Trasferirsi all’estero non elimina i debiti tributari né il rischio di azioni legali. È importante fare un’analisi della situazione finanziaria e patrimoniale. L’accesso al Codice della Crisi d’Impresa può essere una soluzione per risolvere la propria situazione debitoria.
Una delle domande più frequenti che mi viene posta in consulenza riguarda la possibilità di trasferirsi all’estero mantenendo debiti fiscali pendenti con l’Erario. La risposta è inequivocabile: il trasferimento della residenza all’estero non produce alcun effetto estintivo sui debiti tributari preesistenti.
I debiti fiscali continuano ad esistere, restando in capo al debitore, indipendentemente dal cambio di residenza anagrafica e fiscale. La normativa nazionale, infatti, non prevede alcuna forma di automatica cancellazione delle pendenze tributarie per effetto dell’emigrazione.
La questione assume particolare rilevanza considerando che l’Agenzia delle Entrate – Riscossione ha sviluppato negli anni strumenti sempre più sofisticati per la riscossione internazionale dei crediti tributari, rendendo illusoria la strategia di chi pensa di sottrarsi ai propri obblighi fiscali semplicemente trasferendosi oltre confine.
L’effetto finale è che chi crede di “fuggire” all’estero per evitare di pagare i propri debiti fiscali, potrebbe restarne spiacevolmente colpito. Infatti, il debitore anche se trasferito, resta sempre inciso dalla propria situazione. Se poi il debito non viene assolto, potrebbe trovarsi inciso da interessi di mora, e dalle possibilità di pignoramento da parte del creditore. Infatti, anche all’estero l’agente della riscossione continuerà a svolgere attività volte ad interrompere i termini di prescrizione (attraverso la notifica di lettere di sollecito).
Indice degli Argomenti
- Trasferirsi all’estero per non essere raggiunto dai creditori: è possibile?
- Il quadro normativo di riferimento
- La notifica degli atti impositivi all’estero
- Le modalità di riscossione internazionale
- Il recupero crediti all’estero
- Monitorare i debiti fiscali prima di un trasferimento all’estero
- Le implicazioni per i soggetti IVA
- Consulenza fiscale online
Trasferirsi all’estero per non essere raggiunto dai creditori: è possibile?
La possibilità di spostare la propria residenza fuori dall’Italia, potrebbe sembrare uno strumento utile a dissuadere i creditori dall’effettuare azioni cautelari nei confronti del debitore. Infatti, spesso, l’intento di chi decide di trasferirsi all’estero con una situazione debitoria in essere non è azzerare il debito, ma trovare un modo per non essere raggiunto dal proprio creditore.
L’aspetto da non sottovalutare è che, comunque, la notifica di atti (come lettere di sollecito, riepiloghi di scadenze, ma anche gli atti giudiziari, etc) possono avvenire comunque. Questo sia presso il luogo di ultima residenza nota del debitore, ma anche presso l’indirizzo AIRE. Questo tipo di notifiche permettono comunque di raggiungere l’obiettivo, ovvero interrompere i termini di prescrizione del debito.
Il quadro normativo di riferimento
Il principio cardine che governa la materia trova la sua fonte nell’articolo 2 del DPR n. 600/1973 e nell’articolo 163 del DPR n. 917/1986 (TUIR), secondo cui i debiti tributari sono collegati alla soggettività fiscale del contribuente e non alla sua residenza attuale.
La recente riforma della fiscalità internazionale, attuata con il D.Lgs. 27 dicembre 2023, n. 209, ha ulteriormente precisato i contorni della residenza fiscale, ma non ha modificato il principio secondo cui i debiti tributari mantengono la loro efficacia indipendentemente dal successivo trasferimento del debitore.
La notifica degli atti impositivi all’estero
Uno degli aspetti più delicati riguarda la modalità di notificazione delle cartelle esattoriali e degli atti di accertamento ai contribuenti trasferiti all’estero. Un cittadino residente all’estero può ricevere notifiche da parte dell’Agenzia delle Entrate o dell’Agenzia delle Entrate Riscossione italiane.
