Nel diritto societario il recesso è il potere riconosciuto ad ogni socio di sciogliersi unilateralmente dal contratto sociale ottenendo il rimborso della propria partecipazione a valori equi (e non meramente contabili). Esso è uno strumento di tutela introdotto a protezione dei soci di minoranza utilizzabile in particolari situazioni, previste dalla legge o dallo statuto. Si tratta di fattispecie in cui si alterano le condizioni di rischio dell’investimento nella società, non per fattori di mercato, ma per mutamenti decisi dalla maggioranza. Il presente contributo si pone come obiettivo quello di evidenziare le peculiarità della disciplina del recesso del socio da SRL.
La disciplina per le società a responsabilità limitata (SRL) si rinviene nell’art. 2473 c.c., disposizione che indica le modalità ed i criteri da seguire per liquidazione della partecipazione del socio.
Indice degli Argomenti
- Gli interessi protetti
- L’esercizio del diritto di recesso del socio nelle SRL
- Le principali cause convenzionali
- Cause legali
- Termini e modalità di esercizio
- Gli effetti
- Limiti
- Liquidazione della quota e valutazione
- Acquisto da parte di soci o di terzi e partecipazione del recedente
- Disciplina fiscale
- Disciplina contabile
- Conclusioni
Gli interessi protetti
Nella Relazione Ministeriale di accompagnamento al D.Lgs. n. 6/2003 è indicato che:
Infatti, le disposizioni sul recesso del socio da SRL soddisfano diversi interessi, quali:
- Tutela della minoranza. Questa ha la possibilità di lasciare la società in molteplici situazioni senza penalizzazioni sul valore di rimborso;
- Tutela della maggioranza. Essa può vedere nel diritto di recesso del socio di minoranza uno strumento per ottenere la fuoriuscita dalla società di soggetti con cui i rapporti risultano compromessi. Inoltre, può cessare liti interne tra soci;
- Incentivo all’investimento societario. Chi vuole entrare in società ha la garanzia di poter recedere dalla propria partecipazione senza eccessivi oneri e senza essere ridotto alla ricerca di un terzo compratore.
L’esercizio del diritto di recesso del socio nelle SRL
Nelle SRL l’articolo 2473 del codice civile prevede le ipotesi per le quali è possibile esercitare il tale diritto da parte del socio. Si tratta di una serie di deroghe alla disciplina generale del contratto sociale, per il quale è possibile recedere soltanto con il consenso di tutti i soci.
Queste particolari ipotesi costituiscono un limite per la società ed una garanzia per i soci. In particolare le fattispecie possono essere:
- Nel caso di cambiamento dell’oggetto sociale;
- In caso di trasformazione della società (ovvero cambiamento del tipo di società);
- Nel caso di fusione o scissione della società;
- In caso di revoca dello stato di liquidazione;
- In caso di trasferimento della sede all’estero;
- Nel caso di compimento di operazioni che comportano una sostanziale modificazione dell’oggetto della società stabilito nell’atto costitutivo;
- In caso di modifica del diritto agli utili dei soci;
- In caso di eliminazione di una o più cause previste nell’atto costitutivo.
Ipotesi di recesso per SRL a durata indeterminata
Oltre alle sopra indicate ipotesi, questo diritto è sempre consentito nel caso in cui la società sia contratta a tempo indeterminato. In questo caso, serve un preavviso di almeno sei mesi.
In questo caso l’unico onere per il socio è rappresentato dall’obbligo di preavviso verso la società di almeno 180 giorni. Tale onere di preavviso può per altro essere ampliato dallo statuto della della SRL. Tuttavia, in ogni caso non può mai essere fissato in misura superiore a un anno.
Ipotesi di recesso inderogabile del socio
Vi sono poi ulteriori ipotesi (inderogabilmente previste dalla legge) sono riconducibili:
- All’eventuale decisione di aumento a titolo oneroso del capitale sociale della SRL, con esclusione del diritto di opzione dei soci. Ossia con offerta diretta delle nuove quote in sottoscrizione a terzi. In tale caso, infatti, l’articolo 2481-bis comma 2 lo attribuisce ai soci che non hanno acconsentito alla decisione di esclusione del diritto di opzione;
- All’eventuale presenza nell’atto costitutivo di vincoli assoluti alla circolazione delle quote. In questo caso lo statuto può eventualmente prevedere un periodo massimo di due anni, dalla data di sottoscrizione o acquisto della quota, di sospensione del diritto di recesso del socio.
Si ricorda brevemente che per limitazioni di tipo assoluto si intendono clausole statutarie che escludono espressamente qualsiasi possibilità di trasferimento a terzi per atto tra vivi. Ma anche clausole che comunque subordinano l’efficacia del trasferimento per atto tra vivi al mero gradimento degli organi sociali.
