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Registro delle opposizioni: come funziona?

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Il Registro pubblico delle opposizioni è un servizio pubblico italiano creato per proteggere i cittadini dalle comunicazioni indesiderate, come le chiamate di telemarketing.

Nel contesto attuale, caratterizzato da un’incessante proliferazione di comunicazioni commerciali e pubblicità invasive, il Registro delle Opposizioni si erge come uno strumento fondamentale per la tutela della privacy e del diritto dei cittadini a scegliere liberamente quali informazioni ricevere. Istituito per consentire ai consumatori di opporsi al ricevimento di telefonate promozionali e comunicazioni indesiderate, questo registro rappresenta una risposta concreta alle crescenti preoccupazioni riguardo al telemarketing aggressivo e alle pratiche invasive di marketing.

Precedentemente abbiamo approfondito il fenomeno del telemarketing toccando anche, in parte, il tema riferito al registro delle opposizioni. Nel presente articolo ci concentreremo su questo particolare argomento, analizzeremo la normativa in materia, anche in relazione ai più recenti sviluppi, cercando di capire altresì quali sono i risultati che si è riusciti a raggiungere fino ad ora.

Il Registro delle opposizioni

Il Registro pubblico delle opposizioni è un servizio pubblico creato per proteggere i cittadini dalle comunicazioni indesiderate, come le chiamate di telemarketing. Istituito con il decreto del Presidente della Repubblica n. 178 del 2010, il registro permette a ogni cittadino di iscrivere il proprio numero di telefono, sia fisso che mobile, per bloccare le telefonate commerciali e le ricerche di mercato. Iscrivendosi ad esso si dichiara la propria contrarietà a ricevere materiale pubblicitario che sia cartaceo, telefonate promozionali o entrambe le categorie.

come detto, è stato introdotto con il Decreto del Presidente della Repubblica n. 178/2010, ed è stato poi aggiornato con il DPR numero 149 del 2019 che ne ha ampliato l’ambito di applicazione anche alle comunicazioni pubblicitarie cartacee oltre a quelle telefoniche.

Anche il Codice Privacy, con l’art. 130 comma 3-bis, è intervenuto sul tema, stabilendo che “[…] l’impiego del telefono e della posta cartacea per le finalità di invio di materiale pubblicitario o di vendita diretta o per il compimento di ricerche di mercato o di comunicazione commerciale, è consentito nei confronti di chi non abbia esercitato il diritto di opposizione, con modalità semplificate e anche in via telematica, mediante l’iscrizione della numerazione della quale è intestatario e degli altri dati personali di cui al comma 1 del predetto articolo, in un registro pubblico delle opposizioni”.

Funzionamento

L’iscrizione al registro è gratuita e può essere effettuata attraverso diverse modalità:

  • Online: Compilando un modulo sul sito ufficiale:
  • Telefono: Chiamando un numero verde dedicato;
  • Email o raccomandata: Inviando una richiesta scritta.

Una volta iscritto, il cittadino non riceverà più chiamate pubblicitarie, ad eccezione di quelle relative a contratti in essere o cessati da meno di 30 giorni. L’iscrizione ha una validità a tempo indeterminato, ma può essere rinnovata se si desidera annullare consensi rilasciati successivamente.

Obiettivi

Il principale obiettivo del Registro delle opposizioni è garantire il diritto alla privacy dei cittadini, consentendo loro di controllare le comunicazioni ricevute e riducendo l’impatto del telemarketing invasivo. Attraverso questo strumento, i cittadini possono esercitare un maggiore controllo sulle proprie informazioni personali e sulla loro utilizzazione da parte di terzi.

Registro delle opposizioni prima e dopo il D.P.R. n. 26 del 27 gennaio 2022

Il Registro pubblico delle opposizioni, come abbiamo già detto, è un servizio gratis e pubblico che, perlomeno fino all’implementazione effettiva delle nuove regole, ovvero a partire dal 27 Luglio 2022, ha funzionato come una blacklist. I numeri e gli indirizzi inseriti al suo interno infatti non potevano essere utilizzati dagli operatori e dai loro call center per finalità commerciali.

Quindi, se un numero era presente nel RPO, un’azienda non avrebbe potuto utilizzarlo per telefonare all’intestatario e proporre prodotti o promozioni o servizi: iscrivendosi dunque al Registro pubblico delle opposizioni si chiudevano le porte a ogni contatto per fini commerciali.

