Detrazioni IRPEF 2025: come cambieranno?

Le detrazioni fiscali rappresentano da sempre uno...

Che cos’è l’accertamento esecutivo dell’Agenzia delle Entrate?

Fisco NazionaleRiscossione dei tributiChe cos'è l'accertamento esecutivo dell'Agenzia delle Entrate?

Gli avvisi di accertamento emessi dall'Agenzia delle entrate ai fini delle imposte sui redditi, IVA e IRAP sono “esecutivi” in quanto contengono l'intimazione ad adempiere al pagamento degli importi indicati entro i termini previsti.

La riscossione delle entrate erariali avviene, generalmente, attraverso la notifica di un avviso di accertamento esecutivo. Gli avvisi di accertamento per imposte sui redditi, IVA, IRAP e per i tributi locali, ma anche per i contributi INPS è previsto un meccanismo di riscossione senza il ruolo. Infatti, la caratteristica principale dell’accertamento esecutivo è quella legata al fatto che tale atto è di per se esecutivo e, di fatto, sostituisce la riscossione tramite ruolo (e quindi la cartella di pagamento).

In altri termini, attraverso il sistema dell’accertamento esecutivo, scompare la fase intermedia della riscossione legata alla notifica della cartella di pagamento. Tutto questo, di fatto, semplifica i tempi di riscossione dei tributi da parte dell’Agenzia delle Entrate. La riscossione coattiva comporta una realizzazione della pretesa erariale in tempi più celeri con maggiore incisività a far definire la pretesa debitoria da parte del contribuente.

Che cos’è un accertamento fiscale?

L’accertamento è una procedura con la quale è possibile determinare la base imponibile e tutte le imposte relative ai singoli tributi. Sulla base imponibile è poi determinata l’aliquota sulla quale è calcolata l’imposta da pagare. L’avviso di accertamento è l’atto con il quale l’Agenzia delle Entrate comunica al contribuente la pretesa tributaria. Ai sensi degli art. 42 e seguenti del DPR n. 600/73 questo documento deve contenere alcuni elementi essenziali (a pena di nullità):

  • L’indicazione dell’imponibile accertato;
  • L’indicazione delle aliquote applicate e delle imposte liquidate, al lordo ed al netto delle detrazioni, delle ritenute di acconto e dei crediti di imposta;
  • I presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che lo hanno determinato.

L’avviso di accertamento deve contenere l’intimazione ad adempiere, entro il termine per la proposizione del ricorso, all’obbligo di versamento delle somme richieste. Inoltre, l’accertamento deve riportare espressamente l’avvertimento che, decorsi 30 giorni dal termine ultimo per il pagamento, la riscossione delle somme richieste viene affidata ad Agenzia delle Entrate Riscossione.

Quale norma ha introdotto l’accertamento esecutivo?

L’art. 29 del D.L. n. 78/10 ha previsto l’applicazione dell’accertamento esecutivo per gli avvisi di accertamento che riguardano le imposte sui redditi, l’IVA e l’IRAP, ma anche le addizionali IRPEF, le ritenute (sia a titolo di acconto che di imposta), le imposte sostitutive di quelle dei redditi e le imposte liquidate mediante tassazione separata (es. arretrati da lavoro dipendente o TFR). Per quanto riguarda la notifica degli avvisi di accertamento, si deve fare riferimento alle disposizioni contenute nell’art. 60 del DPR n. 600/73.

Quando un accertamento diventa esecutivo?

Gli avvisi di accertamento diventano esecutivi decorso il termine utile per la proposizione del ricorso (60 giorni dalla notifica) e devono espressamente riportare l’avvertimento che, trascorsi 30 giorni dal termine utile per il pagamento, la riscossione delle somme richieste viene affidata agli agenti della riscossione (art. 29, co. 1, lett. b) del D.L. n. 78/10).

