Abbiamo parlato molto in questi mesi di cartelle esattoriali, in particolar modo indicando l’attuale situazione di pace fiscale. Si prevede che molte cartelle esattoriali vengano automaticamente estinte. Oggi vediamo come funziona l’impugnazione delle cartelle di pagamento.
Sia per motivi di natura organizzativa, che per ragioni di tipo economico, mantenere tutte le cartelle esattoriali attive, non è conveniente. La mole di cartelle esattoriali che l’Agenzia delle Entrate detiene, in riferimento agli scorsi anni, conteneva tutti i debiti dei cittadini verso lo stato, ed in particolare il fisco.
In condizioni normali, l’Agenzia delle Entrate, tramite le agenzie di riscossione, procede a riscuotere i debiti dei cittadini, ma questo non vale per l’anno in corso. Abbiamo visto infatti che, a seguito dello scoppio della pandemia, si è deciso di cancellare tutte le cartelle esattoriali con una cifra inferiore ai 5.000 euro.
Nonostante questo però, ci sono dei casi in cui il cittadino ha il diritto di impugnare le cartelle di pagamento. Può succedere infatti che si riceva una cartella esattoriale, con un debito da pagare, in cui si può fare ricorso perché non sussiste la richiesta del pagamento. Vediamo di cosa si tratta.
Impugnazione cartelle di pagamento: le casistiche
Può accadere di ricevere una cartella esattoriale tramite posta, con la segnalazione di un importo relativo ad un debito nei confronti dello stato da saldare. In questo caso è Equitalia ad informare i cittadini sul debito da pagare. Questo tipo di comunicazione può contenere richieste di pagamento di diverso tipo:
- Contravvenzioni stradali: in questo caso si tratta di una violazione del diritto stradale, sotto forma di sanzione. Si ricorda che tutte le multe automobilistiche vanno notificate dagli enti preposti entro 90 giorni dalla avvenuta infrazione, altrimenti diventano di fatto inesigibili;
- Tasse non pagate allo Stato: in questo caso si tratta di tassazione che non è stata pagata allo stato, che fa riferimento al lavoro (IRPEF), o all’IVA in senso più generale. In questa categoria rientrano tutte le tasse per cui il contribuente, o il lavoratore, non ha di fatto provveduto al pagamento;
- Tributi locali: in questa tipologia rientrano tutte le tasse nel proprio comune, o per la Regione. Sono incluse qui la tassa su rifiuti, la tassa sull’occupazione del suolo pubblico o di concessione del passo carrabile. Si tratta di fatto di sanzioni amministrative su tributi che non sono stati versati;
- Bollo auto: tra le cartelle esattoriali che lo stato può richiedere, esiste anche la tassa automobilistica. Il bollo auto è una tassa che si applica a tutti gli autoveicoli immatricolati in Italia, e deve essere pagata annualmente.
Su tutte le cartelle esattoriali, come vedremo più avanti, esiste una possibilità di prescrizione: passato un certo periodo di tempo, indicato a livello di anni, gli enti preposti non possono più procedere alla riscossione del debito del cittadino.
Impugnazione cartelle di pagamento: come effettuare un ricorso
Ci sono diverse possibilità per il cittadino di fare ricorso per la cartella presentata da Equitalia. Si fa ricorso tutte quelle volte in cui il cittadino crede, per un motivo concreto, di non dover pagare quanto dovuto dalla richiesta della cartella. Ci possono essere casi di errore, casi in cui la cartella è di fatto scaduta, perché è andata oltre ai limiti di prescrizione.
Ci sono dei casi in cui il cittadino può chiedere il supporto di un avvocato per fare ricorso, chiedendo di non pagare il debito richiesto dallo Stato. Vediamo una lista di eventualità per cui il cittadino può fare domanda di ricorso:
- La cartella è stata già saldata;
- E’ stata omessa l’indicazione sui criteri di calcolo degli interessi;
- C’è un errato calcolo sulla prescrizione;
- La motivazione della richiesta è insufficiente;
- Mancano gli estremi che riguardano: responsabile del procedimento, data, mancato rispetto dei termini.