Con la riforma approvata a Gennaio 2022, si è puntato di fatto ad una semplificazione delle procedure e ad un ampliamento dell’area di applicazione del Registro delle opposizioni: è stata infatti consentita la registrazione allo stesso anche ai numeri di cellulare.

Inoltre, attraverso il nuovo registro delle opposizioni (RPO), i contraenti, tramite l’iscrizione di una o più numerazioni fisse o mobili allo stesso, revocano tutti i consensi (precedentemente espressi) al marketing diretto, sia esso effettuato per posta cartacea, telefono con operatore o tramite chiamate automatizzate (le c.d. robocalls).

Una volta revocati i consensi precedenti espressi con questa modalità, dovrebbe essere impedita anche la circolazione delle liste marketing che contengono i numeri oggetto di revoca (“l’iscrizione preclude qualsiasi trattamento”, art. 7 comma 6 del D.p.r. 26/2022). L’iscrizione non riguarda in ogni caso i consensi rilasciati con i gestori delle utenze e quelli che saranno autorizzati dopo l’iscrizione.

Modalità e tempi di iscrizione dei contraenti al Registro Pubblico delle Opposizioni

Il cittadino, qualora non voglia più riceve chiamate indesiderate di telemarketing, può quindi gratuitamente iscrivere il proprio numero di telefono, fisso e/o di cellulare, di cui è intestatario presso il Registro pubblico delle opposizioni. L’iscrizione è gratuita e a tempo indeterminato, ma può essere rinnovata se si intende annullare nuovamente i consensi al telemarketing rilasciati dopo l’iscrizione al RPO.

L’iscrizione al registro può avviene secondo varie modalità:

  • a) compilazione di apposito modulo elettronico sul sito web del gestore del registro;
  • b) chiamata, effettuata dalla linea telefonica con numerazione corrispondente a quella per la quale si chiede l’iscrizione nel registro;
  • c) posta elettronica mediante apposito modulo.

L’iscrizione al registro pubblico delle opposizioni può inoltre avvenire in ogni momento, non è stato quindi previsto alcun termine entro il quale il cittadino sarebbe tenuto ad iscriversi.

I contraenti iscritti al registro possono poi sempre revocare in qualunque momento la propria opposizione nei confronti di uno o più operatori. La revoca dell’opposizione consente il trattamento da parte dei titolari per fini di invio di materiale pubblicitario o di vendita diretta o per il compimento di ricerche di mercato o di comunicazione commerciale.

Soggetti obbligati all’accesso al RPO

Devono registrarsi al RPO tutti gli operatori che – in qualità di titolare del trattamento dei dati ai sensi del Regolamento generale sulla protezione dei dati (GDPR) – intendano utilizzare tramite telefono o posta cartacea i numeri telefonici nazionali fissi e cellulari e i dati presenti negli elenchi telefonici per finalità di invio di materiale pubblicitario, vendita diretta, comunicazione commerciale, compimento di ricerche di mercato.

Ai sensi del D.P.R. 26/2022 poi ciascun operatore che voglia trattare dati personali ai fini di campagne promozionali o di vendita, dovrebbe previamente presentare istanza presso il gestore del registro.

L’operatore infatti, ai sensi di quanto previsto dalla normativa in materia, dovrebbe presentare in allegato all’istanza:

  • documentazione attestante l’identità dell’operatore che, se persona fisica, dovrà allegare alla richiesta un valido documento di identità di colui che andrà a svolgere l’attività, se persona giuridica, un documento di identità del rappresentante legale;
  • per gli operatori che effettuino il trattamento mediante telefono con o senza l’intervento dell’operatore umano, dovrebbe essere presentata dichiarazione di attivazione del sistema di identificazione della linea chiamante alla quale può essere contattato;
  • nel caso di affidamento a terzi del servizio di effettuazione delle chiamate, dovrebbe essere invece riportata l’indicazione dei dati identificativi di ogni soggetto che curerà materialmente i contatti con i contraenti

Il gestore del registro invece, entro quindici giorni dall’effettivo recepimento dell’istanza, dovrebbe assegnare le credenziali di autenticazione e i profili di autorizzazione all’operatore.

Gli operatori tenuti a consultare il registro corrispondono al gestore del registro, sulla base del tariffario ufficiale, costi di accesso su base annuale o per altre frazioni temporali, anche di durata minore, a seconda delle esigenze dell’operatore e nei limiti stabiliti dal gestore.

