L’Agenzia delle Entrate consente di applicare l’agevolazione impatriati solo dal momento della richiesta o dall’esercizio dell’opzione in dichiarazione. Non è possibile il recupero dell’agevolazione per le annualità per le quali non si è fatto richiesta. Di parere diverso la giurisprudenza di merito.
Un aspetto particolare che riguarda l’agevolazione impatriati, ovvero l’incentivo fiscale per il rientro dei lavoratori in Italia, riguarda la modalità di applicazione del regime ed il recupero dell’agevolazione per le passate annualità. La modalità di applicazione del regime e soprattutto la possibilità di recuperare le annualità per cui non si è presentata tempestiva richiesta sono temi dibattuti, con posizioni divergenti tra Agenzia delle Entrate e giurisprudenza.
Indice degli argomenti
- Riferimenti normativi
- Modalità di fruizione dell’agevolazione impatriati
- Importi agevolati non fruiti recuperabili in caso di errore del datore di lavoro
- L’apertura della giurisprudenza: ammessa l’istanza di rimborso
- Le conseguenze pratiche dell’orientamento giurisprudenziale
- Hai perso annualità dell’agevolazione impatriati? Posso aiutarti a recuperarle
Riferimenti normativi
Questo articolo analizza principalmente la precedente versione dell’agevolazione disciplinata dall’art. 16 del D.Lgs. n. 147/2015. In assenza di chiarimenti specifici sulla nuova normativa (art. 5 del D.Lgs. n. 209/2023), i principi qui esposti possono essere estesi per analogia anche al regime attualmente in vigore.
Modalità di fruizione dell’agevolazione impatriati
In linea generale, l’agevolazione impatriati è applicabile solo dalla richiesta. Si tratta del momento in cui il lavoratore ne fa richiesta esplicita (tramite datore di lavoro o in dichiarazione dei redditi). Sul punto vedasi la Circolare n. 33/E/2020 e la Risposta ad interpello n. 59/E/2020.
Le modalità di fruizione dell’agevolazione sono diverse a seconda che si tratti di lavoratore dipendente o autonomo. Vediamo le due casistiche di seguito, secondo quanto indicato dalla Circolare n. 33/E/2020.
Fruizione dell’agevolazione per i lavoratori dipendenti
Per beneficiare del regime agevolato il lavoratore deve presentare una richiesta scritta al datore di lavoro. Questi è chiamato ad applicare il beneficio economico a partire dal periodo di paga successivo a quello della richiesta (dal primo anno di residenza fiscale italiana del lavoratore). Inoltre, in sede di conguaglio dalla data dell’assunzione, mediante l’applicazione delle ritenute sull’imponibile ridotto alla percentuale di reddito tassabile.
Nelle ipotesi in cui il datore di lavoro non abbia potuto riconoscere l’agevolazione il contribuente può fruirne, in presenza dei requisiti richiesti dalla norma, direttamente nella dichiarazione dei redditi. In questo caso il reddito da lavoro dipendente deve essere indicato nella misura ridotta: Certificazione Unica per i lavoratori impatriati.
Fruizione dell’agevolazione per i lavoratori autonomi
I lavoratori autonomi, invece, possono accedere al regime fiscale agevolato direttamente in sede di presentazione della dichiarazione dei redditi o, in alternativa, direttamente in sede di applicazione della ritenuta di acconto operata dal committente sui compensi percepiti.
In quest’ultimo caso il professionista è chiamato a presentare a ciascun committente una richiesta scritta, così che il committente, all’atto del pagamento del corrispettivo, opera la ritenuta del 20% sull’imponibile ridotto alla percentuale di reddito tassabile (vedasi anche Circolare n. 17/E/2017, Parte II, Paragrafo 4.2.2).
Fruizione in dichiarazione dei redditi
Nei casi in cui il lavoratore non abbia formulato alcuna richiesta al proprio datore di lavoro nel periodo di imposta in cui è avvenuto il rimpatrio, né abbia dato evidenza nelle relative dichiarazioni dei redditi, i cui termini di presentazione sono scaduti, per detti periodi di imposta l’accesso al regime deve considerarsi precluso. Al riguardo, la Circolare n. 33 (citata) fa presente che per “termine di presentazione” deve prendersi a riferimento quello ordinario di presentazione del Modello Redditi Persone Fisiche.
Nel caso in cui il contribuente non si sia avvalso dell’agevolazione al momento della presentazione della dichiarazione, ad esempio nel modello 730 presentato nei termini, può avvalersene presentando nei termini ordinari il Modello Redditi Persone Fisiche (c.d. “correttiva nei termini“).
