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Sportivi e tassazione dei compensi transnazionali

Le implicazioni fiscali per gli sportivi italiani che effettuano prestazioni all'estero. Tassazione nel Paese di residenza fiscale ed applicazione delle Convenzioni contro le doppie imposizioni per evitare fenomeni di doppia tassazione.

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Criteri di collegamento per la tassazione dei compensi transnazionali degli sportivi secondo la normativa fiscale nazionale e convenzionale. Il regime fiscale degli sportivi italiani che effettuano prestazioni all’estero e sportivi esteri che effettuano prestazioni in Italia.


Qual è il regime fiscale di tassazione per gli sportivi italiani che effettuano prestazioni o eventi sportivi all’estero?

Voglio partire da questa domanda per dare una risposta quanto più possibile completa ai tanti sportivi italiani che oggi, per vari motivi, effettuano prestazioni all’estero. In questo articolo ti parlerò di residenza fiscale di doppia imposizione e di Convenzioni internazionali contro le doppie imposizioni. Il mio obiettivo è quello di fornirti tutte le indicazioni di carattere pratico per capire se e dove devi tassare il reddito che hai percepito all’estero da attività sportiva.

Sono tantissimi i casi di sportivi che effettuano eventi sportivi all’estero: dai calciatori, ai tennisti, passando da golfisti fino ai ciclisti. In tutti questi casi occorre individuare il corretto criterio di collegamento per la tassazione di questi redditi percepiti all’estero. Oltre a questo aspetto, poi, farò cenno alla grande attenzione che ormai portano tutti i Paesi del mondo nei confronti della tassazione del reddito degli sportivi. In particolare, penso a quelli italiani, che spesso decidono di trasferire la loro residenza all’estero.

Sul punto andremo ad analizzare gli effetti, comunque limitati, che può avere per uno sportivo il trasferimento della propria residenza fiscale in un Paese con fiscalità privilegiata: mi viene in mente subito il Principato di Monaco o la Svizzera. Ebbene, come avremo modo di vedere in dettaglio, a parità di aliquota di imposta, si deve considerare la tassazione del reddito dovuta nel Paese della fonte. Dico questo perché, spesso, lo sportivo che si trasferisce all’estero si “dimentica” che la parte dei compensi legati a prestazioni sportive svolte all’estero, è comunque ivi tassato.

Andiamo ad analizzare, quindi, la tassazione del reddito estero degli sportivi italiani per le prestazioni sportive svolte all’estero.

Criteri generali di collegamento per la tassazione dei redditi

Prima di entrare nel dettaglio, legato alla tassazione dei compensi esteri degli sportivi, occorre partire da qualche definizione generale che si rivela utile allo scopo. In base a quanto disposto dall’articolo 3 del DPR n. 917/86 (TUIR), le persone fisiche residenti nel territorio dello Stato italiano sono assoggettate a tassazione sui redditi ovunque prodotti (c.d. “worldwide income taxation). A loro volta, i redditi che le stesse possono produrre, sono classificati (articolo 6) secondo le seguenti categorie:

  • Redditi fondiari;
  • Redditi di capitale;
  • Redditi di lavoro dipendente;
  • Redditi di lavoro autonomo;
  • Redditi d’impresa;
  • Infine, redditi diversi.

Diversamente, ai soggetti non residenti, l’imposta si applica esclusivamente sui redditi dagli stessi prodotti nel territorio dello Stato. Si tratta dei redditi individuati tramite i criteri di collegamento definiti dall’art. 23 del DPR n 917/86. Naturalmente, questi criteri di tassazione sono, generalmente, adottati nella maggior parte degli Stati del mondo. L’effetto che si ottiene è quello di generare sovrapposizioni di potestà impositiva che danno luogo a fenomeni di doppia imposizione. Come andremo a vedere questo tipo di sovrapposizione di potestà impositiva si manifesta anche nel caso dei redditi percepiti da manifestazioni svolte all’estero da parte degli sportivi.

Particolarmente importante quando si parla di residenza fiscale è individuare i criteri secondo i quali uno sportivo può considerarsi fiscalmente residente in uno Stato. Non sono rari, infatti, i casi di sportivi che trasferiscono la propria residenza fiscale all’estero al fine di ridurre la propria pressione fiscale (anche attraverso lo spostamento della residenza fiscale in paesi c.d. “black list”). Molto spesso accade, infatti, che tali sportivi non qualifichino correttamente i requisiti dell’art. 2 del TUIR e quelli previsti dall’art. 4 del modello di Convenzione OCSE per la residenza fiscale. In questi casi, senza voler entrare nel merito della questione, già affrontata in altri articoli, è importante sottolineare come il mancato perfezionamento della residenza estera comporta per lo sportivo l’assoggettamento alla disposizione dell’art. 3 del TUIR. Questa, come saprai, prevede la tassazione dei redditi mondiali in Italia dello sportivo residente. Aspetto che diventa ancora più delicato e peculiare in caso di trasferimenti di residenza in paesi non collaborativi, in virtù dell’applicazione della presunzione legale relativa di residenza in Italia, contenuta nell’art. 2 co. 2-bis del TUIR.

