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Amazon paga le tasse negative: come è possibile?

Fiscalità InternazionaleAmazon paga le tasse negative: come è possibile?

Amazon è al secondo anno di tassazione fiscale negativa ottenuta attraverso investimenti miliardari, ma anche attraverso il sapiente utilizzo di paradisi fiscali per la locazione delle società del gruppo.

Amazon, l’norme società di E-commerce viene spesso accusata di non pagare tasse o di pagarne pochissime.

Secondo un’analisi dell’Institute for Taxation and Economic Policy (ITEP), (uno dei principali gruppi di giustizia fiscale degli Stati Uniti), lo scorso anno Amazon ha ottenuto uno sgravio fiscale di 129 milioni di dollari, l’equivalente di un’aliquota fiscale federale negativa dell’uno per cento.

Per Amazon è il secondo anno consecutivo di imposte negative.

Pare che Amazon, cerchi di convincere le località statunitensi a offrirgli i più grandi pacchetti di sussidi per cercare di forzarlo a localizzare il suo secondo quartier generale lì.

Amazon

In che modo Amazon sta fuggendo dalle tasse? un recente documento pubblico dice che:

Abbiamo benefici fiscali relativi alle franchigie in eccesso basate su azioni e alle detrazioni di ammortamento accelerate utilizzate per ridurre il reddito imponibile degli Stati Uniti [e]. . . Al 31 dicembre 2018, il nostro riporto della perdita operativa netta federale era di circa $ 627 milioni e avevamo circa $ 1,4 miliardi di crediti d’imposta federali potenzialmente disponibili per compensare le passività fiscali future.

La società non fa niente di illegale, ma è molto abile a sfruttare la permissiva legislazione statunitense e i buchi di quella europea (in cui si discute della web tax), così da pagare pochissime tasse senza commettere reati.

La scarsa trasparenza nei dati fiscali

La prima cosa da tenere presente è che Amazon non pubblica la sua dichiarazione fiscale completa negli Stati Uniti. Per questo motivo non possiamo sapere con esattezza quante tasse paga, dove e perché. Nei prospetti finanziari destinati agli azionisti sono inseriti soltanto alcuni conteggi fiscali: utili per farsi un’idea, ma non sono la dichiarazione fiscale vera e propria.

I dati del 2018 di Amazon fanno riflettere. Come puoi vedere dal grafico sottostante, a fronte di 11 miliardi di dollari di reddito tassabile negli USA, il valore delle imposte dovute “current provision“, è negativa per 129 milioni di dollari. In questa voce vengono accogli gli accantonamenti per i futuri pagamenti delle imposte.

Tutto questo che cosa significa?

Ebbene, sostanzialmente Amazon nel corso del 2018 non ha pagato un solo dollaro di imposta, ma anzi ha ricevuto un credito dal sistema fiscale USA (dall’IRS) un credito fiscale pari a 129 milioni di dollari.

L’osservazione importante che possiamo ricavare da questi dati è che Amazon accumula moltissimi crediti fiscali che le permettono di coprire le imposte sui suoi redditi. Per esempio perdite deducibili, o crediti fiscali legati ad investimenti. L’aspetto che deve interessare è che questa azienda, grazie anche ai suoi elevati margini, investe moltissime risorse in investimento e questo le permette di poter ridurre il proprio carico fiscale. Per questo motivo, da due anni si trova in una situazione di credito nei confronti del sistema fiscale USA.

Quello che questo dato dimostra è che Amazon accumula moltissimi crediti fiscali che le permettono di non pagare tasse, per esempio perdite deducibili oppure crediti dovuti a investimenti, e che lo fa più rapidamente di quanto accumuli profitti tassabili. Questo permette alla società di trovarsi in una situazione di “credito” nei confronti del sistema fiscale statunitense.

Il complesso sistema fiscale di Amazon

Amazon è da tempo molto criticata, insieme a tutte le altre grandi società del web, per i complessi schemi di pianificazione fiscale utilizzati. Si tratta di schemi, più o meno noti, creati (sfruttando i vuoi normativi nella fiscalità internazionale) per ridurre al minimo le imposte dovute.

In particolar modo le società USA utilizzano schemi di pianificazione fiscale soprattutto per cercare di ridurre le imposte dovute nell’Unione Europea.

Tanto per fare qualche esempio quando Jeff Bezos stava cercando una sede per la sua libreria-online, Amazon.com, nel 1994, la sua prima scelta è stata una riserva di nativi americani. Questo gli avrebbe portato importanti agevolazioni fiscali, ma poi il governo della California ha bloccato tutto.
La tappa successiva è stata Seattle, prima sede della società, che Bezos ha scelto perché lo Stato di Whashington aveva una popolazione piccola. All’epoca solo quei rivenditori con una presenza fisica in uno stato pagavano le tasse sulle vendite, quindi uno stato di origine con una piccola popolazione significava il carico fiscale più basso possibile. Le vendite effettuate in altri stati più popolosi non sarebbero tassate.

In particolare, l’elaborato schema fiscale utilizzato da Amazon in Europa, negli ultimi anni, ha al centro il Lussemburgo. Un Paese, questo, che è al centro di buona parte degli schemi di pianificazione fiscale di moltissime multinazionali che lo sfruttano come sede di Holding, oppure come destinatario finale delle attività, sotto forma di ente non commerciale.

