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Internazionalizzazione di impresa: quali le modalità?

L'internazionalizzazione è il processo attraverso il quale le imprese si aprono a nuovi mercati esteri, instaurando rapporti con altre aziende, consumatori e istituzioni. L'obiettivo è vendere, produrre, acquistare materie prime, o trovare nuove fonti di finanziamento.

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La capacità di crescita di un’impresa dipende, oltre che dalla sua organizzazione interna, anche dalla capacità di operare in mercati diversi rispetto a quello da dove proviene. È in quest’ottica che un numero sempre crescente di imprese italiane si sta affacciando verso mercati esteri. Questa scelta è frutto della consapevolezza di come la via dell’internazionalizzazione sia in grado di condurre l’imprenditore verso crescita, potenziamento della propria competitività sul mercato, aumentando i vantaggi rispetto ai rischi.

L’internazionalizzazione, oggi, è un fattore di crescita e sviluppo importante per la competitività delle imprese nel medio lungo periodo. Tuttavia, quello che noto dalla mia esperienza professionale di consulenza in questo settore è che molti imprenditori non analizzano ancora bene gli scenari.

Molto spesso si pensa che internazionalizzare significa esportare, costituire un’azienda all’estero, avere un ufficio di rappresentanza, senza guardare agli obiettivi che si vogliono raggiungere. Quando si decide di operare in un mercato estero occorre considerare le dimensioni dell’azienda, gli obiettivi da raggiungere, il prodotto o servizio da commercializzare. Tutti questi aspetti spesso vengono tralasciati, considerati poco importanti, ma sono la base di ogni processo di internazionalizzazione. Per questo motivo ho deciso di scrivere questo articolo, dedicandolo alle principali strategie per effettuare un’investimento diretto all’estero. Si tratta del passo fondamentale di ogni processo di internazionalizzazione. Vedremo, in particolare, le principali modalità e strategie per sfruttare al meglio le opportunità offerte dai mercati esteri.

Le attività di impresa all’estero

L’internazionalizzazione, ovvero la tendenza delle imprese al dislocamento della produzione/distribuzione in mercati esteri, può assumere modalità differenti. Le variabili da prendere in considerazione in questo contesto sono:

  • L’ambiente circostante all’impresa;
  • Le caratteristiche aziendali interne.

E’ attraverso lo studio di queste due variabili che l’imprenditore deve valutare le modalità di intervento in Paesi esteri. Inutile dire che questa fase è imprescindibile per l’internazionalizzazione di ogni impresa di medio piccole dimensioni, nonché per le multinazionali. A parte l’ufficio di rappresentanza che, in genere, non consente di svolgere alcuna attività commerciale nel Paese di registrazione, la stabile organizzazione (branch) si pone come la naturale alternativa alla costituzione di una società.

La delocalizzazione dell’impresa all’estero

L’attività di delocalizzazione e/o penetrazione nei mercati esteri può avvenire con diversi strumenti giuridici. Ad ognuno di questi strumenti cui corrisponde un diverso grado di impegno economico ed amministrativo da parte dell’imprenditore nazionale. Le forme giuridiche a disposizione dell’imprenditore che vuole espandersi all’estero possono essere riassunte come di seguito:

  • Ufficio di rappresentanza;
  • Branch o stabile organizzazione;
  • Società di diritto estero.

Queste, ad oggi sono le principali forme con cui si realizza l’internazionalizzazione delle PMI italiane. Vediamo con maggiore dettaglio queste forme di espansione all’estero di un’impresa italiana con particolare riferimento alla possibilità di sfruttare il regime della c.d. “branch exemption” che consente, a determinate condizioni, di esentare da tassazione in Italia dei redditi delle stabili organizzazioni estere. Tale regime, di fatto, porta ad una equiparazione della disciplina fiscale della branch con quella applicabile ad una subsidiary estera. Sono queste, infatti, le implicazioni fiscali principali da valutare in un processo di internazionalizzazione di una PMI.

Senza alcuna pretesa di esaustività andiamo a vedere quali sono le variabili fiscali che possono influire nella predisposizione di un processo di internazionalizzazione di un’impresa residente in Italia.

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Apertura di un’ufficio di rappresentanza

La presenza sul territorio di uno Stato di imprese estere può manifestarsi attraverso la costituzione di uffici di rappresentanza. Nel caso in cui una società intenda operare nel territorio di un Paese estero, senza doversi necessariamente costituire in una delle forme societarie previste dalla legislazione di detto Stato, mantenendo in tal modo la propria identità di soggetto estero e il controllo e la gestione della propria attività commerciale nel Paese d’origine, ha a disposizione il suddetto strumento.

L’ufficio di rappresentanza rappresenta la forma operativa più semplice da implementare ed è utilizzata soprattutto nei casi in cui la società estera intenda promuovere i prodotti, l’attività o i servizi direttamente in loco, con bassi costi di costituzione e gestione e senza acquisire una soggettività tributaria in detto Stato. Inoltre, l’ufficio di rappresentanza può essere utilizzato dall’impresa estera per stabilire un “primo contatto” con il territorio, al fine di un successivo insediamento mediante stabile organizzazione o società.

Caratteristiche

Schematicamente possiamo affermare che:

  • L’ufficio svolge esclusivamente compiti preparatori dell’attività economica vera e propria, di carattere promozionale oppure informativo;
  • Una struttura del genere non possiede una propria identità giuridica distinta dalla casa madre e nemmeno una propria soggettività tributaria. La stessa rappresenta quindi un mero centro di costo;
  • Attraverso l’ufficio di rappresentanza non può essere esercitata alcuna attività commerciale oppure industriale. Pena il rischio dell’acquisto di un’autonoma soggettività tributaria al pari degli altri soggetti di seguito analizzati.