Chi sono gli sportivi professionisti e non?

Prima di analizzare la disciplina fiscale prevista per gli sportivi occorre analizzare la differenziazione esistente tra sportivi professionisti e non professionisti. L’art. 2 della Legge n. 91/81 prevede che si considerino sportivi professionisti gli atleti, gli allenatori, i direttori tecnico-sportivi ed i preparatori atletici, che esercitano attività sportiva a titolo oneroso con carattere di continuità nell’ambito delle discipline regolamentate dal CONI e che conseguono la qualificazione dalle federazioni sportive nazionali, per la distinzione dell’attività dilettantistica da quella professionistica. Ad oggi, in Italia, le federazioni che riconoscono i professionisti sono: calcio, basket, golf e ciclismo.

Accanto alla categoria dello sport professionistico vi sono anche le attività sportive dilettantistiche. Per lo sport dilettantistico non è prevista alcuna definizione specifica. Questo significa che tale attività deve essere individuata in modo residuale rispetto all’attività sportiva professionistica. In buona sostanza, quindi, un’attività sportiva esercitata in modo continuativo ed a carattere oneroso se svolta in un settore non dichiarato professionistico si qualifica come attività sportiva dilettantistica.

Non è intenzione andare ad approfondire questo aspetto, ma è sicuramente importante conoscere questa importante differenza all’interno del mondo dello sport.

Criteri di collegamento per la tassazione degli sportivi: normativa nazionale e convenzionale

Il regime di tassazione dei redditi degli sportivi ha sicuramente caratteristiche peculiari rispetto agli ordinari criteri di collegamento previsti per i redditi da lavoro dipendente o autonomo. Sul punto, la normativa di riferimento è data dalle lettere c) e d) comma 1 dell’art. 23 del TUIR e dall’art. 17 del modello OCSE di Convenzione contro le doppie imposizioni. Come detto, le attività lavorative degli sportivi presentano delle peculiarità derivanti dalla loro natura, in quanto:

  • Sono esercitate per brevi periodi in più Stati (partecipazione a meeting, tornei, giri, etc);
  • Prevedono generalmente remunerazioni piuttosto elevate (legate soprattutto ai premi per le competizioni vinte);
  • Problematiche connesse ai criteri di collegamento per la tassazione dei redditi nello Stato della fonte e nello Stato di residenza fiscale dello sportivo. In questi casi, devono essere tenuti in considerazione i seguenti aspetti (analizzati successivamente):
    • Gli Stati in cui l’attività sportiva viene prestata possono non prevedere l’assoggettamento a tassazione parte dei compensi percepiti (in virtù della propria legislazione interna). Fattispecie in cui vi è assenza di withholding tax;
    • La tassazione nello Stato di residenza potrebbe, nel medesimo modo, essere ridotta, qualora la stessa venga spostata in un altro Stato (magari a fiscalità privilegiata).
ESEMPIO:
Pensa al caso di uno sportivo, un tennista, che è fiscalmente residente nel Principato di Monaco. Tale soggetto si trova ad effettuare una prestazione sportiva remunerata, magari per la partecipazione ad un torneo di tennis in Svizzera. In questo caso si dovrà individuare i corretti criteri di collegamento del reddito in relazione ai due stati coinvolti.

È in questo contesto complessivo che bisogna analizzare il regime fiscale degli sportivi italiani.

Redditi degli sportivi nella normativa fiscale nazionale

I redditi degli sportivi non rappresentano una categoria reddituale distinta all’interno del TUIR (DPR n. 917/86). Pertanto, al fine di individuare se detti redditi, siano o meno da assoggettare a tassazione in Italia occorre fare riferimento alle lettere c) e d) comma 1 dell’art. 23 del DPR n. 917/86. Sulla base di quanto previsto da questa disposizione domestica, è sufficiente che l’attività “sportiva” sia “prestata” o “esercitata” in Italia per poter essere considerata come assoggettabile a tassazione. Questo a prescindere dalla presenza effettiva nel territorio dello Stato. Quindi, per la normativa fiscale nazionale sono imponibili in Italia le prestazioni sportive svolte in Italia ma anche all’estero da parte di uno sportivo residente. Allo stesso modo, uno sportivo non residente è assoggettato a tassazione in Italia quando la prestazione è svolta in Italia e quando il compenso viene corrisposto da ente residente in Italia.