Oltre ai predetti casi (per i quali, come detto, compete per previsione inderogabile di legge), i soci sono liberi di individuare nell’atto costitutivo ulteriori presupposti che conferiscono ai soci dissenzienti il diritto di recedere.
Se l’atto costitutivo dispone in tal senso, spetta ai soci (per previsione inderogabile di legge) anche nel caso in cui una o più di tali ulteriori presupposti vengano eliminati dall’atto costitutivo.
Ipotesi di recesso per SRL soggette a direzione e coordinamento
Un’ultima serie di ipotesi inderogabili di diritto riguarda l’attività di direzione e coordinamento nei gruppi societari. L’articolo 2497-quater comma 1 stabilisce infatti che il socio di una SRL soggetta ad attività di direzione e coordinamento può recedere anche nei seguenti casi:
- Quando la società o l’ente che esercita l’attività di direzione e coordinamento delibera una trasformazione che implica il mutamento del suo scopo sociale;
- Quando la società o l’ente che esercita l’attività di direzione e coordinamento delibera una modifica del suo oggetto sociale consentendo l’esercizio di attività che alterano in modo sensibile e diretto le condizioni economiche e patrimoniali della società soggetta ad attività di direzione e coordinamento;
- Inoltre, quando a favore del socio sia stata pronunciata, con decisione esecutiva, condanna di chi esercita attività di direzione e coordinamento ai sensi dell’articolo 2497. In questo caso può essere solo totale, ossia non è possibile scegliere di esercitare il diritto di recesso solo per una parte della partecipazione posseduta;
- All’inizio e alla cessazione dell’attività di direzione e coordinamento, se da tale circostanza ne deriva un’alterazione delle condizioni di rischio dell’investimento.
Revoca del presupposto o messa in liquidazione
Si ricorda non può essere esercitato dal socio (e, se già esercitato, diviene privo di efficacia) se:
- La società revoca la delibera che lo legittima;
- Viene deliberato lo scioglimento della società.
Le principali cause convenzionali
Le cause di recesso possono essere convenzionali, determinate cioè dai soci nell’atto costitutivo, che può fissare anche le relative modalità di esercizio.
Si potrebbe consentire ai soci in disaccordo rispetto a deliberazioni assembleari aventi ad oggetto:
- La nomina degli amministratori;
- L’approvazione del bilancio e la distribuzione degli utili;
- Il trasferimento della sede al di fuori della provincia;
- L’introduzione del potere di demandare agli amministratori l’aumento di capitale;
- La possibilità di demandare agli amministratori l’emissione di titoli di debito.
Oppure, si può prevedere l’introduzione di cause pattizie non derivanti da deliberazioni, quali:
- Il mancato rinnovo di una specifica autorizzazione amministrativa da parte di un ente pubblico;
- Il mancato conseguimento di un utile minimo o la produzione di perdite per 1 o più anni;
- La cessazione dalla carica di un determinato amministratore sul quale il socio vantava una specifica fiducia;
- Il verificarsi di una “giusta causa“, non specificatamente determinata dall’atto costitutivo o dallo statuto.
Cause legali
Inoltre, le cause possono essere legali, determinate quindi direttamente dal legislatore (le ipotesi legali di recesso operano anche nel silenzio dell’atto costitutivo).
Recesso legale
Ipotesi di cui all’art. 2473 co. 1 c.c.
Sono espressamente previste come cause legali:
- Cambiamento dell’oggetto sociale (costituzione);
- Trasformazione della società;
- Fusione o scissione della società;
- Revoca dello stato di liquidazione;
- Trasferimento della sede sociale all’estero;
- Eliminazione di una o più cause di recesso previste “volontariamente” dall’atto costitutivo;
- Compimento di operazioni che determinano una sostanziale modificazione dell’oggetto della società fissato nell’atto costitutivo;
- Compimento di operazioni che determinano una rilevante modificazione dei diritti particolari dei soci (art. 2468 co. 4 c.c. ).
In questi casi le cause operano per mancato consenso dei soci alle decisioni al riguardo. Come precisato dalla dottrina, la legittimazione al diritto di recedere non spetta solo a chi ha dissentito, ma anche al socio assente all’assemblea, a quello che si è astenuto dalla votazione o che non aveva il diritto di voto.
Durata indeterminata della società ex art. 2473 co. 2 c.c.
La Cassazione, nella sentenza 29.3.2019 n. 8962, ha stabilito che la durata di una srl – connotata da un socio di maggioranza persona giuridica e da uno di minoranza persona fisica – fino al 31.12.2050 non legittima quest’ultimo, che alla data di scadenza della società avrà 87 anni, all’esercizio del diritto di recesso “ad nutum“. La circostanza che la durata della società superi l’aspettativa di vita del socio persona fisica (secondo i dati Istat), infatti, è reputata circostanza del tutto irrilevante.