Il creditore ha la possibilità di notificare atti impositivi al debitore, anche se questi vive all’estero. Infatti, l’art. 60, primo comma, lett. c), del DPR n. 600/73 precisa che “la notificazione deve essere fatta nel domicilio fiscale del destinatario”, quindi la residenza (anagrafe dei soggetti residenti o AIRE). La successiva lettera e) dello stesso comma dispone che, quando nel Comune del domicilio fiscale “non vi è abitazione, ufficio o azienda del contribuente”, la notificazione è eseguita mediante deposito di copia dell’atto nella casa comunale.
Attenzione! |
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Se non si comunica alle autorità la propria residenza all’estero, la residenza italiana rimane valida e si rischia di trovare le notifiche al ritorno in Italia. |
Da evidenziare che queste stesse disposizioni trovano applicazione anche per la notifica di atti da parte dell’agente di riscossione. L’ultimo comma dell’articolo 26 DPR n. 602/73 stabilisce, infatti, che “per quanto non è regolato dal presente articolo si applicano le disposizioni dell’articolo 60” del DPR n. 600/73. Quindi, l’articolo rende applicabili, nell’ipotesi della notificazione di atti tributari da parte dell’agente della riscossione al contribuente residente all’estero, le sopraesposte lettere c) ed e) del primo comma del richiamato articolo 60.
Per questo motivo è importante valutare in anticipo la propria situazione, prima di ipotizzare un trasferimento all’estero. Come indico in un altro mio articolo sull’argomento, è importante prima del trasferimento non sottovalutare mai il proprio passato.
Per approfondire: |
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Notifica di atti tributari a soggetti iscritti AIRE: la procedura |
Tre regole per il trasferimento di residenza all’estero |
Le modalità di riscossione internazionale
L’evoluzione normativa degli ultimi anni ha dotato l’Amministrazione finanziaria di strumenti sempre più efficaci per la riscossione internazionale. La Direttiva 2010/24/UE, recepita in Italia con il D.Lgs. n. 149/2012, ha introdotto il meccanismo dell’assistenza reciproca in materia di riscossione dei crediti tributari tra Stati membri dell’Unione Europea.
Questo significa che l’Agenzia delle Entrate – Riscossione può richiedere alle autorità fiscali del Paese di residenza del debitore di procedere alla riscossione coattiva del credito tributario italiano. Il meccanismo si applica per crediti superiori a 1.500 euro e coinvolge tutti i Paesi UE.
Per i Paesi extra-UE, esistono specifiche Convenzioni bilaterali contro le doppie imposizioni che spesso prevedono clausole di assistenza nella riscossione. Ho personalmente gestito casi in cui l’Agenzia ha attivato questi canali anche verso Paesi tradizionalmente considerati “paradisi fiscali”.
Il recupero crediti all’estero
Il recupero dei crediti può avvenire anche se il debitore vive all’estero. Questo, specialmente, se il trasferimento è avvenuto in uno dei Paesi UE. Questo, in quanto la procedura è più snella e permette l’attuazione di un “sequestro conservativo” dei conti correnti bancari del debitore, finalizzato al recupero da parte del creditore delle somme attese in materia civile e commerciale.
Questa procedura è possibile da parte di un’autorità giudiziaria in tutti i Paesi UE (art. 22 del Regolamento UE n. 655/14). La procedura, infatti, consente il sequestro del conto corrente del debitore che si trova in un Paese UE, mentre se il conto si trova fuori dalla UE, la procedura non è attuabile. L’Agenzia delle Entrate – Riscossione dispone infatti di molteplici strumenti per raggiungere il patrimonio del debitore anche oltre confine.
La prassi operativa prevede:
- L’utilizzo del Regolamento UE 655/2014 per l’ottenimento di un decreto di sequestro conservativo europeo sui conti bancari;
- L’attivazione delle convenzioni bilaterali per l’assistenza giudiziaria in materia civile;
- Il ricorso agli accordi OECD sullo scambio automatico di informazioni finanziarie (CRS – Common Reporting Standard).