Il tutto, senza contare il fatto che il Lussemburgo è uno dei centri finanziari che garantiscono segretezza bancaria, anche questo è uno degli elementi che rendono molto attraente questo Paese per le multinazionali. Amazon è arrivata per la prima volta in Lussemburgo nel 2003 e in pochi mesi ha ottenuto un accordo confidenziale con le autorità fiscali del Paese.

La pianificazione fiscale di Amazon

La strategia fiscale di Amazon in Europa è sempre stata fondata nel mettere il Lussemburgo al centro delle attività europee del gruppo. Sebbene il sistema di tax planning del gruppo sia estremamente complicato, questo prevede, in buona sostanza, la seguente interazione tra le entità presenti in Lussemburgo e quelle residenti negli Stati Uniti:

  1. Amazon Europe Holding Technologies SCS (AEHT) è una società di diritto lussemburghese che ha il diritto legale di utilizzare la proprietà intellettuale o IP di Amazon al di fuori degli Stati Uniti. Poiché si tratta di una tipologia particolare di entità denominata “non-resident partnership“, qualsiasi somma ricevute da altre società del gruppo Amazon in cambio del diritto di utilizzare tale IP è esente da imposte in Lussemburgo;
  2. Amazon EU Sarl, entità che gestisce le attività europee di Amazon. Questa società paga ad AEHT centinaia di milioni di euro in “diritti di autore” per la proprietà intellettuale di intangibles sfruttati dalle società operative. Il costo dei canoni è deducibile dal reddito e va ad abbassare il reddito imponibile di questa società (e quindi la sua tassazione effettiva);
  3. Il terzo punto della strategia prevede il trasferimento dei canoni da AEHT alla società statunitense di Amazon. Questo per commissioni legate al diritto di concedere in licenza tale IP in Europa.

I governi europei nel tempo hanno sostenuto che i canoni tra le due società lussemburghesi fossero troppo alti, ed esentasse. Allo stesso tempo il governo statunitense ha sostenuto che i canoni restituiti alla casa madre USA fossero troppo bassi. Sostanzialmente, l’obiettivo del tax planning di Amazon è sempre stato quello di ridurre il carico fiscale complessivo del gruppo. Tuttavia, probabilmente, questa strategia che è durata sino ad ora, probabilmente è destinata a cambiare nel prossimo futuro. Proviamo a ragionare insieme sulle motivazioni.

Aumenta il monopolio, diminuiscono le tasse

Amazon, ha una capitalizzazione di mercato di 800 miliardi di dollari, che la rende la seconda società più preziosa al mondo, proprio dietro ad Apple, con 805 miliardi di dollari.

Come buona parte delle più grandi multinazionali opera in regime di monopolio (o meglio oligopolio). Inutile girarci attorno:

Amazon è, il più grande monopolista del mondo.

Controlla gran parte dell’infrastruttura su cui i suoi concorrenti vendono i loro prodotti o utilizzano i servizi di cloud computing.

Acquisizione di quote di mercato di Amazon e forti investimenti

Questa posizione di potere gli consente di uccidere o ferire i suoi concorrenti sul potere di mercato che non ha nulla a che fare con un vero affare economico produttività, innovazione o imprenditorialità.

Molti attori dell’economia digitale devono pagare una “tassa Amazon” privata per rimanere in affari. Inoltre, Amazon potrebbe usare il suo enorme potere di mercato esistente per costringere i consumatori e gli altri a pagare prezzi più alti.

Tuttavia, chiunque abbia ordinato cose economiche su Amazon sentirà che ovviamente non lo ha fatto. Questo perché nel corso del temo Amazon ha storicamente preferito costruire quote di mercato più elevate mantenendo i suoi prezzi relativamente bassi.

Teoricamente, questa strategia di vendita a basso costo potrebbe aver ridotto i suoi profitti. Tuttavia, profitti bassi e alti investimenti hanno avuto il vantaggio (per Amazon) di tagliare le sue tasse.

L’altro vantaggio, insieme al beneficio fiscale, è che i suoi prezzi bassi hanno contribuito a uccidere i suoi concorrenti e i suoi fornitori, permettendole di costruire non solo quote di mercato, ma potere di mercato.

Amazon una volta aveva il compito di avvicinarsi e acquistare concorrenti. Non è una coincidenza che quasi tutti le persone più ricche del mondo sono monopolisti che si sono arricchiti esercitando potere sui mercati.

Gli analisti hanno a lungo sostenuto che la strategia di Amazon è stata quella di costruire il potere di mercato per un pò, poi in seguito, una volta accumulata abbastanza da dover iniziare a preoccuparsi di una risposta democratica, per iniziare a flettere i suoi muscoli e raccogliere i profitti.

Ma forse la sua ricerca di scappatoie e attività di lobbying continuerà a contenere il gettito fiscale. Lo vedremo nei prossimo anni. E tu che cosa ne pensi? Condivi, se vuoi, la tua opinione nei commenti. Altrimenti, contattami per una consulenza!

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    Andrea Baldini
    Andrea Baldinihttps://fiscomania.com/
    Laurea in Economia Aziendale nel 2014 presso l'Università degli Studi di Firenze. Collabora stabilmente nella redazione giornalistica di RadioRadio nel ambito fiscale. Appassionato da sempre di Start-up, ha il sogno di diventare business angel per il momento opera come consulente azienda nel mondo delle Start up. [email protected]
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