D.L. n. 331/93, indicando l’identificativo Iva del rappresentante fiscale che deve essere noto all’acquirente. In questo processo diventa fondamentale che il cessionario si faccia rilasciare la documentazione che possa provare la regolarità dell’intera operazione (compresa la documentazione doganale).
Deve essere evidenziato che dal punto di vista reddituale, il fornitore rimane extra-UE, a meno che per il fornitore extra-UE non si ravvisi in Italia la presenza di una stabile organizzazione nel Paese UE di nomina del rappresentante fiscale. Tuttavia, questa casistica non è oggetto del presente articolo.
Esempio di immissione in libera pratica e fatturazione
Ipotizziamo l’esempio seguente per chiarire meglio i termini dell’operazione descritta nel paragrafo precedente. Questi gli estremi dell’operazione:
- Cedente: soggetto extra-UE;
- Cessionario: soggetto UE;
- Dogana di immissione UE: Italia con rappresentante fiscale italiano del cedente extra-UE.
Nel caso riportato, il rappresentante fiscale in Italia del cedente assolve i dazi doganali al momento dell’ingresso della merce in Italia. L’Ufficio doganale che accetta la dichiarazione di importazione liquida l’Iva, sospendendone la riscossione, a norma dell’art. 67, primo comma, lett. a, del DPR n. 633/1972. A questo fine deve essere fornita la prova che la merce importata viene fatta proseguire verso altro Stato membro UE. A tal fine, l’operazione deve essere indicata tra le cessioni intracomunitarie del modello intrastat presentato dal rappresentante fiscale italiano.
Il cedente, in base al disposto dell’art. 46, comma 2, del D.L. n. 331/1993, provvede, poi, mediante rappresentante fiscale in Italia, ad emettere fattura non imponibile ex art. 41, comma 2, lett. c), del D.L. n. 331/1993. Il cessionario provvederà, quindi, secondo la normativa vigente nel proprio Stato, ad assoggettare ad imposta l’operazione, mediante integrazione della fattura ricevuta dal rappresentante fiscale italiano del cedente extra-UE.
Cessione di beni presenti in Italia e fatturazione
Accanto alla casistica classica, dell’immissione di beni in libera pratica, si assiste spesso anche ad una seconda casistica. Mi riferisco al caso dell’operatore estero che nomina il rappresentante fiscale in Italia per portare in Italia beni per esigenze proprie dell’azienda. Pensa al caso di operatore extra-UE che decide di avere in EU, ad esempio in Italia, di un magazzino per stoccare la merce da vendere nel mercato europeo.
In questo caso, dobbiamo tenere presente che siamo di fronte a due operazioni rilevanti ai fini Iva. La prima operazione è quella legata all’immissione dei beni nel magazzino del rappresentante fiscale in Italia. Quest’ultimo, come in precedenza assolve i dazi doganali, ed assolve l’Iva dovuta (tranne i casi di utilizzo del plafond o di utilizzo del deposito Iva). A quel punto ipotizziamo che il cedente ceda i beni presenti in Italia ad un operatore economico italiano. In questo caso l’operatore extra-UE deve emettere fattura al cessionario italiano, riportando anche l’annotazione del rappresentante fiscale italiano.
ATTENZIONE!
La fattura emessa esclusivamente con l’indicazione della partita Iva italiana non è da considerarsi rilevante ai fini Iva. A chiarire questo aspetto ci ha pensato la Risoluzione n. 21/E del 20 febbraio 2015.
Nell’operazione sopra indicata, il cessionario italiano, per gli acquisti di beni o servizi territorialmente rilevanti in Italia, effettuati da soggetti non residenti, ha l’obbligo di emettere autofattura ed annotarla distintamente nel registro Iva vendite ed Iva acquisti.
La fatturazione delle operazioni del cedente extra-UE
La Risoluzione n 89/E/2010, ha precisato che l’articolo 17, comma 2, “esclude che il cedente o prestatore non residente sia tenuto all’emissione della fattura (e ai conseguenti adempimenti di annotazione e dichiarazione), tramite il numero identificativo Iva italiano”. L’Iva relativa a beni e servizi territorialmente rilevanti in Italia deve essere sempre assolta dal cessionario o committente stabilito in Italia. Tale assolvimento avviene mediante l’applicazione del revese charge, con integrazione o emissione di autofattura.
Questa procedura deve essere eseguita anche nel caso in cui il cedente o prestatore sia identificato ai fini Iva in Italia, tramite identificazione diretta o rappresentante fiscale. A tal proposito, si vedano anche C.M. n. 14/E/2010 e C.M. n. 36/E/2010.