È una soluzione che richiede investimenti nettamente inferiori se comparati ad una stabile organizzazione e consente di svolgere attività promozionali, analisi di mercato, ricerca di clienti/fornitori e raccolta d’informazioni preziose. Inoltre, l’ufficio di rappresentazione non sconta alcuna tassazione estera, in quanto con l’ufficio non puoi non puoi esercitare alcuna attività di tipo gestionale, industriale o commerciale.

Chi opera nell’ufficio di rappresentanza non può, in alcun modo, chiudere contratti di vendita per conto della casa madre (pena l’identificazione come stabile organizzazione occulta dell’azienda, con previsione di fattispecie sanzionatorie importanti).

Ufficio di rappresentanza nel modello OCSE

La normativa italiana non contiene una definizione espressa di ufficio di rappresentanza: a tal proposito, si rinvia a quanto disposto dal Modello OCSE di Convenzione contro le doppie imposizioni. Si considera ufficio di rappresentanza una sede fissa che svolga funzioni meramente ed esclusivamente promozionali e pubblicitarie, di raccolta di informazioni, di ricerca scientifica o di mercato.

Esso, quindi, deve avere esclusivamente una funzione ausiliaria e/o ancillare ovvero prodromica e/o preparatoria alla penetrazione dell’impresa straniera sul mercato di riferimento, (ad esempio, la sola esposizione, acquisto e deposito di beni, raccolta di informazioni, pubblicità, ricerca) non potendo svolgere attività di produzione o di vendita che porterebbero a qualificarlo quale stabile organizzazione.

In sostanza, l’ufficio di rappresentanza costituisce un centro di costo il cui responsabile non ha alcun potere gestionale o di impegnare la società di fronte ai terzi. Questo significa che l’ufficio di rappresentanza non produce alcun reddito, ed i suoi costi sono interamente deducibili per l’impresa madre. Inoltre, esso non è obbligato alla tenuta dei libri sociali né alla presentazione di bilanci o dichiarazioni dei redditi. Tuttavia, esso è soggetto all’obbligo di tenuta della contabilità ordinaria per la documentazione dei costi e delle spese sostenute (es. personale, cespiti, etc). Tutti costi coperti finanziariamente dalla casa madre.

Ufficio di rappresentanza in Italia per entità estere

Guardando all’Italia, l’apertura di un ufficio di rappresentanza è soggetta agli obblighi sopra indicati. Inoltre, è necessaria la denuncia al cd. “REA” (Repertorio delle notizie economiche e amministrative) competente in base al luogo dove si costituisce detto ufficio. Con riferimento all’assunzione di personale da parte dell’ufficio di rappresentanza, è necessario seguire le procedure e comunicazioni ordinarie verso gli enti preposti, anche in riferimento agli obblighi fiscali e previdenziali connessi al rapporto di lavoro subordinato.

Significativa rilevanza avranno gli effettivi ruoli e funzioni svolti dal suddetto personale in caso di eventuale verifica da parte dell’Amministrazione finanziaria, diretta a far emergere l’esercizio (celato) in Italia di un’attività commerciale per conto della società non residente.

Il responsabile dell’ufficio di rappresentanza

Nella costituzione di un processo di internazionalizzazione attraverso la costituzione di un ufficio di rappresentanza all’estero, ruolo fondamentale è quello del responsabile dell’ufficio.

Questi ha il compito di preparare il terreno per l’avvicinamento di due diverse culture, oltre a trasmettere informazioni alla casa madre. L’aspetto fondamentale di questa figura è che essa non può avere alcun potere decisionale in merito alle scelte aziendali e non può avere il potere di rappresentare l’azienda nei confronti di terzi. Il responsabile è esclusivamente un esecutore ed un coordinatore dell’attività ausiliaria e preparatoria dell’impresa in quello stato.

Aspetti legati alla fatturazione con l’ufficio di rappresentanza

L’ufficio di rappresentanza rappresenta, da un punto di vista contabile, come un centro di costo. Il costo di gestione di questo ufficio è deducibile da parte della casa madre e non è sottoposto ad alcun carico fiscale, in quanto l’ufficio di rappresentanza non può produrre reddito.

Se all’ufficio di rappresentanza viene chiesto di svolgere anche attività commerciale o produttiva, dovrà essere riconsiderato come una succursale, quindi come un soggetto giuridico o stabile organizzazione presente su un territorio straniero.

La costituzione di una stabile organizzazione

La presenza su territorio estero da parte di un’impresa può concretizzarsi con la costituzione di una stabile organizzazione. La nozione di “stabile organizzazione” è pressoché universalmente accolta quale presupposto per l’imposizione di un’attività economica svolta da un soggetto in un Paese diverso da quello di residenza della casa-madre.

Il rilievo attribuito all’individuazione della sussistenza di una stabile organizzazione scaturisce dalla necessità di ogni Stato di determinare i criteri su cui fondare l’esercizio della potestà impositiva sul reddito d’impresa, conseguito da un soggetto non residente nel territorio dello Stato medesimo.

L’art. 162 del DPR n. 917/1986 (“TUIR”) definisce stabile organizzazione:

“ (…) una sede fissa di affari per mezzo della quale l’impresa non residente esercita in tutto o
in parte la sua attività sul territorio”

La definizione di stabile organizzazione prevista dall’ordinamento interno non si discosta significativamente da quella convenzionale di cui all’art. 5 del Modello OCSE. La stabile organizzazione implica, in primo luogo, la presenza di una “sede di affari” in presenza (a qualsiasi titolo) di locali, immobili o macchinari, impianti e attrezzature varie per lo svolgimento dell’attività di impresa.

