In linea generale, tutte le imposte e le tasse riscosse dall’Agenzia delle Entrate, e quindi dovute allo Stato, si prescrivono nel termine di 10 anni.

Quando un debito tributario è considerato prescritto? Individuare la prescrizione dei debiti non è semplice, in quanto i termini di prescrizione variano da tributo a tributo. Sostanzialmente, la prescrizione consente di vedersi liberare da un’obbligazione tributaria in quanto è scaduto il termine per la relativa notifica. Classico caso è quello dell’Amministrazione finanziaria che notifica un avviso di accertamento quando i termini per il controllo sono ormai spirati. Ebbene, il contribuente che si vede arrivare l’avviso fuori tempo massimo può considerare nullo quell’accertamento.

Conoscere i termini di prescrizione dei debiti tributari è importante in quanto ci permette di capire immediatamente se vecchi debiti a nostro carico sono ancora richiedibili oppure no dall’Agente della riscossione.

La prescrizione dei debiti tributari: aspetti generali

La prescrizione è un istituto in forza del quale un diritto si estingue se non esercitato per un certo periodo di tempo dal suo titolare. Questo ai sensi dell’art. 2934 del c.c. Questo istituto risponde all’esigenza di offrire certezza a situazioni giuridiche che sarebbero dubbie. Pensa ai casi in cui vi corre un lungo lasso di tempo dall’ultima volta che un diritto è stato esercitato.

La prescrizione rappresenta l’interruzione di un diritto nel caso in cui il soggetto titolare non lo eserciti per un determinato periodo di tempo. In questo caso il titolare del diritto è l’Agenzia delle Entrate o l’Agente della riscossione che, decorso un determinato periodo di tempo, perde la possibilità di esigere la riscossione del credito da parte del debitore. L’aspetto da evidenziare è che l’istituto in commento si verifica solo nel caso in cui l’ente avente diritto non esercita nel tempo previsto il diritto alla riscossione. Questo significa che, ad esempio, se l’Agenzia delle Entrate nei termini di accertamento (che vedremo nel paragrafo seguente) notifica al contribuente un accertamento successivamente ai termini di prescrizione tale atto è nullo e deve essere impugnato (nei termini) di fronte ad un giudice. In caso contrario, quel debito diventa certo ed esigibile. Tuttavia, nel caso in cui l’Agenzia delle Entrate comunichi al contribuente la propria pretesa di pagamento prima che il debito sia caduto in prescrizione, questa comunicazione assume l’effetto di “atto interruttivo della prescrizione“. In questo caso, infatti, il decorso ordinario si interromperebbe per iniziare a decorrere di nuovo a partire dal giorno successivo alla notifica. Per questo motivo l’Agente della riscossione, periodicamente, invia atti di memoria della situazione debitoria del contribuente al fine di far ripartire il termine di prescrizione e rendere sempre esigibile il credito. In pratica, il termine di prescrizione dei debiti tributari si avvera nel momento in cui, nel lasso di tempo previsto per ciascuna imposta, tassa o contributo, l’ente avente diritto di credito non lo esercita nei confronti del contribuente debitore. Il mancato esercizio del diritto, quindi, determina la prescrizione. Tuttavia, ogni volta che viene notificato un nuovo atto di invito al pagamento o di ricognizione della posizione debitoria, i termini ripartono da quel momento.

Più in particolare la prescrizione del diritto all’accertamento del tributo o alla riscossione dello stesso presenta connotati peculiari. Considera che, per le entrate che cagionano il maggior gettito (imposte sui redditi), il sistema prevede termini decadenziali che operano prima di quelli prescrizionali.

La differenza tra prescrizione e decadenza

PRESCRIZIONEart. 2934 c.c.Ogni diritto si estingue per prescrizione, quando il titolare non lo esercita per il tempo determinato dalla legge. Non sono soggetti alla prescrizione i diritti indisponibili e gli altri diritti indicati dalla legge.
DECADENZAart. 2966 c.c.La decadenza non è impedita se non dal compimento dell’atto previsto dalla legge o dal contratto. Tuttavia, se si tratta di un termine stabilito dal contratto o da una norma di legge relativa a diritti disponibili, la decadenza può essere anche impedita dal riconoscimento del diritto proveniente dalla persona contro la quale si deve far valere il diritto soggetto a decadenza.