Nel caso di società contratta a tempo indeterminato, il diritto compete al socio in ogni momento (“ad nutum“) e può essere esercitato con un preavviso di almeno centottanta giorni; l’atto costitutivo può prevedere un periodo di preavviso di durata maggiore purché non superiore a un anno (comma 2).
Una questione particolare, poi, è quella legata al possibile o meno riconoscimento in caso di proroga della durata della società, in mancanza di un’espressa disciplina sul punto come, invece, previsto per le spa dall’art. 2437 co. 2 c.c.
Limitazioni nella circolazione delle quote
Quando l’atto costitutivo della società contiene clausole che (trasferimento delle quote):dispongono l’intrasferibilità della quota; subordinano la cessione della quota al gradimento di organi sociali, soci o terzi, senza prevederne condizioni e limiti (c.d. clausole di “mero gradimento“);pongono condizioni o limiti che, nel caso concreto, impediscono il trasferimento mortis causa della quota (in tali casi, l’atto costitutivo può stabilire un termine, non superiore a due anni dalla costituzione della società o dalla sottoscrizione della partecipazione, prima del quale non può essere esercitato).
È possibile prevedere un limite alla facoltà di esercitare il diritto di recesso, stabilendo nell’atto costitutivo un termine, però non superiore a 2 anni dalla costituzione della società o dalla sottoscrizione della partecipazione, prima del quale non può essere esercitato.
Aumento di capitale mediante nuovi conferimenti
In caso di decisione di aumento del capitale sociale mediante nuovi conferimenti spetta ai soci il diritto di sottoscriverlo in proporzione delle partecipazioni da essi possedute.
L’atto costitutivo può prevedere che l’aumento di capitale possa essere attuato anche mediante offerta di quote di nuova emissione a terzi; in tal caso spetta ai soci che non hanno consentito alla decisione il diritto di recesso ex art. 2473 c.c.
Società soggette a direzione e coordinamento
Consentono l’uscita del socio le seguenti ipotesi (gruppi di società):
- Delibera da parte della società che esercita attività di direzione e coordinamento di trasformazione che generi il mutamento del suo scopo sociale (ovvero di trasformazione eterogenea che generi il cambiamento del genere di appartenenza), o di modifica del suo oggetto sociale consentendo l’esercizio di attività che alterino direttamente e sensibilmente le condizioni economiche e patrimoniali delle società controllate;
- Pronuncia di condanna, con decisione esecutiva, della società che esercita attività di direzione e coordinamento (la situazione è quella dell’azione di responsabilità ex art. 2497 c.c. promossa dal socio della controllata nei confronti della capogruppo);
- Assoggettamento a rapporti di direzione e controllo o cessazione, qualora la nuova situazione possa alterare le condizioni di partecipazione del socio di una delle società coinvolte.
Clausole compromissorie nello statuto
Introduzione o soppressione (arbitrato). In particolare, le modifiche dell’atto costitutivo, introduttive o soppressive di clausole compromissorie, devono essere approvate dai soci che rappresentino almeno i due terzi del capitale sociale. I soci assenti o dissenzienti possono, entro i successivi 90 giorni, esercitare il diritto di recesso.
Termini e modalità di esercizio
Per quanto concerne le modalità, l’articolo 2473 non reca alcuna disposizione espressa. Esso si limita a stabilire che:
In assenza di una regolamentazione espressa nell’atto costitutivo, per analogia trova applicazione quanto previsto dal codice civile per le SPA. Nell’ambito dell’autonomia statutaria, inoltre, i soci possono stabilire particolari modalità di applicazione del socio da SRL.
Fermo restando che le modalità individuate dai soci nell’atto costitutivo non dovrebbero comunque poter essere tali da rendere particolarmente difficoltoso l’esercizio in concreto del diritto di recesso.
A tale fine, sembra che il parametro di riferimento possa essere rappresentato dalle modalità previste dal codice civile in materia di SPA. Ragione per cui, se si condivide l’impostazione proposta, l’atto costitutivo di SRL dovrebbe poter prevedere modalità di esercizio del diritto di recesso autonomamente individuate dai soci. Ma in nessun caso implicanti:
- Termini per l’esercizio del diritto più stringenti di quelli previsti nella SPA;
- Modalità di comunicazione più farraginose della semplice comunicazione alla società.
Vediamo, quindi, le modalità previste per il socio nelle SPA.
Tempistiche
L’articolo 2437-bis stabilisce che esso deve essere esercitato mediante apposita comunicazione alla società nella forma di lettera raccomandata:
- Spedita entro quindici giorni dall’iscrizione nel Registro delle Imprese della decisione dei soci che legittima il recesso, se esso consegue appunto da una decisione dei soci;
- Spedita entro trenta giorni dalla data in cui il socio è venuto a conoscenza del presupposto che legittima il recesso, se esso consegue da un fatto diverso da una decisione assunta dai soci.