La notifica degli avvisi di accertamento esecutivi

La validità di un avviso di accertamento dipende dall’esistenza dei requisiti stabiliti dalle singole leggi e non dalla ritualità della sua notificazione. La notifica degli avvisi al contribuente deve essere eseguita secondo gli articoli 137 e seguenti del codice di procedura civile. Sono abilitati alla notifica degli atti impositivi:

  • I messi comunali (articolo 60 DPR n 600/73), ovvero
  • L’ufficiale giudiziario su istanza di parte o del Pubblico Ministero (articolo 137 CPC)

Il messo deve far sottoscrivere al consegnatario l’atto, ovvero, indicare i motivi per cui il consegnatario non l’ha sottoscritto. Qualsiasi notifica fatta a mezzo postale si considera effettuata alla data della spedizione. I termini che hanno inizio dalla notificazione decorrono dalla data in cui l’atto è ricevuto. Questo aspetto è molto importante. Spesso si tende a credere che un atto ricevuto per posta dopo il termine di prescrizione sia nullo. Può non essere così se la spedizione è avvenuta prima del termine di decadenza.

Pensa al caso di un avviso di ricevuto per posta il 03.01, quando il termine di decadenza era il precedente 31.12. Ebbene, occorre prestare la dovuta attenzione perché se la spedizione è avvenuta prima del 31.12 l’atto è effettivamente valido e notificato.

Altro aspetto che può indurre in errore è il luogo di notifica dell’avviso. L’atto deve essere notificato presso il domicilio Fiscale del destinatario. È facoltà del contribuente eleggere domicilio presso una persona o un ufficio per la notifica degli atti impositivi. Nel caso tale variazione deve essere portata a conoscenza dell’Agenzia delle Entrate.

Che succede se la notifica non si perfeziona?

Può accadere, nella pratica, che ci si trovi di fronte ad una ipotesi di mancata notifica dell’avviso di accertamento. Caso classico è quello legato ad un domicilio non reperibile, dove non vi sono abituazioni o uffici. Altra ipotesi di mancata notifica dell’avviso può riguardare i casi di trasferimento di residenza all’estero del contribuente destinatario dell’atto.

Ebbene, in questi casi, ovvero quando nel Comune nel quale deve eseguirsi la notificazione non vi è abitazione, ufficio o azienda del contribuente, l’avviso del deposito prescritto dall’articolo 140 del codice di procedura civile, in busta sigillata, si affligge nell’albo del Comune e la notificazione. Ai fini della decorrenza del termine per ricorrere, si ha per eseguita nell’ottavo giorno successivo a quello di affissione. Questo è quanto prescrive l’articolo 60 del DPR n. 600/73.

La notifica degli avvisi di accertamento per i soggetti residenti all’estero

Qualche precisazione ulteriore deve essere fatta per la notifica ai soggetti residenti all’estero. La notifica ai contribuenti non residenti è validamente effettuata mediante spedizione di lettera raccomandata con avviso di ricevimento all’indirizzo di residenza estera. Questo, qualora la notifica venga effettuata trascorso un periodo di almeno 60 giorni dal momento dell’avvenuta iscrizione AIRE. Altrimenti, è necessario effettuare la notifica all’ultimo domicilio italiano del contribuente.

In mancanza del predetto indirizzo la spedizione della lettera raccomandata con avviso di ricevimento è effettuato all’indirizzo estero indicato dal contribuente nelle domande di attribuzione del numero di codice fiscale. Inoltre, la notifica ai contribuenti non residenti è validamente effettuata qualora i medesimi non abbiano comunicato all’Agenzia delle Entrate l’indirizzo della loro residenza estera o del domicilio per la notifica degli atti. Pertanto, occorre prestare attenzione al fatto che, qualora l’Amministrazione finanziaria non abbia le informazioni per notificare un atto all’estero, per negligenza del soggetto destinatario, l’atto si considera automaticamente notificato.


La prescrizione

Prima di proseguire è necessario chiarire i termini a disposizione dell’Agenzia delle Entrate per notificare un avviso di accertamento esecutivo. Ebbene, l’Agenzia ha a disposizione termini diversi per effettuare un accertamento.

Ai sensi dell’articolo 43 del DPR n. 600/73, dopo le modifiche della Legge n.  208/2015, l’avviso di accertamento relativo alle imposte sui redditi deve essere notificato entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione. Lo stesso vale per l’IVA in virtù dell’articolo 57 del DPR n. 633/72 e vale per il monitoraggio fiscale di attività patrimoniali e finanziarie di fonte estera.

Nell’ipotesi di omessa dichiarazione, sempre a seguito della Legge n. 208/2015, sia per le imposte sui redditi sia per l’IVA, il termine di accertamento coincide con il 31 dicembre del settimo anno successivo a quello in cui la dichiarazione avrebbe dovuto essere presentata.

