Lavoratori italiani all’estero alle prese con gli obblighi fiscali in Italia. Di seguito i principali elementi da tenere in considerazione se si mantiene la residenza fiscale in Italia e si lavora all’estero. Particolare riferimento ai redditi da lavoro dipendente.


Non sempre è agevole individuare immediatamente quale sia il sistema di tassazione applicabile per i redditi percepiti all’estero da parte di lavoratori italiani. Infatti, gli aspetti da considerare sono molteplici e le regole possono essere diverse a seconda delle singole situazioni personali, dall’esistenza o meno di una Convenzione contro le doppie imposizioni stipulata tra l’Italia e lo Stato estero nel quale viene prodotto il reddito, del periodo di permanenza all’estero, etc. . In linea generale, possiamo affermare che per stabilire dove un cittadino è tenuto a pagare le imposte sui redditi percepiti occorre considerare il concetto di “residenza fiscale“. Proprio da questo aspetto partiamo per individuare i principali consigli fiscali per i lavoratori residenti in Italia che operano all’estero.

Lavoratori italiani all’estero ed il principio della “world wide taxation

In base al cosiddetto “principio della tassazione mondiale” (World Wide Taxation principle), sul quale si fonda il sistema fiscale di molti Paesi europei e che è stato adottato anche dalla legislazione fiscale italiana, il cittadino che lavora all’estero, mantenendo la residenza fiscale italiana, ha comunque l’obbligo di pagare le imposte in Italia sui redditi prodotti all’estero. Questo, salvo che sia diversamente indicato da disposizioni contenute nelle Convenzioni internazionali contro le doppie imposizioni.

In pratica, tutti i cittadini italiani che lavorano all’estero e che non verificano le condizioni di residenza estera, ricavabili (con lettura al contrario) dell’art. 2, co. 2 del TUIR, sono considerati fiscalmente residenti in Italia. Questo significa che, ai sensi del successivo art. 3 del TUIR sono tenuti a dichiarare i redditi in Italia, ovunque essi siano stati prodotti.

Questa situazione per un lavoratore italiano all’estero comporta una fattispecie di “doppia imposizione del reddito“. Infatti, qualora non vi sia una convenzione internazionale applicabile, oppure qualora la convenzione preveda una tassazione concorrente, il lavoratore è tenuto a dichiarare il reddito nello stato di produzione ed anche nello Stato di residenza fiscale (in questo caso in Italia).

Le eventuali imposte pagate all’estero a titolo definitivo nei Paesi in cui i redditi sono stati percepiti possono essere comunque detrarre da quelle italiane, sotto forma di credito di imposta, nei termini stabiliti dall’art. 165, comma 1, del TUIR.

I controlli da effettuare da parte del lavoratore all’estero

Questo meccanismo è quello che viene maggiormente utilizzato per l’attenuazione della doppia imposizione del reddito, almeno per alcune categorie reddituali. Per questo motivo, quindi, il primo consiglio è quello di valutare attentamente la tipologia di reddito percepita all’estero per capire:

  • Se deve essere dichiarata anche in Italia, e nel caso
  • Se e come è prevista una procedura per attenuare la doppia imposizione.

Nel caso si ometta di presentare la dichiarazione dei redditi o non si indichino in essa i redditi prodotti all’estero, non spetta la detrazione delle imposte pagate nello stato estero (art. 8 dell’art. 165 del TUIR). Sul punto, tuttavia, è necessario, comunque, tenere conto dell’evoluzione giurisprudenziale sull’argomento. Vedasi: “Credito per imposte estere in caso di omessa dichiarazione“.

Per approfondire: “AIRE Anagrafe Italiana Residenti all’Estero: guida – Fiscomania“.

Per approfondire: “Residenza fiscale delle persone fisiche: guida“.

Le retribuzioni convenzionali per i redditi esteri da lavoro dipendente dei residenti in Italia

La disciplina delle retribuzioni convenzionali, come definita nell’articolo 51, comma 8-bis, del Testo Unico delle Imposte sui Redditi (TUIR) in Italia, riguarda specificamente la determinazione del reddito di lavoro dipendente per alcune categorie di lavoratori che operano all’estero.