Si considerano comunque valide le dichiarazioni presentate entro 90 giorni dalla scadenza del termine, salva l’applicazione delle sanzioni amministrative per ritardo (c.d. “dichiarazioni tardive“). Pertanto, ai fini della fruizione dell’agevolazione possono presentare la dichiarazione tardiva i contribuenti che per scelta o per errore non hanno presentato la dichiarazione dei redditi entro la scadenza, indicando i redditi agevolati in misura ridotta.
L’Agenzia poi ammette anche la possibilità di poter presentare la c.d. “integrativa nei 90 giorni“, potendo sempre fruire dell’agevolazione (in quanto anche tale casistica è utile a sanare l’infedeltà, vedasi Circolare n. 55/E/2001 e la Risoluzione n. 325/E/2002). Questo in quanto l’integrativa presentata nei 90 giorni sostituisce quella presentata nei termini.
Oltre i termini dichiarativi annualità agevolata preclusa
Deve essere evidenziato che una volta trascorso il suddetto periodo, è preclusa la possibilità di indicare il reddito agevolabile in misura ridotta. Pertanto, per l’Agenzia delle Entrate, quindi è preclusa la possibilità di presentare una dichiarazione dei redditi c.d. “integrativa a favore” oltre il termine di 90 giorni dalla scadenza ordinaria. Quindi, l’integrativa a favore con richiesta di rimborso delle imposte dovute non appare ipotesi applicabile per l’Agenzia delle Entrate.
L’Amministrazione finanziaria con la Risposta n. 59/E/2020 ha affrontato il caso di una contribuente rientrata in Italia che aveva “perso” la possibilità di fruire l’agevolazione in quanto non ne aveva fatto richiesta al datore di lavoro ed i termini di presentazione della dichiarazione relativa al sul primo anno di residenza fiscale in Italia (anno di rientro) erano ormai passati. L’Agenzia conferma l’impossibilità di fruire dell’agevolazione per quell’anno, con la possibilità di usufruire dell’agevolazione per le annualità successive.
Non ammessa la remissione in bonis
Per l’Amministrazione finanziaria non si configurano le condizioni per accedere all’istituto della remissione in bonis, la quale ammette la possibilità di esercitare tardivamente l’opzione per un beneficio fiscale o un regime agevolato quando il contribuente “abbia tenuto un comportamento coerente con il regime opzionale prescelto ovvero con il beneficio fiscale di cui intende usufruire (c.d. “comportamento concludente”), ed abbia soltanto omesso l’adempimento formale normativamente richiesto, che viene posto in essere successivamente“.
Agevolazione fruibile per i restanti periodi di imposta
Nel caso in cui i termini di presentazione risultino scaduti, resta comunque ferma la possibilità per il contribuente di fruire del regime in esame per i restanti periodi di imposta del quinquennio agevolabile, con le modalità su esposte, applicando il regime in base alle disposizioni in vigore nel periodo di imposta in cui ha trasferito la residenza fiscale in Italia (attenzione al cambiamento della normativa avvenuto con il D.L. n. 34/2019).
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Importi agevolati non fruiti recuperabili in caso di errore del datore di lavoro
Sul tema una interessante casistica chiarita dall’Agenzia delle Entrate riguarda il recupero delle maggiori imposte assolte dai dipendenti in caso di mancata applicazione del regime agevolato per errore del datore di lavoro.
Il riferimento è quello della Risposta ad interpello n. 275/E/2022 ove l’Amministrazione finanziaria ha confermato la possibilità di recuperare, tramite il datore di lavoro (sostituto di imposta) le maggiori imposte assolte per la mancata applicazione della detassazione su alcune componenti di reddito. Il caso è quello di una multinazionale che non aveva applicato l’agevolazione sui proventi derivanti dalla partecipazione ad alcuni piani di azionariato da parte dei lavoratori impatriati suoi dipendenti.
L’Agenzia ha confermato che tali proventi (fringe benefit derivanti dall’assegnazione di stock option o RSU) rientrano a pieno titolo nei redditi da lavoro dipendente di cui all’art. 51 del TUIR, risultando agevolabili per l’agevolazione (vedi risposta 78/E/2020 e 854/E/2021). Tali componenti reddituali, per errore, avevano scontato ordinaria tassazione IRPEF, senza fruire del beneficio spettante.
In questo caso l’Agenzia ha chiarito che il sostituto di imposta ha la possibilità di ricalcolare il reddito imponibile dei lavoratori applicando la detassazione anche sui redditi derivanti dalla partecipazione a piani di azionariato ed effettuando il rimborso delle maggiori ritenute operate nei confronti di questi lavoratori. La correzione della situazione per l’azienda datore di lavoro passa attraverso la presentazione di un modello 770 integrativo per le annualità oggetto di errore e la rettifica delle Certificazioni Uniche emesse ai lavoratori. Queste nuove certificazioni possono permettere ai lavoratori di regolarizzare la propria situazione attraverso la presentazione di una dichiarazione dei redditi integrativa.