Modalità tecniche di funzionamento e di accesso da parte degli operatori

Gli operatori che utilizzano i sistemi di pubblicità telefonica e di vendita telefonica o che compiono ricerche di mercato o comunicazioni commerciali telefoniche, nonché mediante l’impiego della posta cartacea, hanno l’obbligo di consultare precedentemente all’inizio di ogni campagna promozionale, il registro pubblico delle opposizioni e di provvedere all’aggiornamento delle proprie liste.

La consultazione del registro da parte di ciascun operatore ha efficacia pari a quindici giorni per i trattamenti di dati per fini di invio di materiale pubblicitario o di vendita diretta o per il compimento di ricerche di mercato o di comunicazione commerciale, mediante l’impiego del telefono, con o senza operatore, e pari a trenta giorni per i trattamenti di dati per le medesime finalità mediante l’impiego della posta cartacea.

Le modalità di consultazione del registro non devono consentire il trasferimento di dati personali contenuti nel registro stesso, prevedendo sistemi automatizzati che permettano al gestore del registro di ricevere l’elenco elettronico dell’operatore, confrontarlo con i dati contenuti nel registro e aggiornarlo, mettendo nuovamente a disposizione dell’operatore le sole informazioni pertinenti, in un’apposita sezione del sito web o trasmettendole per posta elettronica all’operatore stesso, senza che questo possa in alcun modo estrarre i dati presenti nel registro.

Sanzioni in violazione della disciplina e primi risultati raggiunti

La violazione del diritto di opposizione dei contraenti telefonici – ovvero la mancata osservanza del RPO da parte degli operatori di telemarketing – è disciplinata dallo stesso Codice in materia di protezione dei dati personali e dal Regolamento generale sulla protezione dei dati (GDPR), che prevede l’applicazione di sanzioni amministrative pecuniarie fino a 20 milioni di euro o per le imprese, fino al 4% del fatturato mondiale totale annuo dell’esercizio precedente, se superiore.

Occorre però dire che purtroppo, a distanza di appena 2 mesi dalla riforma di cui al D.P.R. n.26/2022, i risultati prodotti non sono ancora soddisfacenti. Molte chiamate ai fini commerciali provengono infatti da call center stranieri, ai quali non si applica la normativa italiana in tema di telemarketing, o comunque da sistemi automatizzati che utilizzano numeri fittizi così da non poter essere rintracciati e non incorrere nelle sanzioni di legge.

Questi risultati non sembrano però essere una sorpresa: il Codacons infatti aveva già espresso il proprio timore circa il rischio che operatori illegali (call center stranieri e software automatizzati) potessero aggirare i divieti imposti dalla normativa ciò anche tenuto conto degli ingenti interessi che ruotano attorno al settore del telemarketing.

Che cos’è il telemarketing?

Con l’espressione telemarketing si fa riferimento a tutte quelle attività promozionali e / o di vendita che prevedono che l’azienda possa contattare telefonicamente, direttamente o indirettamente, ovvero a seconda che abbia operatori interni o si affidi a call center esterni, i propri clienti o potenziali tali.

Si può, allo stesso tempo, fare un distinguo all’interno delle attività di telemarketing in virtù del modus operandi che si intende adottare:

  • In primo luogo, abbiamo il c.d. outbound marketing, cioè quello che potremmo definire il marketing tradizionale: una serie di attività pubblicitarie, promozionali e di vendita nelle loro forme più classiche, che si basa su una comunicazione monodirezionale con l’interlocutore;
  • In secondo luogo, abbiamo il c.d. inbound marketing, ovvero una serie di attività basate principalmente sulla creazione di contenuti web di qualità con il fine di attirare e – così aumentare il traffico – di utenti verso la propria azienda, il proprio prodotto o servizio.

Tale attività viene svolta dalle aziende al fine di presentare e promuovere il loro brand, il catalogo di prodotti, i servizi forniti dall’impresa stessa, o determinate promozioni ai consumatori, attingendo a database interni o a liste condivise in possesso dell’ azienda.

Attraverso la pratica del telemarketing le aziende si aspettano di ottenere determinati risultati, ovvero: se si tratta di telemarketing b2b (business to business), che siano fissati tanti più appuntamenti possibili negli uffici con i responsabili vendite, se invece si tratta di chiamate da parte degli operatori finalizzate direttamente alla vendita, alla chiusura di contratti e alla creazione di lead concreti, si è più propriamente nel campo del teleselling o delle vendite telefoniche.