Redditi degli sportivi nella normativa convenzionale

I criteri di collegamento per la tassazione degli sportivi sono contenuti all’interno dell’art. 17 (Entertainers and Sportspersons) del modello di Convenzione OCSE contro le doppie imposizioni. Tale articolo deroga alle previsioni generali sopra ricordate relative ai redditi da lavoro autonomo e dipendente e stabilisce quanto segue:

Art. 17 del Modello di Convenzione OCSE – Tassazione sportivi
Nonostante le disposizioni dell’articolo 15, i redditi che un residente di uno Stato contraente, in qualità di professionista dello spettacolo quale artista di teatro. del cinema, della radio o della televisione, o musicista o sportivo. ritrae dalle sue attività personali esercitate nell’altro Stato contraente sono imponibili in detto altro Stato.
Qualora i redditi relativi a prestazioni personali effettuate da un artista o sportivo siano corrisposti non all’artista o sportivo direttamente, ma ad altra persona, detta remunerazione è, nonostante le disposizioni dell’art. 15, imponibili nello Stato contraente nel quale le prestazioni dell’artista o dello sportivo sono esercitate

Secondo l’art. 17 i redditi percepiti da sportivi sono imponibili nello Stato in cui dette attività sono svolte. Si tratta, in buona sostanza, di una deroga ai criteri generali previsti dall’art. 15 (per il lavoro dipendente) e dell’art. 7 (per il lavoro autonomo). Questi, infatti, prevedono l’imposizione del reddito nello Stato dove viene svolta l’attività alla presenza di una presenza fisica del lavoratore per oltre 183 giorni nell’anno (lavoro dipendente) o la presenza di una “stabile organizzazione” o “base fissa” (per il lavoro autonomo). Quindi il criterio di collegamento convenzionale è legato al luogo in cui la prestazione sportiva viene svolta. Come indicato dal commentario al modello OCSE, mancando l’avverbio “soltanto” il reddito è soggetto ad una potestà impositiva concorrente nei due stati coinvolti.

Secondo quanto indicato la potestà impositiva dello Stato in cui è svolta la performance sportiva non è legata alla durata della prestazione sportiva. Questo significa che l’art. 17 si rende applicabile per tutte le prestazioni sportive svolte in quello Stato, indipendentemente dal fatto che queste siano durate pochi secondi, minuti o ore. Basti pensare alla durata di una gara di nuoto, delle gare di atletica o alla durata di una partita di calcio o di un torneo di golf.

L’art. 17, paragrafo 2, del modello OCSE (come vedremo meglio di seguito) prevede poi una clausola posta a tutela degli interessi erariali. Si prevede, infatti, che il reddito derivante dalle prestazioni svolte personalmente dallo sportivo viene corrisposto ad un soggetto terzo, anche questo reddito può essere tassato nello Stato in cui l’attività è stata materialmente svolta.

La definizione di sportivo nel modello OCSE

Da sottolineare che la definizione di sportivo ai fini del modello OCSE è diversa da quella (sopra indicata) della normativa nazionale. La nozione di sportivo comprende, infatti, oltre ai partecipanti agli eventi atletici (atletica, nuoto, etc), anche i giocatori di golf, i fantini, i giocatori di calcio, tennis ed i piloti. Inoltre, sono considerate sport, anche attività come il gioco del biliardo, gli scacchi ed il bridge (Commentario all’art. 17 del modello OCSE § 5).

Per questi sportivi rientrano nell’ambito di applicazione dell’art. 17 del modello OCSE i redditi percepiti anche a seguito di un singolo evento, come:

  • I redditi che derivano dalla partecipazione once in a lifetime a un programma televisivo;
  • I compensi per l’apparizione a pubblicità o interviste legate a tali eventi;
  • I compensi pagati per le “dirette” televisive di eventi, se corrisposti direttamente all’artista o sportivo o comunque erogati nel suo interesse.

Anche i compensi di carattere pubblicitario o sponsorizzativo ricevuti dall’artista sono normalmente inclusi nell’art. 17. Mentre, le royalties a fronte dell’utilizzo di proprietà intellettuale sono inclusi nelle disposizioni dell’art. 12 del modello OCSE.

Redditi percepiti in più stati

I criteri di tassazione dei redditi degli sportivi percepiti in più Stati si collocano all’interno dei paragrafi 9.2 e 9.3 del Commentario all’art. 17 del modello OCSE. Il criterio da seguire è che se il compenso è direttamente legato allo Stato dove la prestazione sportiva è stata svolta il reddito si considera prodotto in tale Stato; se non vi è correlazione diretta, vale il criterio temporale.