La differenza tra prescrizione e decadenza è dirimente: solo i termini prescrizionali si interrompono. Se la tardività dell’accertamento causa la nullità dell’atto, gli atti successivi (esempio preavviso di fermo di beni mobili registrati), se sono notificati prima del decorso del termine prescrizionale, ne comportano invece l’interruzione, ed esso ricomincia a decorrere.

Vediamo un esempio pratico di prescrizione dei debiti e decadenza in ambito tributario.

Ipotizziamo un accertamento Iva relativo all’anno 2022, che deve essere notificato, ex art. 57 del DPR n. 633/72, entro il 31.12.2028. L’atto viene effettivamente notificato in data 22.12.2027, quindi la decadenza è rispettata. Tuttavia, ove non si presenti ricorso tributario, gli importi devono essere pagati per l’intero entro i sessanta giorni (termine ultimo per il ricorso), quindi entro il 20.2.2028. Se non ci sono atti interruttivi, la prescrizione per le imposte si ha il 20.2.2038, mentre per le sanzioni il 20.2.2033.

Prescrizione dalla riscossione e termini di accertamento

La prescrizione legata alla riscossione delle imposte individua il termine ultimo a disposizione dell’Agenzia delle Entrate o dell’Agente della riscossione per entrare in possesso del debito accertato al contribuente. Ogni imposta, infatti, ha il suo termine di prescrizione. Per questo motivo occorre prestare particolare attenzione ad individuare tale momento e capire cosa si può fare per intervenire.

Prima di proseguire, tuttavia, è importante effettuare qualche precisazione importante. Non si deve confondere la prescrizione dell’imposta dal termine ultimo per l’accertamento. Quest’ultimo è il periodo di tempo che ha a disposizione l’Agenzia delle Entrate per andare ad accertare l’inadempimento da parte del contribuente. Attraverso la notifica di un avviso di accertamento, infatti, l’Amministrazione finanziaria ha la possibilità di rideterminare l’imposta del contribuente contestando una irregolarità. Il termine che ha a disposizione l’Agenzia per i suoi controlli è il seguente:

  • Se la dichiarazione dei redditi è stata presentata ed ha irregolarità, entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione relativa all’annualità d’imposta oggetto di accertamento;
  • Se la dichiarazione non è stata presentata, il termine si allunga fino al 31 dicembre del settimo anno successivo a quello in cui la dichiarazione avrebbe dovuto essere presentata.

Una volta accertata la maggiore imposta l’Amministrazione finanziaria ha a disposizione un lasso di tempo per il recupero dell’imposta da parte del contribuente, prima che l’imposta, appunto, si prescriva. Di seguito andiamo ad individuare i principali termini di prescrizione dei debiti tributari.

Termini di prescrizione dei tributi

L’Agenzia delle Entrate anche attraverso l’Agente della riscossione hanno a disposizione un determinato numero di anni per entrare in possesso delle imposte accertate al contribuente e da questi non pagate. Nella tabella seguente abbiamo riepilogato i principali termini con cui si prescrivono i debiti tributari.

DEBITI FISCALITERMINE DI PRESCRIZIONE PER LA RISCOSSIONE
IRPEF, IRAP, IRES, IVA E IMPOSTA DI BOLLO10 anni
IMPOSTA IPOTECARIA E CATASTALE10 anni
CANONE RAI10 anni
DIRITTI CAMERA DI COMMERCIO10 anni
IMU5 anni
TARI, TOSAP5 anni
SANZIONI AMMINISTRATIVE5 anni
CONTRIBUTI INPS E INAIL5 anni
BOLLO AUTO3 anni, decorrenti dal 1° gennaio dell’anno successivo a quello in cui l’imposta è dovuta.

