La libera professione è sicuramente uno dei sogni di chi, già dipendente o che deve ancora entrare nel mondo del lavoro, vorrebbe lavorare con i propri ritmi e le proprie idee senza dover badare al giudizio (e soprattutto agli ordini) dei superiori. Certo che è faticoso gestire un’attività freelance, ma è piena di soddisfazioni.
Spesso l’addio alla condizione freelance non si lega alle questioni finanziarie, ma alle capacità individuali. Alla possibilità del singolo di gestire un universo articolato come quello del libero professionista. Ci sono professionisti che non possono superare gli ostacoli del mondo freelance, che non riescono a farsi pubblicità nel modo giusto, che non hanno l’elasticità necessaria per affrontare le problematiche della libera professione.
Tutti questi motivi sono quelli che spingono un professionista verso la chiusura della partita Iva. Accanto ai problemi motivazionali spesso vi sono anche problemi finanziari. I clienti che non pagano con regolarità e le scadenze fiscali sempre più pressanti, spingono verso la definitiva chiusura della partita Iva. Vediamo, quindi, in questo contributo qual è la procedura corretta per chiudere la partita Iva, la modulistica ed i controlli che vengono effettuati dall’Amministrazione finanziaria.
Indice degli Argomenti
- Come chiudere la partita Iva?
- Istruzioni dell’Agenzia delle Entrate per chiudere la partita Iva
- Come verificare la cessazione dell’attività?
- Chiusura della partita Iva e adempimenti contributivi
- Partita Iva e lavoro dipendente
- Chiusura d’ufficio della partita Iva inattiva (in caso di tre anni di inattività)
- Le sanzioni per la mancata comunicazione di chiusura della partita Iva
- Chiusura partita Iva in regime forfettario
- Gestione dei beni strumentali nella chiusura della partita IVA
- Conclusioni
- Domande frequenti
Come chiudere la partita Iva?
Per chiudere la partita Iva i professionisti o gli imprenditori individuali devono presentare all’Agenzia delle Entrate il modello AA9/12. Si tratta del modello variazione dati o cessione attività ai fini Iva delle persone fisiche. Tale modello deve essere presentato entro 30 giorni dall’evento di variazione o cessazione. Il modello da utilizzare per chiudere la partita Iva deve essere inviato:
- Personalmente: presso uno degli uffici territoriali dell’Agenzia delle Entrate;
- Telematicamente: attraverso la procedura online per gli intermediari messa a disposizione dall’Agenzia delle Entrate. In questo caso, la procedura deve essere demandata al Commercialista ad inviare per tuo conto la pratica.
Di seguito, mettiamo a disposizione il modello AA9/12 da compilare e consegnare all’Agenzia delle Entrate per chiudere la tua partita Iva.
Inoltre, allo stesso link puoi trovare le istruzioni di compilazione del modello AA9/12. Gli aspetti più importanti per la compilazione del modello sono quelli che riguardano il codice attività, e la data della chiusura della partita Iva.
Istruzioni dell’Agenzia delle Entrate per chiudere la partita Iva
Per poter chiudere la partita Iva è necessario presentare il modulo AA9/12 all’Agenzia delle Entrate entro 30 giorni dalla data di cessazione dell’attività. Sulla base delle istruzioni allegate al modello, per dichiarare la cessazione della propria attività bisognerà barrare la casella 3 del quadro A, inserendo inoltre numero di partita Iva e la data di conclusione dell’attività.