Gli avvisi di accertamento notificati, come indicato nel paragrafo precedente, dopo questi termini sono da considerarsi nulli. Per questo motivo dopo la notifica è opportuno verificare che non siano stati superati i termini di notifica di un atto impositivo. Nel caso in cui il contribuente si trovi a verificare una fattispecie di prescrizione dell’atto, non è necessario effettuare alcuna azione, l’atto è da considerarsi nullo. L’unica cosa da fare è quella di far valere la nullità dell’atto nei confronti dell’Ente che lo ha emesso.


I termini per intervenire

Una volta perfezionata la notifica dell’atto e verificati i termini di prescrizione occorre capire se e come intervenire sull’atto. Il primo aspetto da verificare, e che non si deve assolutamente dimenticare è il termine di intervento.

L’avviso di accertamento prevede obbligatoriamente un termine di intervento di 60 giorni successivi alla notifica. Con termine di intervento si intende il periodo che hai a disposizione per:

  • Contestare l’avviso di accertamento (in autotutela o con accertamento con adesione, o con istanza di reclamo mediazione/ricorso;
  • Procedere al pagamento delle pretese richieste. Questo qualora le pretese contenute nell’atto siano dovute.

Solitamente nel caso in cui il contribuente non concordi con le pretese fiscali richieste può presentare un’istanza in autotutela presso gli uffici. In caso di infruttuosità della procedura, non resta che presentare ricorso alla Commissione tributaria provinciale competente (ove necessario preceduto dall’istanza di reclamo/mediazione).

Qualsiasi sia la tua situazione se hai in mano un avviso di accertamento devi necessariamente capire quanti giorni hai ancora a disposizione per pensare a come intervenire. Per questo motivo è di fondamentale importanza contattare subito un dottore Commercialista esperto.

La verifica del quantum dell’Atto

Una volta individuato il tempo a disposizione per pagare o proporre ricorso, diventa necessario capire se le pretese impositive richieste dall’Amministrazione finanziaria risultano dovute. Nella maggior parte dei casi, è necessario affidarsi ad un dottore Commercialista esperto, in quanto i tecnicismi riportati nell’avviso di accertamento non sono di facile lettura. Tuttavia, ricorda che soltanto un occhio allenato e attento sa leggere se all’interno dell’avviso vi siano:

  • Errori formali, o
  • Errori sostanziali,

che permettano spazi di manovra per avviare un contenzioso con l’Amministrazione finanziaria.

Prima di instaurare un contenzioso tributario con il l’Agenzia delle Entrate, che comporta tempi lunghi e costi onerosi è bene valutare quali possono essere le scelte da fare per chiudere anzi tempo la lite. Infatti, in presenza di accertamenti ritenuti solo in parte fondati è opportuno fare alcuni calcoli prima di intraprendere la via del contenzioso. In alternativa all’impugnazione, che comporta:

  • Il pagamento delle sanzioni intere per la parte di soccombenza;
  • Il pagamento di 1/3 del tributo che viene automaticamente iscritto a ruolo,

occorre valutare i benefici della riduzione delle penalità offerti dai vari istituti deflativi. In sostanza, è possibile scegliere se, accettare in toto le contestazioni o, in alternativa, instaurare un contraddittorio con l’Amministrazione finanziaria nell’ambito dell’adesione. Oppure ancora, definire le sole sanzioni e impugnare comunque l’atto.


Le scelte del contribuente contestato

Andiamo ad analizzare, di seguito, quali sono le scelte che il contribuente ha a disposizione in caso di notifica di un avviso di accertamento.

Acquiescenza all’atto

In caso in cui la comunicazione ricevuta sia fondata su dati e valutazioni difficilmente contrastabili, il contribuente ha l’opportunità di ottenere una riduzione delle sanzioni irrogate, attraverso la rinuncia all’impugnazione dell’atto (art. 15 del D.Lgs. n. 218/97). Questo avviene tramite l’istituto dell’acquiescenza, ovvero l’accettazione delle pretese contenute nell’atto. In questo caso, le sanzioni irrogate si riducono:

  • Ad 1/3 dell’ammontare irrogato nell’atto, in via ordinaria;
  • Ad 1/6 dell’ammontare irrogato nell’atto, se l’atto non risulta preceduto da invito al contraddittorio o da un PVC definibili.