Questo significa, ad esempio, che per i ciclisti la ripartizione del reddito va in base ai giorni lavorati in ciascuno degli Stati ove si svolgono le competizioni (Risoluzione n. 79/E/2006 all’Agenzia delle Entrate).

Imponibilità nello Stato della fonte anche per le “star company

L’articolo 17, paragrafo 2 del Modello OCSE prevede, invece, una specifica disciplina che permette di contrastare talune pratiche elusive. Si tratta di fattispecie in cui il corrispettivo per la prestazione svolta dallo sportivo non viene a lui corrisposta, ma viene erogata nei confronti di una società (a questi riferibile). Si tratta, in buona sostanza, di enti conosciuti come “star company“, generalmente localizzati in stati a fiscalità privilegiata al fine di eludere (in linea teorica) la disposizione di cui al comma 1. Questa interposizione societaria è volta, a fini elusivi, a trasformare un reddito professionale in reddito di impresa, che prevede diversi criteri di collegamento per la tassazione.

Attraverso la disposizione di cui al paragrafo 2 dell’art. 17, nel caso in cui il corrispettivo della prestazione venga pagato ad una società (nel qual caso non si renderebbe applicabile il disposto del comma 1), lo Stato della fonte è comunque autorizzato ad assoggettare ad imposizione il reddito relativo alla performance avvenuta all’interno del proprio Paese. Con lo stesso fine deve essere segnalata anche la disposizione di cui all’art. 37, co. 3, del DPR n. 600/73, norma volta a contrastare la c.d. interposizione. La norma consente all’Amministrazione finanziaria di imputare ad un contribuente un reddito il cui titolare risulterebbe essere un soggetto differente. Questo qualora sia dimostrato (anche mediante presunzioni gravi, precise e concordanti) che detto contribuente ne sia l’effettivo possessore. E che ciò sia a riguardo del caso di interposizione fittizia sia a quello di interposizione reale.

Reddito prodotto all’estero da parte di sportivi residenti

Sulla base dei criteri di territorialità sinora analizzati i redditi prodotti all’estero da parte di artisti e sportivi fiscalmente residenti in Italia sono soggetti ad imposizione in Italia, in virtù del principio di tassazione su base mondiale dell’art. 3 del TUIR.

Tuttavia, come previsto dalla disciplina convenzionale (art. 17) si possono verificare fattispecie di doppia imposizione del reddito anche nell’altro Stato (c.d. “Stato della fonte“), se la legislazione di questo Stato lo prevede. Non essendoci clausole di esclusività del reddito nel solo Paese di erogazione del reddito, anche lo Stato di residenza dello sportivo può applicare tassazione sul reddito. In Italia, questa situazione di doppia imposizione viene risolta attraverso l’applicazione del credito per imposte estere (ex art. 165 del TUIR).

Con maggiore dettaglio, il reddito prodotto all’estero da parte di sportivi residenti è assoggettato a tassazione secondo i vari scaglioni IRPEF attraverso la presentazione della dichiarazione dei redditi.

Premi legati a manifestazioni sportive

Per quanto riguarda i premi corrisposti in manifestazioni sportive è necessario distinguere la disciplina fiscale applicabile in relazione agli sportivi professionisti o meno. Andiamo ad analizzare le due casistiche:

  • Sportivi professionisti: le somme corrisposte a titolo di premio devono essere considerate come corrispettivo a fronte di attività professionale. Pertanto, il premio deve essere assoggettato alla ritenuta di cui all’art. 24 o 25 del DPR n. 600/73 (a seconda che lo sportivo svolga attività rientrante nell’attività di lavoro dipendente o autonomo);
  • Sportivi non professionisti (dilettanti): l’art. 67, co. 1, lett. m) del TUIR considera redditi diversi anche i premi erogati nell’esercizio diretto di attività sportive dilettantistiche, dal CONI, dalle federazioni sportive nazionali, dagli enti di promozione sportiva e da qualunque organismo che persegua finalità sportive dilettantistiche. Tali premi sono oggetto di una specifica disciplina ex art. 69, co. 2 del TUIR. Questa prevede una esenzione fiscale fino a 10.000 euro (non concorrono comunque a tassazione le spese documentate come vitto, alloggio, viaggi, trasporti, etc). Per i premi oltre la soglia è prevista l’applicazione di una ritenuta a titolo di imposta del 23% (primo scaglione IRPEF) fino a redditi che non superano la soglia di 20.658,28 euro. La ritenuta diventa a titolo di acconto per i premi che superano tale soglia. La ritenuta deve essere maggiorata dalle addizionali IRPEF.

