I piani di incentivazione (Long Term Cash Bonus Plan) corrisposti a lavoratori dipendenti strategicamente importanti sono imponibili nello Stato di residenza fiscale del lavoratore al momento del percepimento (non rileva più il periodo di maturazione o vesting period).
L’Agenzia delle Entrate ha recentemente operato un significativo dietrofront nella tassazione dei piani di incentivazione corrisposti a lavoratori dipendenti. Con la risposta a interpello n. 199 del 4 agosto 2025, l’Amministrazione finanziaria prevede che i bonus maturati all’estero sono sempre imponibili in Italia se percepiti da soggetti residenti, indipendentemente dal periodo e dal luogo di maturazione. Questo cambiamento di rotta rappresenta una svolta decisiva che ogni contribuente e azienda deve conoscere per evitare pesanti sanzioni fiscali.
Indice degli argomenti
- La tassazione dei bonus long term cash
- Il contrasto tra le risposte 81 e 199 del 2025: il cambio di orientamento
- Impatto su altri istituti retributivi di natura differita
- Convenzioni contro le doppie imposizioni: l’articolo 15
- Obblighi dichiarativi per il lavoratore
- Strategie di pianificazione e gestione del rischio fiscale
- Implicazioni per le aziende: adempimenti del sostituto d’imposta
- Consulenza online fiscalità internazionale
- FAQ – domande frequenti
- Fonti
La tassazione dei bonus long term cash
I Long Term Cash Bonus Plan rappresentano una componente retributiva strategica per i lavoratori altamente qualificati, specialmente in contesti multinazionali. Si tratta di piani di incentivazione monetaria che maturano su periodi pluriennali (tipicamente trienni) e vengono corrisposti al raggiungimento di specifici obiettivi aziendali o al completamento del periodo di vesting. La loro natura di retribuzione differita ha sempre posto complesse questioni fiscali, particolarmente rilevanti per i lavoratori che cambiano residenza fiscale durante il periodo di maturazione.
L’articolo 3 del TUIR stabilisce il principio cardine della tassazione dei residenti sui redditi ovunque prodotti nel mondo. Tuttavia, fino alla risposta n. 81/2025, l’Agenzia delle Entrate aveva adottato un’interpretazione favorevole per i bonus maturati all’estero, riconoscendo l’esenzione dalla tassazione italiana per le quote riferibili a periodi di lavoro e residenza estera. Questa impostazione seguiva una logica di territorialità basata sul periodo di maturazione, offrendo certezza ai lavoratori in mobilità internazionale.
La successiva risposta n. 199/2025 segna invece un cambio radicale di paradigma: il momento rilevante per determinare la tassazione diventa quello della percezione del bonus, non più quello della sua maturazione. Questo significa che un residente italiano che percepisce bonus maturati interamente all’estero durante periodi di residenza estera dovrà comunque assoggettarli a tassazione italiana, con aliquote che possono raggiungere il 43% per i redditi elevati.
La fattispecie analizzata dall’Agenzia delle Entrate
La risposta a interpello n. 199/2025 nasce dall’analisi di un caso specifico che coinvolge un dipendente di una multinazionale tedesca con stabile organizzazione in Italia. Il lavoratore aveva prestato la propria attività nel Regno Unito fino a dicembre 2023, mantenendo la residenza fiscale estera, per poi trasferirsi in Italia nel 2024 e diventare residente fiscale italiano.
Il piano di incentivazione prevedeva l’erogazione di bonus cash pluriennali secondo questa tempistica:
- Febbraio 2024: bonus maturato nel triennio 2021-2023 (attività interamente svolta nel Regno Unito);
- Febbraio 2025: bonus maturato nel triennio 2022-2024 (due terzi attività estera, un terzo italiana);
- Febbraio 2026: bonus maturato nel triennio 2023-2025 (un terzo attività estera);
- Febbraio 2027: bonus maturato nel triennio 2024-2026 (attività interamente italiana).
Il contrasto tra le risposte 81 e 199 del 2025: il cambio di orientamento
L’Amministrazione finanziaria a distanza di qualche mese ha cambiato il proprio orientamento in merito ai criteri di collegamento da adottare per la tassazione di questi redditi a corresponsione differita. Vediamo cosa è accaduto.