Per poter chiudere la partita Iva il modulo compilato dovrà essere presentato nelle seguenti modalità:
- Per i contribuenti obbligati all’iscrizione al Registro delle imprese con Comunicazione Unica (ComUnica) per via telematica o su supporto informatico. La comunicazione unica vale quale assolvimento di tutti gli adempimenti amministrativi previsti per l’iscrizione al Registro delle imprese e, ove sussistano i presupposti di legge, ha effetto ai fini previdenziali, assistenziali, fiscali nonché per l’ottenimento del codice fiscale e della partita IVA;
- Per i contribuenti non obbligati all’iscrizione al Registro delle imprese deve essere presentato:
- In duplice esemplare direttamente (anche a mezzo di persona appositamente delegata) a un qualunque ufficio dell’Agenzia delle Entrate, a prescindere dal domicilio fiscale del contribuente;
- In unico esemplare a mezzo servizio postale e mediante raccomandata, allegando fotocopia di un documento d’identità del dichiarante, da inviare a un qualunque ufficio dell’Agenzia delle Entrate, a prescindere dal domicilio fiscale del contribuente. Le dichiarazioni si considerano presentate nel giorno in cui risultano spedite;
- Per via telematica direttamente dal contribuente o tramite i soggetti incaricati della trasmissione telematica. In tal caso le dichiarazioni si considerano presentate nel giorno in cui è conclusa la ricezione dei dati da parte dell’Agenzia delle Entrate.
Il codice ATECO nella chiusura della partita Iva
Il codice ATECO rappresenta il codice numerico che identifica l’attività che hai esercitato in forma autonoma. Quando si chiude la partita Iva è importante indicare il codice attività che era stato a suo tempo aperto. Solo in questo modo può venire a cessare l’attività effettivamente svolta.
Se non sei a conoscenza del codice attività che stai utilizzando hai la possibilità di verificarlo attraverso l’accesso al tuo “cassetto fiscale“. Il cassetto fiscale è l’accesso alla tua posizione personale presso il sito dell’Agenzia delle Entrate. All’interno di esso puoi trovare le informazioni fiscalmente rilevanti che ti riguardano come, appunto, il tuo codice attività.
La data di chiusura della partita Iva
Altro aspetto importante quando si chiude partita Iva è la data di cessazione dell’attività. La comunicazione di chiusura della partita Iva, infatti, deve essere presentata entro massimo 30 giorni dalla data di effettiva cessazione.
Questo significa che se la mia attività cessa oggi, io devo inserire la data di oggi nel modulo, ma ho a disposizione 30 giorni di tempo da oggi per la presentazione telematica del modello.
Quanto costa la chiusura della partita Iva?
Un aspetto che molti valutano e che spesso è fonte di moltissime domande è il costo legato alla chiusura della partita Iva. In generale, la chiusura della partita Iva non ha alcun costo. Solo nel caso in cui ci si avvalga di un consulente per la presentazione, eventualmente, si deve considerare il costo legato alla sua consulenza.
Qual è il momento giusto per chiudere la partita Iva?
La partita Iva deve essere chiusa nel momento in cui tutte le prestazioni relative all’attività di lavoro autonomo sono state incassate. Quello è il momento corretto per chiudere la partita Iva. Infatti, fino a quando vi sono importi da incassare la partita Iva deve restare aperta per permettere la fatturazione di queste operazioni. Solo quando tutte le operazioni sono state incassate è possibile considerare definitivamente chiusa la propria attività.
Come verificare la cessazione dell’attività?
Dopo aver provveduto alla chiusura della partita Iva, è possibile verificare attraverso il servizio offerto dall’Agenzia delle Entrate, se e quando la partita Iva è stata chiusa o se ancora risulta attiva. Tale servizio, permette quindi di verificare validità di una partita Iva e di conoscere anche altre informazioni registrate nell’Anagrafe tributaria come per esempio lo stato di attività, la denominazione dell’impresa o i datai anagrafici del titolare.
Di seguito puoi trovare i link per effettuare questo tipo di verifica.
- Agenzia delle entrate verifica partita IVA – per verificare se la partita Iva è di un soggetto autorizzato ad effettuare operazioni intracomunitarie;
- Verifica codice fiscale Agenzia delle Entrate – Per controllare la validità di un codice fiscale si deve utilizzare il servizio.