Applicazione del credito per imposte estere

Con riferimento specifico agli sportivi residenti in Italia, gli stessi, per il fatto di essere residenti in Italia, devono essere assoggettati ad imposizione in base al principio worldwide. Essi dunque sono soggetti all’IRPEF ovunque abbiano prodotto il loro reddito, e potranno godere di un eventuale credito per le imposte eventualmente prelevate nello Stato della fonte, così come consentito dall’articolo 17 del Modello OCSE (e nella supposizione che tale prelievo sia comunque previsto dalla normativa domestica del Paese estero). Tale credito d’imposta è garantito dall’applicazione dei trattati contro le doppie imposizioni stipulati dall’Italia oppure dall’applicazione dell’articolo 165 del DPR n. 917/86.

In altri Stati contraenti, invece, i redditi degli sportivi ivi residenti ed assoggettati ad imposizione nello Stato della fonte, sono resi esenti da tassazione nello Stato di residenza. E’ questo il caso, ad esempio, del Regno Unito, Paese scelto per questo come residenza da moltissimi sportivi. Come detto, al fine di limitare la doppia imposizione, il nostro Paese, in assenza di convenzioni, ha previsto il meccanismo del credito di imposta disciplinato dall’articolo 165 del DPR n. 917/86.

In base alle disposizioni di tale articolo gli sportivi italiani residenti in Italia, ai quali derivino dei redditi che si considerano, in base al principio della c.d. lettura a specchio dell’art. 23, prodotti all’estero, hanno diritto ad un credito per le imposte ivi pagate a titolo definitivo. L’applicazione del credito per imposte estere spetta fino a concorrenza della quota d’imposta corrispondente al rapporto tra:

  • I redditi prodotti all’estero, ed
  • Il reddito complessivo, calcolato al netto delle perdite di precedenti periodi d’imposta ammesse in diminuzione.

Il pagamento a titolo definitivo deve essere inteso come un pagamento irripetibile e che non può più essere suscettibile di modificazione in favore del contribuente.

Problematiche di attuazione del credito per imposte estere

Il sistema adottato dall’Italia, ovvero l’applicazione del credito per imposte estere, operativamente, trova difficoltà pratiche di attuazione. Le riflessioni che si possono fare su questo argomento sono le seguenti:

  • L’ottenimento della certificazione del pagamento delle imposte estere. Certificazione fiscale che deve essere rilasciata dall’autorità fiscale del Paese estero in cui avviene la prestazione. Questo al fine di dimostrare l’avvenuto pagamento a titolo definitivo, in quanto il documento deve puntualmente corrispondere ai dettami della legge italiana;
  • La determinazione dell’importo del credito spettante. Tale importo non può superare la corrispondente quota di imposta italiana riferita al reddito estero (per questo occorre effettuare alcuni calcoli matematici);
  • Il momento temporale del recupero (detrazione). Il recupero del credito deve avvenire nella dichiarazione relativa al periodo di imposta cui appartiene il reddito di fonte estera cui si riferisce l’imposta. Questo, a condizione che il pagamento dell’imposta estera sia effettuato a titolo definitivo entro la presentazione della dichiarazione.

Anche i lavoratori autonomi possono usufruire del credito d’imposta nel periodo in cui il reddito estero concorre alla formazione del reddito complessivo. Anche qualora, in tale periodo, non si sia ancora verificato il pagamento a titolo definitivo delle imposte estere. Purché tale pagamento avvenga entro il termine di presentazione della dichiarazione relativa al primo periodo d’imposta successivo. Può invece accadere che la definitività del pagamento dell’imposta (o l’ottenimento dell’idonea documentazione) intervenga in periodi d’imposta successivi. Per cui la detrazione sarà rinviata alla data di presentazione delle relative dichiarazioni, con l’effetto di pieno recupero, qualora sia capiente l’imposta dovuta per tali successivi periodi.

Reddito prodotto in Italia da parte di sportivi non residenti

L’individuazione dei criteri di tassazione del reddito prodotto in Italia da parte di sportivi non residenti deve essere analizzato attraverso il combinato disposto dalla normativa nazionale e convenzionale. Come abbiamo visto, tali normative prevedono una tassazione concorrente tra lo Stato di erogazione del reddito e quello di residenza fiscale dello sportivo.

Partendo dalla normativa nazionale l’art. 23, co. 1, lett. d) del TUIR considera prodotti in Italia i proventi percepiti facendo riferimento al luogo in cui sono rese le prestazioni sportive ed alla residenza dell’ente erogante il compenso. Questo sia per i redditi da lavoro da lavoro dipendente, autonomo, collaborazione coordinata e continuativa, e per le indennità percepite dagli sportivi professionisti al termine dell’attività sportiva.