La prima posizione: risposta n. 81/2025 e il principio di territorialità
La risposta a interpello n. 81 pubblicata nel marzo 2025 aveva analizzato il caso di un lavoratore con residenza fiscale estera fino al 2023 e residenza italiana dal 2024, che aveva sottoscritto con una società inglese un piano di bonus pluriennali. L’Agenzia delle Entrate aveva applicato in modo letterale l’articolo 15, paragrafo 1, della Convenzione Italia-Regno Unito, conformemente al modello OCSE, stabilendo che se un residente dello Stato A presta la propria attività nello stesso Stato A, è questo Stato a vantare il diritto esclusivo di tassazione.
Secondo questa interpretazione, i bonus riferibili ad attività lavorativa svolta all’estero durante periodi di residenza estera sfuggivano alla tassazione italiana, anche se corrisposti successivamente al trasferimento della residenza in Italia. L’Amministrazione aveva preso le mosse dai principi già evidenziati nella precedente risoluzione n. 341/2008 e nella risposta n. 343/2020 relative al TFR, applicandoli specularmente ai bonus cash.
Questo orientamento riconosceva una frammentazione del diritto impositivo basata sui periodi di effettiva prestazione lavorativa: per un bonus maturato nel triennio 2021-2023 con attività interamente svolta all’estero, l’esenzione dalla tassazione italiana era totale; per bonus “a cavallo” tra periodi esteri e italiani, l’esenzione era proporzionale.
Il ribaltamento: risposta n. 199/2025 e la prevalenza della residenza al percepimento
Con la risposta n. 199 del 4 agosto 2025, l’Agenzia delle Entrate ha operato un completo dietrofront interpretativo. Il caso esaminato coinvolgeva un dipendente di una multinazionale tedesca che aveva lavorato nel Regno Unito con residenza estera fino a dicembre 2023, per poi trasferirsi in Italia nel 2024. I bonus pluriennali in questione coprivano vari trienni, alcuni interamente esteri, altri misti.
L’Amministrazione ha stabilito che il momento rilevante per la tassazione è esclusivamente quello della percezione del compenso, non quello della sua maturazione. La nuova interpretazione si basa su tre pilastri fondamentali. Primo, l’applicazione integrale dell’articolo 3 del TUIR che assoggetta i residenti a imposizione sui redditi ovunque prodotti, senza eccezioni per i redditi maturati in periodi di non residenza. Secondo, una lettura dell’articolo 15 delle Convenzioni che riconosce la tassazione concorrente sia nello Stato dove è stata svolta l’attività sia nello Stato di residenza al momento della percezione. Terzo, il richiamo al Commentario OCSE che al paragrafo 2.2 conferma come la tassazione nello Stato della fonte prescinda dal momento di percezione.
Questa nuova impostazione elimina ogni possibilità di esenzione parziale basata sui periodi di maturazione estera, allineando il trattamento dei bonus cash a quello già previsto per le stock option nella risoluzione n. 92/2009 e nella circolare n. 33/2020 (§ 7.8) sui lavoratori impatriati.
Impatto su altri istituti retributivi di natura differita
Il cambio di orientamento dell’Agenzia delle Entrate non si limita ai soli Long Term Cash Bonus, ma si estende sistematicamente a tutti gli istituti retributivi di natura differita. Questa interpretazione uniforme crea un quadro normativo coerente ma potenzialmente oneroso per i lavoratori internazionali.
Il TFR maturato durante periodi di lavoro all’estero con residenza estera diventa integralmente tassabile in Italia se percepito dopo il trasferimento della residenza. Non rileva che le quote siano state accantonate e maturate interamente all’estero: secondo la prassi amministrativa consolidata, l’intero importo soggiace alla tassazione italiana al momento dell’erogazione, con l’applicazione della tassazione separata prevista dall’articolo 17 del TUIR.
Le stock option e i piani di stock grant seguono la medesima logica impositiva. Come già stabilito nella risoluzione n. 92/2009, richiamata espressamente nella risposta n. 199/2025, l’intero valore delle azioni o dei diritti di opzione viene assoggettato a tassazione italiana se il dipendente è residente al momento dell’esercizio dell’opzione o dell’assegnazione delle azioni. Il periodo di vesting svolto all’estero con residenza estera diventa fiscalmente irrilevante, a prescindere dalla durata e dall’esclusività territoriale della prestazione lavorativa.
Anche i bonus di produttività, i premi di risultato e le indennità speciali maturate durante l’attività estera subiscono lo stesso trattamento. L’Amministrazione finanziaria applica il principio secondo cui la retribuzione differita mantiene la sua natura reddituale da lavoro dipendente ma viene tassata esclusivamente in base alla residenza fiscale del percettore al momento dell’incasso, indipendentemente dal luogo e dal periodo di maturazione economica del diritto.