Una sede di affari è configurabile anche nel caso in cui non vi siano locali a disposizione per lo svolgimento di un’attività di impresa, ma l’impresa disponga solamente di un certo spazio. Tale requisito è soddisfatto qualora la sede sia a disposizione dell’impresa estera (“power of disposition test” o “right of use test”), mentre non rileva il titolo in base al quale l’impresa ne abbia la disponibilità. Una stabile organizzazione può configurarsi anche qualora la sede di affari non sia di proprietà dell’impresa, né sia dalla stessa detenuta in base a un contratto di locazione (principio della “prevalenza della sostanza sulla forma”).

Caratteristiche

Schematicamente, è possibile riassumere le caratteristiche fondamentali della stabile organizzazione nelle seguenti:

  • La stabile organizzazione viene definita come una sede fissa di affari in cui l’impresa esercita in tutto o in parte la sua attività“;
  • Il Commentario al Modello di Convenzione OCSE fornisce alcuni importanti chiarimenti:
    • Il termine “sede di affari” va inteso in senso ampio. Esso comprende immobili, attrezzature e installazioni utilizzati – anche non in forma esclusiva – per lo svolgimento dell’attività dell’impresa. Non è necessario che gli immobili siano di proprietà del soggetto estero, per configurare una stabile organizzazione, essendo sufficiente – a tal fine – che lo stesso ne abbia la mera disponibilità;
    • La sede di affari deve essere “fissa“, cioè deve possedere una connessione di carattere permanente con il territorio dove risiede. Secondo il Commentario la permanenza nel territorio straniero può essere anche per breve periodo, ma deve concretizzare un certo grado di permanenza in ragione della specifica attività esercitata.

Esempi di stabile organizzazione

A titolo esemplificativo, possono essere considerate possibili branch o stabili organizzazioni, le seguenti.

Per esempio, in Belgio il concetto include anche un magazzino ove vengono depositate le merci. In Francia, diversamente, il concetto include un ciclo completo di attività economiche (in assenza di locali per lo svolgimento dell’attività o di un agente), o, in caso di applicazione di trattato, tutto ciò che possa essere definito come stabile organizzazione secondo il trattato in questione.

Secondo le leggi interne dei differenti Stati, il concetto di stabile organizzazione viene definito solo in pochi Stati (la Germania, i Paesi Bassi, l’Austria e l’Italia). In questi Stati i redditi d’impresa di un soggetto non residente possono essere ivi tassati solo se si verificano le condizioni per configurare l’esistenza di una stabile organizzazione così come stabilito dalle norme interne. Gli Stati Uniti fanno parte del novero di Stati che non hanno una definizione domestica di stabile organizzazione. Tutto ciò che costituisce commercio e attività economica negli Stati Uniti è ivi tassabile.

La stabilità della sede di affari

La caratteristica della fissità della sede di affari va considerata con riferimento sia all’elemento temporale sia all’elemento spaziale. Dal punto di vista temporale, è necessaria la sussistenza di un elemento soggettivo (la volontà di costituire una sede permanente, indipendentemente dall’effettiva durata della stessa) oppure di un elemento oggettivo (l’effettiva permanenza). Non è necessario che l’attrezzatura, che costituisce la sede di affari, risulti fissa al suolo sul quale poggia, essendo sufficiente la permanenza della stessa in un determinato luogo.

Con riguardo al requisito della fissità dal punto di vista spaziale, si deve ritenere che sussista un’unica sede di affari allorquando, alla luce dell’attività svolta dall’impresa, sia identificabile un determinato spazio che possa considerarsi unico, sia sotto il profilo geografico che da un punto di vista economico/funzionale, malgrado l’attività di affari venga svolta in più luoghi.

Se il comma 2 dell’art. 162 del TUIR indica talune ipotesi specifiche qualificabili come stabile organizzazione, il comma 4 dell’art. 162 del TUIR individua i casi che non configurano una stabile organizzazione, anche qualora si riscontri l’esistenza di una sede fissa di affari, in quanto trattasi di attività caratterizzate da un profilo meramente preparatorio o ausiliario.

Le diverse forme di stabile organizzazione

Il tratto distintivo della stabile organizzazione materiale” si sostanzia nella presenza di una infrastruttura stabile, per il tramite della quale viene svolta l’attività di impresa all’estero. Una diversa figura di stabile organizzazione cd. “personale” può configurarsi nel caso in cui l’impresa si avvalga di un agente dipendente all’estero. I commi 6 e 7 dell’art. 162 del TUIR contengono la disciplina italiana della stabile organizzazione personale.

Il comma 6 illustra la figura dell’agente dipendente che si concretizza allorquando una persona, diversa da un agente che goda di uno status indipendente operi in maniera abituale in un diverso Paese in nome di una impresa residente nell’altro Stato, ed ivi eserciti il potere di concludere contratti che vincolano giuridicamente la predetta entità.

Il comma 7 individua, invece, la nozione di agente indipendente. In particolare, la previsione sancisce che “non costituisce stabile organizzazione non residente il solo fatto che essa eserciti nel territorio dello Stato la propria attività per mezzo di un mediatore, di un commissionario generale, o di altro intermediario che goda di uno status indipendente, a condizione che dette persone agiscano nell’ambito della loro ordinaria attività”.

Tassazione della stabile organizzazione

Da un punto di vista tributario, la stabile organizzazione costituisce un autonomo soggetto d’imposta nel paese dove risiede ed è fiscalmente trasparente nei confronti della casa madre. In altre parole, la tassazione dei proventi percepiti dalla branch estera ha luogo:

  • Prima, nel paese di residenza della stabile organizzazione, e
  • Successivamente – per lo stesso reddito – anche in capo alla casa madre (articolo 14 del DPR n. 600/73), generando potenziali fenomeni di doppia imposizione.