Per beneficiare di queste riduzioni è necessario che il pagamento delle somme dovute:

  • Imposte per intero;
  • Sanzioni ridotte;
  • Interessi di ritardato pagamento,

avvenga entro il termine di proposizione del ricorso. Ossia entro il termine di 60 giorni dalla notifica dell’atto. E’ opportuno precisare che il pagamento della pretesa, in questo caso, può avvenire in unica soluzione oppure ratealmente. Vediamo questo aspetto più avanti nella sezione dedicata al pagamento.

Istanza di annullamento in autotutela

Nel caso in cui il contribuente si renda conto che l’atto che gli è stato notificato presenti degli errori, questi ha la possibilità di chiederne la correzione. Questa procedura si concretizza mediante la presentazione di un’istanza in autotutela. Si tratta di una istanza in carta semplice da presentare, nel termine di 60 giorni, all’Ufficio che ha emesso l’atto. Tale ufficio, infatti, se prende atto di aver commesso un errore può annullare il proprio operato. Questi può correggersi senza attendere la decisione di un giudice. La competenza ad effettuare la correzione è generalmente dello stesso Ufficio che ha emanato l’atto.

Un atto illegittimo può essere annullato “d’ufficio”, in via del tutto autonoma, oppure su richiesta del contribuente. Nel caso in cui il contribuente intenda presentare un’istanza di correzione dell’atto in autotutela deve riportare nell’istanza:

  • L’atto di cui chiedi l’annullamento (totale o parziale);
  • I motivi che fanno ritenere tale atto illegittimo e, di conseguenza, annullabile in tutto o in parte.

Casi pratici di presentazione di istanza in autotutela

I casi più frequenti di autotutela si hanno quando l’illegittimità deriva da:

  • Errore di persona;
  • Evidente errore logico o di calcolo;
  • Doppia imposizione;
  • Errore sul presupposto dell’imposta;
  • Mancata considerazione di pagamenti regolarmente eseguiti;
  • Mancanza di documentazione successivamente presentata. Non oltre i termini di decadenza;
  • Sussistenza dei requisiti per fruire di deduzioni, detrazioni o regimi agevolativi, precedentemente negati;
  • Errore materiale del contribuente, facilmente riconoscibile dall’Amministrazione.

L’annullamento dell’atto illegittimo può essere effettuato anche se:

  • Il giudizio è ancora pendente;
  • L’atto è divenuto ormai definitivo per decorso dei termini per ricorrere;
  • Il contribuente ha presentato ricorso e questo è stato respinto per motivi formali (inammissibilità, improcedibilità, irricevibilità) con sentenza passata in giudicato.

L’annullamento dell’atto illegittimo comporta automaticamente l’annullamento degli atti ad esso consequenziali. Ad esempio, il ritiro di un avviso di accertamento infondato comporta l’annullamento della conseguente iscrizione a ruolo e delle relative cartelle di pagamento. Inoltre, in caso di annullamento vi è l’obbligo di restituzione delle somme riscosse sulla base degli atti annullati.


Accertamento con adesione

Nel caso in cui l’avviso di accertamento appaia parzialmente o totalmente infondato, il contribuente ha la possibilità di tentare una via conciliativa con l’Amministrazione Finanziaria. Questa procedura prende il nome di accertamento con adesione. L’accertamento con adesione non è altro che una via conciliativa dovrebbe sfociare in un accordo sottoscritto dalle parti. In questo caso il termine per impugnare l’atto di accertamento (l’irrogazione delle sanzioni è esclusa) è sospeso per un periodo di 90 giorni. Deve essere evidenziato che in caso di avvisi di accertamento esecutivi, l’istanza è sempre ammessa, ma deve trattarsi di accertamento non preceduto da invito a comparire emesso dall’Agenzia delle Entrate ai sensi dell’art. 5 del D.Lgs. n. 218/97.

Vantaggi dell’adesione

L’accertamento con adesione permette al contribuente di usufruire di una riduzione delle sanzioni amministrative. Tali sanzioni in caso di acquiescenza all’adesione sono dovute nella misura di 1/3 del minimo previsto dalla legge. Inoltre, per i fatti accertati, perseguibili anche penalmente, costituisce una circostanza attenuante il perfezionamento dell’adesione con il pagamento delle somme dovute prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado.