Sempre ai sensi dell’articolo 2437-bis in materia di SPA, la comunicazione deve indicare:
- Le generalità del socio recedente;
- Il domicilio per le comunicazioni inerenti al procedimento;
- L’ammontare della partecipazione per la quale è esercitato.
Le azioni per le quali il recesso è esercitato non possono essere cedute e devono essere depositate presso la sede sociale.
Presenza di tempistiche particolari
Disposizioni specifiche sono, poi, previste nei seguenti casi:
- Qualora la società sia costituita a tempo indeterminato, il socio può recedere in ogni momento, con un preavviso di almeno 180 giorni. L’atto costitutivo può prevedere un termine di preavviso diverso (maggiore), purché non superiore ad 1 anno (art. 2473 co. 2 c.c. );
- Qualora siano apportate modifiche all’atto costitutivo per l’introduzione o la soppressione di clausole compromissorie, il termine di recesso per i soci assenti o dissenzienti è fissato in 90 giorni (art. 34 co. 6 del D.Lgs. n. 5/2003);
- Oppure qualora siano previste limitazioni alla circolazione delle quote, l’atto costitutivo può prevedere un limite alla facoltà di esercitare il diritto di recesso, stabilendo un termine, non superiore a 2 anni dalla costituzione della società o dalla sottoscrizione della partecipazione, prima del quale il recesso non può essere esercitato (art. 2469 co. 2 c.c. ).
Attenzione! |
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Il tribunale di Bologna con sentenza 18 marzo 2019 ha fornito importanti chiarimenti in merito al recesso ad nutum da società contratta a tempo indeterminato. Infatti, il termine di preavviso, non inferiore a 180 giorni, determina uno scivolamento in avanti degli effetti che non possono prodursi prima dello spirare di detto termine. Di conseguenza, in pendenza del termine di preavviso il socio che ha inviato comunicazione alla società continua a partecipare pienamente alla vita sociale e a correre il rischio di impresa. |
Il recesso parziale del socio
Anche se non è pacifico, sembra ammissibile la clausola statutaria che riconosce il recesso parziale “perché migliorativa dei diritti del recedente“. In giurisprudenza, si veda Trib. Torino 3.7.2017 n. 3473, che ha dichiarato legittimo il recesso parziale da srl in un caso di delibera di mutamento dell’oggetto sociale.
Gli effetti
Nell’ambito delle società di capitali è incerto il momento a partire dal quale, in caso di esercizio del diritto di recesso, debba ritenersi venuto meno lo status di socio, con perdita dei relativi diritti amministrativi e patrimoniali.
La prassi notarile sembra orientata nel riconoscere tale momento nell’atto di ricevimento della lettera di recesso da parte della società.
In particolare, secondo il Comitato Triveneto dei Notai, nella massima I.H.5, avendo natura di atto unilaterale recettizio, risolutivamente condizionato ex lege alla revoca della delibera legittimante il recesso o alla messa in liquidazione volontaria della società, la dichiarazione di recesso produce effetti dalla data del suo ricevimento.
Da tale data i diritti connessi alla partecipazione per la quale è stato esercitato sono sospesi, conservando il socio recedente solo la titolarità formale della partecipazione finalizzata alla liquidazione della stessa.
Limiti
I soci possono impedire l’esercizio del diritto o renderlo inefficace se già esercitato mediante la revoca della delibera assembleare giustificativa (art. 2473 co. 5 c.c. ). Come sottolineato dalla prassi notarile:
- In mancanza di un termine determinato per legge, la società può adottare la revoca della delibera, ovvero la delibera di scioglimento della società, entro il termine di 180 giorni previsto per l’eventuale rimborso delle partecipazioni;
- Se la delibera revocata ha prodotto effetti sostanziali nel periodo di validità (ad esempio, per il compimento di atti di amministrazione finalizzati al perseguimento del diverso oggetto sociale deliberato e poi revocato), la revoca non rende inesercitabile tale diritto o inefficace quello già esercitato;
- È legittima la clausola statutaria che preveda che la delibera di revoca debba essere la prima delibera utile a pena della perdita del diritto di revoca.
Inoltre, è limitato nei termini di cui sopra nel caso di delibera di scioglimento della società (art. 2473 co. 5 c.c. ). Secondo la prassi notarile, in tale ipotesi, la successiva revoca dello scioglimento è possibile solo se il socio originario recedente abbia manifestato il suo consenso, rinunciando al rimborso della partecipazione, o abbia ottenuto il rimborso della partecipazione.
Liquidazione della quota e valutazione
Una volta esercitato il diritto di recesso, al socio receduto dovrà essere corrisposta la liquidazione della sua quota. In ogni caso al socio, spetta comunque la liquidazione monetaria della quota. Anche se al momento del conferimento, egli aveva conferito un bene, o un servizio.
