I due regimi IVA a confronto, pregi/difetti ed applicazioni.

Molto spesso per la determinazione e la liquidazione del tributo in questione, si applica di default l‘IVA ordinaria senza però approfondire/valutare l’opportunità alternativa dell’IVA per cassa (cash accounting) e quindi l’IVA a debito e l’IVA a credito vengono calcolate in modo ordinario, per periodo di competenza, in base alla data di registrazione del documento attivo o passivo.

Diversamente l’IVA per cassa va a liquidare il tributo in base al principio di cassa e non di competenza, tenendo traccia di tutti gli incassi e pagamenti (disponendo a monte di una prima nota, per una contabilità ordinaria o di un registro incassi/pagamenti per una contabilità semplificata) ed in base alla data di incasso/pagamento l’IVA viene calcolata di conseguenza.

Tuttavia, la scelta e l’opzione per l’uno o l’altro regime non deve essere arbitraria ma rientra nel contesto di migliorare il flusso tributario derivante dalla gestione IVA, che in molti casi è tutt’altro che residuale anzi va ad influenzare la dinamica finanziaria d’azienda e più in generale va ad intaccare la gestione operativa nel complesso.

Di fatto, l’obiettivo dell’articolo è proprio questo: non tanto descrivere i due regimi ma valutare l’opportunità di adottare il cash accounting in ambito IVA perché porta con sé notevoli vantaggi, i quali verranno analizzati nello specifico.

IVA per cassa vs IVA ordinaria: la finestra temporale

Appena prima si è parlato di diverso requisito (competenza e cassa) il quale porta con sé inevitabilmente anche il diverso momento impositivo/esigibilità: per IVA ordinaria diventa la data di registrazione, in genere la data del documento, mentre per IVA per cassa la data di incasso o di pagamento.

Tradotto in altri termini, questo vuol dire che per il contribuente che adotta l’IVA per cassa abbiamo uno “slittamento temporale” ovvero abbiamo una diversa e più ampia finestra temporale: non versa o detrae l’IVA al momento del ricevimento/emissione fattura e quindi poi al momento della registrazione del documento ai fini contabili ma versa l’IVA o detrae l’IVA solo quando incassa la fattura del cliente o paga la fattura del fornitore.

Questo fatto può essere un vantaggio non da poco ed un primo punto a favore per il cash accounting: quanto volte succede che l’incasso è successivo e non immediato rispetto all’emissione della fattura ed il contribuente si trova costretto a versare IVA anticipando dei soldi che recupererà di fatto in un momento successivo (ad incasso fattura).

Si sente spesso parlare dell’IVA come semplice partita di giro ovvero come differenza tra il saldo IVA a debito ed IVA a credito, come IVA versata perché pagata a monte dai nostri clienti o come IVA detratta perché pagata invece dal contribuente ai propri fornitori: in linea teorica è corretto ma sotto un piano puramente pratico e di tipo finanziario, è un affermazione totalmente sbagliata perché come detto prima è un anticipazione di costi ed uscite finanziarie quando potremo benissimo farne a meno e ci si ricollega per forza di cose a quanto detto in merito all’IVA per cassa.

