La recente riforma fiscale ha introdotto significative modifiche nel contenzioso tributario. In particolare, dal 2024 l’istituto del reclamo-mediazione tributaria ha subito una totale cancellazione.
In particolare, la modifica apportata dal decreto attuativo (D.Lgs n. 220/23) della Delega fiscale (Legge n. 111/23) ha archiviato il rimedio amministrativo per chiudere le controversie tributarie di modico valore (ex articolo 17-bis del D.Lgs. n. 546/92), che consentiva la presentazione di un’istanza di annullamento dell’atto impugnato alla competente struttura dell’ente impositore, da esperire di agire in giudizio, a pena di inammissibilità del ricorso.
Il MEF, con un comunicato stampa ha chiarito che tale disciplina non è più in vigore dal 4 gennaio 2024. Di seguito, comunque, andiamo a riepilogare, per chi ne avesse bisogno, la disciplina in vigore sino a quel momento.
Indice degli Argomenti
- Evoluzione normativa della mediazione tributaria
- Gli strumenti alternativi per la risoluzione delle controversie
- I vantaggi della procedura
- Quando si instaurava la procedura
- Atti reclamabili
- Determinazione del valore della lite
- Procedura di reclamo mediazione
- Casi particolari
- Consulenza fiscale online
- Riferimenti normativi
Evoluzione normativa della mediazione tributaria
La mediazione tributaria è stata introdotta nell’ordinamento italiano con il D.Lgs. n. 546/92, successivamente modificato dal D.Lgs. 156/15. L’istituto prevedeva una fase preliminare obbligatoria di reclamo-mediazione per le controversie di valore non superiore a 50.000 euro, con l’obiettivo di ridurre il contenzioso e favorire la risoluzione stragiudiziale delle dispute fiscali.
La recente riforma fiscale, attuata mediante la Legge Delega n. 111/23 e i successivi decreti attuativi, ha determinato il superamento dell’obbligatorietà di questo istituto a partire dal 4 gennaio 2024, segnando una svolta significativa nella gestione del contenzioso tributario.
L’abolizione dell’obbligatorietà del reclamo-mediazione comporta diverse conseguenze operative:
- Accesso diretto alla giustizia tributaria senza la necessità di esperire preliminarmente il tentativo di mediazione;
- Riduzione dei tempi procedurali per l’instaurazione del contenzioso;
- Maggiore importanza dell’analisi preventiva sulla solidità delle ragioni del ricorso;
- Necessità di rivalutare le strategie di difesa tributaria alla luce del nuovo quadro normativo.
È importante sottolineare che, sebbene non più obbligatorio, lo strumento della mediazione tributaria rimane disponibile su base volontaria, rappresentando ancora un’opzione per la risoluzione stragiudiziale delle controversie.
Gli strumenti alternativi per la risoluzione delle controversie
Con il superamento dell’obbligatorietà della mediazione tributaria, assumono maggiore rilevanza altri strumenti di composizione delle liti fiscali:
- Autotutela amministrativa;
- Accertamento con adesione;
- Conciliazione giudiziale;
- Ravvedimento operoso.
Questi istituti rappresentano valide alternative per la definizione delle controversie, con potenziali vantaggi in termini di riduzione delle sanzioni e semplificazione delle procedure.
I vantaggi della procedura
La fase del reclamo consisteva nel necessario preventivo esame del ricorso tributario in sede amministrativa, con sospensione del termine per costituirsi in giudizio, limitato a provvedimenti di valore non superiore a €. 50.000,00 euro (art. 17-bis nel D.Lgs. 546/92, a partire dal 1° gennaio 2018).
In pratica, tra ente impositore e contribuente, si svolgeva, prima del giudizio, una fase amministrativa che consisteva nell’esame della proposta di annullamento totale/parziale dell’atto, o nel tentativo di pervenire ad una mediazione.
Qualora tale fase avesse avuto esito negativo, il procedimento riprendeva il corso ordinario (il contribuente deve depositare il ricorso presso la segreteria del giudice tributario, che, secondo le norme ordinarie, procederà all’istruzione della causa ed alla sua discussione).
I principali vantaggi del regime di reclamo/mediazione erano:
- Possibilità di applicazione dell’istituto a tutti gli enti impositori, agli agenti della riscossione e ai soggetti iscritti nell’albo di cui all’art. 53 del D.Lgs. n. 446/97 (c.d. concessionari privati), nonché alle controversie in materia catastale;
- Rimodulazione del beneficio della riduzione delle sanzioni in modo favorevole al contribuente;
- Presenza di regole ad hoc per il pagamento delle somme dovute a seguito di mediazione;
- L’estensione anche alle cause reclamabili della possibilità di esperire la conciliazione giudiziale.
La ratio del procedimento di reclamo era rinvenibile nel deflazionare le controversie, e nello stimolare la loro soluzione stragiudiziale.