Questo fenomeno, legato alla doppia imposizione giuridica del reddito viene risolto, come previsto dal modello di Convenzione OCSE e dall’art. 165 del TUIR, attraverso l’applicazione del credito per imposte estere. In alternativa a questa modalità di tassazione è possibile usufruire dell’opzione per la c.d. “branch exemption“, che consente di tassare i proventi delle branch estere esclusivamente nello stato ove il reddito è stato generato (e non anche nello stato di residenza della casa madre).

Principio della forza di attrazione

I profitti generati dalla stabile organizzazione vengono, in genere, assoggettati a tassazione secondo le stesse regole applicabili ai soggetti residenti. Si deve notare che, in alcuni Stati, tutti i redditi derivanti da fonti presenti in tale Stato sono presunti derivare dalla branch  anche nel caso in cui non vi sia alcuna connessione economica o commerciale. Si parla, in questo caso, di “principio della forza di attrazione“. Quando si applica il principio della forza di attrazione alcuni profitti possono essere assoggettati a tassazione nello Stato estero della fonte sulla base della legge nazionale dello Stato coinvolto; può trattarsi, nello specifico, di:

  • Profitti derivanti da vendite effettuate attraverso il settore commerciale presente nello Stato della fonte;
  • Profitti derivanti da tutte le vendite nello Stato della fonte (anche se parzialmente generate attraverso il settore commerciale della casa madre); e
  • Tutti i redditi derivanti dallo Stato della fonte tra cui i redditi da investimento non connessi all’attività di vendita (forza di attrazione).

Bisogna notare che, secondo i trattati, l’applicazione del principio della forza di attrazione è proibito. In generale, nella maggior parte degli Stati, ai fini fiscali la stabile organizzazione è presunta essere un’impresa separata con una propria contabilità.

Ai fini legali, tuttavia, la stabile organizzazione non è una società o una persona giuridica; costituisce semplicemente la presenza fisica della società  straniera nello Stato della fonte. Generalmente, solo i profitti attribuibili alla stabile organizzazione sono tassabili nello Stato della fonte e la base imponibile rilevante ai fini della tassazione sarà quella rilevabile dalle scritture contabili.

Per approfondire: “Stabile organizzazione o controllata estera?“.

Pianificazione fiscale

Il concetto della stabile organizzazione può essere utilizzato anche ai fini della pianificazione fiscale. Si assuma il caso che, secondo le leggi interne dello Stato della fonte, non si configuri la presenza di una stabile organizzazione, mentre si può configurare l’esistenza di una stabile organizzazione in applicazione di un trattato contro le doppie imposizioni. 

In questo caso, c’è la possibilità di evitare la tassazione nello Stato ove è presente la stabile organizzazione e, tuttavia, secondo il trattato, ottenere un’esenzione per i profitti della stabile organizzazione nello Stato di residenza dell’impresa. Ne consegue che i profitti della stabile organizzazione non sono per nulla tassati.

Tuttavia, ciò funziona unicamente se il metodo di eliminazione della doppia imposizione sia riconosciuto nella forma dell’esenzione dei profitti della stabile organizzazione nello Stato di residenza. Se il metodo di eliminazione della doppia imposizione è applicato nella forma di credito per le imposte estere nello Stato della residenza, non vi è nessun vantaggio in quanto l’imposta pagata all’estero sarebbe zero.

La costituzione di una società all’estero

La costituzione di una società, giuridicamente separata dalla casa madre, rappresenta la modalità più completa di insediamento all’estero. I processi di espansione oltre frontiera delle imprese multinazionali sono stati influenzati da notevoli cambiamenti nell’ultimo ventennio, sia riguardo ai volumi di transazioni sia sul fronte della natura dei contratti. Di conseguenza, anche la struttura delle imprese si è dovuta adeguare alle mutate condizioni del mercato, divenendo più flessibile ed assumendo una dimensione più “globale” dal punto di vista dell’organizzazione della value chain.

Generalmente, nell’ambito dei gruppi multinazionali, l’autonomia giuridica delle singole legal entities, spesso localizzate nel territorio di più Stati, che compongono il gruppo (holding capogruppo compresa) comporta, in ottica organizzativa e funzionale, che ciascuna società tende ad assumere un ruolo ben preciso (cd. “specializzazione delle società”).

Le imprese sostanzialmente decidono quali attività della catena del valore esternalizzare o internalizzare all’interno del gruppo e anche dove localizzarle. La localizzazione all’estero spesso si colloca nell’ambito di un più ampio progetto di internazionalizzazione delle attività produttive attraverso la ricerca di sempre maggiori economie di scala, di sfruttamento del know-how acquisito nel Paese di origine (con la protezione delle fonti del vantaggio competitivo), del controllo diretto sulle specifiche fasi del ciclo operativo, del trasferimento di innovazioni già sperimentate in altri Paesi, ecc.

Vantaggi e svantaggi

Prescindendo da considerazioni tributarie, vale la pena di sottolineare che la società di diritto locale, essendo soggetto diverso dalla società controllante, è l’unica chiamata a rispondere di eventuali responsabilità derivanti dalla propria condotta. Detto questo, sempre in modo molto schematico è possibile individuare le principali criticità riguardanti questa modalità di internazionalizzazione. In particolare, le seguenti:

  • Le problematiche inerenti l’esterovestizione societaria, qualora non vengano rispettate le disposizioni di cui all’art. 73 del TUIR, ma soprattutto la presunzione legale relativa di residenza fiscale in Italia di società estere contenuta nel comma 3-bis dello stesso art. 73;
  • L’asservimento della società estera alla casa madre italiana;
  • Se la società estera effettua servizi infragruppo e la tassazione è inferiore alla metà, la controllante potrebbe essere tassata per trasparenza (“disciplina CFC“), di cui all’art. 167 del TUIR;
  • L’assoggettabilità alla disciplina del transfer pricing se esiste un rapporto di controllo tra le due società se queste intrattengono rapporti economici reciproci.