Quindi, in primo luogo la finestra temporale è impostata tutta a nostro vantaggio ma quanto detto è ancor più vero se si considerano le due condizioni seguenti: si pensi al fatto non solo che le nostre fatture non ci vengono pagate subito ed adottando l’IVA ordinaria avremo il solito problema di anticipare l’IVA e versarla ma al fatto che (prassi ormai consolidata su importi elevati) il pagamento avviene in maniera segmentata, in più tranches, in più scadenze ed anche in questo caso l’IVA per cassa ci tutela, perché la liquidazione del tributo avviene sempre alla data di incasso ma pro-quota in base agli importi pagati (la dilazione IVA non solo c’è ma è anche spalmata in maniera simmetrica agli incassi, alle date di scadenza/pagamento) ; si pensi al caso di una periodicità IVA trimestrale, per la quale l’IVA per cassa è ancor di più a nostro vantaggio per via delle scadenze più ampie di versamento del tributo, previo comunque calcolo degli interessi trimestrali (diversamente dal contribuente con IVA mensile dove la liquidazione è a stretto giro, ovvero 16 del mese successivo), poiché è sovente trovarsi nella situazione di emissione di molte fatture a fine mese (30 o 31 giorno del mese) che è chiaro che per chiudere il periodo si adotta tale prassi, per poi però trovarsi a versare il tributo per trimestre di competenza di quell’ultimo giorno, adottando IVA ordinaria non possiamo fare altrimenti ma adottando IVA per cassa non solo abbiamo più tempo di default come accade per l’altro regime (essendo una liquidazione trimestrale) ma abbiamo ancor più tempo perché è molto facile che gran parte di quelle fatture emesse per dire il 31 marzo saranno incassate i primi giorni del mese di aprile o successivamente, con la conseguenza non da poco che ai fini IVA l’esigibilità slitta subito al secondo trimestre dell’anno, avendo ricevuto l’incasso nel primo mese del trimestre successivo.

Gli esempi di cui sopra possono chiaramente essere riportati anche in ambito di periodicità IVA mensile ma quello che occorre sottolineare è che IVA per cassa ed IVA trimestrale amplificano il vantaggio della dilazione nella liquidazione ma soprattutto nel versamento del tributo tramite la finestra temporale più ampia citata, per la quale si possono avere minori tensioni di liquidità a livello gestionale.

IVA per cassa vs IVA ordinaria: operazioni entro l’anno

Si è parlato prima di finestra temporale ; ora è interessante approfondirne un aspetto, circa il tempo e scadenze, nello specifico si tratta del termine ultimo di applicazione dell’IVA per cassa, ovvero dell’anno di riferimento delle operazioni attive o passive.

In altri termini, la normativa in merito oltre a stilare altri presupposti e limitazioni di cui si rimanda altrove per approfondimenti, pone un termine ultimo nell’applicazione del cash accounting: le operazioni attive o passive fanno scaturire comunque IVA a debito od a credito rispettivamente in capo al contribuente, a prescindere dall’effettivo incasso o pagamento della fattura, decorso un anno dall’operazione (data documento).

Ciò vuol dire che anche se la fattura risulta ancora scoperta (non è stata incassata o pagata), noi siamo obbligati a liquidare il tributo perché è passato un anno dall’operazione.

Questo aspetto a mio avviso, insieme alla partita di giro prima citata, è forse la costante che si sente spesso quando si chiama in causa l’IVA per cassa o meglio quando si cerca di portare degli argomenti a sfavore e/o per giudicare sconveniente il regime IVA per cassa vs il regime IVA ordinario (ma solo in linea teorica e poi mi spiego meglio).

Di fatto, come il precedente “bias” (solo teorico), viene smentito subito dai fatti per due semplici motivazioni: sembrerebbe che decorso l’anno l’IVA per cassa perde la sua efficacia od in altre parole l’IVA per cassa ha tutta la sua utilità nel solo primo anno di applicazione per l’azienda ma ciò non è vero, perché innanzitutto la scadenza di un anno fa la fotografia di ogni singola operazione attiva o passiva, quindi per dire se l’operazione attiva aveva data 01/03/22 e dopo un anno la fattura non è ancora incassata, allora il tributo su quella fattura viene liquidato ma se nello stesso tempo ho un fattura attiva datata 01/02/22, il mio termine ultimo di scadenza è 01/02/23 indipendentemente dall’altra operazione e da tutte le altre operazioni attive o passive (è chiaro che l’anno decorre fattura per fattura e si trasla di periodo in periodo, le fatture di marzo scadranno a marzo dell’anno successivo, quelle di aprile allo stesso modo e via dicendo, a prescindere dal primo anno di applicazione per quelle fatture, dall’anno solare IVA e dalla periodicità IVA e di fatto le fatture datate dicembre 2022 scadranno ai fini IVA per cassa a dicembre 2023, praticamente un anno IVA successivo all’opzione per il regime di cash accounting) ; in secondo luogo, rimanendo sempre sul piano pratico/applicativo, il termine che pone il legislatore è anche un termine più che congruo per la scadenza del tributo poiché dobbiamo pensare che, se da un lato entro l’anno ci obbliga a liquidare il tributo, dall’altro lato ciò vuol dire che dopo un anno non abbiamo ancora incassato la fattura ma allora non è un più un problema di IVA, un problema nel valutare la convenienza ad aderire ad un regime IVA od ad un altro ma diventa un problema serio nella gestione dei flussi finanziari, di gestione della liquidità e di programmazione finanziaria/gestionale (se dopo un anno abbiamo ancora posizioni scoperte/mancati incassi, forse dovremo ripensare al nostro scadenziario, alla nostra struttura incassi/pagamenti, a prescindere dall’IVA da versare).