Da un punto di vista prettamente pratico è possibile che il rappresentante fiscale di un operatore estero, in queste operazioni, emetta per esigenze interne, un documento non rilevante ai fini Iva. Tale documento può essere consegnato al cessionario o committente italiano. Tuttavia, su tale documento deve essere indicato che l’imposta (Iva) afferente a tale operazione deve essere assolta dal cessionario o committente. La conseguenza di questo comportamento è la necessita di chiedere all’operatore non residente l’emissione di una fattura. In caso di mancato ricevimento della stessa nei termini prescritti, il soggetto Iva italiano è tenuto ad emettere autofattura. Questo, se non riceve la fattura nei due mesi seguenti all’effettuazione dell’operazione.
Le vendite a catena con rappresentante fiscale UE
In alcuni casi il rappresentante fiscale UE potrebbe essere coinvolto anche in operazioni di vendite a catena. Ipotizziamo il caso di rappresentante fiscale nominato in Italia da parte di soggetto extra-UE, che acquisti beni da fornitori UE, per cederli ad un cliente soggetto passivo nazionale. In buona sostanzia, ci troviamo di fronte ad un’operazione triangolare e per questo motivo per tracciare correttamente gli adempimenti Iva necessari è utile tracciare il trasporto dei beni.
Le c.d. cessioni intracomunitarie “a catena”, che si concretizzano in due (o più) cessioni consecutive realizzate con un unico spostamento dei beni da un paese membro ad un altro, direttamente dal primo cedente al cessionario definitivo.
In questi casi l’unico trasferimento intracomunitario dei beni può essere imputato ad una sola delle due cessioni, non potendo configurarsi due cessioni intracomunitarie e altrettanti acquisti intracomunitari. Infatti, quando il trasferimento in Italia è eseguito dal cessionario residente, il fornitore extra-UE, sebbene identificato in Italia dovrebbe infatti nominare un rappresentante fiscale anche nello Stato UE di partenza dei beni per realizzare una cessione intracomunitaria nei confronti del soggetto nazionale.
E’ il paragrafo 1 dell’art. 36-bis della Direttiva 1910/2018/UE che stabilisce che qualora lo stesso bene sia successivamente ceduto e sia spedito o trasportato da uno Stato membro a un altro direttamente dal primo cedente all’ultimo acquirente nella catena, la spedizione o il trasporto sono imputati unicamente alla cessione effettuata nei confronti dell’operatore intermedio (nel nostro caso il rappresentante fiscale del soggetto extra-UE). Qualora l’operatore intermedio non sia identificato nello Stato di partenza dei beni si vedrà addebitare la relativa Iva in fattura. Tuttavia, il paragrafo 2, in deroga al precedente, stabilisce che la spedizione o il trasporto sono imputati unicamente alla cessione effettuata dall’operatore intermedio se quest’ultimo ha comunicato al cedente il numero di identificazione Iva attribuitogli dallo Stato membro di partenza dei beni.
Questo significa che se l’operatore extra-UE, comunica al fornitore, il numero di identificativo attribuitogli dallo Stato Ue del fornitore, vi è cessione intracomunitaria tra il rappresentante fiscale dello Stato del fornitore dell’operazione extra-UE ed il cliente finale italiano.
Per operatore intermedio si intende “un cedente all’interno della catena diverso dal primo cedente della catena, che spedisce o trasporta i beni esso stesso o tramite un terzo che agisce per suo conto”. Le disposizioni dell’art. 36-bis non possono trovare applicazione nei casi in cui il trasporto sia effettuato od organizzato dal primo cedente o dall’acquirente finale.
Operatori esteri con rappresentante fiscale UE e la fatturazione delle cessioni di beni: conclusioni
Quanto indicato in questo articolo sicuramente è soltanto una piccola parte delle casistiche che si possono presentare nella pratica quando ci si trova di fronte ad operazioni con fornitori non residenti. In questi casi l’identificazione di un rappresentante fiscale in uno Stato (oppure in due Stati, nei casi delle vendite a catena) è sicuramente un’opzione da prendere in considerazione, sia come vantaggio per il cliente soggetto passivo Iva UE, oppure anche per il fornitore stesso, soprattutto nelle vendite a catena di beni.
E’ in questa prospettiva che deve essere valutato il presente contributi, ovvero, per fornire uno schema operativo che possa semplificare le procedure per il cessionario UE, ma anche per una migliore possibilità di vendita del fornitore extra-UE. Tutto questo, naturalmente, tenendo in considerazione le eventuali implicazioni collegate, eventualmente, anche all’identificazione di una stabile organizzazione in UE del fornitore. Aspetto, questo, che potrebbe comportare delle conseguenze importanti ai fini reddituali e che devono essere opportunamente tenute in considerazione.
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