Allo stesso modo è possibile individuare come un vantaggio la possibilità di

Rimpatrio alla casa madre delle risorse della subsidiary

Il rimpatrio è possibile mediante:

  • La distribuzione di dividendi. La distribuzione di dividendi tra società di capitali all’interno dell’Unione europea:
    • Non prevede ritenute in uscita;
    • I dividendi percepiti sono tassati sul 5%.
    • Diversamente, in ipotesi di società extra-UE è necessario analizzare la Convenzione con il paese di riferimento per verificare le ritenute in uscita;
  • Il finanziamento fruttifero del soggetto estero che corrisponde interessi alla casa madre. In tale ipotesi, se la società risiede nell’UE:
    • Non ci sono ritenute in uscita;
    • Gli interessi attivi percepiti concorrono a formare il reddito d’impresa.
    • Diversamente, in ipotesi di società extra-UE è necessario analizzare la Convenzione con il paese di riferimento per verificare le ritenute in uscita.
  • Il pagamento di royalties al soggetto italiano per l’uso del marchio. In tale ipotesi, se la società risiede nell’UE:
    • Non ci sono ritenute in uscita;
    • Le royalties percepite concorrono a formare il reddito d’impresa.
    • Diversamente, in ipotesi di società extra-UE è necessario analizzare la Convenzione con il paese di riferimento per verificare le ritenute in uscita.

Tassazione

I profitti di una società sussidiaria (come di altre società con personalità giuridica) sono generalmente calcolati e assoggettati a tassazione separatamente rispetto alle posizioni dei singoli soci, che possono essere persone fisiche o società. La tassazione viene applicata secondo il regime previsto per la tassazione del reddito delle persone giuridiche. Nella maggior parte degli Stati, l’imposta sul reddito delle persone giuridiche evidenzia degli elementi di distinzione rispetto al regime di tassazione delle persone fisiche.

Le differenze più rilevanti sono il fatto che l’imposta sul reddito delle persone giuridiche è applicata con aliquote proporzionali e non progressive, sebbene si possa prevedere l’applicazione di aliquote diverse in base alla dimensione delle società o perseguendo la finalità o meno di incoraggiare la distribuzione di utili. Non vengono, inoltre, riconosciute deduzioni e detrazioni.

Doppia imposizione economica

Se gli utili della società sussidiaria vengono distribuiti ai soci sotto forma di dividendi, e questi dividendi vengono inclusi nella base imponibile tassabile del socio, generalmente vengono di nuovo assoggettati alla tassazione delle persone fisiche o giuridiche, in base alle caratteristiche soggettive del socio. Questo fenomeno è denominato doppia imposizione economica.

Se il socio è una persona giuridica, è possibile che si verifichi anche un fenomeno di tripla tassazione economica, in quanto la società intermedia che riceve i dividendi potrà prima o poi distribuire i dividendi ai propri soci persone fisiche. La doppia imposizione economica viene generalmente considerata un serio ostacolo al libero movimento degli investimenti privati; le conseguenze fiscali possono diventare ulteriormente negative nel caso di situazioni internazionali, ovvero quando la società distribuente e il socio percipiente non sono residenti dello stesso Stato.

La doppia imposizione economica può essere evitata o limitata nell’ambito del sistema di tassazione delle società di capitali di uno Stato, al livello della società distribuente o al livello del socio percipiente i dividendi. In quest’ultimo caso può esservi il riconoscimento della trasparenza fiscale del soggetto persona giuridica.

Un esempio di tale fattispecie è la S-Corporation  statunitense che, pur essendo una società di capitali, viene trattata come fiscalmente trasparente. L’effettivo trattamento fiscale dipende dal rapporto che sussiste fra la tassazione sul reddito delle persone giuridiche e sul reddito delle persone fisiche esistente in una certa giurisdizione.


Come individuare il migliore struttura per l’internazionalizzazione?

I fattori da considerare nella scelta di come operare all’estero sono molteplici, tra cui:

  • Da un punto di vista strettamente tributario, uno dei principali fattori da considerare è l’aspettativa di reddito;
  • La mancata soggettività giuridica – ancorché non tributaria – della branch o stabile organizzazione comporta che gli utili e le perdite conseguite dalla stessa vengano direttamente imputate alla casa madre amplificandone i risultati.

Tale scelta (branch) può risultare appropriata, di conseguenza, se si prevede che l’attività all’estero possa generare delle perdite le quali, in questa situazione, verrebbero compensate con gli utili della casa madre. Diversamente, nel caso di aspettative di reddito positive, l’utilizzo di società di diritto locale può risultare conveniente in quanto i risultati positivi verrebbero tassati:

  • Nello Stato estero con l’aliquota locale, spesso minore rispetto a quella italiana;
  • In Italia solo in caso di distribuzione del dividendo (generalmente limitatamente al 5%).

Questo aspetto deve essere rivisto, come già anticipato, alla luce del regime di branch exemption, regime di cui all’articolo 168-ter del DPR n. 917/86. (a cui ti rimando).

Tassazioni a confronto tra branch estera e subsidiary

Il reddito della branch o stabile organizzazione viene ordinariamente tassato in capo alla società italiana che poi concede un credito a fronte delle imposte scontate all’estero. Vediamo cosa succede confrontando la tassazione di una stabile organizzazione e di una società di diritto locale aperte in uno stato estero da una casa madre italiana.

STATO ESTERO “X”TASSAZIONE BRANCHTASSAZIONE SUBSIDIARY
UTILE ANTE IMPOSTE1.0001.000
IMPOSTA ESTERA 19%190190
UTILE NETTO810810
TASSAZIONE CASA MADREBRANCHSUBSIDIARY
REDDITO810
IRES 24%194
CREDITO PER IMPOSTE ESTERE190
IRES NETTA4
UTILI RIMPATRIATI810810
IMPONIBILE 5%41
IRES 24%10
RIEPILOGO TASSAZIONEBRANCHSUBSIDIARY
TASSAZIONE COMPLESSIVA194200

Vediamo adesso lo stesso esempio nel caso in cui l’identificazione all’estero della casa madre consegua una perdita d’esercizio.

