Chiunque si accinga ad intraprendere un’attività libero professionale, come in questo caso l’attività degli studi di architettura, deve necessariamente conoscere il regime fiscale applicabile a questo tipo di attività, quando la si esercita come freelance. L’architetto è un professionista che si occupa di progettazione architettonica, pianificazione, restaurazione di monumenti, sia in ambito architettonico che urbanistico. Egli trova lavoro nell’ambito dell’edilizia, nel design, nell’arredamento e nella grafica.
Ma come si fa oggi a diventare un architetto? In questa guida pratica vedremo quali sono tutti gli adempimenti civilistici fiscali e previdenziali che riguardano l’attività di architetto.
Indice degli Argomenti
- Come diventare architetto
- Come funziona la professione di architetto?
- Quando e come devo aprire partita Iva come architetto?
- Come si apre la partita Iva da architetto?
- Come funzionano i contributi previdenziali per gli architetti? La gestione Inarcassa
- Emissione della fattura come architetto
- Consulenza fiscale online
Come diventare architetto
La parola architetto deriva dal greco arkhitekton, ed è composta dalle parole arkhi (capo) che significa autorità, superiorità, e la parola tekton (costruttore). Per poter diventare un architetto professionista è necessario svolgere un percorso formativo per poter in seguito essere abilitato ad esercitare la professione (attraverso il superamento dell’esame di stato). In Italia per poter diventare architetto e svolgere la professione occorre:
- Avere una laurea in architettura oppure una laurea in ingegneria edile;
- Ottenere l’abilitazione professionale, che si ottiene dopo aver superato un esame di stato che prevede due prove, una scritta e una orale;
- Iscriversi in seguito all’ordine professionale degli architetti.
- Apertura partita Iva;
- Iscrizione Inarcassa.
Iscrizione all’Ordine degli architetti
L’albo professionale degli architetti, al quale l’architetto può iscriversi soltanto dopo aver superato l’esame di stato di abilitazione, è suddiviso in due diverse sezioni. La Sezione “A” si occupa di architettura, paesaggistica, pianificazione territoriale e conservazione dei beni architettonici ed ambientali, dando alle figure iscritte al settore rispettivamente i titoli di:
- Architetto;
- Paesaggista;
- Pianificatore territoriale;
- Conservatore dei beni architettonici e ambientali.
La sezione “B” dell’albo, invece, si compone di architettura e pianificazione e fornisce alle figure interessate rispettivamente i titoli di architetto junior e pianificatore junior.
Per ottenere l’iscrizione all’Ordine è necessaria la presentazione di una domanda, da inviare su carta bollata e firmata alla presidenza dell’Ordine del luogo in cui risiede il richiedente. Va presentata altresì la seguente documentazione: il certificato di nascita, il certificato della cittadinanza italiana, il certificato che attesta che si è superato l’esame di Stato e una dichiarazione dove si dichiara che non si è presentata domanda per potersi iscrivere all’albo degli architetti in un’altra provincia.
Entro i tre mesi dalla presentazione della domanda, il Consiglio dell’Ordine potrà prendere una decisione specificando la motivazione. Questa delibera viene notificata entro cinque giorni per mezzo di una lettera raccomandata con ricevuta di ritorno. Si può eventualmente fare ricorso nel caso in cui la delibera risultasse negativa. Il ricorso va presentato all’Assemblea Generale dell’Ordine entro un mese dalla notifica per mezzo di una raccomandata e rivolto alla segreteria del Consiglio Nazionale degli architetti.
Ad oggi gli sbocchi lavorativi dell’architetto sono vari e si collocano principalmente nei settori dell’arredamento, del design, dell’edilizia e della grafica.
Come funziona la professione di architetto?
L’attività professionale di architetto può essere esercitata con diverse specializzazioni. Le attività principali sono tre, architettura, urbanistica e disegno industriale, ma poi possiamo distinguere queste figure professionali:
- Architetto edile;
- Architetto d’interni;
- Bio-architetto;
- Architetto del paesaggio;
- L’architetto pianificatore;
- Architetto conservatore.
Una volta ottenuta la laurea e superato l’esame di stato, ci si deve iscrivere all’Ordine degli Architetti, che a sua volta prevede due sezioni:
- La sezione A comprende architetti, paesaggisti, pianificatori territoriali e conservatori, mentre
- La sezione B gli architetti junior e i pianificatori junior, che hanno ottenuto solo la laurea triennale.
In tutti i casi, contestualmente deve avvenire anche l’iscrizione a INARCASSA, la cassa previdenziale dedicata ad ingegneri ed architetti.
Un discorso a parte merita chi non ha l’abilitazione come architetto, perché non ha ancora affrontato l’esame di stato. Spesso avviene all’inizio della professione, dopo la laurea: se già si lavora, è comunque possibile aprire la partita Iva con gestione separata Inps.