I patti di non concorrenza sottoscritti con datori di lavoro esteri e le relative indennità, anche se riferibili a obblighi che si esplicano interamente all’estero, diventano imponibili in Italia se percepiti da soggetti che hanno acquisito la residenza fiscale italiana. La natura di questi compensi come redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente comporta l’applicazione del medesimo regime impositivo.
Convenzioni contro le doppie imposizioni: l’articolo 15
Le Convenzioni bilaterali contro le doppie imposizioni, basate sul Modello OCSE, disciplinano la ripartizione della potestà impositiva tra Stati per i redditi da lavoro dipendente. L’articolo 15 del Modello, recepito nella maggior parte delle convenzioni italiane, stabilisce che i salari e le remunerazioni analoghe sono tassabili nello Stato di residenza del lavoratore, salvo che l’attività sia svolta nell’altro Stato.
Secondo l’interpretazione dell’Agenzia delle Entrate nella risposta n. 199/2025, questo articolo non impedisce la tassazione concorrente quando il momento della percezione non coincide con quello della prestazione lavorativa. Il Commentario OCSE al paragrafo 2.2 dell’articolo 15 viene citato per sostenere che la tassazione nello Stato della fonte (dove è stata svolta l’attività) prescinde dal momento di effettivo pagamento della remunerazione.
Questa lettura comporta che il bonus riferibile ad attività svolta nel Regno Unito può essere tassato sia nel Regno Unito (in quanto Stato dove è stata prestata l’attività lavorativa) sia in Italia (in quanto Stato di residenza al momento della percezione). La doppia imposizione che ne deriva deve essere mitigata attraverso il meccanismo del credito d’imposta previsto dall’articolo 165 del TUIR, che tuttavia presenta limiti e complessità operative significative.
Le convenzioni più recenti sottoscritte dall’Italia includono talvolta clausole specifiche sui piani di incentivazione, ma nella maggior parte dei casi il trattamento resta disciplinato dalle norme generali dell’articolo 15. L’interpretazione estensiva adottata dall’Agenzia delle Entrate si allinea alla prassi internazionale prevalente, che tende a privilegiare i diritti impositivi dello Stato di residenza per le retribuzioni differite.
Obblighi dichiarativi per il lavoratore
I lavoratori che percepiscono bonus Long Term Cash devono adempiere a specifici obblighi dichiarativi nel modello Redditi Persone Fisiche. La corretta compilazione della dichiarazione richiede particolare attenzione quando i bonus si riferiscono a periodi di attività estera o sono erogati da soggetti non residenti.
Nel quadro RC del modello Redditi, i bonus percepiti da sostituti d’imposta devono essere indicati insieme agli altri redditi da lavoro dipendente, sommandosi all’importo riportato nella Certificazione Unica. Se il sostituto d’imposta ha correttamente applicato le ritenute sull’intero importo, inclusa la quota riferibile all’attività estera, il lavoratore non deve operare ulteriori adempimenti in questa sezione.
Quando il bonus è erogato direttamente da società estere senza stabile organizzazione in Italia, il lavoratore deve compilare la sezione II del quadro RC, indicando i redditi da lavoro dipendente prodotti all’estero. L’importo deve essere convertito in euro al cambio del giorno di percezione e assoggettato a tassazione ordinaria attraverso il calcolo dell’IRPEF dovuta in sede di dichiarazione.
Per beneficiare del credito d’imposta per i redditi prodotti all’estero, il contribuente deve compilare il quadro CE. È necessario indicare lo Stato estero dove è stata svolta l’attività, l’ammontare del reddito estero, le imposte pagate all’estero a titolo definitivo e il credito spettante. La documentazione comprovante il pagamento delle imposte estere (certificazioni fiscali, ricevute di versamento, tax assessment) deve essere conservata per eventuali controlli.
Nel caso di bonus riferibili a più annualità, alcuni dei quali con attività svolta in Italia e altri all’estero, è necessaria un’attenta ripartizione. Il lavoratore deve determinare la quota di bonus riferibile all’attività estera sulla base dei giorni effettivamente lavorati nei diversi Paesi durante il periodo di vesting. Questa ripartizione rileva esclusivamente per il calcolo del credito d’imposta, non per l’esenzione dalla tassazione italiana.