I termini si calcolano a partire dal 1° gennaio dell’anno successivo a quello in cui l’imposta risulta essere esigibile. Con gli stessi termini si prescrivono anche le cartelle di pagamento emesse a seguito dell’omesso versamento dell’imposta o tassa (a meno che non si sia di fronte ad un accertamento immediatamente esecutivo). In caso di notifica della cartella di pagamento il termine di prescrizione inizia a partire dal giorno successivo a quello di notifica della cartella.

Quando si parla di prescrizione dei tributi ci sono alcuni aspetti operativi che devono essere attentamente considerati. Il primo è quello che riguarda l’impossibilità per il giudice di rilevare d’ufficio la prescrizione. Questo significa che essa deve essere fatta valere dal contribuente nel ricorso tempestivamente presentato avverso al primo atto di riscossione notificato. Solo in questo caso il giudice può accertare l’avvenuta prescrizione del debito. Inoltre, ricorda che se un’intimazione di pagamento riguarda crediti di diversa natura, oltre che sanzioni, solo alcuni di essi possono risultare prescritti.

La prescrizione decorre dalla data in cui il diritto può essere fatto valere, dunque dal giorno successivo a quello in cui il tributo o la sanzione avrebbe dovuto essere pagato. Il versamento del debito prescritto eseguito in via spontanea, dunque non a seguito di ruolo per evitare gli atti esecutivi e cautelari, non può essere chiesto a rimborso.

Istanza di rimborso di imposte

In linea generale, il contribuente deve presentare istanza di rimborso entro i termini decadenziali indicati dalla legge (per le imposte sui redditi vedasi l’art. 38 del DPR n. 602/73). Tuttavia, nel momento in cui trascorrono novanta giorni da tale domanda senza che l’ente impositore abbia risposto si forma il silenzio-rifiuto. In questo caso, per il contribuente è possibile presentare ricorso. Tale ricorso deve essere presentato entro la prescrizione decennale (art. 21 del D.Lgs. n. 546/92), o entro il diverso termine prescrizionale applicabile (se si tratta di tributi locali, la controparte potrebbe sostenere l’applicabilità della prescrizione dei cinque anni). Tale termine, essendo prescrizionale, può essere interrotto, ad esempio dall’avviso di accertamento.

Gli interessi

In generale sugli interessi fiscali, una prima opinione ritiene operante la prescrizione di cinque anni ex art. 2948 co. 1 n. 4) cc. Questo, a nulla rilevando che per l’imposta ci sia un termine di prescrizione maggiore. Relativamente ai rimborsi, si ritiene debbano essere considerati autonomamente rispetto all’imposta. Questo significa che il pagamento del debito domandato a rimborso non interrompe la prescrizione in punto interessi, posto che tale condotta non equivale al riconoscimento del diritto. In riferimento agli interessi su rimborsi infrannuali ex art. 38-bis del DPR n. 633/72, il termine è decennale.

Contributi previdenziali e assistenziali

I contributi previdenziali e assistenziali vanno riscossi entro il termine di prescrizione di cinque anni ex art. 3 co. 9 della Legge n. 335/95, e ciò vale, dunque, in primis per l’avviso di addebito di cui all’art. 30 del D.L. n. 78/2010. Il versamento del debito prescritto non può essere chiesto a rimborso ex art. 2940 c.c., ma ciò non vale per i contributi, siccome ai sensi della norma richiamata essi non possono essere richiesti se prescritti, in quanto la prescrizione ha effetto estintivo del debito e non solo del diritto a riscuoterlo. La prescrizione, per questa ragione, può essere rilevata d’ufficio dal giudice.

Quanto esposto opera dunque per i contributi dovuti da artigiani e commercianti (circ. INPS 16.5.96 n. 104), e lo stesso dicasi per le sanzioni civili dell’art. 116 della Legge n. 388/2000.