Si è conclusa così, con questo paragrafo, la trattazione del tema della pianificazione temporale nella liquidazione e versamento dell’IVA, aspetto tutt’altro che trascurabile ; successivamente, parleremo di pregi/difetti ed applicazioni specifiche del regime IVA per cassa.

IVA per cassa vs IVA ordinaria: presenza di molte operazioni attive

Il caso più emblematico è quello dell’esistenza di molte operazioni attive in % sul totale delle operazioni, a maggior ragione se quelle operazioni attive fanno riferimento soprattutto a prestazioni di servizi.

Il caso descritto insieme ad una periodicità trimestrale IVA (per i motivi di cui sopra) è il contesto migliore per l’applicazione dell’IVA per cassa poiché capiterà molto spesso che le prestazioni di servizi seguono la fattura ma non sempre c’è il contestuale incasso della stessa, a differenza di una consegna di un bene, di una vendita del bene per il quale è più facile trovarsi nella situazione dell’incasso immediato od addirittura anticipato.

Poi, è chiaro che se le operazioni attive sono molte rispetto al totale e ciò vuol dire rispetto alle operazioni passive (per le quali nasce un credito IVA al pagamento, con IVA per cassa), è tutto un vantaggio quello di liquidare il tributo e versare l’imposta solo all’atto dell’incasso, non anticipando inutilmente soldi ; diversamente con IVA ordinaria, noi avremo versato fin da subito in base alla data del documento l’IVA ma non avendola incassata (questo è un svantaggio) ed allo stesso tempo avremo detratto l’IVA sulle fatture di acquisto pur non avendole pagate ma a questo livello poco importa, vuoi per l’importo contenuto (come % sul totale operazioni) e vuoi per i motivi citati, quindi risulta molto utile adottare il regime dell’IVA per cassa, essendo nella condizione di gestire molte fatture attive, per le quali l’incasso non è immediato.

IVA per cassa vs IVA ordinaria: struttura incassi/pagamenti non ottimale

Un altro caso in cui è utile applicare il regime IVA per cassa è quello in cui a monte disponiamo di una struttura per scadenza di incassi/pagamenti non ottimale, ovvero: siamo in presenza di una dilazione media o media ponderata lato attivo (cliente) ben più alta di una dilazione media o media ponderata lato passivo (fornitore) e ci troviamo nella situazione di pagare molto prima di quello che incassiamo ; il tutto tradotto in termini di IVA per cassa, andremo a detrarre molta IVA perché paghiamo le fatture fornitore prima delle fatture cliente ed andremo a versare IVA similmente solo in un momento successivo perché concediamo ampia dilazione ai nostri clienti.