Il valore della quota di liquidazione è determinato a cura degli amministratori, attraverso la redazione di un bilancio straordinario, alla data di recesso del socio. Solo in caso di disaccordo tra amministratori e socio, è richiesta la nomina di un perito da parte del tribunale.
La liquidazione della quota al socio receduto deve avvenire entro 6 mesi dalla data della comunicazione di recesso. La quota non potrà essere acquistata dalla società, che non può compiere operazioni sulle proprie quote. L’acquisto però può essere effettuato dagli altri soci e, solo se tutti i soci vi consentano, da estranei alla società. In particolare per quanto riguarda il rimborso si deve sottolineare quanto segue:
- Il rimborso deve essere effettuato in proporzione del patrimonio sociale;
- Il patrimonio sociale è determinato tenendo conto del suo valore di mercato al momento della dichiarazione di recesso;
- In caso di contrasto tra la società e il socio recedente in merito al valore del rimborso, la determinazione è compiuta tramite relazione giurata di un esperto nominato dal Tribunale, che provvede anche sulle spese, su istanza della parte più diligente.
La volontà del legislatore di tutelare gli interessi del socio pone problemi di tutela dell’integrità del capitale sociale. Questi ha funzione di porsi a garanzia dei creditori sociali, come presupposto necessario alla continuazione nel tempo dell’attività economica dell’impresa. Il legislatore, ha previsto, a tutela del capitale sociale una sequenza di tecniche di liquidazione della quota receduta.
Tecniche di liquidazione della quota
Si tratta di modalità miranti ad allocare il peso economico del recesso su economie terze rispetto alla società, tramite:
- Atipico – La vendita delle quote avviene nei confronti di soggetti terzi (estranei alla società), preventivamente individuati dai soci;
- Tipico – La vendita delle quote sociali avviene nei confronti degli altri soci che rimangono in società.
In seconda istanza, la liquidazione della quota receduta deve avvenire attingendo alle riserve disponibili, in modo tale da non intaccare la consistenza del Capitale Sociale.
Solo in ultima istanza, e solo in caso di improcedibilità delle modalità sopra esposte, si potrà procedere all’annullamento della partecipazione receduta mediante la riduzione del capitale sociale. Nei limiti comunque previsti dall’articolo 2482 c.c.
Benché, quindi, tipico sia subordinato a quello atipico, che si sostanzia, come visto, in una compravendita di quote sociali (la quale non comporta particolari problematiche né dal punto di vista fiscale né da quello della sua rappresentazione contabile) non può essere sottaciuto il fatto che le quote di SRL non siano sempre facilmente alienabili.
Il procedimento di valutazione della quota del socio
L’art. 2473, comma 3, c.c. dispone che:
Il metodo patrimoniale
In base al metodo patrimoniale, il valore di una società coincide con il valore del suo patrimonio espresso a valori correnti. Si tratta del prezzo che occorrerebbe pagare alla data di valutazione per acquisire tutte le attività in bilancio, al netto delle passività. Il punto di partenza per l’utilizzo del metodo è il bilancio a valori contabili da rettificare in aumento o in diminuzione per tenere conto dei valori correnti di attività e passività al fine di individuare il patrimonio netto rettificato (k).
Metodo patrimoniale semplice
Esistono due tipologie di metodo patrimoniale: semplice e complesso. Il metodo patrimoniale semplice fa riferimento esclusivamente alle attività e passività che risultano dal bilancio societario, senza considerare eventuali valori immateriali non contabilizzati quali il marchio, l’immagine aziendale, il know-how, etc. Tra le principali operazioni da eseguire per determinare il patrimonio netto rettificato, vi sono le seguenti:
Patrimonio netto rettificato |
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– valutare il magazzino al prezzo medio di vendita, al netto di oneri di completamento e commercializzazione; – valorizzare i beni strumentali al prezzo desumibile dal mercato oppure al costo di ricostruzione rettificato per tenere conto del deperimento fisico e dell’obsolescenza; – valorizzare i crediti e i debiti al valore netto di presunto realizzo; – esprimere il valore corrente delle partecipazioni, o attraverso una autonoma valutazione della società partecipata, ovvero assumendo a riferimento il pro quota del patrimonio netto rettificato della partecipata; – valorizzare eventuali passività potenziali (ad esempio, per contenziosi in corso) non rappresentati a bilancio. |
Nel caso in cui emergano plusvalori o minusvalori dal confronto tra valori correnti e valori
contabili delle singole poste attive e passive occorre tenere conto degli oneri fiscali potenziali (ove esistenti) correlati ai plusvalori o minusvalori accertati.