Tra le cause interruttive segnaliamo l’atto di accertamento dell’INPS e l’avviso bonario, prodromici all’avviso di addebito vero e proprio. L’avviso bonario è a volte messo a disposizione sul portale telematico dell’INPS, e non propriamente notificato al contribuente, quindi è dubbio che, in ogni caso, interrompa la prescrizione. Le considerazioni effettuate, salvo diversa norma prevista dalla legge di riferimento, non valgono solo per i contributi INPS, ma per tutti i contributi previdenziali e assistenziali, inclusi quelli delle Casse professionali.

Reati tributari

Per quanto riguarda i reati tributari, si applica la disciplina generale della prescrizione con l’eccezione dei delitti previsti dagli articoli da 2 a 10 del D.Lgs. n. 74/2000, per i quali i termini sono elevati di un terzo (art. 17 co. 1-bis del D.Lgs. n. 74/2000, introdotto dall’art. 2 co. 36-vicies semel lett. l) del D.L. n. 138/2011. Pertanto:

  • Per tutte le fattispecie di reati dichiarativi, per il reato di emissione di fatture (o altri documenti) per operazioni inesistenti e per quello di occultamento o distruzione di documenti contabili (artt. 2, 3, 4, 5, 8 e 10 del D.Lgs. n. 74/2000) il termine base è di otto anni;
  • Per le fattispecie di omesso versamento di ritenute certificate (art. 10-bis del D.Lgs. n. 74/2000), omesso versamento Iva (art. 10-ter del D.Lgs. n. 74/2000), indebita compensazione (art. 10-quater del D.Lgs. n. 74/2000) e sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte (art. 11 del D.Lgs. n. 74/2000) il termine di prescrizione di base è di sei anni.

Il limite massimo del termine di prescrizione per i reati tributari non potrà superare “un quarto del tempo necessario a prescrivere” (art. 161 co. 2 c.p.), salvi gli ulteriori aumenti previsti  in relazione a recidiva, abitualità e pericolosità sociale.

Gli atti interruttivi della prescrizione

L’art. 2943 co. 2 c.c. prevede che la prescrizione è interrotta da ogni atto che valga a costituire in mora il debitore: per effetto dell’interruzione, decorre un ulteriore periodo di validità del diritto. Successivamente alla notifica della cartella di pagamento o dell’accertamento esecutivo, possono interrompere la prescrizione atti emessi sia dall’ente creditore che dall’Agente della riscossione, ove si intima il pagamento degli importi, basti pensare all’intimazione ad adempiere (art. 50 del DPR n. 602/73).

Per le obbligazioni solidali (ad esempio, gli eredi per le imposte sui redditi, art. 65 del DPR n. 600/73), gli atti interruttivi notificati ad un coobbligato hanno effetto nei confronti degli altri (ex art. 1310 c.c. ).

Esempio:
Un contribuente riceve un atto di accertamento imposte sui redditi, che non impugna. Tre anni dopo, viene notificata la comunicazione di ipoteca, con la quale si intima il pagamento degli importi dovuti. Detta comunicazione, avendo anche la funzione di messa in mora e non solo di preavviso di ipoteca, interrompe la prescrizione, allora da quando è notificata decorrono di nuovo 10 anni per le imposte e 5 anni per le sanzioni, termini che potranno nuovamente essere interrotti.

Anche il comportamento del contribuente può interrompere la prescrizione. Essa, in primo luogo, è interrotta dal ricorso in Commissione tributaria, sino alla formazione del giudicato (art. 2943 co. 1 c.c. ), poi, ai sensi dell’art. 2944 c.c., “dal riconoscimento del diritto da parte di colui contro il quale il diritto stesso può essere fatto valere“.