La disciplina convenzionale, invece, in questo caso è peculiare e diversa dalla normativa nazionale. Infatti, le Convenzioni permettono di escludere da tassazione italiana in capo a sportivi non residenti le attività svolte oltreconfine, anche se il soggetto che eroga i compensi è un soggetto residente in Italia.

Quindi, volendo riassumere, quando il luogo di svolgimento della prestazione sportiva è in Italia, il premio o compenso corrisposto allo sportivo (non residente) è sempre imponibile fiscalmente in Italia. Questo sia per la normativa nazionale che convenzionale. Quando, invece, la prestazione sportiva è svolta all’estero vi è imponibilità in Italia solo se la prestazione è corrisposta da committente residente in Italia (secondo la normativa convenzionale).

L’applicazione della ritenuta in uscita da parte dell’Italia (“withholding tax“)

La modalità di tassazione in Italia per gli sportivi non residenti passa attraverso l’applicazione di una ritenuta in uscita (withholding tax) sul compenso corrisposto da committente residente in Italia. In particolare, le casistiche a disposizione sono le seguenti:

  • Lavoro dipendente: ritenuta di acconto con aliquote previste dagli scaglioni IRPEF, ex art. 23 del DPR n. 600/73. Lo sportivo non residente ha l’obbligo di presentare la dichiarazione dei redditi in Italia;
  • Collaborazione coordinata e continuativa: ritenuta a titolo di imposta del 30%, ex art. 24, co. 1-ter del DPR n. 600/73 per le prestazioni svolte in Italia. In questo caso non vi è obbligo di presentare la dichiarazione dei redditi in Italia.
  • Lavoratori autonomi: ritenuta a titolo di imposta del 30%, ex art. 25, co. 2 del DPR n. 600/73. Anche in questo caso non vi è obbligo di presentare la dichiarazione dei redditi in Italia. Allo sportivo non residente ex art. 24, co.3 del TUIR competono le detrazioni previste dall’art. 13 per i redditi da lavoro dipendente e per i redditi da pensione.
Sportivi non residenti e ritenute sul reddito da lavoro dipendente

L’art. 51 del TUIR definisce redditi da lavoro dipendente quelli che derivano da rapporti aventi per oggetto la prestazione di lavoro, alle dipendenze e sotto la direzione altrui. Lo sportivo non residente che effettua attività sportiva rientrante dell’ambito del lavoro dipendente in Italia, è soggetto all’applicazione di una ritenuta dal sostituto di imposta. La ritenuta è applicata nei confronti dello sportivo non residente a titolo di acconto e per questo vi è l’obbligo di presentare la dichiarazione dei redditi in Italia.

Sportivi non residenti e ritenute sul reddito da collaborazione continuativa

Qualora l’attività dello sportivo non residente possa essere ricondotta alla collaborazione coordinata e continuativa i redditi sono tassati come per il lavoro dipendente. Secondo l’art. 24, co. 1-ter del DPR n. 600/73 sul reddito corrisposto a sportivo non residente deve essere applicata una ritenuta a titolo di imposta del 30%. La ritenuta si applica sul compenso la netto dei contributi previdenziali obbligatori (art. 50, co. 1 lett. c-bis) del TUIR). Sul punto occorre precisare la discrasia presente tra normativa nazionale e convenzionale per il criterio di collegamento del reddito: la normativa nazionale prevede la tassazione in Italia a prescindere dal luogo di svolgimento della prestazione sportiva; in presenza di Convenzione la ritenuta deve essere applicata sui compensi connessi alle prestazioni rese in Italia.

Il caso dei ciclisti tedeschi ingaggiati in Italia per correre all’estero

Sul tema della tassazione dei compensi di sportivi non residenti percepiti per società sportiva residente è utile fare riferimento alla Risoluzione dell’Agenzia delle Entrate n. 79 del 16 giugno 2006. Ai sensi di questa disposizione i compensi erogati da una squadra italiana a ciclisti professionisti tedeschi non sono imponibili in Italia, se relativi a corse ciclistiche effettuate all’estero (la Germania è Paese in Convenzione con l’Italia). Nella fattispecie, in presenza di compensi unitariamente determinati, è stato ritenuto corretto assoggettare alla ritenuta prevista dall’art. 24 co. 1-ter) del DPR n 600/73 (trattavasi, nella fattispecie, di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa) la sola quota parte relativa alle giornate di gara svolte in Italia (è quanto la dottrina internazionale definisce quale duty days formula). Tali redditi sono stati considerati assimilati ai redditi da lavoro dipendente, pertanto, considerando che per tali sportivi non vi è stato svolgimento dell’attività lavorativa in Italia (i compensi erano relativi a corse svolte all’estero), l’Agenzia delle Entrate non ha ravvisato la tassazione italiana dei compensi. Tuttavia, è stata prevista l’applicazione di una ritenuta in uscita in relazione alla quota parte di compensi relativi alle giornate di gara svolte in Italia.