Metodo patrimoniale complesso
Con il metodo patrimoniale complesso, la valutazione include anche risorse immateriali
non direttamente desumibili dal bilancio. Tali risorse, per poter essere considerate nella
stima, devono essere economicamente quantificabili, trasferibili a terzi ed essere in grado
di generare utilità differita nel tempo.
Il metodo patrimoniale è particolarmente indicato per la valutazione di aziende nelle quali la componente patrimoniale è prevalente rispetto a quella reddituale, come ad esempio le imprese immobiliari e le holding.
Utilizzare il metodo patrimoniale, per contro, ha scarsa significatività in ipotesi di valutazione di aziende di servizi o aventi una ridotta componente patrimoniale.
Il metodo reddituale
Per mezzo del metodo reddituale, il valore di una società è funzione della sua capacità futura di produrre reddito. Ai fini della determinazione di tale valore occorre stimare: il reddito medio normale di riferimento, il tasso di remunerazione ed il periodo di capitalizzazione. Il criterio reddituale può essere applicato in diverse accezioni: a durata illimitata o a durata limitata.
Qualora, tenuto conto delle prospettive di stabilità nel tempo di produzione di redditi aziendali, si ritenga ragionevole l’utilizzo del metodo reddituale nella configurazione a durata illimitata il valore del capitale economico viene determinato con la formula:
W = R/i |
dove:
W = valore del capitale economico aziendale
R = reddito medio normale atteso di riferimento
i = tasso di capitalizzazione.
Diversamente, si ritiene ragionevole ipotizzare la produzione di redditi per un periodo di tempo limitato, la formula è la seguente:
W = Ra N_i |
dove:
W = valore del capitale economico aziendale;
R = reddito medio normale atteso di riferimento;
a N_i = valore attuale di una rendita immediata posticipata di ‘‘n’’ anni al tasso di capitalizzazione
Reddito medio normale di riferimento
Il reddito medio normale di riferimento (R) esprime il reddito che l’azienda oggetto di stima si prevede possa generare in una prospettiva di medio-lungo termine. La determinazione del reddito medio normale atteso si fonda sui risultati reddituali storicamente dimostrati e sulle prospettive di reddito razionalmente formulabili al momento in cui si conduce la stima, assumendo a riferimento la media (aritmetica o ponderata) dei risultati ottenuti. Occorre fare riferimento al reddito c.d. normalizzato, per cui i risultati considerati ai fini della sua stima (storici o futuri) devono dapprima essere depurati di tutte le componenti straordinarie o non ripetitive frutto di elementi di casualità, non ripetibilità e non pertinenza, al netto dei rispettivi effetti fiscali. |
Il tasso di capitalizzazione
Il tasso di capitalizzazione (i) rappresenta il rendimento richiesto all’investimento nell’impresa, tenuto conto dei rischi che questo comporta. Un metodo tipicamente utilizzato per la sua determinazione è il Capital Asset pricing model (CAMP) in base al quale il tasso è dato da una componente priva di rischio e da un premio per il rischio di mercato moltiplicato per uno specifico coefficiente Beta che individua la correlazione tra il settore a cui appartiene la società oggetto di analisi e l’intero mercato.
Il metodo misto patrimoniale – reddituale
Il metodo misto patrimoniale – reddituale, nella versione con stima autonoma dell’avviamento (conosciuto anche come metodo UEC – Unione Europea degli esperti contabili), esprime una sintesi tra il metodo patrimoniale e il metodo reddituale, quantificando il valore economico di una società in funzione sia del patrimonio, sia del reddito.
Il modello misto mette in evidenza un valore di avviamento (goodwill) calcolato sulla base
del sovra- o sottoreddito, inteso come differenza tra il reddito medio normale atteso e il
rendimento del capitale proprio giudicato soddisfacente rispetto al tipo di investimento
considerato.
Il metodo UEC determina il valore economico aziendale con la formula:
W = K + A |
dove:
W = valore del capitale economico aziendale;
K = patrimonio netto rettificato;
A = valore dell’avviamento.
Modalità di rimborso della quota
Il rimborso può avvenire mediante:
- Acquisto da parte degli altri soci proporzionalmente alle loro partecipazioni;
- Acquisto da parte di un terzo individuato dai soci;
- Intervento della società.
In tal caso, il rimborso della quota avviene con:
- L’utilizzo di riserve disponibili (le quote degli altri soci si accrescono proporzionalmente rispetto alla quota del socio receduto);
- In mancanza, corrispondentemente riducendo il capitale sociale (previa deliberazione dell’assemblea ex art. 2479-bis c.c. ). Viene riconosciuto ai creditori sociali il diritto di opposizione alla deliberazione di riduzione del capitale sociale (art. 2482 c.c. ), qualora ritengano che possa derivarne un pregiudizio alle proprie ragioni (se viene accolta l’opposizione, la società è posta in liquidazione). La società viene posta in liquidazione se, sulla base della riduzione del capitale sociale, non risulti comunque possibile il rimborso della partecipazione del socio receduto.