STATO ESTERO “X”TASSAZIONE BRANCHTASSAZIONE SUBSIDIARY
PERDITA– 1.000– 1.000
IMPOSTA 19%
UTILE NETTO
TASSAZIONE CASA MADREBRANCHCASA MADRE
REDDITO-1.000
REDDITO ITALIA2.0002.000
REDDITO COMPLESSIVO1.0002.000
IRES 24%240480
CREDITO DI IMPOSTA
IRES NETTA240480
RIEPILOGO TASSAZIONEBRANCHSUBSIDIARY
TASSAZIONE COMPLESSIVA240480

Internazionalizzazione: i vantaggi della branch exemption

L’art. 168-ter de DPR n. 917/86 contiene una particolare disciplina opzionale (c.d. “branch_exemption“) secondo la quale le aziende residenti fiscalmente in Italia hanno la possibilità di optare per l’esenzione dalla base imponibile domestica del reddito derivante dalle stabili organizzazioni estere. In buona sostanza, il regime fiscale in commento prevede che un’impresa residente nel territorio dello stato possa optare, rispettando determinate condizioni, per l’esenzione degli utili e delle perdite attribuibili a tutte le stabili organizzazioni presenti all’estero. L’opzione in commento (da notare) è irrevocabile e deve essere esercitata nel momento della costituzione della stabile organizzazione (e non successivamente).

Il principio “all in all out” è però strettamente collegato al concetto di stabile organizzazione la cui definizione è rintracciabile nelle convenzioni contro le doppie imposizioni ratificate dal nostro Paese e, a livello domestico, nell’articolo 162 del DPR n. 917/86.

Il regime in commento non rappresenta di un’agevolazione, ma un istituto che ha una ratio, l’eliminazione della doppia imposizione internazionale sui redditi esteri percepiti dalle stabili organizzazioni. In questo modo, infatti, gli investimenti effettuati all’estero sono tassati soltanto nel Paese della fonte del reddito, favorendo, quindi, l’internazionalizzazione delle imprese all’estero. L’opzione è irrevocabile, da esercitare al momento della costituzione della stabile organizzazione, con effetto dal medesimo periodo d’imposta. Ai fini dell’applicazione delle disposizioni di cui all’articolo 165 e 168-ter del DPR n. 917/86, l’impresa residente nel territorio dello Stato può interpellare l’Agenzia delle Entrate, ai sensi dell’articolo 11, comma 1, lettera a), della Legge n. 212/2000, “in merito alla sussistenza di una stabile organizzazione all’estero, da valutarsi anche in base ai criteri previsti da accordi internazionali contro le doppie imposizioni, ove in vigore“.

Elementi essenziali della branch exemption

Vediamo, quindi, quali sono le caratteristiche del regime della branch exemption.

  • Natura opzionale. Per applicare il regime è necessaria una scelta vincolante da parte del soggetto passivo;
  • Natura generalizzata. Riguarda tutte le stabili organizzazioni che un soggetto italiano possiede all’estero. La generalità dell’opzione deve essere valutata con riferimento alla singola azienda (anche se la stessa fa parte di un gruppo);
  • Immediatezza. L’opzione deve essere esercitata al momento della costituzione della stabile organizzazione estera. Al momento della presentazione della dichiarazione dei redditi. Al momento della costituzione della prima stabile organizzazione, se presento l’opzione, questa è valida anche per tutte le successive stabili organizzazioni. Se al momento della nasciata della stabile organizzazione l’impresa non esercita l’opzione, non potrà farlo successivamente. L’opzione ha effetto dal medesimo regime di imposta;
  • Irrevocabilità della scelta. L’opzione, una volta entrata in vigore, non può essere revocata.

Per le stabili organizzazioni che si trovano in Paesi Black List, opera un regime particolare. Non si applica l’esenzione, ma si applica la disciplina c.d CFC.

Possono esercitare l’opzione per la branch exemption tutti i soggetti passivi di imposta residenti fiscalmente in Italia. Una stabile organizzazione di un soggetto estero in Italia, ad esempio, non può applicare questo regime (in quanto non si tratta di un soggetto passivo di imposta italiano). Il problema di questo regime fiscale è che la scelta da parte dell’impresa avviene “al buio“, non essendo possibile prevedere cosa succederà quando in futuro verranno costituite successive stabili organizzazioni estere.

Recapture delle perdite fiscali pregresse

Se nei cinque periodi d’imposta antecedenti a quello in cui ha effetto l’opzione, l’impresa ha utilizzato perdite fiscali prodotte dalla sua stabile organizzazione all’estero, i redditi imponibili realizzati dalla medesima branch nei periodi d’imposta successivi sono tassati in capo alla casa madre italiana sino al totale riassorbimento delle medesime perdite (recapture).

Ai fini del punto precedente rileva l’ammontare netto delle perdite fiscali conseguite dalla stabile organizzazione nei cinque periodi d’imposta antecedenti a quello in cui ha effetto l’opzione per la branch exemption e tali perdite si considerano utilizzate quando hanno compensato in tutto o in parte il reddito imponibile della casa madre italiana oppure sono state trasferite all’eventuale consolidato nazionale cui la stessa appartiene.