Quando e come devo aprire partita Iva come architetto?
La professione di architetto può essere esercitata con due diverse modalità:
- Con contratto di lavoro dipendente. In questo caso, solitamente si viene assunti da uno studio di architettura;
- Come attività di lavoro autonomo svolta in modo abituale e continuo. In questo caso l’attività è totalmente autonoma è deve essere esercitata con partita Iva.
L’apertura della partita Iva come architetto è un’operazione molto semplice, e non prevede costi da sostenere. Se si vuole operare con attività professionale autonoma una volta ottenuta l’iscrizione all’Ordine degli Architetti è necessario, effettuare l’apertura della partita Iva.
Il consiglio che posso darti è quello di affidarti, per tutti gli aspetti fiscali, ad un dottore Commercialista, che ti seguirà ti seguirà ed affiancherà in tutto il tuo percorso professionale. Inoltre, come vedremo l’ausilio di un consulenza fiscale esperto è fondamentale nella scelta del regime fiscale che dovrai utilizzare, in ottica di un corretto tax planning.
Come si apre la partita Iva da architetto?
La partita Iva può essere richiesta in formato cartaceo o telematico all’Agenzia delle Entrate, attraverso il modello AA9/12. Di seguito il link per scaricare il modello:
Si tratta di un modello dove è necessario inserire una serie di informazioni che saranno utili all’Agenzia delle Entrate sia per capire che professione andrete a svolgere. In particolare le informazioni essenziali sono:
- I tuoi dati anagrafici;
- L’indirizzo della sede della tua attività, quindi l’ufficio o l’indirizzo della tua abitazione;
- Il luogo di tenuta delle scritture contabili (presso la sede o presso un consulente).
Sul punto meritano un particolare approfondimento:
- La scelta del codice attività e
- La scelta del regime fiscale da applicare.
Vediamo in dettagli questi due aspetti importanti legati alla partita Iva da architetto.
Qual è il codice attività per architetto?
Il codice attività, definito dalla classificazione Ateco, è un sistema di codici che identificano unicamente le attività professionali e commerciali che possono essere esercitate. Per la professione di architetto il codice Ateco da utilizzare è il seguente:
Tale codice attività riguarda le attività tipiche di uno studio di architettura, ovvero, la consulenza in campo architettonico, la progettazione di edifici e la stesura dei progetti, la pianificazione urbanistica e l’architettura del paesaggio.
Da questo codice attività sono escluse:
- L’attività di consulenti informatici;
- L’attività degli studi di ingegneria e l’arredamento di interni, (Ateco “74.10.00“).
Naturalmente per l’iscrizione del codice Ateco relativo agli studi di architettura è necessaria l’iscrizione all’Albo.
Qual è il migliore regime fiscale per gli architetti?
La scelta del regime fiscale da applicare è fondamentale per ogni professionista che vuole avviare la propria attività. Scegliere un regime fiscale piuttosto che un altro determinerà il vostro carico fiscale annuale, e per questo un’accurata pianificazione fiscale effettuata dal tuo Commercialista ti aiuterà a scegliere il regime che maggiormente si adatta alla vostre caratteristiche.
Di seguito voglio provare a fornirti alcune indicazioni sui due regimi fiscali che puoi applicare come architetto. Si tratta:
- Della contabilità semplificata;
- Del regime forfettario.
Vediamoli in dettaglio.
Il regime della contabilità semplificata per architetti
La contabilità semplificata è un regime che prevede l’applicazione dell’Iva e delle ritenute d’acconto in fattura. Il professionista, quindi, deve tenere la contabilità relativa ai costi (pagati) e ai ricavi (incassati) per ogni anno. Trimestralmente dovrà essere liquidata l’Iva derivante dalla differenza tra l’Iva addebitata al cliente e quella accreditata sulle fatture pagate ai fornitori. Si tratta di un regime che prevede la tassazione ad Irpef del reddito professionale determinato dalla differenza tra ricavi imponibili e costi deducibili, ai sensi del DPR n. 917/86.
Il regime forfettario per gli architetti
Oltre alla contabilità semplificata per i professionisti con fatturato annuo inferiore ai €. 85.000 è possibile adottare un regime fiscale maggiormente vantaggioso sia in termini di adempimenti che di imposte da versare. Si tratta del c.d. “Regime forfettario“, introdotto dalla Legge n. 190/2014, successivamente modificata dalla Legge n. 208/2015. Si tratta di un regime di vantaggio che può essere scelto dai professionisti che rientrano in determinati requisiti (che abbiamo riportato in questo articolo).