I lavoratori che hanno beneficiato del regime degli impatriati devono verificare se i bonus percepiti rientrino nelle agevolazioni previste. La circolare n. 33/2020 ha chiarito che le stock option e, per analogia, i bonus pluriennali maturati prima del trasferimento in Italia non beneficiano del regime agevolato, mentre quelli maturati successivamente possono accedere alle riduzioni previste se rispettati gli altri requisiti.
Strategie di pianificazione e gestione del rischio fiscale
La nuova interpretazione dell’Agenzia delle Entrate richiede una revisione delle strategie di pianificazione fiscale per i lavoratori soggetti a mobilità internazionale e per le aziende che gestiscono piani di incentivazione pluriennali.
Per i lavoratori che programmano il trasferimento in Italia, diventa cruciale valutare il timing ottimale del trasferimento in relazione alle date di maturazione e pagamento dei bonus. Anticipare o posticipare il cambio di residenza di pochi mesi può comportare differenze fiscali significative. La pianificazione deve considerare non solo i bonus cash ma l’intero pacchetto retributivo differito, incluse stock option e TFR.
Le aziende con dipendenti in mobilità internazionale devono rivedere le politiche di incentivazione e i contratti individuali. È opportuno prevedere clausole di tax equalization o tax protection che tengano conto del nuovo orientamento interpretativo. I sistemi di payroll devono essere adeguati per tracciare correttamente i periodi di maturazione e applicare le ritenute secondo la nuova prassi.
Dal punto di vista documentale, diventa essenziale mantenere un’accurata evidenza dei periodi di lavoro svolti nei diversi Paesi, delle date di cambio residenza fiscale e della correlazione tra bonus e periodi di vesting. Questa documentazione sarà fondamentale sia per la corretta compilazione delle dichiarazioni fiscali sia per eventuali contenziosi con l’Amministrazione finanziaria.
Implicazioni per le aziende: adempimenti del sostituto d’imposta
Le stabili organizzazioni italiane e le società residenti che erogano bonus a dipendenti con storia lavorativa internazionale devono adeguare le proprie procedure per garantire la corretta applicazione delle ritenute secondo il nuovo orientamento dell’Agenzia delle Entrate.
Il sostituto d’imposta deve applicare le ritenute sull’intero ammontare del bonus corrisposto al lavoratore residente in Italia, indipendentemente dal fatto che parte del periodo di maturazione sia riferibile ad attività svolta all’estero con residenza estera. Questo comporta la necessità di rivedere i sistemi di calcolo delle ritenute, che precedentemente potevano prevedere esenzioni parziali basate sulla frammentazione territoriale.
Per i bonus erogati da società estere del gruppo, la stabile organizzazione italiana potrebbe dover operare come sostituto d’imposta se sussiste un collegamento con il rapporto di lavoro italiano. In alternativa, il dipendente dovrà provvedere autonomamente al versamento delle imposte in sede di dichiarazione dei redditi. La circolare n. 33/2020 fornisce indicazioni operative su questi aspetti, anche se riferite specificamente al regime degli impatriati.
Per approfondire:
Consulenza online fiscalità internazionale
Il nuovo orientamento dell’Agenzia delle Entrate sui bonus da lavoro estero richiede un approccio strategico personalizzato per ciascuna situazione. La complessità delle normative internazionali e la necessità di coordinare obblighi fiscali in più giurisdizioni rendono indispensabile un supporto professionale qualificato.
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FAQ – domande frequenti
Non si applicheranno sanzioni e interessi secondo lo Statuto del Contribuente, ma potrebbero essere richiesti versamenti integrativi.
Il calcolo deve basarsi sui periodi effettivi di prestazione lavorativa nei diversi Stati durante il vesting period.
Sì, i principi espressi hanno valenza generale per tutti i rapporti convenzionali basati sul Modello OCSE.
Fonti
- Risposta a interpello Agenzia delle Entrate n. 81/2025
- Risposta a interpello Agenzia delle Entrate n. 199/2025
- Risoluzione Agenzia delle Entrate n. 341/2008
- Risoluzione Agenzia delle Entrate n. 92/2009
- Risposta a interpello n. 343/2020
- Circolare Agenzia delle Entrate n. 33/2020
- Risposta a interpello n. 783/2021
- Convenzione Italia-Regno Unito contro le doppie imposizioni, articolo 15
- Modello OCSE di Convenzione fiscale, articolo 15 e relativo Commentario