Ovviamente, una situazione del tipo quella descritta, anche se molto riscontrabile nella realtà, almeno per certi settori, sul medio/lungo termine non è sostenibile in termini finanziari e di pianificazione/programmazione dei flussi finanziari ; tuttavia, tale situazione ci permette, perlomeno per quanto riguardo l’aspetto dei flussi tributari, adottando IVA per cassa, di compensare l’aspetto negativo di un’inefficiente liquidità gestionale con un’efficiente liquidità dal punto di vista IVA e tributario, in quanto pur pagando prima i nostri fornitori e detraendo la rispettiva IVA, non andremo a peggiorare il saldo IVA versando l’IVA vendite pur non avendo incassato le fatture o ricevendo l’incasso a distanza di mesi (in altre parole, un palliativo per non peggiorare ulteriormente il flusso di cassa disponibile).

Adottando invece un’IVA ordinaria, la situazione appena descritta andrebbe ulteriormente a peggiorare su due fronti: in primo luogo sul fatto gestionale ma quello è appurato, conoscendo la nostra non ottimale struttura per scadenza ; in secondo luogo, sul piano tributario, peggiorando il flusso di cassa, perché andremo a versare dell’IVA non incassata (la nostra naturale condizione di IVA a credito, scaturente dal fatto che prima paghiamo e poi incassiamo, potrebbe trasformarsi in una situazione di un saldo IVA a credito più basso od addirittura di IVA a debito, adottando un regime di IVA ordinaria per competenza/data documento).

IVA per cassa vs IVA ordinaria: struttura incassi/pagamenti ottimale

Parliamo ora invece dei casi in cui risulta sconveniente adottare il regime IVA per cassa ; uno di questi è il caso speculare al precedente: esistenza di una struttura per scadenza ottimale, ovvero di una dilazione fornitore maggiore della dilazione cliente ; si tratta di un business solido, finanziariamente efficiente, di un’ottima programmazione finanziaria come dovrebbe sempre essere (mediamente prima incassiamo e poi paghiamo).

E’ evidente che con questi presupposti, l’IVA per cassa va a peggiorare il saldo IVA e poi il flusso di cassa disponibile: incassando prima andremo a versare l’IVA e pagando dopo, avremo del credito IVA da portare in detrazione ma in un secondo momento ; invece, restando nel regime ordinario, noi potremo recuperare in ogni caso l’IVA sugli acquisti, pur non avendo pagato le fatture fornitore o pur pagandole successivamente, liquidando il tributo per competenza e per data registrazione e comunque non avremo lo stesso problemi nel versare l’IVA a debito per competenza, perché disponendo a monte di un’ottima struttura per scadenza, l’IVA da versare l’avremo molto probabilmente incassata tutta o quasi.

Tuttavia, rispetto al caso precedente, nell’adottare IVA per cassa (anche se meno conveniente), i danni saranno minori poiché, come anticipato, l’IVA da versare l’abbiamo molto probabilmente già incassata, diversamente dalla struttura non ottimale per la quale ci troviamo due problemi, di tensione di liquidità gestionale in assoluto e di saldo IVA a nostro sfavore (se adottiamo IVA ordinaria): detto altrimenti, il caso di struttura ottimale deve risultare solo una valutazione di comodo nel trovarsi più o meno IVA a credito da utilizzare, come discriminante nell’adottare l’uno o l’altro regime, perché lato attivo non siamo assolutamente esposti, avendo uno scadenziario cliente ben impostato (ciò nonostante, seppur minor danno, il consiglio resta di quello di applicare IVA ordinaria in questo caso, poiché si va ad ottimizzare il saldo dell’IVA a credito).

IVA per cassa vs IVA ordinaria: operazioni con IVA non esposta ed altri casi esclusi/da escludere dal perimetro di applicazione

Un’altra fattispecie in cui è sconveniente adottare il regime IVA per cassa è quella in cui sono presenti molte operazioni attive caratterizzate da IVA non esposta in fattura ma soprattutto da IVA non da liquidare in capo al contribuente: si pensi al classico caso del Reverse Charge (con tutte le sue particolarità), al caso di fatturazione verso privati, al caso di fatturazione nei confronti della Pubblica Amministrazione in regime di Split Payment e più in generale a tutte quelle operazioni esenti, non imponibili, per le quali l’IVA non è esposta in fattura e non dovuta.