Il regime fiscale forfettario prevede una tassazione forfettaria del reddito professionale derivante dall’attività, da calcolare in percentuale rispetto ai ricavi annui. In pratica, significa che il reddito dell’attività è calcolato in base ad una percentuale da applicare sui ricavi generati. In pratica nessun costo dell’attività diventa deducibile.
Nel regime forfettario, per i professionisti, i ricavi non possono superare i €. 85.000 annui. Questo significa, ad esempio, che se i ricavi annui sono stati di €. 10.000 i costi forfettari sono pari a €. 2.200, e il reddito imponibile €. 7.800 (78% di €. 10.000). Su tale reddito deve essere applicata l’imposta sostitutiva del 15%, che per i primi 5 anni di attività, può ridursi sino al 5%.
I contributi Inarcassa o Inps (iscrizione alla gestione separata) sono deducibili dal fatturato e vanno sottratti prima di calcolare la quota di tasse del 5% da pagare allo Stato.
Come funzionano i contributi previdenziali per gli architetti? La gestione Inarcassa
Oltre alla gestione degli adempimenti fiscali i professionisti iscritti ad un Albo professionale, come gli architetti, sono tenuti all’iscrizione alla propria cassa previdenziale di appartenenza. Per gli ingegneri e gli architetti la cassa professionale di riferimento è l’Inarcassa.
L’iscrizione a questa cassa non è obbligatoria, ma nel caso in cui l’architetto non voglia aderirvi è obbligato ad iscriversi alla Gestione separata dell’Inps (cosa non consigliabile).
Per gli iscritti all’Inarcassa è previsto il pagamento di contributi minimi (soggettivo ed integrativo, congiuntamente al contributo maternità) tramite bollettino precompilato M.A.V. elettronico inviato a tutti gli iscritti, almeno un mese prima della scadenza.
Il contributo soggettivo
Il contributo soggettivo si applica sul reddito professionale generato annualmente dall’architetto. La percentuale di calcolo da applicare sul reddito professionale è variabile nel tempo in quanto modificabile ogni due anni (art. 9 del Regolamento Generale Previdenza). Inoltre, a decorrere dal 2013 l’iscritto, anche pensionato Inarcassa, può versare un contributo soggettivo facoltativo in aggiunta a quello obbligatorio.
È comunque previsto un contributo minimo, da corrispondere indipendentemente dal reddito professionale dichiarato, il cui ammontare varia annualmente in base all’indice annuale ISTAT.
Il contributo soggettivo minimo è dovuto per intero dagli iscritti pensionati di Inarcassa, fatta eccezione per i pensionati di invalidità Inarcassa e per i pensionati percettori dell’assegno per figli con disabilità grave erogato dall’Associazione, che dovranno il contributo nella misura del 50%.
Contributo soggettivo facoltativo
A decorrere dal 1 gennaio 2013 l’iscritto, anche pensionato Inarcassa, può versare un contributo soggettivo facoltativo in aggiunta a quello obbligatorio. Si tratta di una contribuzione volontaria che offre la possibilità di incrementare il montante contributivo e conseguentemente l’ammontare delle prestazioni pensionistiche.
L’importo che l’iscritto può versare è calcolato in base ad un’aliquota modulare compresa tra l’1% e l’8,5%, applicata sul reddito professionale netto dichiarato ai fini IRPEF.
Il versamento può essere effettuato dopo la presentazione della dichiarazione riferita ai redditi dell’anno precedente, in un’unica soluzione oppure tramite versamenti multipli, entro il 31 dicembre dell’anno in corso.
Essendo un contributivo facoltativo potrà essere versato in anni discontinui. E’ interamente deducibile ai fini fiscali.
Contributivo integrativo
La percentuale di calcolo è pari al 4% del volume di affari IVA prodotto nell’anno solare, al netto delle fatture emesse relative a prestazioni estere ed è ripetibile nei confronti del committente della prestazione.
Il contributo integrativo è dovuto da tutti i professionisti iscritti all’albo professionale e titolari di partita IVA anche se iscritti alla Gestione Separata INPS. I liberi professionisti che svolgono attività di lavoro autonomo, diversa da quella che genera il reddito di impresa, che non sono iscritti ad un Cassa professionale, ma iscritti alla Gestione Separata INPS, alla quale versano i contributi previdenziali hanno la facoltà di addebitare in fattura anche il 4% del corrispettivo lordo a titolo di rivalsa.
Una parte del contributo integrativo corrisposto dagli iscritti è riconosciuto ai fini previdenziali con una aliquota inversamente proporzionale all’anzianità retributiva maturata al 31/12/2012:
- il 50% per i professionisti che al 31/12 hanno una anzianità Inarcassa fino a 10 anni ed in caso di pensionamento a 70 anni;
- 43,75% per i professionisti che al 31/12 hanno una anzianità Inarcassa compresa tra i 10 ed i 20 anni;
- 37,50% per i professionisti che al 31/12 hanno una anzianità Inarcassa compresa tra i 20 ed i 30 anni;
- 25% oltre 30 anni di anzianità in quota retributiva o in caso di pensionato di altro ente.