L’effetto “premiale” si concretizza nell’abbattimento fino a un terzo delle sanzioni penali previste e nella non applicazione delle sanzioni accessorie. Le somme dovute, così rideterminate, devono essere versate entro 20 giorni dalla redazione dell’atto di adesione. Inoltre, la definizione ha effetto sui contributi assistenziali e previdenziali. In pratica, il contribuente che concorda con l’Amministrazione finanziaria dovrà poi regolarizzare la sua posizione anche con gli enti previdenziali. Come abbiamo visto scegliere una strada piuttosto che un’altra ha delle ripercussioni di non poco conto, considerato il fatto che, se si sceglie, ad esempio, di effettuare l’accertamento con adesione, aumentano di 1/3 sanzioni che sarebbero irrogate se si accettasse subito la pretesa fiscale con l’acquiescenza. Mi riferisco al caso di adesione senza preventivo PVC. In pratica, maggiore è l’iter che si vuole seguire per chiudere la lite maggiori sono le sanzioni che vengono richieste.

Il ricorso tributario

Se il contribuente ritiene illegittimo o infondato un atto emesso nei suoi confronti (per esempio avviso di accertamento, cartella di pagamento) può rivolgersi alla Commissione tributaria provinciale. In questo modo può chiederne l’annullamento totale o parziale. Il processo tributario inizia con la proposizione del ricorso alla competente Commissione tributaria provinciale. Il ricorso deve essere notificato all’ufficio che ha emanato l’atto impugnato entro 60 giorni dalla data in cui il contribuente ha ricevuto il medesimo atto. Entro 30 giorni dalla data in cui ha provveduto alla notifica del ricorso, il contribuente deve costituirsi in giudizio. Cioè deve depositare o trasmettere alla Commissione tributaria copia del ricorso, con fotocopia della ricevuta di deposito o della spedizione per raccomandata a mezzo del servizio postale.

Per le controversie rientranti nel campo di applicazione della mediazione tributaria, qualora questa non sia stata conclusa, tale termine inizia a decorrere trascorsi novanta giorni dalla notifica del ricorso all’ente impositore. Il ricorso non esenta dal versamento, anche se provvisorio e in alcuni casi parziale, delle somme richieste con l’atto impugnato (ad esempio, per le imposte dirette e per l’IVA è prevista l‘iscrizione a ruolo di un terzo delle somme). Se il ricorso viene accolto, il tributo corrisposto in eccedenza rispetto a quanto stabilito dalla sentenza della Commissione deve essere rimborsato d’ufficio, con i relativi interessi, entro 90 giorni dalla notificazione della sentenza. In caso di mancata esecuzione del rimborso il contribuente può richiedere l’ottemperanza a norma dell’articolo 70 del D.Lgs. n. 546/92 alla Commissione tributaria provinciale. Ovvero, se il giudizio è pendente nei gradi successivi, alla Commissione tributaria regionale. In questo caso il contribuente andrà incontro quasi obbligatoriamente a tre gradi di giudizio (commissione tributaria provinciale, regionale, Cassazione).


Il versamento degli importi richiesti

Gli importi richiesti dall’avviso devono essere versati entro il termine per la presentazione del ricorso (generalmente nei 60 giorni dalla notifica) per:

  • L’intero ammontare;
  • Nella misura di 1/3 dell’importo dell’imposta, in caso di presentazione del ricorso tributario.

Il pagamento degli importi richiesti può avvenire anche successivamente al termine per il ricorso ma, nel caso, gli importi da corrispondere sono maggiorati.

Il pagamento degli importi richiesti con l’accertamento esecutivo avviene con versamento unificato (art. 17 del D.Lgs. n. 241/97), utilizzando il modello F24. Il versamento può essere effettuato anche con compensazione con crediti disponibili. Particolare attenzione deve essere prestata alla compilazione del modello F24, utilizzando i codici tributo istituiti con le risoluzioni n. 95/E/2011 e 78/E/2012 dell’Agenzia delle Entrate, che devono essere riportati nella sezione “Erario”. I campi “codice ufficio”, “codice atto” e “codice tributo” devono essere valorizzati attraverso le informazioni presenti nello stesso avviso di accertamento esecutivo.