Quando si instaurava la procedura
L’onere di instaurare la fase amministrativa di reclamo come emerge dal dato positivo, era incondizionato, e quindi sussisteva:
- Nel caso in cui il contribuente non avesse nessuna intenzione di definire la controversia mediante mediazione;
- Ove il contribuente avesse già tentato la via dell’accertamento con adesione o dell’autotutela;
- Ove l’atto fosse stato palesemente infondato o illegittimo, e l’unica soluzione corretta sarebbe quella di un suo annullamento, e ciò vale anche per il caso opposto, ovvero atto manifestamente fondato.
Atti reclamabili
Il reclamo mediazione era obbligatorio, fermo restando il requisito del valore non superiore a €. 50.000,00 per gli atti degli enti impositori, quali:
- Agenzie fiscali (Entrate, Dogane);
- Enti locali (Comuni, Province);
- Camere di commercio e Consorzi di bonifica.
Si poteva, pertanto, trattare di:
- Avvisi di accertamento e rettifica;
- Avvisi di maggior valore e di liquidazione delle imposte d’atto;
- Atti di recupero dei crediti di imposta;
- Atto di diniego/revoca di agevolazioni con cui viene contestata una maggiore imposta;
- Atti irrogativi di sanzioni amministrative;
- Atti ex art. 36 del DPR n. 602/73 notificati ai soci, amministratori e liquidatori di società;
- Rifiuto espresso o tacito di restituzione dei tributi.
- Ogni atto emanato dall’ente impositore autonomamente impugnabile.
Atti esclusi
Erano esclusi gli atti:
- Di valore superiore a €. 50.000 a partire dal 2018;
- Non impugnabili, anche gli atti di valore indeterminabile, salvo quelle di natura catastale, concernenti il classamento degli immobili e l’attribuzione della rendita catastale;
- Di provvedimenti aventi ad oggetto “Sanzioni accessorie” (emessi ai sensi dell’art. 21 del D.Lgs. n. 472/1997);
- Riguardanti istanze ipoteca e sequestro conservativo (di cui all’art. 22 del D.Lgs. n. 472/1997).
Determinazione del valore della lite
In merito alle modalità per la determinazione del valore della lite, il contribuente interessato, per verificare se aveva l’obbligo di presentare il reclamo, doveva fare riferimento unicamente all’importo del tributo oggetto di contestazione senza tener conto degli interessi e delle sanzioni.
Il valore della lite, infatti, doveva determinato prendendo a riferimento il solo importo dell’imposta contestata nell’atto impositivo impugnato, al netto degli interessi e delle sanzioni (art. 12 D.Lgs. n. 546/1992).
Qualora l’atto impugnato contenesse più tributi, il valore della lite si identificava esclusivamente con quello relativo al tributo di cui si chiede l’annullamento.
Atti di sole sanzioni
Nel caso in cui l’atto ricevuto prevedesse solo sanzioni, il valore della lite era, invece, rappresentato dal valore di queste ultime. Vediamo alcuni esempi.
La società Alfa Srl a seguito del disconoscimento di un credito IRES riceve un atto di accertamento per maggiori imposte da versare pari a 18.000 euro oltre a sanzioni e interessi rispettivamente per 3.500 euro e 560 euro. Il valore della lite è di 18.000 euro. La società Alfa Srl ha l’obbligo di presentare il reclamo/mediazione rientrando il valore della lite nella soglia di ‘‘reclamabilità’’ posta dal legislatore.
La società Alfa Srl riceve un atto di accertamento per sole sanzioni per 15.000 euro. Il valore della lite è pari a 15.000 euro. La società ha l’obbligo di presentare il reclamo/mediazione rientrando l’atto impositivo impugnato nella soglia di ‘‘reclamabilità’’ posta dal legislatore.
Procedura di reclamo mediazione
L’istruttoria relativa al procedimento di mediazione era attribuita ad apposite strutture. L’Ufficio, all’esito dell’istruttoria, poteva:
- Accogliere, anche parzialmente, il reclamo;
- Rigettare il reclamo;
- Formulare una proposta di mediazione.
Era possibile instaurare un eventuale contraddittorio con il contribuente in base all’incertezza delle questioni controverse, al grado di sostenibilità della pretesa e al principio di economicità dell’azione amministrativa.
In caso di accordo di mediazione, lo stesso si concludeva con la sottoscrizione da parte dell’Ufficio e del contribuente e si perfezionava con il versamento entro venti giorni dell’intero importo dovuto ovvero della prima rata, in caso di pagamento rateale. Il pagamento doveva essere effettuato con il modello F24, anche tramite compensazione.
Pagamento non integrale
Nell’ipotesi in cui nei termini prescritti non fosse stato effettuato il versamento integrale delle somme dovute (ovvero della prima rata in caso di pagamento rateale), la mediazione non si perfezionava e l’atto originario, avverso il quale il contribuente ha proposto l’istanza, continuava a produrre effetti.