In caso di perdite fiscali pregresse conseguite sia dalla casa madre italiana sia dalla branch esente, quelle di quest’ultima si considerano proporzionalmente utilizzate. Ai fini del riassorbimento del recapture le perdite fiscali nette pregresse compensano per l’intero importo i redditi imponibili futuri della branch esente. Le eventuali perdite fiscali conseguite dalla medesima branch in vigenza dell’opzione non hanno alcuna rilevanza. Il recapture va calcolato per singolo Stato o territorio estero.

Branch exemption: i vantaggi per l’internazionalizzazione delle PMI

Riepiloghiamo, brevemente, di seguito quali possono essere le principali opportunità connesse all’esercizio del regime della branch exemption sulle stabili organizzazioni estere:

  • Eliminazione del problema di esterovestizione connessa alla subsidiary estere e che non riguarda (generalmente) le branch;
  • Potere direttivo dall’Italia sulla stabile organizzazione estera;
  • Opportunità di attrarre investimenti stranieri.

Esempi di tassazione con applicazione della branch exemption

Riprendiamo adesso gli esempi di tassazione visti in precedenza con l’applicazione della branch exemption.

STATO ESTERO “X”TASSAZIONE BRANCHTASSAZIONE SUBSIDIARY
UTILE ANTE IMPOSTE1.0001.000
IMPOSTA ESTERA 19%190190
UTILE NETTO810810
TASSAZIONE CASA MADREBRANCHSUBSIDIARY
REDDITO
IRES 24%
CREDITO PER IMPOSTE ESTERE
IRES NETTA
REDDITO CASA MADRE1.0001.000
IRES 24%240240

Vediamo adesso lo stesso esempio nel caso in cui l’identificazione all’estero della casa madre consegua una perdita d’esercizio con regime branch exemption.

STATO ESTERO “X”TASSAZIONE BRANCHTASSAZIONE SUBSIDIARY
PERDITA– 1.000– 1.000
IMPOSTA 19%
UTILE NETTO
TASSAZIONE CASA MADREBRANCHSUBSIDIARY
REDDITO
IRES 24%
CREDITO PER IMPOSTE ESTERE
IRES NETTA
REDDITO CASA MADRE1.0001.000
IRES 24%240240

Il trasferimento di attivo dalla branch alla casa madre

Un ultimo aspetto da tenere in considerazione sul regime della branch exemption riguarda il trasferimento di attivo dalla branch estera su cui è applicato il regime della branch exemption alla casa madre.

Sul punto, l’art. 166 del DPR n. 917/86 prevede che tra le operazioni che danno luogo all’emersione di plusvalenze, vi sia il trasferimento di attivi da una stabile organizzazione estera alla quale si applica la branch exemption. In questo caso, al momento del trasferimento alla casa madre i beni in entrata sono valorizzati ai fini fiscali con il criterio del valore di mercato.

Risposta ad interpello 18/E/2022: come verificare la presenza di una stabile organizzazione all’estero?

L’Agenzia delle Entrate, con la risposta ad interpello n. 18/E/2022 ha fornito chiarimenti in merito alla verifica dei requisiti necessari per poter considerare un insediamento all’estero come stabile organizzazione, al fine di poter applicare la disciplina della branch exemption, di cui all’art. 168-ter del TUIR.

Il quesito è posto da una società italiana che svolge attività di produzione di apparecchiature elettriche ed elettroniche per il mercato italiano ed internazionale. Attraverso la partecipazione ad una gara d’appalto indetta da una società estera che distribuisce energia elettrica e acqua nel proprio Paese. La partecipazione alla gara richiede la costituzione di una stabile organizzazione nel Paese (cosa che rappresenta anche un plusvalore per espandere l’attività nel Paese estero).

L’aspetto interessante è che l’istante descrive il progetto ed il suo insediamento nel Paese estero. In particolare, in una prima fase l’instante si occuperà di misurare i cavi ad alta tensione, in seconda fase vi è il monitoraggio di scariche parziali su altri cavi ad alta tensione, mentre la terza fase riguarda la formazione di personale del soggetto committente (società estera). A questo scopo, la società italiana ha stipulato un contratto di locazione (per tredici mesi) di un immobile che costituirà la sede d’affari della società nel Paese estero.

L’Agenzia delle Entrate, risponde con parere positivo, al quesito della società istante in merito alla sussistenza di una stabile organizzazione estera. L’Agenzia prende a riferimento per la risposta il paragrafo 2.4 del Provvedimento del Direttore dell’Agenzia del 28 agosto 2017, n. 165138. Si tratta del documento che individua la definizione delle modalità applicative del regime della branch exemption (ex art. 168-ter del TUIR). Tale documento afferma che:

L’opzione è efficace a condizione che sia configurabile una stabile organizzazione nello Stato estero di localizzazione ai sensi della Convenzione contro le doppie imposizioni tra quest’ultimo e l’Italia, ove in vigore, ovvero, in mancanza di una Convenzione, dei criteri di configurazione della stabile organizzazione dettati dall’articolo 162 del TUIR, a meno che, in ogni caso, lo Stato estero non ravvisi l’esistenza di una stabile organizzazione ai sensi della sua legislazione domestica”.

Convenzione contro le doppie imposizioni

Nel caso in esame, l’Italia ha in vigore una Convenzione contro le doppie imposizioni con lo Stato estero. Per quanto riguarda la definizione in esso contenuta di stabile organizzazione, questa ricalca quella del Modello OCSE (versione 2014), i cui presupposti essenziali, letti anche alla luce del Commentario all’articolo 5, possono sintetizzarsi in:

Esistenza della sede d’affari

il requisito è integrato nella misura in cui l’impresa abbia a disposizione un certo spazio, indipendentemente dal titolo giuridico in virtù del quale ne disponga, purché abbia il potere di utilizzarlo per svolgervi attività imprenditoriale. In merito, l’istante esibisce documentazione da cui si evince la disponibilità di un immobile come sede d’affari della struttura estera e di un magazzino, condotto in locazione, per il deposito della strumentazione;

Fissità spaziale e temporale della sede d’affari

Implica che la sede d’affari sia fissa e cioè sia stabilita in un determinato luogo con un certo grado di permanenza. Al riguardo, si osserva che il contratto di locazione della sede d’affari ha una durata di tredici mesi, dal 1° gennaio 20xx al 31 gennaio 20xx, a dimostrazione di una presenza stabile anche dal punto di vista temporale. Inoltre, il contratto concluso con il committente decorre dal xx luglio 20xx fino al completamento dei lavori fissato al xx gennaio 20xx, ad attestare una certa continuità della presenza all’estero.