Per i paesi extra UE l’eventuale pignoramento è sicuramente più difficile e la procedura non è mai standard. Inoltre, devono essere presi in considerazione i costi legati all’attuazione di questo tipo di procedure. Normalmente è possibile e, in presenza di un atto esecutivo vincolante, il Paese che lo “riceve” di solito lo avalla e procede attivamente. Inoltre, l’impegno del creditore a ottenere il pagamento è direttamente proporzionale al valore del suo credito. Ecco perché “scappare” all’estero si rivela spesso una soluzione fallimentare.
Attenzione a cosa si trova al rientro in Italia: gli interessi
In ogni caso, non si deve dimenticare il fatto che, anche se fosse possibile rendere più difficile attività di tutela da parte del creditore, un eventuale rientro in Italia non potrebbe che comportare conseguenze negative per il debitore.
Gli interessi, peraltro, continuano a crescere e anche in caso di procedure di pignoramento all’estero non effettuabili. L’effetto finale è che il debito aumenta nel tempo ed il rientro in Italia diventa sempre più complicato. Rientrare, infatti, renderebbe difficile intestarsi beni, trasferire denaro ai familiari in Italia, o ottenere finanziamenti o avviare un’attività di impresa.
Monitorare i debiti fiscali prima di un trasferimento all’estero
Trasferirsi all’estero con debiti in Italia ha conseguenze sul patrimonio che si lascia, ma anche su quello che si forma all’estero. La legge obbliga al pagamento dei debiti, anche se si vive all’estero.
Non si deve dimenticare che qualsiasi metodo utilizzato allo scopo di non saldare i creditori è illegale. Per questo, chi si trova in una situazione debitoria rilevante deve valutare l’accesso al Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, che ha l’obiettivo di risolvere i problemi di debiti delle persone e delle imprese.
Se stai pianificando un trasferimento di residenza all’estero o se ti sei già trasferito, è opportuno valutare in anticipo la propria situazione debitoria in Italia. In particolare, è opportuno effettuare un controllo:
- Dei debiti fiscali: relativi al mancato pagamento delle imposte. Questo tipo di controllo può avvenire attraverso il proprio “cassetto fiscale“, oppure rivolgendosi ad uno sportello dell’Agenzia delle Entrate. Per le cartelle esattoriali, invece, è necessario accedere alla propria situazione dal sito di Agenzia Entrate Riscossione;
- Dei debiti previdenziali: relativi a mancati versamenti di obblighi previdenziali da parte di professionisti o imprenditori. In questo caso è necessario accedere al “cassetto previdenziale” dal sito Inps, oppure rivolgersi ad uno sportello territoriale.
Solo dopo aver analizzato la propria situazione ed aver individuato la migliore gestione possibile è utile valutare un possibile trasferimento all’estero. Per le situazioni più gravi, l’ipotesi di usufruire di uno degli strumenti del Codice della crisi può essere utile per migliorare la propria situazione.
Le implicazioni per i soggetti IVA
Per i soggetti che esercitano attività d’impresa o professionale, il trasferimento all’estero presenta ulteriori complessità. Per ogni vendita effettuata a privati consumatori italiani è tenuto ad applicare l’Iva italiana, anche dopo il trasferimento della residenza.
La Direttiva IVA 2006/112/CE e il D.P.R. 633/1972 stabiliscono che il regime IVA applicabile dipende dal luogo di effettuazione dell’operazione, non dalla residenza del prestatore. Questo aspetto viene spesso sottovalutato, generando successivi contenziosi con l’Amministrazione finanziaria.
Consulenza fiscale online
Il trasferimento all’estero con debiti fiscali pendenti richiede una valutazione attenta e una pianificazione strutturata. Non esiste una soluzione “miracolosa” che consenta di eliminare automaticamente i debiti tributari attraverso l’emigrazione.
Le strategie più efficaci prevedono:
- La regolarizzazione preventiva della posizione fiscale attraverso gli strumenti di definizione agevolata;
- La pianificazione strutturata del trasferimento con il supporto di professionisti qualificati;
- Il mantenimento di rapporti trasparenti con l’Amministrazione finanziaria.
La mia esperienza di oltre quindici anni in fiscalità internazionale dimostra che solo un approccio professionale e rispettoso della legalità può garantire risultati duraturi e privi di rischi. Le scorciatoie apparentemente vantaggiose si rivelano spesso controproducenti nel medio-lungo periodo.