Nell’eventualità in cui fossero decorsi 90 giorni senza che sia stato notificato l’accoglimento del reclamo o senza che sia stata conclusa la mediazione, il reclamo produceva gli effetti del ricorso e i termini di costituzione in giudizio delle parti decorrono dalla predetta data (n. 9 art. 17-bis aggiunto al D.Lgs. n. 546/1992).
Costituzione in giudizio
Qualora non si fosse addivenuti alla mediazione il contribuente poteva, infatti, costituirsi in giudizio entro 30 giorni a partire dalla data di scadenza del citato termine di 90 giorni dalla notifica del ricorso/reclamo.
La costituzione in giudizio si effettuava depositando o trasmettendo alla Commissione Tributaria Provinciale il ricorso-reclamo che deve essere uguale a quello notificato all’Ufficio a pena di inammissibilità.
Casi particolari
Come anticipato, se la causa era di valore indeterminabile era esclusa dall’obbligo della proposizione del reclamo. Pur tuttavia, qualora oltre al diniego fosse stato oggetto di contestazione anche il tributo o il maggior tributo accertato contestualmente con il provvedimento impugnato e/o le relative sanzioni irrogate con il medesimo atto, la procedura del reclamo diventava obbligatoria nei limiti previsti, in quanto il valore della controversia era individuabile nel tributo o maggior tributo accertato, al netto dei relativi interessi e sanzioni.
Liti sulle cartelle di pagamento
Nelle liti sulle cartelle di pagamento, si ponevano vari problemi in quanto il contribuente poteva impugnare sia il ruolo (atto emesso dell’ente impositore) sia la cartella di pagamento (atto proprio dell’Agente o Concessionario della riscossione).
L’articolo 19 del D.Lgs. n. 546/92 contemplava tra gli atti impugnabili “il ruolo e la cartella di pagamento”, lasciando intendere che il ruolo, ovviamente, è contestato in sede di ricorso contro la cartella, e ciò è stato confermato anche dall’Agenzia delle Entrate con la Circolare n. 9/E/2012.
Inoltre, occorreva considerare i nessi che intercorrevano tra gli effetti dell’erronea chiamata in causa del legittimato passivo e il neo introdotto giudizio di reclamo.
La circ. Agenzia delle Entrate 19.3.2012 n. 9 ha fornito chiarimenti che, in certe ipotesi, non possono risultare soddisfacenti, specie sino a quando non saranno emanate specifiche direttive di Agenzia delle Entrate riscossione e non vi sarà un consolidato orientamento giurisprudenziale sul punto. Si evidenzia che non vi erano problemi nel caso in cui il contribuente sollevi solo vizi del ruolo: in tal caso, occorreva proporre il reclamo.
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Riferimenti normativi
- Decreto Legislativo n. 546/1992: Disposizioni sul processo tributario.
- Articolo 17-bis del D.Lgs. 546/1992: Introdotto dall’articolo 39, comma 9, del Decreto Legge n. 98/2011, convertito con modificazioni dalla Legge n. 111/2011, ha istituito per la prima volta l’istituto del reclamo-mediazione tributaria.
- Decreto Legislativo n. 156/2015: Ha riformato il contenzioso tributario, apportando significative modifiche all’articolo 17-bis, ampliando l’ambito di applicazione dell’istituto e innalzando la soglia di valore delle controversie soggette a mediazione a 20.000 euro.
- Articolo 10 del Decreto Legge n. 50/2017, convertito con modificazioni dalla Legge n. 96/2017: Ha ulteriormente innalzato la soglia di valore delle controversie soggette a reclamo-mediazione da 20.000 a 50.000 euro, a decorrere dal 1° gennaio 2018.
- Legge Delega n. 111/2023 (Riforma fiscale): Ha delegato il Governo ad adottare decreti legislativi per la revisione del sistema tributario, incluso il contenzioso.
- Decreto Legislativo n. 220/2023 del 30 dicembre 2023 (Decreto attuativo della Riforma fiscale): Ha modificato l’articolo 17-bis del D.Lgs. 546/1992, eliminando l’obbligatorietà del reclamo-mediazione per le controversie tributarie a partire dal 4 gennaio 2024.
Circolari di prassi
- Circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 9/E del 19 marzo 2012: Prima circolare esplicativa sull’istituto del reclamo-mediazione.
- Circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 38/E del 29 dicembre 2015: Chiarimenti sulla riforma del 2015.
- Circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 30/E del 22 dicembre 2017: Indicazioni operative a seguito dell’innalzamento della soglia a 50.000 euro.
Sentenze della Corte Costituzionale
- Sentenza della Corte Costituzionale n. 98/2014: Ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 17-bis, comma 2, del D.Lgs. n. 546/1992 nella parte in cui prevedeva la sanzione dell’inammissibilità del ricorso in caso di mancata presentazione del reclamo.
- Sentenza della Corte Costituzionale n. 103/2016: Ha fornito importanti chiarimenti sull’interpretazione dell’istituto in relazione ai principi costituzionali del giusto processo e del diritto di difesa.