L’apertura della giurisprudenza: ammessa l’istanza di rimborso
Sulla questione la posizione della giurisprudenza si è messa su un piano diverso rispetto a quello tenuto dall’Amministrazione finanziaria.
Le prime sentenze delle Commissioni Tributarie
La giurisprudenza di merito ha assunto una posizione nettamente divergente rispetto alla prassi amministrativa. Diverse pronunce hanno riconosciuto la legittimità dell’istanza di rimborso delle imposte versate in eccesso per mancata applicazione del regime impatriati.
La Commissione Tributaria Provinciale di Milano con sentenza n. 4779/1/21 e la Commissione Tributaria Regionale della Lombardia con sentenza n. 4023/22 hanno ammesso la possibilità di presentare istanza di rimborso anche in assenza di richiesta al datore di lavoro.
Particolarmente significativa la sentenza n. 412/21/2025, che ha stabilito un principio chiaro: il diritto al rimborso fondato per legge non può essere negato per la mancata osservanza delle indicazioni di una circolare ministeriale. La valenza normativa della prassi amministrativa è infatti inferiore alla legge e non può contraddirla. Dello stesso tenore anche le recenti posizioni della Corte di Giustizia di II grado della Lombardia, con la sentenza n. 1118/24.
L’intervento della Corte di Cassazione
La questione ha trovato definitiva soluzione con una serie di importanti ordinanze della Suprema Corte.
Ordinanza n. 34655/2024: ha ammesso la presentazione di un’autonoma istanza di rimborso da parte del contribuente per recuperare l’agevolazione spettante ma non fruita.
Ordinanza n. 15234/2025: ha ribadito che i lavoratori rimpatriati possono accedere al regime agevolato anche senza richiesta al datore di lavoro, beneficiando dello sconto fiscale direttamente in dichiarazione o tramite istanza di rimborso. La pronuncia, pur con un percorso argomentativo complesso, stabilisce che il beneficio spetta una volta soddisfatti i requisiti sostanziali, senza che possa essere negato per il presunto carattere opzionale dell’agevolazione.
Ordinanza n. 23256/2025: ha confermato il diritto all’agevolazione e all’istanza di rimborso, precisando che il divieto di rimborso introdotto con il D.L. 34/2019 non opera retroattivamente.
Ammessa l’integrativa a favore oltre il termine di 90 giorni
Ordinanza n. 30569/2025: la più recente pronuncia del 20 novembre 2025 rappresenta la conferma definitiva dell’ammissibilità della dichiarazione integrativa a favore oltre il termine di 90 giorni. Il caso riguardava un contribuente trasferitosi in Italia nel 2016 che aveva richiesto il rimborso IRPEF per le annualità 2016-2020, senza aver mai presentato richiesta al datore di lavoro né indicato l’agevolazione nelle dichiarazioni presentate nei termini ordinari.
L’Agenzia delle Entrate aveva riconosciuto il rimborso solo per le annualità 2018-2020, negandolo invece per il 2016 e 2017. La ragione del diniego risiedeva nel fatto che l’adesione al regime era avvenuta con dichiarazioni integrative presentate il 15 febbraio 2020, quindi oltre il termine di 90 giorni dalla scadenza ordinaria che, secondo la Circolare n. 33/2020, preclude l’accesso al beneficio.
La Corte di Cassazione ha accolto le ragioni del contribuente, smentendo esplicitamente l’interpretazione della Circolare n. 33/2020. Il ragionamento della Suprema Corte si fonda sul principio che l’agevolazione prevista dall’art. 16 del D.Lgs. 147/2015 non risulta subordinata ad appositi adempimenti prescritti dalla legge (ma solo dalla prassi amministrativa). La decadenza dal regime è ricollegata dalla norma esclusivamente all’ipotesi in cui la residenza in Italia non sia mantenuta per almeno due anni, come previsto dall’art. 3 del DM 26 maggio 2016.
In altre parole, non esistendo una decadenza normativa espressamente prevista per la presentazione della richiesta, il contribuente non può essere privato del beneficio spettante per il solo fatto di aver formalizzato la richiesta oltre i termini indicati dalla prassi amministrativa.
