In Italia, i medici possono essere assunti in diverse forme contrattuali, che prevedono diverse modalità di lavoro e di retribuzione. Innanzitutto è opportuno diversificare il medico come lavoratore subordinato o lavoratore autonomo, la differenza risiede nel tipo di prestazione svolta e nell’ambiente lavorativo in cui essa verrà effettuata.
Il lavoro subordinato prevede l’organizzazione del lavoro su base gerarchica, con la prestazione di attività rese sotto la supervisione di un medico superiore, o di una stabile organizzazione. Il lavoratore medico, verrà assunto con regolare contratto di lavoro subordinato e sarà esonerato dal rischio economico, ovvero il rischio al quale incorrono i lavoratori autonomi.
Per lavoratore autonomo si fa riferimento a tutte quelle figure professionali, in questo caso ai medici, che determinano, organizzano e realizzano in autonomia il proprio lavoro, senza tener conto di nessun altro superiore. Prendiamo l’esempio dei primari ospedalieri, questi operano in maniera autonoma, possono effettuare consulenze al di fuori dell’organizzazione aziendale, esplicano la propria attività in forma libera, senza vincoli gerarchici.
Essendo medici lavoratori autonomi percepiscono un compenso annuo sulla base delle prestazioni rese. Così come la guardia medica che è tenuta all’apertura della partita IVA e all’emissione della fattura nei confronti dell’azienda sanitaria, dichiarando il compenso percepito tra i redditi di lavoro autonomo.
Per quanto riguarda invece gli specializzandi, essi non rientrano né in una forma di lavoro autonomo, né in una forma di lavoro subordinato. Per loro è prevista una borsa di studio che viene corrisposta a seguito delle prestazioni eseguite con il fine di imparare una professione e non viene per questo concesso loro un corrispettivo sulla base delle prestazioni eseguite. A confermarlo anche la Cassazione, con l’ordinanza dell’ 8 settembre 2020 n. 18667
Il medico lavoratore subordinato, si può rinvenire nella figura del medico delle case di cura, qualora esso sia inserito in un’organizzazione di turni lavorativi e sono sottoposti alle direttive di un superiore gerarchico.
Le parole della Cassazione secondo l’ordinanza del 20 settembre 2019 n. 23520 sono le seguenti: “in caso di prestazioni che, per la loro natura intellettuale, mal si adattano ad essere eseguite sotto la direzione continua del datore di lavoro, ai fini della qualificazione del rapporto come subordinato o autonomo, l’assoggettamento del lavoratore al potere organizzativo del datore di lavoro va verificato mediante il ricorso ad elementi sussidiari, che il giudice di merito deve individuare attribuendo prevalenza ai dati fattuali emergenti dal concreto svolgimento del rapporto”.
Vediamo adesso il caso del medico generale che per esercitare la propria attività come libero professionista deve essere convenzionato al Sistema Sanitario Nazionale.
Medico generale e convenzione con il SSN
Solitamente un medico di medicina generale ha la possibilità di diventare un medico di famiglia o un medico della guardia medica. I medici di medicina generale sono liberi professionisti convenzionati con il SSN (Sistema Sanitario Nazionale).
Il lavoro del medico prevede una presenza costante nella vita dei pazienti, degli imprevisti e chiamate all’ultimo minuto, ma come ogni lavoratore anche i medici hanno diritto a ferie, permessi e straordinari.
Ferie, permessi e straordinari
Le ferie sono quantificate in 28 giorni lavorativi per medici di medicina generale che fanno guardia medica che seguono un orario settimanale di lavoro su cinque giorni, mentre per chi lavora sei giorni a settimana, i giorni di ferie all’anno salgono a 32. Insieme ai giorni di ferie all’anno, i medici godono dei riposi settimanali e dei relativi permessi.
I permessi usufruibili dal medico sono:
- 8 giorni nei casi di partecipazione a concorsi o esami;
- 3 giorni nei casi di lutto;
- di 15 giorni consecutivi per matrimonio, quest’ultimo fruibile anche entro 45 giorni dalla data in cui è avvenuto il matrimonio.
Come abbiamo specificato poco fa, la prestazione del medico non si esaurisce solo nel suo normale orario di lavoro, talvolta le urgenze portano il medico a svolgere degli straordinari, che dovranno essere ugualmente remunerati.
Malattia e tempo di astensione dal lavoro
E’ previsto in caso di malattia, la possibilità per il medico di assentarsi dal lavoro, mantenendo il proprio posto, per un periodo di 18 mesi prorogabili al ulteriori 18 mesi nel caso in cui l’assenza dipenda dall’attestazione di malattia grave.
Alla fine del termine, qualora il medico non rientri a lavoro, l’azienda sanitaria può risolvere il rapporto di lavoro.
Ricordiamo che la regola generale prevede che il licenziamento non possa avvenire prima di aver raggiunto il limite di età pensionabile, tranne nel caso del superamento del termine previsto per la malattia.
Le principali tipologie contrattuali dei medici
- Contratto a tempo indeterminato: è il contratto più comune per i medici, che prevede un’assunzione a tempo indeterminato con una retribuzione stabile e con l’applicazione delle norme del contratto collettivo nazionale di categoria.
- Contratto a tempo determinato: è un contratto che prevede un’assunzione per un periodo determinato, solitamente per la copertura di un’assenza o per la realizzazione di un progetto specifico.
- Contratto di collaborazione: è un contratto che prevede una collaborazione professionale tra un medico e una struttura sanitaria, senza un’effettiva assunzione a tempo indeterminato. Il medico viene retribuito in base al lavoro svolto e alle prestazioni erogate.
- Contratto di lavoro autonomo: è un contratto che prevede l’esercizio dell’attività medica in modo autonomo, con una retribuzione legata alle prestazioni effettivamente erogate. In questo caso, il medico è titolare di partita IVA e ha maggiore autonomia nella gestione del proprio lavoro.
- Contratto a chiamata: è un contratto che prevede la chiamata del medico solo in caso di necessità, senza un’effettiva assunzione a tempo indeterminato. Il medico viene retribuito solo per le ore effettivamente prestate.
Ovviamente, ogni forma contrattuale ha proprie caratteristiche e regole specifiche, che possono variare in base alle normative regionali e alle convenzioni stipulate tra le parti.
Cassa di previdenza del medico, novità 2023
I medici che esercitano la professione devono essere iscritti alla cassa di previdenza ENPAM. I contributi sono interamente deducibili dalla base imponibile in sede di dichiarazione dei redditi.
Le novità di riscossione dei contributi ENPAM 2023, prevedono:
- € 257,73 per tutti gli iscritti fino al compimento del 30° anno di età;
- € 500,26 per tutti gli iscritti dal compimento del 30° anno di età fino al compimento del 35° anno di età;
- € 938,75 per tutti gli iscritti dal compimento del 35° anno di età fino al compimento del 40° anno di età;
- € 1.733,72 per tutti gli iscritti ultraquarantenni e fino al mese di compimento del 68° anno di età.
Per il 2023 è previsto un sistema aggiornato di riscossione dei tributi, quest’ultimo sarà possibile in un’unica soluzione ad Aprile con l’utilizzo di PagoPa, oppure prevedendo un pagamento in otto rate con domiciliazione, ovvero attraverso l’addebito diretto sul conto corrente del professionista.