In linea generale ogni cartella esattoriale che viene richiesta al cittadino deve avere in sé la motivazione per tale richiesta. Ma come si procede per fare ricorso? Se avviene la ricezione di una cartella esattoriale, e si ritiene di non dover pagare il debito indicato, per uno dei motivi sopra, si può fare ricorso al giudice di pace.
Bisogna ricordarsi che si deve procedere entro trenta giorni dall’avvenuta notifica. È importante rispettare questo tempo per non rischiare di incorrere a ulteriori sanzioni o richieste, e presentare la domanda al giudice per annullare la cartella esattoriale. Non è raro, anche e soprattutto per quanto riguarda le multe automobilistiche, che la stessa persona le riceva doppiamente.
In questo caso è bene presentare il ricorso dichiarando che la multa è già stata pagata, e presentare documentazione di avvenuto pagamento.
Termini entro cui fare ricorso: eccezioni
Generalmente è bene fare ricorso entro 30 giorni dalla ricezione della cartella di pagamento, ma ci sono dei casi specifici da considerare:
- Multa stradale: abbiamo visto che in questo caso bisogna rivolgersi al giudice di pace entro 30 giorni dalla ricezione;
- Tasse: nel caso di tributi corrispondenti a tasse, come il bollo auto, la Tari, l’IRPEF, ecc… si può procedere con il ricorso entro 60 giorni dalla ricezione presso la commissione tributaria;
- Pignoramento: nei casi in cui ci si trovi davanti ad atti di pignoramento, il cittadino ha a disposizione 20 giorni per opporsi al pagamento;
- Contributi previdenziali: nel caso in cui la cartella esattoriale facesse riferimento ai contributi per la previdenza sociale, come tempo massimo si prevedono 40 giorni per fare ricorso, presso il tribunale nella sezione lavoro.
La situazione in cui ci si avvale di un ricorso ad una cartella esattoriale sicuramente non è delle migliori, e può provocare stress non indifferenti. Nel caso in cui però, il cittadino abbia ragione a non dover pagare la cartella esattoriale, deve preoccuparsi a notificare tramite ricorso la situazione in atto.
Va ricordato anche che è diffusa una certa distrazione generale, in Italia, in merito al pagamento di questo tipo di tasse, multe o tributi. E questo purtroppo molto spesso è dovuto ad una mancata conoscenza di fondo relativa alla tassazione italiana.
Prescrizione delle cartelle di pagamento
Negli ultimi mesi, ed anni, lo stato è intervenuto più volte per alleggerire la pressione fiscale, specialmente relativa alle cartelle esattoriali. Una quantità ingente di cartelle esattoriali non pagate, oltre ad essere un problema economico per lo stato, è anche un problema burocratico notevole.
Per questo con il Decreto Sostegni si applica un condono delle cartelle esattoriali, con cifre inferiori ai 5.000 euro. Questa decisione è andata anche linea alla situazione di emergenza sanitaria attuale.
Esistono tuttavia, anche in condizioni normali, termini di prescrizione delle cartelle esattoriali. Le cartelle esattoriali vanno in prescrizione dopo che sono passati anni da quando sono state emesse. Esistono diversi termini per le prescrizioni, che possono variare dai 3 ai 10 anni:
- Bollo auto: cade in prescrizione dopo soli tre anni;
- Contributi previdenziali, sanzioni del Codice della Strada, tasse come IMU, Tari e Tasi: vanno in prescrizione dopo 5 anni;
- Canone RAI, contributi alla Camera di Commercio, imposte ipotecaria e catastale, IRPEF, Irap e IVA vanno in prescrizione dopo ben 10 anni.
Nel caso in cui si ritenga di dover ricorrere ad un ricorso per una cartella esattoriale già pagata, oppure la cui scadenza è già terminata, è bene essere a conoscenza di questi periodi di tempo relativi alla prescrizione.
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