Sportivi non residenti e ritenute sul reddito per i professionisti

Qualora la prestazione svolta dallo sportivo non residente abbia i requisiti del lavoro autonomo si applicano i principi dell’art. 53 del TUIR e dell’art. 25 del DPR n. 600/73. In particolare, se lo sportivo è residente in uno Stato in Convenzione con l’Italia si applica la ritenuta a titolo di imposta del 30% (art. 24 del DPR n. 600/73 per le prestazioni rese in Italia); qualora lo sportivo sia residente in Stato non in Convenzione la ritenuta riguarda anche le prestazioni svolte all’estero per conto di ente organizzatore residente in Italia.

Sul punto, occorre effettuare una precisazione importante: l’art. 53, co. 3 del TUIR prevede che si applichino ai redditi conseguiti dagli sportivi professionisti le disposizioni legate ai rapporti di collaborazione coordinata e continuativa (art. 50, co. 1, lett. c-bis) del TUIR) quanto gli stessi derivino da prestazioni rese dal soggetto nei confronti delle società sportive ai sensi dell’art. 3, co. 2 della Legge n. 91/81. In particolare, l’Agenzia delle Entrate, con la Risoluzione n. 73/E/2001 ha chiarito che il compenso corrisposto dal committente nazionale ad atleta non residente per lo svolgimento di attività sportiva in Italia è soggetto a:

  • Ritenuta a titolo di imposta del 30%, ex art. 24, co. 1-ter del DPR n. 600/73, qualora il contratto venga stipulato direttamente dallo sportivo non residente con la società italiana organizzatrice dell’evento;
  • Ritenuta a titolo di imposta del 30%, ex art. 25, co.2 del DPR n. 600/73, qualora il compenso venga erogato direttamente alla società di appartenenza dello sportivo non residente dalla società italiana organizzatrice dell’evento.

La Risoluzione n. 56/E/2005 ha poi chiarito che la base imponibile su cui applicare la ritenuta di cui all’art. 25, co. 2 del DPR n. 600/73 è data dal compenso lordo corrisposto dal soggetto residente. Ricordo che stiamo parlando di compensi relativi a prestazioni sportive svolte in Italia da parte dello sportivo non residente.

Da evidenziare, inoltre, che per quanto riguarda gli eventuali premi conseguiti, la C.M. n. 27/E/86 prevede che le somme erogate a titolo di premio in occasione di manifestazioni sportive devono essere considerate quale corrispettivo di una prestazione di natura professionale.

Problematiche legate alla ritenuta di imposta estera in uscita

L’attenzione che le agenzia fiscali dei vari Stati stanno dando alla tassazione dei compensi degli sportivi sta aumentando. Le problematiche che abbiamo analizzato e che riguardano i compensi transfrontalieri degli sportivi possono creare dubbi ed incertezze importanti, che se non risolti possono portare ad accertamenti fiscali importanti. La normativa sullo scambio automatico di informazioni ai fini fiscali (c.d. “Common Reporting Standard“) ha sicuramente incrementato le informazioni a disposizione delle agenzie fiscali per accertare i redditi degli sportivi. Le contestazioni, in questi casi, possono riguardare: direttamente gli sportivi in caso di mancata o infedele presentazione della dichiarazione dei redditi in Italia (in caso di compensi esteri non dichiarati), oppure le società sportive in relazione a problematiche sulla corretta applicazione delle ritenute in uscita nei confronti degli sportivi non residenti.

Altre problematiche che si riscontrano nella quotidianità riguardano i casi in cui il committente (società ciclistica, tennistica, etc) si accorga successivamente (anche anni dopo), che non è stata operata la ritenuta a titolo di imposta sul compenso erogato allo sportivo non residente. Come abbiamo visto, infatti, l’ente erogatore del compenso in caso di prestazione sportiva svolta in Italia dallo sportivo non residente è tenuto ad applicare una ritenuta in uscita. Tale ritenuta deve essere trattenuta e versata all’Erario per conto dello sportivo. In questi casi, l’ente erogante il compenso tenta il recupero della ritenuta dallo sportivo, che a quel punto è già rientrato all’estero, spesso con scarsi risultati. Ebbene, in questi casi non bisogna dimenticare che la responsabilità per la corretta applicazione della ritenuta in uscita è sempre dell’ente erogante il compenso (a condizione che lo sportivo abbia correttamente dichiarato la propria residenza fiscale estera).

