La fuoriuscita dal regime dei minimi con il passaggio al Regime Forfettario o al regime della Contabilità semplificata ha delle conseguenze. Il venir meno dei requisiti di permanenza nel regime dei minimi ha delle conseguenze che scoprirai in questo articolo.
Il Regime di vantaggio per l’imprenditoria giovanile e i lavoratori in mobilità, c.d. “regime dei minimi“, di cui all’articolo 27 del D.L. n. 98/11 presenta un aliquota d’imposta sostitutiva di grande appeal: il 5%.
Questo appeal ha portato a partire dal 2012 un numero sempre maggiore di soggetti a sfruttare i vantaggi di questo regime fiscale agevolato, che poteva essere utilizzato per le nuove Partita IVA, fino al 31 dicembre 2015.
Dal primo gennaio 2016, tale regime rimane in vigore soltanto per tutti quei soggetti che ne possiedono i requisiti di permanenza fino, alla naturale scadenza del regime (max 5 anni dall’apertura, o raggiungimento del 35° anno di età).
Tuttavia, la permanenza nel regime e la relativa possibilità di sfruttare i benefici che ne derivano è condizionato dall’inderogabile rispetto di alcuni requisiti di permanenza. Per un approfondimento sui requisiti potete consultare il seguente articolo “Partite Iva: come sfruttare il regime di vantaggio per l’imprenditoria giovanile“.
Il mancato rispetto di questi requisiti comporta l’automatica fuoriuscita dal regime, a partire dall’esercizio successivo a quello in cui si verifica la perdita del requisito.
L’unico caso in cui la fuoriuscita dal regime si verifica nello stesso anno della perdita di uno dei requisiti si ha quando il soggetto ha incassato compensi per oltre €. 45.000 nell’intero anno.
Fuoriuscita dal regime dei minimi
Quando un soggetto supera i limiti relativi al regime dei minimi, ad esempio superando il volume massimo di fatturato di € 30.000 ha due opzioni a disposizione:
- L’ingresso nel Regime Forfettario;
- L’ingresso nel Regime di Contabilità Semplificata.
Si tratta di due opzioni alternative da valutare con attenzione. Il Regime Forfettario è molto simile al regime dei minimi. La Contabilità Semplificata, invece, è un regime fiscale più complesso che prevede l’applicazione dell’IVA.
Vediamo questi aspetti in dettaglio.
Conseguenze dell’uscita dal regime dei minimi per il Regime Forfettario
Un soggetto che fuoriesce dal regime dei minimi può entrare in modo automatico nel Regime Forfettario. Si tratta di un regime fiscale sostanzialmente simile al regime dei minimi.
Anche in questo caso non ci sono IVA e ritenute di acconto. Non si è soggetti all’IRAP e alla tenuta delle scritture contabili. Sostanzialmente si tratta di un altro regime di vantaggio per le piccole partite IVA che fatturano fino a € 65.000 annui.
Per approfondire ti lascio a questo articolo dedicato: “Regime Forfettario: guida“
Conseguenze dell’uscita dal regime dei minimi per la Contabilità Semplificata
Le conseguenze della fuoriuscita dal regime si avranno sia da un punto di vista contabile che fiscale.
Dal primo punto di vista, l’entrata nella contabilità semplificata comporta l’obbligo di tenuta della scritture contabili obbligatorie (libro giornale, libro cespiti). Mentre dal secondo punto di vista le conseguenze si avranno sia sotto il profilo delle imposte sul reddito, sia sotto il profilo IVA.
Per quanto riguarda le imposte sui redditi, l’articolo 1 comma 122 della Legge n. 244/07 stabilisce le regole attuative che possono essere schematizzate nelle seguenti fattispecie:
Componenti positivi e negativi
Il passaggio dal regime di cassa a quello di competenza, se non gestito correttamente può dare luogo a salti o duplicazioni d’imposta. Per tale motivo i componenti negativi che sono stati dedotti in quanto pagati nel regime dei minimi , non possono essere dedotti, in quanto di competenza, nell’anno successivo in cui si applica il regime ordinario. Ovviamente questa regola non vale per il professionista che lascia il regime dei minimi per accedere al regime ordinario, perché viene mantenuto il medesimo principio di cassa.
Le perdite
Le perdite maturate all’interno del regime dei minimi sono riportabili a nuovo anche se viene lasciato il regime.
Si possono avere, quindi, perdite riportate a nuovo nel quinquennio anche se il soggetto è diventato un imprenditore in regime semplificato. Il riporto delle perdite sarà illimitato se le stesse si sono formate nei primi tre anni di attività.
I beni strumentali
Durante l’applicazione del regime dei minimi l’acquisto di beni strumentali comporta una deduzione integrale che avviene nel momento in cui il bene viene pagato al fornitore.
Con il passaggio al regime ordinario il bene strumentale presenta un valore fiscale pari a zero, per cui una eventuale cessione genererà plusvalenza per l’importo totale del corrispettivo pattuito.
Unica eccezione è rappresentata dai beni strumentali ad utilizzo promiscuo (autoveicoli) che sono stati dedotti, in regime dei minimi, al 50% del costo. Ciò dovrebbe comportare che solo il 50% del corrispettivo per la cessione sia considerato come plusvalenza tassabile.
Le rimanenze finali
Le merci acquistate e pagate all’interno del regime dei minimi sono state pagate e dedotte senza che il costo fosse sospeso dal dato delle rimanenze finali.
E’ chiaro che se transitando al regime ordinario si avesse un apertura del conto economico con le rimanenze iniziali vi sarebbe una doppia deduzione.
Secondo la Circolare n. 7/E/2008 dell’Agenzia delle Entrate, se le merci in rimanenza sono state pagate e quindi dedotte, esse non possono essere considerate come rimanenze iniziali. Mentre al contrario se le merci non sono state pagate esse rappresentano il dato fiscale delle rimanenze iniziali del regime ordinario.