In ogni caso il versamento delle somme dovute a seguito di acquiescenza e di accertamento con adesione si versano:

  • In unica soluzione – Entro 60 giorni dalla notifica;
  • Oppure, in forma rateale.

In entrambi i casi se la pretesa tributaria riguarda le imposte sui redditi, le imposte sostitutive delle imposte dirette, l’IVA e l’IRAP i versamenti dovranno essere effettuati tramite modello F24. Nel caso in cui, invece, la pretesa abbia come oggetto l’imposta di registro e le altre imposte indirette dovrà essere utilizzato per il pagamento il modello F23.

Entro dieci giorni dal versamento dell’intero importo o di quello della prima rata il contribuente deve far pervenire all’Ufficio impositore la quietanza dell’avvenuto pagamento. Solo a questo punto si ha la definizione dell’adesione, o l’accettazione del pagamento in forma rateale. Ricordiamo che per il versamento delle somme dovute il contribuente può effettuare la compensazione con eventuali crediti di imposta vantati, solo se gli importi a debito sono da versare tramite F24.

La dilazione delle somme

Gli importi dovuti a seguito di un accertamento esecutivo possono essere dilazionati, secondo quanto previsto dall’art. 19 del DPR n. 602/73, ma solo dopo che sono stati affidati dall’Agente della riscossione. La dilazione può riguardare l’intero importo richiesto, ma anche il terzo delle sole imposte (da versare se è stato presentato ricorso).

La dilazione può essere concessa senza limiti di importo e senza garanzie per un massimo di 72 rate mensili. La rateazione può essere estesa fino a 120 rate mensili se sussistono i requisiti della “dilazione straordinaria“. Per gli importi superiori a 60.000 euro il contribuente deve dimostrare di trovarsi in una situazione di obiettiva difficoltà. La dilazione comporta la decadenza in caso di mancato versamento di 5 rate anche non consecutive.

La riscossione coattiva dei tributi

Dal momento in cui gli importi richiesti dall’atto sono divenuti definitivi inizia la riscossione coattiva del tributi. Le somme, infatti, da quel momento sono affidate, telematicamente, all’Agente della riscossione. L’effetto principale per il contribuente è che da questo momento, nel rispetto delle disposizioni di legge, è possibile che vengano effettuate azioni cautelari nonché esecutive sui beni del contribuente debitore.

L’esecuzione forzata può essere effettuata una volta trascorso un periodo di 180 giorni dall’affidamento in carico agli agenti della riscossione degli atti. Questa sospensione non si applica per le azioni cautelari e conservative. Inoltre, la sospensione non opera in caso di accertamenti definitivi, nonché in caso di recupero di somme derivanti da decadenza dalla rateazione (art. 29, co. 1, lett. b) del D.L. n. 78/10).

Le misure cautelari e conservative (ipoteca e fermo, sequestro e revocatoria) del credito possono essere disposte da quando è affidato in riscossione. In questo caso, non opera la sospensione dei 180 giorni.

Ipoteca sugli immobili

Ai sensi dell’art. 77 del DPR n. 602/73, l’Agente della riscossione ha la possibilità di iscrivere ipoteca sugli immobili del debitore e dei coobbligati. Questa misura può essere applicata a condizione che il valore dei ruoli, tributari e non, sua superiore alla soglia di 20.000 euro. Deve essere evidenziato che l’ipoteca può essere iscritta anche nel caso in cui non vi siano le condizioni per l’espropriazione immobiliare, che presenta il limite di 120.000 euro di debito (art. 76 del DPR n. 602/73).

Fermo dei beni mobili registrati

L’Agente della riscossione, decorsi i 180 giorni dall’affidamento dell’importo ha la possibilità di iscrivere il fermo sui beni mobili registrati del debitore.


Consulenza fiscale online

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    Federico Migliorini
    Federico Migliorinihttps://fiscomania.com/federico-migliorini/
    Dottore Commercialista, Tax Advisor, Revisore Legale. Aiuto imprenditori e professionisti nella pianificazione fiscale. La Fiscalità internazionale le convenzioni internazionali e l'internazionalizzazione di impresa sono la mia quotidianità. Continuo a studiare perché nella vita non si finisce mai di imparare. Se hai un dubbio o una questione da risolvere, contattami, troverò le risposte. Richiedi una consulenza personalizzata con me.
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