La tassazione dei compensi degli sportivi in caso di cancellazione di eventi

In conclusione di questa analisi può essere interessante analizzare la disciplina fiscale dei compensi degli sportivi in caso di cancellazione di una manifestazione sportiva. Come abbiamo visto, l’art. 17 del modello OCSE, come rilevato dal paragrafo 9 del relativo Commentario, ha come principio quello di tassare i compensi sportivi relativi alle prestazioni rese in un determinato territorio. La tassazione è legata alla stretta connessione tra i compensi percepiti, e la prestazione erogata nella manifestazione sportiva. Sulla base di questo principio possiamo affermare che nessun reddito potrebbe essere tassato nello Stato della Fonte in assenza di un evento svolto su quel territorio.

Questo significa che nel momento in cui lo sportivo residente in Italia riceve un compenso a fronte della cancellazione di una manifestazione sportiva, viene a mancare il collegamento con la prestazione sportiva resa sul territorio (prevista dall’art. 17). Questo significa che i criteri di collegamento per la tassazione del reddito sono quelli dell’art. 7 (lavoro autonomo) o art. 15 (lavoro dipendente). Ad esempio, facendo riferimento, ad esempio, agli sportivi dipendenti, nel momento in cui la Convenzione sia conforme al modello OCSE la tassazione avviene nel solo Stato di residenza della persona se questa soggiorna nell’altro Stato per un periodo che non oltrepassa i 183 giorni nel corso di un periodo di 12 mesi e, contemporaneamente, le retribuzioni sono pagate da (o per conto di) un datore di lavoro non residente nello Stato dove viene svolta l’attività (e non sono pagate da una stabile organizzazione di cui il datore di lavoro dispone nello Stato in cui viene svolta l’attività).

Lo stesso commentario al modello OCSE chiarisce che non ricadono nell’ambito applicativo dell’art. 17 i compensi che un ex sportivo, o uno sportivo infortunato (ma lo stesso vale per gli sportivi temporaneamente inattivi) percepiscono in qualità di commentatori televisivi ad eventi ai quali essi non partecipano in prima persona. In questo caso trovano applicazione i principi (già richiamati) di cui agli art. 7 o 15 del modello OCSE.

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Sulla base di quanto affermato sino ad ora possiamo dire che uno sportivo non residente può essere assoggettato a tassazione in Italia, sulla parte dei compensi proporzionale alla prestazioni svolte in Italia. Questa tassazione avviene anche se lo sportivo non dispone in Italia di una base fissa (se lavoratore autonomo) o non permane in Italia per almeno 183 giorni (se lavoratore dipendente). Sostanzialmente, anche una prestazione minima, pensa alla durata dei 100 metri in atletica (o nel nuoto), oppure alla durata (di pochi minuti) di una discesa libera di sci, ricade in questa fattispecie. In questo modo, vengono tutelati gli interessi dello Stato in cui viene svolta l’attività sportiva (evento) per compensi generalmente di elevato livello. Al contrario, per gli sportivi residenti si applica la disposizione generale di cui all’art. 3 del TUIR, di tassazione su base mondiale dei redditi prodotti.

In questo articolo ho cercato di fornirti alcune informazioni utili per individuare i criteri fiscali di tassazione dei compensi percepiti all’estero da parte di sportivi residenti, e per i compensi erogati dall’Italia a sportivi non residenti. Come avrai capito si tratta di una disciplina fiscale complessa, che risente di disposizioni non concilianti tra normativa fiscale nazionale e la disciplina Convenzionale, molto più aperta e generica. Inoltre, come già accennato, l’attenzione dell’Agenzia delle Entrate nei confronti dei compensi degli sportivi sta aumentando anche grazie alla maggiore mole di informazioni che l’Erario ha a disposizione.

Per questo motivo è consigliabile rivolgersi ad un dottore Commercialista esperto in fiscalità internazionale. Se desideri analizzare in dettaglio la tua situazione in relazione a questa normativa, contattami attraverso il link sottostante. Riceverai il preventivo per una consulenza personalizzata sull’argomento.

Fonti:
– Art. 7, 15, 17 e 22 del modello di Convenzione OCSE contro le doppie imposizioni;
– Art. 23, 51 del TUIR;
– Art. 24, 25 e 30 del DPR n. 600/73;
– Legge n. 91/81;
Risoluzione n. 79/E/2006 dell’Agenzia delle Entrate;
– Risoluzione n. 73/E/2001 dell’Agenzia delle Entrate;
– Risoluzione n. 79/E/2006 dell’Agenzia delle Entrate;
– Risoluzione n. 56/E/2005 dell’Agenzia delle Entrate;

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