Svolgimento dell’attività d’impresa della casa madre in tutto o in parte per mezzo della sede fissa d’affari

Affinché l’insediamento estero sia considerato stabile organizzazione, è necessario che l’impresa non residente svolga una parte significativa della propria attività economica attraverso la sede stessa. Inoltre, l’attività posta in essere dalla sede estera non deve consistere in una di quelle elencate nel paragrafo 3 della Convenzione, caratterizzate dall’apporto scarsamente significativo all’attività d’impresa della casa madre.

Resta inteso, prosegue l’Agenzia che, ai fini dell’esercizio della branch exemption, è necessario che anche l’Amministrazione finanziaria estera ravvisi l’esistenza di una stabile organizzazione come autonomo soggetto fiscalmente rilevante assoggettato a
imposizione in base alla normativa domestica.

Investimento internazionale: consigli

Quando un imprenditore italiano decide di affacciarsi al mercato estero lo può fare con rapporti commerciali, quali import e export, oppure avviando la sua attività nel paese che gli interessa, quindi stabilendosi all’estero (sul punto la nostra guida per trasferirsi all’estero).

Avviare un investimento internazionale non è facile, prevede infatti un’analisi accurata che prenda in considerazione fattori socio-economici, variabili giuridiche e variabili fiscali.

Le variabili giuridiche e quelle fiscali sono determinanti nella scelta del tipo di struttura giuridica da utilizzare. Prima di iniziare il percorso di internazionalizzazione è quindi necessario pianificare gli investimenti e gli strumenti di radicamento sul territorio dello stato estero prescelto. Tra le analisi da effettuare quando si vuole effettuare un investimento internazionale, importante è anche la valutazione delle variabili strategiche. Per cui è necessario che un imprenditore scelga bene il settore aziendale e incrociarlo con il Paese estero di riferimento, la durata dell’insediamento fuori dai confini italiani e il collegamento con la casa madre in Italia. Dal connubio di questi elementi si possono evidenziare delle linee di comportamento importanti per avviare un’attività economica.

Il maggior problema in questi casi è legato all’improvvisazione con cui queste operazioni vengono effettuate. Ma ancora, la mancanza totale di pianificazione, all’assenza di monitoraggio sull’andamento delle regole nazionali dei mercati di insediamento e dei mercati di sbocco e di approvvigionamento.

Avviare un investimento internazionale senza pianificazione vuol dire non avere parametri, non avere vincoli, non avere regole, quindi non è possibile neanche monitorare l’azione imprenditorialePianificare aiuta a scegliere prima e a monitorare in corso: decidere utilizzando sommarie informazioni porta, purtroppo, ad un dispendio di costi e  risorse che molto spesso non si rivelano in grado di ridurre i danni.

Consulenza fiscalità internazionale

Vendere all’estero è il primo e fondamentale passaggio dell’internazionalizzazione. Investire all’estero è il passo successivo per acquisire quote nei mercati esteri di sbocco. Ma è necessario analizzare lo scenario globale attraverso la giusta lente e dotarsi di un network di professionisti idoneo a supportare queste scelte.

Se hai letto questo articolo e ti stai rendendo conto che necessiti dell’analisi della tua situazione personale, ti invito a contattarci attraverso il form di cui al link seguente. Riceverai il preventivo per una consulenza personalizzata in grado di risolvere i tuoi dubbi sull’argomento.

Soltanto in questo modo, infatti, potrai essere sicuro di evitare di commettere errori, che in futuro possono esserti contestati e quindi sanzionati.

Domande frequenti

Cos’è l’internazionalizzazione di impresa?

L’internazionalizzazione di impresa è il processo di espansione di un’azienda verso mercati esteri. Questo può avvenire attraverso diverse modalità, come l’esportazione di prodotti o servizi, l’apertura di filiali all’estero o la partecipazione a joint venture con aziende straniere.

Quali sono i vantaggi dell’internazionalizzazione di impresa?

L’internazionalizzazione di impresa può portare a numerosi vantaggi, tra cui:
Aumento del fatturato e dei profitti
Diversificazione del rischio
Accesso a nuovi mercati e clienti
Miglioramento della competitività
Accrescimento del know-how e delle competenze

Quali sono le sfide dell’internazionalizzazione di impresa?

L’internazionalizzazione di impresa può presentare anche diverse sfide, tra cui:
Barriere linguistiche e culturali
Adeguamento alle normative e agli standard esteri
Costi elevati
Rischio di instabilità politica e economica nei mercati esteri

Come si fa a internazionalizzare un’impresa?

Il processo di internazionalizzazione di impresa richiede una pianificazione accurata e una strategia ben definita. È importante valutare diversi fattori, tra cui:
I mercati esteri di riferimento
Le modalità di ingresso nel mercato
Le risorse umane e finanziarie necessarie
I rischi e le opportunità

Quali sono gli strumenti a disposizione delle imprese che vogliono internazionalizzarsi?

Esistono numerosi strumenti a disposizione delle imprese che vogliono internazionalizzarsi, tra cui:
Incentivi finanziari e fiscali
Servizi di assistenza e consulenza
Programmi di formazione
Fiere e eventi internazionali

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