Tabella cause di interruzione della prescrizione

FATTISPECIEEFFETTO INTERRUTTIVO
Notifica dell’avviso di accertamentoSI (contributi previdenziali se rileva a tali fini)
Presentazione del modello 770SI (contributi di lavoro dipendente)
Preavviso di fermo dei beni mobili registratiSI
Comunicazione di ipotecaSI
Fermo dei rimborsiDubbio
Comunicazione bonariaSI (ai fini del credito ivi esposto e indicato senza condizioni come spettante)
Richiesta di documentazione giustificativa del rimborsoNO
Pagamenti eseguiti in occasione della cartella di pagamentoNO
Dilazione dei ruoliNO (questione controversa)
Dilazione amministrativa del debito (prima del ruolo)SI
Richiesta di estratto ruoloNO
Sola iscrizione a ruoloNO

Impugnazione della cartella esattoriale

Nel caso in cui il contribuente abbia ricevuto una o più cartelle di pagamento, a cui non ha fatto seguito un’esecuzione forzata o un atto interruttivo della prescrizione, è possibile adottare delle mosse a difesa del contribuente.

In seguito dell’intervento delle Sezioni Unite con sentenza n. 23397/2016, si è affermato che la scadenza del termine perentorio sancito per opporsi o impugnare un atto di riscossione mediante ruolo ha l’effetto della irretrattabilità del credito. Ciò viene applicato a tutti gli atti di riscossione con ruolo o riscossione coattiva dei crediti degli enti previdenziali o dell’Erario, che si tratti di entrate tributarie o extra-tributarie. In caso di prescrizione post notifica della cartella, il contribuente può optare per due strade: procedere giudizialmente, mediante l’impugnazione della cartella esattoriale, oppure in via stragiudiziale, con un’istanza volta allo sgravio del ruolo al fine di ottenere l’annullamento del debito prescritto. Due situazioni che permettono al debitore di impugnare la cartella esattoriale e di far valere le proprie ragioni.

Con la sentenza n. 8719 dell’11.05.2020, la Corte di Cassazione ha dichiarato la possibilità di far valere la prescrizione del credito tributario attraverso l’impugnazione del diniego di sgravio in autotutela del ruolo. Il processo tributario essendo strutturato come processo impugnatorio, l’impugnazione del divieto di sgravio di ruoli riferiti ai crediti prescritti è la modalità tipica per determinare la domanda di accertamento della prescrizione dei crediti la cui riscossione è stata affidata all’Agente di riscossione. Questi è una specie di mandatario senza rappresentanza. Per tale motivo, l’ente impositore potrebbe sempre richiedere gli atti necessari per la difesa in giudizio. Infine, il contribuente attraverso l’impugnazione del diniego di sgravio, non vuole far valere i vizi della cartella o del procedimento impositivo. Egli deduce soltanto che sarebbe avvenuta la prescrizione a causa dell’inerzia dell’agente della riscossione nel recupero degli importi non saldati. Quindi, nel caso in cui venga notificata la cartella non impugnata nel termine di legge, in caso di prescrizione, vi è la possibilità di presentare prima un’istanza di sgravio del ruolo e poi impugnare l’eventuale diniego. In questo modo il soggetto debitore può ottenere l’annullamento del debito, evitando qualsiasi tipo di conseguenza.

Conclusioni

La prescrizione è un istituto del nostro ordinamento giuridico che è di estrema importanza in ambito tributario. Infatti, la fattispecie in commento ha il compito di portare certezza nei confronti di situazioni incerte, ove l’Amministrazione finanziaria non fa valere un proprio diritto per un dato lasso di tempo.

Per il contribuente incapiente da un punto di vista finanziario poter contare sull’istituto in commento (o in quello della decadenza) può essere un elemento importante nella propria strategia difensiva (naturalmente ove ci si trovi in una di queste fattispecie). Tuttavia, da un punto di vista pratico non è sempre semplice andare ad individuare con certezza situazioni di palese presenza di questo istituto. Questo, anche perché negli ultimi tempi le attività di notifica di atti tributari si sono intensificate portando ad un più difficile riscontro di ipotesi di prescrizione. In ogni caso, diventa importante valutare la propria situazione con l’ausilio di un dottore Commercialista esperto o di un avvocato tributarista. Se desideri analizzare la tua situazione con un esperto segui il link sottostante e mettiti in contatto con noi.

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