E’ ovvio che se sul totale delle operazioni attive, i casi citati occupano la quasi totalità o totalità del volume d’affari, l’IVA per cassa è oltremodo sconveniente, perché oltre ad essere esclusa per evidenti ragioni insite e normative (sono i classici casi in cui non si può adottare per la natura dell’operazione), è da escludere perché non porta con sé alcun vantaggio effettivo: l’IVA a debito all’atto dell’incasso non esiste e/o non è applicabile ma di contropartita (cosa più importante), lato passivo, riprendendo un po’ il ragionamento del precedente paragrafo, non avremo ottimizzando il saldo IVA a credito, perché andremo a detrarre IVA solo al momento del pagamento e non subito come succede per IVA ordinaria (che poi ciò a maggior ragione se pensiamo che sul lato attivo non ci interessa affatto, vista la natura delle operazioni attive in essere).

Tradotto in altre parole, è una valutazione sempre di convenienza del saldo IVA a credito: quel credito IVA che scaturisce fin da subito non solo è un credito immediato ma potrebbe essere anche utilizzato per altri scopi, per compensarlo con altri tributi F24 (classico caso dei rimborsi infrannuali IVA ecc…) e portarlo in detrazione/compensazione futura, migliorando così la liquidità disponibile.

Il caso menzionato non solo è correlato direttamente alla particolare natura delle operazioni ma appunto perché c’è una specifica natura IVA delle operazioni in essere, diventa così anche settoriale/merceologico : un primo esempio è il settore edile perché per sua natura e per tipo di operazioni, fattura molto spesso sia nei confronti di privati (ristrutturazioni edilizie private, di tipo abitativo, bonifici fiscali ecc…), sia nei confronti della Pubblica Amministrazione (opere stradali, di pubblica utilità e via dicendo), sia nei confronti di molte altre aziende edili o di settori affini (classici contratti di subappalto, di manutenzione, opere cantieristiche, di completamento di edifici, installazione impianti di vario genere ecc…) e per il settore edile l’IVA per cassa è assolutamente sconveniente perché è strutturalmente a credito IVA, acquistando molto materiale ed altri servizi con IVA esposta al 22% ed emettendo con IVA “ad aliquota zero” ed adottando il cash accounting si troverebbe solo un saldo IVA a credito molto più esiguo (detraendo IVA solo all’atto del pagamento) e non sfruttando a pieno il credito IVA per compensazioni ed altre esigenze future ma anche immediate ; un secondo esempio è il settore alberghiero ed affine il quale per sua natura è strutturalmente a debito IVA, gli incassi lato cliente sono immediati o quasi immediati trattandosi di pasti e soggiorni, la struttura per scadenza è già ottimale di suo ed è chiaro che IVA per cassa non ha ragion d’esistere perché non ottimizza ma anzi peggiora il saldo di IVA a credito (le fatture fornitore hanno una scadenza di 30gg o più, a fronte di incassi immediati) ; quelli presentati sono solo due fattispecie settoriali ma gli esempi possono essere molti di più, quello che è importante capire come IVA per cassa e IVA ordinaria devono essere contestualizzate ed applicate in giusta misura, a seconda della natura dell’operazione, a seconda del settore di riferimento, a seconda della struttura finanziaria, a seconda del saldo IVA e dalle differenti aliquote lato attivo e passivo e più in generale a seconda delle esigenze specifiche, non perdendo mai l’obiettivo finale, ovvero quello di ottimizzare il flusso finanziario tributario e poi anche il flusso di cassa disponibile.