Inquadramento giuridico

Il telemarketing è una delle attività ad essere stata maggiormente influenzata dal GDPR (Direttiva UE n.2016/680) e, ovviamente, anche dalla normativa privacy nazionale. Detta pratica è però continuamente oggetto di regolamentazione anche da parte dell’AGCOM e del Garante della Privacy che si ripropongono, come fine ultimo, quello di proteggere il consumatore / utente finale, cercando di preservarlo da pratiche di “telemarketing selvaggio”.

A partire dall’introduzione del GDPR si è quindi cercato di inquadrare meglio anche i ruoli e le responsabilità dei soggetti che svolgono un ruolo principale nell’elaborazione dei dati degli utenti / consumatori, ovvero del titolare del trattamento e del responsabile del trattamento.

Solo con la chiara individuazione di dette figure si riesce infatti a porre le basi ad una solida (e lecita) attività promozionale. Partendo quindi da dette figure occorre innanzitutto precisare che: per la nomina a “titolare del trattamento” si intende, ai sensi dell’art. 4 comma 7 del GDPR, “la persona fisica o giuridica, l’autorità pubblica, il servizio o altro organismo che, singolarmente o insieme ad altri, determina le finalità e i mezzi del trattamento di dati personali”. Tendenzialmente, ma potremmo dire nella totalità dei casi, questo ruolo è ricoperto dall’impresa che voglia procedere all’attività di telemarketing ai fini di commercializzazione e sponsorizzazione del proprio brand.
Invece, per la nomina a “responsabile del trattamento” si intende, ai sensi dell’art. 4 comma 8 del GDPR, “la persona fisica o giuridica, l’autorità pubblica, il servizio o altro organismo che tratta dati personali per conto del titolare del trattamento”.

Questo ruolo, che di fatto consente il trattamento dei dati assunti da un altro soggetto in conformità alla normativa privacy è ricoperto, nel caso di attività di telemarketing, da quelle società che effettuano l’attività di promozione dei servizi per conto del titolare del trattamento (ad esempio, una società terza di call center che operi in virtù dei contatti trasferitegli dal titolare del trattamento).

Il nostro Codice della Privacy poi, ai sensi dell’art. 130 comma 1, già regolava invero alcuni aspetti del telemarketing catalogando come “comunicazioni indesiderate” “l’uso di sistemi automatizzati di chiamata o di comunicazione di chiamata senza l’intervento di un operatore per l’invio di materiale pubblicitario o di vendita diretta o per il compimento di ricerche di mercato o di comunicazione commerciale è consentito con il consenso del contraente o utente.”

Già da questa enunciazione si intuisce quale sia l’elemento spartiacque di dette attività promozionali: il consenso del soggetto. ùSi può quindi affermare che, in linea di principio, per le comunicazioni automatizzate serva sempre il consenso preventivo, mentre per le chiamate tramite operatore il regime è quello dell’ opt-out: prassi commerciale che consiste nell’invio di comunicazioni informative, commerciali, pubblicitarie ai consumatori senza che sia stata fatta loro una richiesta preventiva del permesso di stabilire un contatto con l’impresa, a meno che quel numero o quell’indirizzo non siano inseriti nel Registro delle Opposizioni.

Telemarketing conforme alla legge

In primo luogo, una delle condizioni indispensabili per lo svolgimento dell’attività di telemarketing è, come sancito ai sensi dell’art.6 comma 1 a) GDPR, che il trattamento dei dati dell’interessato sia effettuato previo consenso. Consenso che, per essere valido ed efficace, deve essere stato prestato liberamente, in modo specifico ed in forma espressa a fronte di una idonea e chiara informativa ex art.13 GDPR.

In secondo luogo, ai fini della normativa privacy, sarà centrale la modalità di acquisizione dei dati:

  • ove i dati del possibile cliente da contattare vengano acquisiti direttamente dall’imprenditore, sarà obbligo di quest’ultimo fornire l’idonea informativa per l’acquisizione del consenso ai fini dell’attività di marketing (tale informativa, ai sensi dell’art. 13 GDPR, deve essere chiara ed idonea);
  • ove invece l’imprenditore acquisisca i dati da società terze, sarà l’acquirente a dover dimostrare di aver adottato tutte le misure adeguate ai fini di garantire, in virtù della miglior tecnologia al momento dell’acquisizione, che il loro trattamento avvenga conformemente alla normativa GDPR. Alla luce di ciò, sarà quindi dovere dell’imprenditore che voglia acquisire dati da società terze, munirsi di dichiarazioni da parte della società terza ove pervenga il consenso degli interessati nel rispetto del GDPR.