Nel contesto di questa normativa, le retribuzioni convenzionali si riferiscono a un valore predeterminato, stabilito annualmente dal Ministero delle Finanze, che viene utilizzato per calcolare il reddito imponibile di questi lavoratori. Tale valore convenzionale non corrisponde necessariamente alla retribuzione effettivamente percepita dal lavoratore, ma è piuttosto una cifra standardizzata che serve come base per il calcolo delle imposte dovute in Italia.

Il concetto di retribuzione convenzionale è stato introdotto per semplificare la determinazione del reddito imponibile dei lavoratori italiani all’estero in situazioni in cui potrebbe essere difficile stabilire l’esatto ammontare del reddito percepito. Questo sistema permette di evitare complesse verifiche e calcoli basati sui redditi effettivi, che possono essere particolarmente onerosi sia per i lavoratori sia per l’amministrazione fiscale.

Un aspetto importante da considerare è che l’applicazione delle retribuzioni convenzionali può avere un impatto significativo sul carico fiscale del lavoratore. In alcuni casi, la retribuzione convenzionale potrebbe essere inferiore al salario reale, risultando in un vantaggio fiscale. In altri casi, potrebbe essere superiore, portando a una maggiore imposizione fiscale rispetto a quella che sarebbe derivata dal calcolo sul reddito effettivo. Tuttavia, occorre tenere in considerazione che potrebbero esserci delle complicazioni nel caso in cui il lavoratore italiano all’estero operi per conto di un datore di lavoro non residente in Italia.

Per approfondire: “Tassazione dei redditi da lavoro dipendente estero in Italia“.

Per approfondire: “Retribuzioni convenzionali per il lavoro dipendente estero“.

Le convenzioni contro le doppie imposizioni

Per evitare che i propri cittadini subiscano una doppia imposizione, che si avrebbe in seguito al pagamento delle imposte sia nel Paese di produzione del reddito sia in quello di residenza, l’Italia ha stipulato con molti Paesi Convenzioni internazionali contro le doppie imposizioni. Su tali accordi è possibile ottenere il riconoscimento di un credito di imposta per le imposte pagate all’estero nel momento in cui si dichiarano i redditi in Italia, con l’applicazione di una norma, l’art. 165 del TUIR (per approfondire: “Credito per imposte pagate all’estero: guida“).

Le Convenzioni internazionali contro le doppie imposizioni sono degli accordi tra due Stati, attraverso i quali viene disciplinata la sovranità tributaria di entrambi, in base al principio della reciprocità. Oltre ad evitare le doppie imposizioni sui redditi e sul patrimonio dei rispettivi residenti le Convenzioni hanno anche lo scopo di prevenire l’eventuale evasione ed elusione fiscale. Generalmente, le Convenzioni non prevedono che sia un unico Stato, tra i due contraenti, ad assoggettare a tassazione un determinato reddito (tassazione esclusiva). Per questo motivo, è necessario dichiarare in Italia anche i redditi conseguiti all’estero. La doppia imposizione può essere comunque eliminata mediante l’applicazione dell’art. 165 del TUIR, secondo il quale le imposte pagate all’estero a titolo definitivo sono ammesse in detrazione dell’imposta netta fino a concorrenza della quota di imposta italiana.

Per questo motivo, al fine di individuare i criteri di collegamento, per la tassazione delle varie tipologie di reddito ti invito alla lettura di questo articolo dove ho approfondito l’argomento: “Criteri di collegamento per la tassazione dei redditi di fonte estera“.

Imposte estere a titolo definitivo

Per approfondire: “Elenco convenzioni contro le doppie imposizioni siglate dall’Italia“.

Come può rimediare chi non ha indicato nella dichiarazione i redditi prodotti all’estero: la dichiarazione integrativa

Nel caso in cui lavoratori italiani all’estero (residenti in Italia) abbiano presentato la dichiarazione dei redditi in Italia, omettendo di indicare i redditi prodotti all’estero, per non perdere il diritto di usufruire della detrazione delle imposte pagate all’estero (comma 8 dell’art. 165 del TUIR), possono presentare la dichiarazione integrativa. Questo, ai sensi dell’art. 2, comma 8, del DPR n. 322/98. In tal caso, infatti, il reddito oggetto di integrazione deve ritenersi, comunque, dichiarato e, conseguentemente, al contribuente spetta la detrazione delle imposte pagate all’estero.