Viene introdotta una soglia massima di volume d’affari Iva annuale.
È previsto un contributo minimo, da corrispondere indipendentemente dal volume di affari IVA dichiarato, il cui ammontare varia annualmente in base all’indice annuale ISTAT.
Il contributo integrativo non è assoggettabile all’IRPEF e non concorre alla formazione del reddito professionale.
Contributo di maternità/paternità
Nel contributo di maternità è compresa la quota per la copertura economica dell’ indennità di paternità. Il contributo deve essere versato, insieme ai minimi soggettivo e integrativo, in due rate il 30 giugno e il 30 settembre di ogni anno.
Il contributo è interamente deducibile ai fini fiscali.
La deducibilità dei contributi previdenziali
L’articolo 10, comma 1, lettera e) del D.P.R. 917/86 prevede che dal reddito complessivo si deducano i contributi previdenziali versati, (contributi soggettivo, contributo di maternità/paternità, contributo integrativo rimasto a carico del professionista), e quelli versati facoltativamente (riscatti, ricongiunzione, volontari) alla gestione pensionistica obbligatoria di appartenenza.
La deducibilità segue regole diverse in funzione del regime fiscale del contribuente:
- Regime fiscale ordinario: i contributi versati per ciascun anno, obbligatori e volontari, sono deducibili fino a capienza del reddito complessivo e vanno indicati nel quadro RP della dichiarazione fiscale Persone Fisiche.
- Regime fiscale di vantaggio o regime forfetario. Occorre distinguere tra contributi obbligatori e contributi facoltativi:
- i contributi obbligatori vanno indicati nel quadro LM con conseguente abbattimento del reddito professionale imponibile ai fini fiscali.
- i contributi facoltativi invece devono essere indicati esclusivamente nel quadro RP e dedotti dal reddito complessivo.
Emissione della fattura come architetto
La prestazione d’opera intellettuale oggetto dell’attività dell’architetto costituisce un operazione imponibile ai fini Iva. Il DPR n. 633/72 definisce normativamente quando una prestazione d’opera intellettuale si intende eseguita, ovvero al momento del pagamento del corrispettivo. Al verificarsi di tale evento conseguono una serie di obblighi formali (fatturazione e registrazione contabile), nonché il versamento dell’imposta che diventa esigibile da parte dello Stato.
La fattura è un documento nel quale devono essere identificati i soggetti dell’operazione e l’oggetto della prestazione. L’articolo 21 del DPR n. 633/72 definisce quali sono gli elementi essenziali della fattura:
- Data e numero progressivo;
- Denominazione dei soggetti tra i quali è avvenuta l’operazione;
- Partita Iva del soggetto committente e del soggetto che esegue l’operazione;
- Descrizione della natura dell’operazione posta in essere dall’Avvocato;
- Corrispettivo della prestazione, comprensivo del contributo integrativo alla Cassa di Previdenza Avvocati, che rappresenta una somma imponibile ai fini Iva;
- Aliquota ed Iva calcolata sull’imponibile.
Come abbiamo detto, la fattura deve essere emessa al momento del pagamento del corrispettivo, rimanendo giuridicamente del tutto irrilevante la conclusione del contratto, l’incarico o la firma del mandato professionale. Quanto al termine entro cui emettere la fattura, questa deve essere emessa entro il giorno in cui avviene il pagamento del corrispettivo. Nel caso in cui venga effettuato un pagamento parziale la prestazione si considererà effettuata limitatamente al pagamento eseguito.
La ritenuta alla fonte
Il meccanismo della ritenuta è disciplinato dall’articolo 25 del DPR n. 600/73. La ritenuta opera secondo un meccanismo che vede coinvolti due soggetti: il sostituto d’imposta, ovvero il soggetto che effettua il pagamento relativo a prestazioni di lavoro autonomo, e il sostituito, colui che ha reso la prestazione professionale e che riceve il compenso. Il sostituto al momento dell’erogazione del compenso deve trattenere una somma pari al 20% della parte imponibile del compenso medesimo, che costituisce acconto sull’imposta sul reddito delle persone fisiche (Irpef). I soggetti tenuti ad operare la ritenuta sono indicati dall’articolo 23 comma 1 DPR n. 600/73.
In definitiva, il professionista ogni qualvolta effettua una prestazione professionale nei confronti di questi soggetti riceverà un compenso decurtato dell’importo corrispondente alla ritenuta d’acconto. Il sostituto d’imposta dovrà poi versare la ritenuta, secondo i tempi e i modi stabiliti dalla Legge.
Consulenza fiscale online
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