L’ordinanza richiama espressamente i precedenti orientamenti della stessa Suprema Corte (Cassazione n. 15234/2025 e n. 34655/2024), confermando che il beneficio deve essere riconosciuto ai lavoratori che provino di possedere tutti i requisiti sostanziali, indipendentemente dalla modalità e dai tempi di presentazione della richiesta.
Il rimborso come modalità di applicazione
La Corte di Giustizia Tributaria di II grado della Lombardia, con sentenza n. 1118/24, ha fornito un’importante chiave interpretativa: l’agevolazione impatriati non rappresenta un “esercizio di opzione” ma una modalità di applicazione dell’imposta.
Questa distinzione è fondamentale. Come affermato dai giudici:
“Se non vi è dubbio che costituisca diritto del contribuente richiedere l’applicazione della tassazione di favore nella dichiarazione dei redditi, è altrettanto vero che il mancato esercizio di tale diritto in dichiarazione non possa in alcun modo precludere la richiesta di rimborso della maggiore imposta pagata rispetto a quella dovuta, in relazione al possesso dei prescritti requisiti di legge.”
L’agevolazione, quindi, non è una scelta tra regimi alternativi (come l’opzione per il regime forfettario), ma rappresenta la corretta modalità di applicazione dell’imposta per chi possiede determinati requisiti. Il diritto al regime agevolato sorge automaticamente al verificarsi delle condizioni sostanziali previste dalla legge.
Ammessa la dichiarazione integrativa ultra-tardiva
Un ulteriore passo avanti è stato compiuto dalla Corte di Giustizia Tributaria di I grado di Sondrio con sentenza n. 51/1/24. Il caso riguardava un contribuente rientrato in Italia che aveva applicato il regime solo nell’anno successivo a quello di prima residenza fiscale. Per recuperare la prima annualità, aveva presentato una dichiarazione integrativa ultra-tardiva (oltre i 90 giorni).
L’Agenzia aveva negato il credito richiesto, ritenendo impossibile l’applicazione del regime tramite integrativa ultra-tardiva. La Corte di Sondrio ha invece riconosciuto questa possibilità, affermando che i termini per l’esercizio dell’integrativa non escludono l’applicazione dell’agevolazione quando i requisiti sostanziali sono soddisfatti.
Le conseguenze pratiche dell’orientamento giurisprudenziale
Alla luce della giurisprudenza consolidata, i contribuenti che possiedono i requisiti sostanziali per il regime impatriati ma non hanno presentato tempestiva richiesta hanno oggi concrete possibilità di recuperare le annualità precedentemente escluse.
Le strade percorribili sono:
- Dichiarazione integrativa a favore anche oltre i 90 giorni dalla scadenza ordinaria;
- Istanza di rimborso ai sensi dell’art. 38 del DPR n. 602/73.
È importante sottolineare che il diritto al rimborso segue i termini ordinari di prescrizione, che permettono di recuperare le annualità ancora non prescritte.
La persistente incertezza e i rischi operativi
Nonostante l’orientamento favorevole della giurisprudenza, permane una situazione di incertezza dovuta alla divergenza con la prassi dell’Agenzia delle Entrate. Chi decide di procedere con dichiarazione integrativa o istanza di rimborso deve essere consapevole che:
- L’Agenzia potrebbe inizialmente negare il rimborso richiesto;
- Potrebbe essere necessario ricorrere alla giustizia tributaria per ottenere il riconoscimento del diritto;
- I tempi di definizione della controversia potrebbero essere lunghi.
Tuttavia, l’orientamento ormai consolidato della Cassazione fornisce solide basi per il successo dell’azione in sede contenziosa.
Il nuovo regime dal 2024 e le implicazioni
Con il D.Lgs. n. 209/2023 è entrato in vigore un nuovo regime impatriati a partire dal 2024. Sebbene manchino ancora chiarimenti ufficiali sulla questione specifica delle dichiarazioni integrative, appare ragionevole ritenere che i principi affermati dalla giurisprudenza per il vecchio regime possano trovare applicazione anche per il nuovo, condividendo entrambi la stessa natura di agevolazione legata al possesso di requisiti sostanziali.
Hai perso annualità dell’agevolazione impatriati? Posso aiutarti a recuperarle
Se sei rientrato in Italia con i requisiti per il regime impatriati ma non hai presentato tempestiva richiesta, le recenti pronunce della Cassazione ti offrono concrete possibilità di recupero delle imposte versate in eccesso.
La situazione richiede però un’attenta analisi del caso specifico per valutare:
- La sussistenza dei requisiti sostanziali nelle annualità da recuperare;
- La strategia più efficace (dichiarazione integrativa vs istanza di rimborso);
- I termini di prescrizione applicabili;
- Le probabilità di successo e i rischi dell’operazione.
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