Trasferirsi all’estero non interrompe l’obbligo del pagamento delle imposte in Italia. Allo stesso modo non interrompe rateazioni di debiti tributari e soprattutto non cancella la propria situazione debitoria (debiti fiscali) in essere. Il trasferimento di residenza all’estero comporta, qualora vengano rispettate le condizioni previste dall’art. 2, co. 2 del TUIR (e dalle disposizioni convenzionali ove applicabili), comporta il fatto di non dover più pagare imposte sui redditi, se non per quelli che eventualmente continuano ad essere prodotti in Italia.
Trasferirsi all’estero, quindi, non ha effetti sulla situazione debitoria in Italia. I debiti fiscali continuano ad esistere, restando in capo al debitore. Se questi inizia a non assolvere più ai propri obblighi di pagamento del debito, non sono precluse attività di pignoramento dei beni (in Italia o all’estero), ed anche attività volte ad interrompere i termini di prescrizione (attraverso la notifica di lettere di sollecito).
L’effetto finale è che chi crede di “fuggire” all’estero per evitare di pagare i propri debiti fiscali, potrebbe restarne spiacevolmente colpito. Infatti, il debitore anche se trasferito, resta sempre inciso dalla propria situazione. Se poi il debito non viene assolto, potrebbe trovarsi inciso da interessi di mora, e dalle possibilità di pignoramento da parte del creditore.
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Trasferirsi all’estero per non essere raggiunto dai creditori: è possibile?
La possibilità di spostare la propria residenza fuori dall’Italia, potrebbe sembrare uno strumento utile a dissuadere i creditori dall’effettuare azioni cautelari nei confronti del debitore. Infatti, spesso, l’intento di chi decide di trasferirsi all’estero con una situazione debitoria in essere non è azzerare il debito, ma trovare un modo per non essere raggiunto dal proprio creditore.
L’aspetto da non sottovalutare è che, comunque, la notifica di atti (come lettere di sollecito, riepiloghi di scadenze, ma anche gli atti giudiziari, etc) possono avvenire comunque. Questo sia presso il luogo di ultima residenza nota del debitore, ma anche presso l’indirizzo AIRE. Questo tipo di notifiche permettono comunque di raggiungere l’obiettivo, ovvero interrompere i termini di prescrizione del debito.
Possono notificare atti impositivi all’estero?
Come anticipato il creditore ha la possibilità di notificare atti impositivi al debitore, anche se questi vive all’estero. Infatti, l’art. 60, primo comma, lett. c), del DPR n. 600/73 precisa che “la notificazione deve essere fatta nel domicilio fiscale del destinatario”, quindi la residenza (anagrafe dei soggetti residenti o AIRE). La successiva lettera e) dello stesso comma dispone che, quando nel Comune del domicilio fiscale “non vi è abitazione, ufficio o azienda del contribuente”, la notificazione è eseguita mediante deposito di copia dell’atto nella casa comunale.
Attenzione! |
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Se non si comunica alle autorità la propria residenza all’estero, la residenza italiana rimane valida e si rischia di trovare le notifiche al ritorno in Italia. |
Da evidenziare che queste stesse disposizioni trovano applicazione anche per la notifica di atti da parte dell’agente di riscossione. L’ultimo comma dell’articolo 26 DPR n. 602/73 stabilisce, infatti, che “per quanto non è regolato dal presente articolo si applicano le disposizioni dell’articolo 60” del DPR n. 600/73. Quindi, l’articolo rende applicabili, nell’ipotesi della notificazione di atti tributari da parte dell’agente della riscossione al contribuente residente all’estero, le sopraesposte lettere c) ed e) del primo comma del richiamato articolo 60.
Per questo motivo è importante valutare in anticipo la propria situazione, prima di ipotizzare un trasferimento all’estero. Come indico in un altro mio articolo sull’argomento, è importante prima del trasferimento non sottovalutare mai il proprio passato.
Per approfondire: |
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Notifica di atti tributari a soggetti iscritti AIRE: la procedura |
Tre regole per il trasferimento di residenza all’estero |
Il recupero crediti all’estero
Il recupero dei crediti può avvenire anche se il debitore vive all’estero. Questo, specialmente, se il trasferimento è avvenuto in uno dei Paesi UE. Questo, in quanto la procedura è più snella e permette l’attuazione di un “sequestro conservativo” dei conti correnti bancari del debitore, finalizzato al recupero da parte del creditore delle somme attese in materia civile e commerciale.
Questa procedura è possibile da parte di un’autorità giudiziaria in tutti i Paesi UE (art. 22 del Regolamento UE n. 655/14). La procedura, infatti, consente il sequestro del conto corrente del debitore che si trova in un Paese UE, mentre se il conto si trova fuori dalla UE, la procedura non è attuabile.
Per i paesi extra UE l’eventuale pignoramento è sicuramente più difficile e la procedura non è mai standard. Inoltre, devono essere presi in considerazione i costi legati all’attuazione di questo tipo di procedure. Normalmente è possibile e, in presenza di un atto esecutivo vincolante, il Paese che lo “riceve” di solito lo avalla e procede attivamente. Inoltre, l’impegno del creditore a ottenere il pagamento è direttamente proporzionale al valore del suo credito. Ecco perché “scappare” all’estero si rivela spesso una soluzione fallimentare.
Attenzione a cosa si trova al rientro in Italia: gli interessi
In ogni caso, non si deve dimenticare il fatto che, anche se fosse possibile rendere più difficile attività di tutela da parte del creditore, un eventuale rientro in Italia non potrebbe che comportare conseguenze negative per il debitore.
Gli interessi, peraltro, continuano a crescere e anche in caso di procedure di pignoramento all’estero non effettuabili. L’effetto finale è che il debito aumenta nel tempo ed il rientro in Italia diventa sempre più complicato. Rientrare, infatti, renderebbe difficile intestarsi beni, trasferire denaro ai familiari in Italia, o ottenere finanziamenti o avviare un’attività di impresa.
Monitorare i debiti fiscali prima di un trasferimento all’estero
Trasferirsi all’estero con debiti in Italia ha conseguenze sul patrimonio che si lascia, ma anche su quello che si forma all’estero. La legge obbliga al pagamento dei debiti, anche se si vive all’estero.
Non si deve dimenticare che qualsiasi metodo utilizzato allo scopo di non saldare i creditori è illegale. Per questo, chi si trova in una situazione debitoria rilevante deve valutare l’accesso al Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza, che ha l’obiettivo di risolvere i problemi di debiti delle persone e delle imprese.
Se stai pianificando un trasferimento di residenza all’estero o se ti sei già trasferito, è opportuno valutare in anticipo la propria situazione debitoria in Italia. In particolare, è opportuno effettuare un controllo:
- Dei debiti fiscali: relativi al mancato pagamento delle imposte. Questo tipo di controllo può avvenire attraverso il proprio “cassetto fiscale“, oppure rivolgendosi ad uno sportello dell’Agenzia delle Entrate. Per le cartelle esattoriali, invece, è necessario accedere alla propria situazione dal sito di Agenzia Entrate Riscossione;
- Dei debiti previdenziali: relativi a mancati versamenti di obblighi previdenziali da parte di professionisti o imprenditori. In questo caso è necessario accedere al “cassetto previdenziale” dal sito Inps, oppure rivolgersi ad uno sportello territoriale.
Solo dopo aver analizzato la propria situazione ed aver individuato la migliore gestione possibile è utile valutare un possibile trasferimento all’estero. Per le situazioni più gravi, l’ipotesi di usufruire di uno degli strumenti del Codice della crisi può essere utile per migliorare la propria situazione.