Chiusura della partita Iva e adempimenti contributivi
Un freelance quando si appresta a chiudere la partita deve pensare anche agli adempimenti legati agli aspetti contributivi. Per i lavoratori autonomi che sono iscritti a Casse di previdenza autonome è necessario segnalare alla Cassa la chiusura della propria attività. Questo ulteriore adempimenti ti permetterà di non dover continuare a versare i contributi minimi, dovuti da parte degli iscritti.
Per i lavoratori autonomi iscritti alla gestione separata INPS non vi sono particolari adempimenti da effettuare. Infatti, i versamenti legati alla gestione separata INPS seguono i versamenti fiscali derivanti dalla dichiarazione dei redditi. Sostanzialmente, con la chiusura della partita Iva, il quadro RR del modello Redditi PF non devono essere ulteriormente compilati. L’iscrizione alla gestione separata, quindi, rimane sempre aperta, nel caso in cui un giorno, riaprirete la partita Iva.
Partita Iva e lavoro dipendente
Un aspetto particolare legato a molte domande che ci arrivano, riguarda la chiusura della partita Iva per un soggetto al quale è stato proposto di accettare un contratto di lavoro dipendente. Sull’argomento mi rendo conto vi sia ancora molta confusione. Infatti, non è assolutamente vietato avere una partita Iva aperta e contemporaneamente avere anche un contratto di lavoro dipendente.
La cosa importante è che non vi sia conflitto di interesse. Se l’attività di lavoro dipendente è la stessa che svolgete con partita Iva, allora vi potrebbero sorgere conflitti di interesse che è bene evitare sin da subito. Ma non vi sono limitazioni se l’attività da freelance e lavoro dipendente riguardano ambiti o settori diversi.
Una lavoratrice dipendente come segretaria, può benissimo aprire partita Iva per effettuare attività di web design, e così via. La cosa importante è consultarti sempre con il proprio Commercialista di fiducia. Questo, in relazione al fatto che gli aspetti fiscali e previdenziali legati alla doppia attività, devono essere gestiti con cura, per evitare di mancare qualche pagamento o di effettuare versamenti in eccesso. Per i freelance iscritti alla gestione separata, ad esempio, se contemporaneamente svolgono anche attività di lavoro dipendente, è prevista una riduzione dell’aliquota contributiva applicabile.
Per approfondire: “Partita Iva e lavoro dipendente“.
Chiusura d’ufficio della partita Iva inattiva (in caso di tre anni di inattività)
L’Agenzia delle Entrate procede alla chiusura d’ufficio delle partite Iva dei soggetti che, sulla base dei dati e degli elementi in possesso dell’Agenzia stessa, risultano non aver esercitato attività d’impresa ovvero attività artistica o professionale nelle tre annualità precedenti.
Lo stabilisce il provvedimento direttoriale del 3 dicembre 2019, per effetto del quale viene data attuazione all’art. 35 comma 15-quinquies del DPR n. 633/72 (introdotto dal D.Lgs. n. 175/2014 e modificato dal D.L. n. 193/2016).
Questa disposizione prevede la cessazione d’ufficio delle partite Iva dopo tre anni di inattività. D’altra parte è stata abolita la sanzione in caso di omessa dichiarazione di cessazione dell’attività ai fini IVA. L’identificazione delle partite Iva da chiudere avviene sulla base di riscontri automatizzati in ragione dei dati disponibili in Anagrafe tributaria. Più precisamente, l’Agenzia individua i soggetti titolari di partita Iva che nelle tre annualità precedenti non hanno presentato, se dovuta, la dichiarazione IVA annuale o la dichiarazione dei redditi di lavoro autonomo o d’impresa.