IVA per cassa vs IVA ordinaria: conclusioni

Abbiamo concluso tutto il percorso, esponendo pro e contro nell’adozione del regime IVA per cassa, partendo dal fattore principale, il fattore tempo nella determinazione del tributo, liquidazione e versamento, per passare poi all’esposizione di casi concreti ed applicazioni specifiche, prima descrivendo fattispecie più a favore e poi casistiche meno a favore del cash accounting, argomentando il più possibile ed adottando le migliori strategie per raggiungere l’ottimo nel flusso di cassa tributario, più nello specifico gestione del saldo IVA a credito ed IVA a debito.

Tutto quanto descritto non ha assolutamente la presunzione di coprire ogni caso concreto ed applicazione, anzi si possono aggiungere ulteriori casistiche anche perché possono essere diverse e declinate in vari modi, approfondendo la propria situazione contabile/aziendale ed esigenza personale ; quello che è da sottolineare è il modus operandi ed il tipo di approccio mentale/strategico alla questione sul discriminare la scelta e l’adozione di IVA ordinaria piuttosto che un’IVA per cassa o viceversa.

Per concludere, appunto sull’ultima questione vorrei soffermarmi: la scelta di un regime IVA ordinario o di un regime IVA per cassa dovrebbe essere sempre ragionata, analizzata in termini quantitativi/qualitativi e contestualizzata caso per caso, azienda per azienda, anche proponendo scenari alternativi e impostando modelli/ipotesi che nascono da un’analisi di sensitività, per dire cosa succede se applico IVA ordinaria al posto dell’IVA per cassa nel mio caso? cosa succede se adotto il cash accounting se cambio la mia struttura per scadenza o viceversa? cosa succede se cambio il regime IVA ma nello stesso tempo cambio la mia operatività IVA intesa come natura e differente aliquota nei confronti di altri soggetti prima privati/pubblici o viceversa e via dicendo? (una classica valutazione di costi/benefici, facendo variare nel contempo scenari, variabili e fattori).

E’ proprio questo tutto quello che serve nell’operare la scelta del regime IVA di adottare tuttavia, dalla mia esperienza personale, purtroppo ho notato in diversi casi, soprattutto dal punto di vista del cliente ma in alcuni casi anche lato professionista/consulente ed associazioni di categoria, che non solo non venisse fatta un’analisi di convenienza/valutazione/fattibilità ma venisse applicato tout court il regime IVA ordinario senza alcun ragionamento di fondo, per due ordini di idee: in primo luogo, il regime IVA per cassa è un regime IVA particolare, sconosciuto ai più, soprattutto ai clienti e si è soliti liquidare l’IVA come semplice differenza tra saldo a debito ed a credito, in base alle registrazioni contabili (però questa non deve essere una scusa per non applicare il cash accounting, a maggior ragione se conviene) ; il secondo luogo (questo a mio avviso è ancor più grave), pur conoscendo il regime IVA per cassa e tutte le opzioni in ambito IVA, si adotta il regime IVA ordinario perché è quello di default e lo si fa per convenienza o per pigrizia poiché il cash accouting implica anche la tenuta di un registro incassi/pagamenti o comunque di un dettaglio delle fatture pagate ed incassate per liquidare il tributo ma è un problema subito risolvibile con gli adeguati strumenti informatici/gestionale contabile, anche perché compito del consulente deve essere quello nell’indicare il miglior regime fiscale/contabile per il proprio cliente, ovvero adottare le migliori strategie fiscali e contabili disponibili, al fine di ottimizzare il piano fiscale e non solo ed i flussi finanziari derivanti da essi.

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Michele Carollo
Laureato nel 2014 in Economia e Legislazione d'Impresa presso l'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, nel 2018 ho conseguito un Master in Diritto Tributario presso Euroconference ed un altro in Revisione Legale presso Eutekne. Da alcuni anni collaboro con studi legali e commercialisti, con specializzazione nel settore agricolo. Sempre attento alle tematiche finanziarie, sviluppo il controllo di gestione per le PMI, Controller legge 4/2013, associato AssoController ed IMA®, appassionato di trading e di mercati finanziari.