Acquisto da parte di soci o di terzi e partecipazione del recedente
Nella srl, a fronte dell’esercizio del diritto di recesso da parte di un socio, è previsto il rimborso della partecipazione mediante acquisto da parte degli altri soci (proporzionalmente) o da parte di un terzo da questi concordemente indicato.
Si tratta di operazioni che realizzano certamente fattispecie ascrivibili al “trasferimento della partecipazione” di cui all’art. 2470 c.c., con applicabilità di quanto ivi disposto.
Tali modalità di rimborso della partecipazione non comportano alcun esborso a carico della società, a differenza di quanto avviene quando si utilizzano le riserve disponibili e di quando si riduce il capitale sociale.
Il termine “rimborso“, quindi, assume nei primi due casi un significato più economico che giuridico, attagliandosi meglio all’ipotesi di restituzione di somme versate alla società e pertanto provenienti dal patrimonio di questa.
Ad ogni modo, con riguardo al trasferimento della partecipazione del recedente ai soci dichiaratisi disponibili all’acquisto, così come all’eventuale terzo, occorre chiedersi se questo possa avvenire senza la partecipazione e la volontà del recedente, analogamente a quanto accade nel caso delle spa.
Nessun potere dispositivo sulla quota da parte degli amministratori
Ai sensi del secondo comma dell’art. 2437-bis c.c. e dell’art. 2437-quater c.c., infatti, il recedente da spa rimette nella disponibilità della società e, per essa, degli amministratori, il potere di alienare i titoli azionari; e in funzione di ciò si prevede, da un lato, il deposito delle azioni presso la sede sociale e, dall’altro, l’incedibilità per il socio delle stesse. La spa è così configurata al pari di un “commissario per la vendita“.
Diversamente, nelle srl non è previsto nulla di simile e neppure è applicabile analogicamente quanto disposto per le spa. L’attribuzione agli amministratori di spa di un potere dispositivo sulla partecipazione del recedente costituisce oggetto di una norma di carattere eccezionale.
D’altra parte, la rimessione della disponibilità della partecipazione a favore degli amministratori si accompagna, giustificandosi, a un elemento che risulta strettamente funzionale ai poteri che vengono loro attribuiti e che nella srl non è realizzabile, ovvero il deposito dei titoli azionari e la loro incedibilità. Se si volesse applicare analogicamente la disciplina di cui all’art. 2437-quater c.c., poi, occorrerebbe prospettare anche la possibilità di iscrivere nel Registro delle imprese l’offerta in opzione della quota da parte degli amministratori, ma tale soluzione è preclusa dal principio di tipicità degli atti iscrivibili nel Registro delle imprese.
Disciplina fiscale
Profilo societario
Per la società, che a fronte del recesso riduce il proprio patrimonio, si tratta di individuare la natura fiscale delle somme erogate al socio recedente. Infatti, la differenza da recesso, ovvero il maggior valore della quota rispetto ai valori contabili del patrimonio che la stessa rappresenta, (valutando le plusvalenze e gli avviamenti latenti), appare corretto considerarla una distribuzione di utili, in quanto tali indeducibili per la società.
Si deve innanzitutto chiarire che tale istituto costituisce un’operazione sul capitale netto e, quindi, non ha di per sé effetti reddituali.
L’articolo 2473 del codice civile, prevede, per la liquidazione della somma al socio recedente, l’utilizzo esclusivo di poste del patrimonio netto, che codificano, in un certo senso, l’intangibilità del Conto economico.
Testualmente, il procedimento di liquidazione della partecipazione receduta per le SRL, è disciplinato dall’articolo 2473, comma 4, secondo e terzo periodo. Il quale recita:
Profilo del socio recedente
In capo al socio di SRL, il trattamento delle somme percepite in caso di recesso dipende dalle modalità con cui il diritto è esercitato, ovvero mediante:
- Acquisto delle quote da parte degli altri soci o terzi (atipico);
- Annullamento delle partecipazioni con conseguente riduzione del patrimonio netto della società (tipico).
Recesso “atipico”
Soci persone fisiche non imprenditori
Nel caso di acquisto delle quote da parte di altri soci o di terzi, in capo al socio uscente non imprenditore si realizza reddito un diverso ex art. 67 co. 1 lett. c) e c-bis) del TUIR, determinato ex art. 68 del TUIR come differenza tra somme percepite e costo fiscalmente riconosciuto della partecipazione ceduta.
Per i redditi diversi realizzati dall’1.1.2019, si applica l’imposta sostitutiva del 26% ex art. 5 co. 2 del D.Lgs. n. 461/97 a prescindere dalla circostanza che si tratti di partecipazioni qualificate o non qualificate.