La procedura di chiusura d’ufficio
La procedura per la cessazione della partita Iva determinata dal provvedimento dell’Agenzia delle Entrate si struttura nel modo seguente:
- Al soggetto individuato come potenzialmente inattivo è inviata una comunicazione preventiva di chiusura d’ufficio della partita Iva, mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento;
- Il destinatario ha la possibilità di rivolgersi, entro 60 giorni dalla ricezione delle lettera, ad un qualsiasi ufficio territoriale dell’Agenzia delle Entrate. Questo al fine di fornire chiarimento in merito alla propria posizione di soggetto attivo ai fini Iva (ed eventualmente, per i soggetti diversi dalle persone fisiche, motivare e richiedere la riattivazione del codice fiscale);
- Gli Uffici, verificate le argomentazioni e la documentazione prodotta dal contribuente, possono archiviare la comunicazione di chiusura della partita Iva, mantenendo il soggetto in stato di attività, oppure rigettare l’istanza con motivato diniego.
Valutazione del rischio
Quest’ultimo provvedimento individua specifici elementi di valutazione del rischio riferiti essenzialmente a:
- Elementi di rischio riconducibili al titolare della ditta individuale o al rappresentante legale, agli amministratori e ai soci della persona giuridica titolare della partita IVA;
- Elementi di rischio relativi alla tipologia e alle modalità di svolgimento dell’attività operativa, finanziaria, gestionale, nonché ausiliaria da parte del soggetto titolare della partita IVA;
- Gli elementi di rischio relativi alla posizione fiscale del soggetto titolare della partita IVA, con particolare riferimento alle omissioni e/o incongruenze negli obblighi dichiarativi o nei versamenti;
- Elementi di rischio derivanti da collegamenti coinvolti in fenomeni evasivi o fraudolenti. Scatta il divieto di compensazione di tributi e contributi.
Esclusione dal VIES
Ai sensi dell’art. 35 comma 15-bis del DPR n. 633/72 è anche previsto, in capo a coloro cui sia stata imposta la cessazione della partita Iva, l’esclusione della medesima dalla banca dati VIES. A tal fine, l’Agenzia pone in essere ulteriori controlli periodici – per il mantenimento dello status di soggetto passivo Iva – disciplinati dal provv. n. 110418/2017.
Per quanto concerne il provvedimento di esclusione dal VIES, il soggetto escluso può presentare un’istanza di nuova inclusione ed eventualmente essere reinserito nella banca dati se sono state rimosse le irregolarità che ne avevano determinato l’esclusione.
Limite alle compensazioni
In caso di provvedimento di chiusura d’ufficio della partita Iva, è fatto divieto di effettuare compensazioni. Il limite riguarda la compensazione “orizzontale” (art. 17 del D.Lgs. n. 241/97) di crediti di qualsiasi natura e gli altri tributi o contributi per i quali è ammesso l’utilizzo mediante F24.
È, inoltre, espressamente esclusa la compensazione anche per i crediti che non siano maturati con riferimento all’attività esercitata con la partita Iva oggetto del provvedimento di cessazione della partita Iva.
Ai sensi dell’art. 2 del D.L. n. 124/2019, l’esclusione dalla possibilità di compensare i crediti tributari e contributivi ha effetti a partire dalla data di notifica del provvedimento di cessazione e rimane in vigore “fino a quando la partita IVA risulti cessata”. Implicitamente, sarebbe consentita la compensazione del credito in caso di successiva “riapertura” della posizione Iva.
Nel caso di utilizzo in compensazione di crediti in violazione della norma appena menzionata, il relativo modello F24 è scartato. Lo scarto è comunicato tramite i servizi telematici dell’Agenzia delle Entrate al soggetto che ha trasmesso il modello, mediante apposita ricevuta. Lo scarto del modello F24 per effetto di questa disciplina potrebbe essere soggetto alla sanzione di 1.000 euro di cui all’art. 15 co. 2-ter del D.Lgs. n. 471/97.
Le sanzioni per la mancata comunicazione di chiusura della partita Iva
Non esistono sanzioni per la mancata comunicazione della chiusura della partita Iva. Questo è quanto disposto dal DL n 193/16, che ha abrogato anche il codice tributo 8120 che in passato doveva essere utilizzato per il versamento delle sanzioni con modello F24.