La regola del consenso, tuttavia, conosce un’eccezione ai sensi dell’art. 130 comma 3, per cui se tali dati vengano acquisiti da registri pubblici, ai fini dell’attività di telemarketing, gli interessati potranno essere contattati telefonicamente senza alcun previo consenso, salva la possibilità per quest’ultimo di esprimere al momento la propria volontà di non essere più contattato (c.d. “opt-out”) dopo che l’operatore telefonico abbia comunque reso l’informativa al momento della chiamata.

Ad atto pratico, in altre parole, nel momento in cui l’operatore si prodighi a contattare il possibile cliente deve, in primissima battuta, chiarire lo scopo della telefonata e per conto di chi la effettua, dove ha trovato e come ha avuto il numero di telefono dell’interessato, rendere l’informativa ex art. 13 e, infine, chiarire come l’interessato possa esercitare il suo diritto di opposizione al trattamento. La base giuridica del trattamento per attività di telemarketing è stata di recente oggetto di particolare attenzione da parte del Garante, nel provvedimento del 15 gennaio rivolto a Tim.

In tale pronuncia, si è ribadito che, qualora non ricorra il sistema di opt-out per i dati presenti negli elenchi pubblici, la regola generale da seguire per i trattamenti per finalità promozionali resta comunque quella del previo consenso informato, libero, specifico e documentato degli interessati.

Sul punto, il Garante ha, inoltre, evidenziato come il ricorso al legittimo interesse, menzionato dal considerando 47 del GDPR anche con riferimento alle attività di marketing, sia subordinato a una rigorosa analisi dell’impatto su diritti, libertà e interessi degli interessati, con particolare riferimento alle loro aspettative e alle misure adottate dai titolari. Il ricorso al legittimo interesse, peraltro, in nessun caso può sanare ex-post precedenti vizi nell’acquisizione del consenso.

Call center e il problema delle video-registrazioni delle conversazioni

Per quel che concerne la definizione di call center, si utilizza il riferimento fornito dalla delibera dell’AGCOM n. 79/09/CSP, richiamata dalle linee guida del MISE sugli obblighi di comunicazione e registrazione disposti dall’art. 24 bis del D.L. 83/2012, nella quale il call center viene appunto definito come “un insieme di risorse umane e di infrastrutture specializzate che consente contatti e comunicazioni multicanale con gli utenti”.

Sempre con riguardo ai call center occorre precisare poi che, a livello nazionale, la Legge n.5/2018 ha regolamentato meglio anche questo soggetto, terzo rispetto al titolare del trattamento, in quanto incaricato di effettuare le telefonate agli interessati.

Occorre innanzitutto chiarire che, in materia di telemarketing, si ha sempre una responsabilità in solido tra la società che ordina la campagna promozionale ed il call center incaricato di effettuarla. Questo implica che il call center, prima di utilizzare i dati ricevuti dal titolare per il quale svolge la campagna telemarketing, proprio in virtù del proprio ruolo di responsabile del trattamento, deve appurare con l’imprenditore stesso la liceità dell’ utilizzo di tali dati.

Sempre la l. 5/2018 ha, inoltre, introdotto il divieto per i call center di effettuare chiamate con numero riservato. Già l’art. 130 co III-ter lett f) codice Privacy impone ai soggetti che effettuano trattamenti di dati per le finalità di invio di materiale pubblicitario o di vendita diretta o per il compimento di ricerche di mercato o di comunicazione commerciale di “garantire la presentazione dell’identificazione della linea chiamante”.

Sul tema è intervenuto anche il regolamento europeo n. 680/2016 il quale stabilisce, ai sensi dell’art. 28 GDPR, che la scelta dei terzi affidatari di servizi di call center, in caso di outsourcing, non può prescindere da una previa e attenta valutazione della loro capacità di garantire il rispetto della normativa in materia di trattamento dei dati personali, con misure tecniche e organizzative adeguate.