Soci persone fisiche imprenditori o società di persone
Se il soggetto uscente è un imprenditore individuale o una società di persone, le plusvalenze realizzate dall’1.1.2018 sono imponibili nei limiti rispettivi del 58,14% o del 49,72% se sono verificati i requisiti di cui all’art. 87 del TUIR, mentre nel 100% negli altri casi.
Soci-soggetti IRES
Le somme percepite da soci-soggetti IRES hanno natura di plusvalenza, imponibile nella misura del 5% se sussistono i requisiti di cui all’art. 87 del TUIR o, diversamente, nella misura del 100%.
Recesso “tipico”
I soci di srl che ricevono denaro o beni a seguito del recesso “tipico” conseguono un reddito di capitale che l’art. 47 co. 7 del TUIR quantifica nella differenza tra:
- Le somme o il valore normale dei beni ricevuti dai soci, e
- Il prezzo pagato per l’acquisto o la sottoscrizione delle quote annullate.
Soci persone fisiche non imprenditori
Sulle somme percepite da persone fisiche non imprenditori dall’1.1.2018 si applica la ritenuta a titolo di imposta del 26% ex art. 27 co. 1 del DPR 600/73 a prescindere dalla circostanza che si tratti di una partecipazione qualificata o non qualificata (art. 1 co. 999 ss. della L. 205/2017).
Tuttavia, gli utili derivanti da distribuzioni deliberate dall’1.1.2018 al 31.12.2022 e prodotti fino all’esercizio in corso al 31.12.2017 concorrono alla formazione del reddito complessivo IRPEF secondo le percentuali del 40%, del 49,72% o del 58,14%.
Se il reddito è assoggettato a ritenuta, secondo l’art. 27 co. 1-bis del DPR 600/73, il prelievo alla fonte è effettuato sulla sola quota parte delle somme che abbia effettivamente natura di utile per il percipiente (ovvero, sulla differenza tra quanto distribuito e il costo fiscale delle quote). A tal fine, è necessario che il socio comunichi alla società il costo fiscalmente riconosciuto delle proprie partecipazioni, in modo che questa, in qualità di sostituto d’imposta, possa operare la ritenuta a titolo definitivo sull’effettiva quota imponibile, e non sull’intero importo delle somme effettivamente erogate; in assenza di comunicazione, la società può applicare la ritenuta sull’intero ammontare.
Per le persone fisiche non imprenditori, quindi, la tassazione in qualità di utile delle somme percepite in eccedenza del costo fiscalmente riconosciuto delle azioni prescinde dalla natura delle riserve di patrimonio netto annullate; infatti, ha natura di utile anche “la parte di tali eccedenze che derivano da riserve di capitale” (circ. n. 26/2004/E, § 3.1).
Soci persone fisiche imprenditori o società di persone
Se i soggetti uscenti sono persone fisiche imprenditori, ovvero società di persone, occorre distinguere la quota parte di reddito derivante da riserve di utile da quella derivante da riserve di capitale.
Nel primo caso, l’imposizione sul reddito percepito avviene nel limite del 40%, del 49,72% o del 58,14% della differenza tra somme attribuite (o valore normale dei beni assegnati) e costo fiscale della partecipazione, indipendentemente dall’entità della partecipazione medesima (art. 59 co. 1 del TUIR, il quale pone un rimando esplicito alle disposizioni dell’art. 47); nel secondo caso, il reddito qualificato come plusvalenza è esente al 60%, al 50,28% o al 41,86% se ricorrono i requisiti pex mentre è imponibile al 100% negli altri casi.
Soci-soggetti IRES
I redditi percepiti dai soci-soggetti IRES (sempre determinati come differenza tra importo percepito e costo fiscale della partecipazione annullata) costituiscono, invece, redditi d’impresa, imponibili nel limite del 5% (art. 89 del TUIR). Anche in tal caso, occorre distinguere tra la quota parte derivante da riserve di utili, soggetta al regime dei dividendi, e la quota parte derivante da riserva di capitale, soggetta al regime impositivo delle plusvalenze e come tale esente al 95% in presenza dei requisiti pex di cui all’art. 87 del TUIR.
Disciplina contabile
La modalità obbligatoria per contabilizzarlo avviene mediante l’imputazione, in contropartita al debito verso il socio recedente, di riserve disponibili ed eventualmente del capitale sociale.
Capitale che andrà perciò corrispondentemente ridotto. Riserve disponibili (per la loro intera capienza e fino a concorrenza della somma liquidata) – Sez. Dare – XXX Capitale sociale (in caso di capienza delle riserve disponibili e nei limiti dell’art. 2482c.c.) – Sez. Dare – XXX Debiti verso socio recedente – Sez. Avere – XXX
Conclusioni
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