Prima della cancellazione, sulla base dell’art. 5, comma 6, primo periodo, del D.L. n. 471/97, se i possessori di una partita Iva inattiva non avessero presentato la dichiarazione di cessazione attività, avrebbero dovuto pagare una sanzione variabile tra i 516,00 euro e i 2.000,00 euro. La sanzione ordinaria veniva ridotta a 167,00 euro nel caso di pagamento entro 30 giorni dall’avviso da parte dell’Agenzia delle Entrate. Si ricorda che sito ufficiale dell’Agenzia delle Entrate, ogni libero professionista può verificare lo status della propria partita Iva (attiva, sospesa o cessata), la data di inizio attività e le eventuali date di sospensione/cessazione.
Chiusura partita Iva in regime forfettario
Il contribuente che opera in regime forfettario che decide di cessare la propria attività è chiamato a seguire una serie di passaggi obbligatori. Si tratta dei seguenti:
- Chiudere la partita Iva andando a compilare e presentare l’apposito modulo;
- Cessare la posizione alla CCIAA (Registro Imprese), qualora sia una impresa ivi iscritta. Questo adempimento non riguarda i professionisti;
- Chiudere la posizione previdenziale, sempre se si tratta di impresa. La gestione separata dei professionisti non ha chiusura.
Gestione dei beni strumentali nella chiusura della partita IVA
Alla cessazione di un’attività aziendale o professionale, in particolare per commercianti e artigiani, emerge il problema di come gestire le merci e i beni strumentali acquistati, che restano di proprietà dell’impresa.
Nel momento in cui un’impresa chiude, tutti i beni devono essere eliminati dalla contabilità aziendale attraverso un processo di liquidazione. I beni in questione possono includere merci, attrezzature varie, beni strumentali come arredi, PC, veicoli, impianti, ecc. In generale, le vie percorribili sono tre:
- Vendita dei beni tramite fatturazione all’acquirente;
- Autoconsumo personale mediante emissione di autofattura;
- Distruzione e smaltimento dei beni seguendo le procedure adeguate.
Per quanto riguarda la vendita a terzi dei beni, non vi sono particolari osservazioni. Si applicano le ordinarie regole di fatturazione, sia ai fini IVA che per le imposte sui redditi. Per quanto riguarda, invece, la distruzione e lo smaltimento dei beni, deve essere seguita un’apposita procedura descritta in questo articolo: Dismissione dei beni aziendali obsoleti: procedura.
Di seguito, invece, andiamo ad approfondire la procedura legata all’autoconsumo personale tramite emissione di autofattura.
Autofattura per autoconsumo nel regime IVA ordinario
Nel contesto della chiusura di un’attività, l’autofattura è necessaria per il trasferimento dei beni aziendali alla sfera privata del titolare. Si tratta di emettere una normale fattura di vendita a sé stessi, con una descrizione chiara dei beni ceduti. Ad esempio, nella descrizione si potrà indicare “cessione beni strumentali“, seguita dall’elenco dettagliato dei beni trasferiti, specificando quantità e valore.
Per quanto riguarda il valore, in assenza di una vendita effettiva e di un reale acquirente, il prezzo indicato nell’autofattura deve corrispondere al valore nominale dei beni al momento della cessione. Questo valore deve essere determinato accuratamente, e il commercialista è la figura più indicata per individuare come valutare correttamente i beni strumentali durante la fase di chiusura.
Ai sensi dell’art. 5 del DPR n. 633/72, nel caso di commercianti che trasferiscono merce dalla sfera aziendale a quella personale (per esempio merce invenduta), è necessario emettere un’autofattura con applicazione dell’IVA. Questa regola si applica indipendentemente dal fatto che l’IVA sia stata detratta al momento dell’acquisto.