Spesso poi i call center, hanno necessità di avvalersi di un sistema di registrazione, trascrizione ed analisi delle chiamate allo scopo di migliorare la qualità del servizio del Customer Care con interventi nei processi operativi e nella formazione degli operatori, e quindi di migliorare la conoscenza sui bisogni degli utenti. Ciò comporta per esempio, l’ascolto delle conversazioni telefoniche tra utenti ed operatori e la relativa memorizzazione.

Affinchè tale attività sia conforme alla normativa e consenta di minimizzare il trattamento dei dati personali degli interessati è però intervenuto il Garante della Privacy, delineando e fornendo alcune indicazioni specifiche sul tema.

Nel provvedimento emanato nei confronti di una nota compagnia telefonica, il Garante ha infatti mostrato particolare attenzione sul punto, raccomandando di:

  • Campionare le telefonate registrate nella misura circa del 10% del totale;
  • Circoscrivere l’ascolto delle registrazioni a casi particolari (circa 1,5% delle chiamate);
  • Cancellare i dati relativi agli orari e alle presentazioni tra operatore e cliente;
  • Circoscrivere i tempi di conservazione dei dati raccolti differenziandoli in funzione dei tipi di dati e degli specifici scopi delle diverse operazioni di trattamento;
  • Tracciare le operazioni effettuate attraverso un sistema di logging;
  • Predisporre un data base dedicato e non collegato con altri sistemi aziendali; consentire l’accesso ai soli incaricati del relativo trattamento;
  • Criptare i file contenenti le registrazioni.

Per quanto relativo poi ai dati dell’operatore le registrazioni non dovrebbero mai essere riconducibili (neppure indirettamente) ai singoli operatori.

Allorquando poi il titolare voglia svolgere detti controlli su operatori dipendenti della struttura aziendale con, ad esempio, un sistema di videosorveglianza sul luogo di lavoro, non si dovrà limitare ad ottenere l’assenso da parte dei dipendenti.

Affinché infatti il datore di lavoro possa legittimamente supervisionare legittimamente sull’operato degli stessi dovrà, ai sensi dell’art. 4 della L. n. 300/1970 (cd. “Statuto dei Lavoratori”), ottenere un accordo sindacale o comunque l’autorizzazione da parte dell’ Ispettorato territoriale del lavoro. Dunque, nonostante il consenso all’installazione delle telecamere o di altri strumenti da cui possa derivare il controllo a distanza sull’attività dei lavoratori venga espresso dalla totalità delle persone che prestano la propria attività in azienda, ciò non sottrae il datore di lavoro dall’obbligo di ottenere l’accordo sindacale.

A stabilirlo è stata anche recentemente la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 50919 del 17 dicembre 2019, con la quale ha affermato che è insufficiente il solo consenso prestato dai dipendenti per l’installazione di un impianto di videosorveglianza nei locali aziendali a sanare la mancata attivazione della procedura prevista ai sensi dell’art. 4 legge n. 300/1970 per la quale è richiesto l’accordo sindacale o, in difetto, l’autorizzazione dell’ispettorato territoriale del lavoro.

Infatti, secondo quanto affermato dalla Corte, la finalità di cui all’art. 4 della legge n. 300/1970, volto a tutelare i lavoratori contro forme subdole di controllo della loro attività da parte del datore, può essere efficacemente perseguita solo in presenza del consenso espresso dagli organismi rappresentativi di categoria.

Ad avviso del Collegio tale norma non tutela l’interesse personale del singolo lavoratore o la sommatoria aritmetica di ciascuno di essi, ma i diritti di carattere collettivo e superindividuale. Stante tale premessa, i Giudici di legittimità hanno ritenuto che solo le rappresentanze sindacali dei lavoratori sono deputate ad esprimere validamente il consenso rispetto all’installazione dei sistemi di videosorveglianza e non anche i singoli, in considerazione delle diseguaglianze di fatto e della indiscutibile sproporzione nei rapporti di forza economico-sociali a vantaggio del datore di lavoro.


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Martina Cergnai
Martina Cergnai
Laurea in diritto internazionale penale “I gender crimes nel diritto penale internazionale“ Iscritta all'Ordine degli Avvocati di Pistoia. Nel 2021 partecipa al Corso di Alta Formazione in Fashion Law presso l'Università Cattolica di Milano. Mi occupo di aspetti legali su proprietà intellettuale, marchi, brevetti, fashionlaw e diritto informatico.
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