L’autofatturazione è necessaria proprio perché al momento dell’acquisto l’IVA è stata detratta. Di conseguenza, quando i beni escono dalla sfera imprenditoriale, è necessario includere l’IVA nell’autofattura per garantire che l’imposta sia effettivamente assolta.
Esempio di autofattura per autoconsumo
A) Immaginiamo un professionista che deve cessare la propria attività. L’unico bene strumentale è un PC acquistato tre anni prima, che ora deve essere trasferito dalla sfera aziendale a quella privata. Se il valore contabile residuo del PC è di 1.000 €, e il valore attuale al momento della chiusura è di 500 €, allora l’autofattura dovrà riportare questo valore come importo di cessione. Se non si è in grado di valutare il bene, è possibile ricorrere all’ausilio di un perito per una valutazione.
B) Immaginiamo un commerciante in regime di contabilità IVA semplificata. Questi ha acquistato merce destinata alla vendita, con diritto alla detrazione dell’IVA. Se parte di questa merce rimane invenduta o viene autoconsumata, sarà necessario emettere un’autofattura, includendo l’IVA, per garantire che l’imposta venga correttamente contabilizzata.
Come comportarsi con la merce residua
Un’altra questione rilevante riguarda la gestione della merce residua al momento della chiusura dell’attività. Oltre all’autofatturazione, sono possibili diverse opzioni:
- Vendita della merce: Se si riesce a vendere la merce residua, si dovrà emettere regolare fattura con applicazione dell’IVA per i contribuenti ordinari.
- Donazione: È possibile donare la merce residua ad associazioni di beneficenza, emettendo una fattura con IVA per omaggi, se si opera nel regime ordinario.
- Distruzione e smaltimento: La merce può essere distrutta, ma è necessario seguire le normative vigenti in tema di smaltimento e produrre documentazione che attesti la corretta gestione dello smaltimento.
Autofattura per autoconsumo nel Regime Forfettario
La situazione è leggermente diversa per i contribuenti in regime forfettario. Come sappiamo, i contribuenti forfettari non applicano l’IVA e non possono portare in detrazione l’IVA sugli acquisti. Pertanto, al momento della chiusura dell’attività, l’autofattura per il trasferimento dei beni alla sfera privata non comporta l’applicazione dell’IVA.
Supponiamo un artigiano in regime forfettario, che deve chiudere la propria attività senza essere riuscito a vendere tutte le attrezzature. Al momento della chiusura, egli deve emettere un’autofattura per il valore residuo delle attrezzature. Poiché opera in regime forfettario, l’autofattura è fuori campo IVA, dato che non è mai stata detratta l’imposta al momento dell’acquisto.
Inoltre, questa autofattura non ha nessun impatto dal punto di vista reddituale per il contribuente forfettario. Infatti, per i contribuenti in regime forfettario rilevano solo i ricavi o compensi effettivamente incassati, mentre le plusvalenze o minusvalenze derivanti dall’autoconsumo di beni strumentali non hanno alcuna rilevanza ai fini delle imposte dirette.
Conclusioni
In questo articolo ho cercato di riassumere in modo pratico tutte le informazioni che possono essere utili per la chiusura della partita Iva di imprese individuali e professionisti. Inoltre, abbiamo visto anche la procedura automatica di chiusura delle partite Iva inattive, in caso di inattività che si protrae per oltre tre annualità. In ogni caso è sempre consigliabile andare a verificare lo status della propria posizione Iva direttamente dal portale dell’Agenzia delle Entrate, oppure accedendo al proprio cassetto fiscale. In ogni caso, al fine di evitare di commettere errori è importante affidarsi sempre all’assistenza di un dottore commercialista esperto.
Domande frequenti
Anche dopo la chiusura della partita Iva, è necessario conservare fatture, registri contabili e documentazione fiscale per il periodo legato agli accertamenti.
Sì, è obbligatorio dichiarare e pagare le tasse su tutti i redditi maturati fino alla data di cessazione dell’attività.