Situazione sicuramente più complessa, invece, è quella del soggetto che non ha presentato la dichiarazione dei redditi in Italia.

Per approfondire: “Redditi di fonte estera: cosa succede se non li dichiaro?“.

Monitoraggio fiscale delle attività estere per i lavoratori italiani all’estero

Il quadro RW del modello di dichiarazione dei redditi in Italia è un elemento cruciale per i residenti fiscali italiani, inclusi coloro che lavorano all’estero. Questo quadro si occupa specificamente del monitoraggio fiscale delle attività finanziarie detenute all’estero e degli investimenti esteri, con l’obiettivo di garantire la trasparenza e la corretta tassazione di tali attività.

Per un lavoratore residente in Italia ma che lavora all’estero, ci sono alcune considerazioni importanti riguardo agli obblighi di monitoraggio fiscale nel quadro RW.

Dichiarazione delle attività finanziarie estere

Il lavoratore è tenuto a dichiarare nel quadro RW tutte le attività finanziarie detenute all’estero, come conti correnti, depositi, investimenti, azioni, obbligazioni, e fondi di investimento. Questo include anche eventuali attività finanziarie acquisite o detenute durante il periodo di lavoro all’estero. Caso classico è quello del conto corrente estero utilizzato per l’incasso del reddito da lavoro.

Deve essere evidenziato, inoltre, che se il lavoratore possiede investimenti all’estero che generano redditi, come interessi, dividendi o plusvalenze, questi redditi devono essere dichiarati nel quadro RW. La tassazione dipenderà dalle norme specifiche e dalle eventuali convenzioni contro le doppie imposizioni stipulate tra l’Italia e il paese estero.

Soglia per i conti correnti esteri

Solo per i conti correnti detenuti all’estero esiste una soglia di valore al di sotto della quale non è necessario compilare il quadro RW. Il quadro deve essere compilato nel caso in cui, alternativamente:

  • La giacenza media annua del conto superi la soglia di 5.000 euro. In questo caso per il conto corrente è dovuto il versamento dell’IVAFE;
  • Il valore giornaliero del saldo del conto corrente non ha raggiunto, per ogni giorno dell’anno, la soglia di 15.000 euro.

Solo se entrambe le soglie non vengono superate, il lavoratore ha la possibilità di non inserire il conto corrente nel quadro RW. Se il totale delle attività finanziarie e degli investimenti all’estero supera tale soglia in qualsiasi momento dell’anno, il lavoratore è tenuto a compilare il quadro RW.

Per approfondire: “Conto corrente estero nel quadro RW: la compilazione“.

Attenzione alla violazione della norma

Il mancato rispetto degli obblighi di dichiarazione nel quadro RW può portare a significative sanzioni fiscali. Pertanto, è fondamentale per il lavoratore assicurarsi di essere aggiornato e conforme a tutte le normative fiscali italiane relative alla detenzione di attività all’estero.

Grazie agli accordi internazionali di scambio automatico di informazioni fiscali, l’Agenzia delle Entrate italiana può ricevere dati riguardanti conti e investimenti detenuti da residenti fiscali italiani in altri paesi. Questo aumenta l’importanza di una dichiarazione accurata e tempestiva.

Per approfondire: “Mancata compilazione del quadro RW: il ravvedimento operoso“.

In conclusione, per un lavoratore italiano residente in Italia ma che lavora all’estero, è essenziale avere una piena consapevolezza e comprensione degli obblighi di monitoraggio fiscale associati al quadro RW. Una corretta dichiarazione di tutte le attività finanziarie e degli investimenti esteri è fondamentale per evitare sanzioni e garantire la conformità alle normative fiscali italiane.

Consulenza fiscale online

Se hai letto questo articolo e ti rendi conto che desideri approfondire la tua situazione personale in relazione alla tua residenza fiscale o ai criteri di collegamento per la tassazione dei redditi di fonte estera in Italia, contattaci. Segui il link sottostante per metterti in contatto con noi e ricevere una consulenza personalizzata in grado di chiarire i dubbi sulla tua situazione. Grazie anche all’implementazione degli accordi sullo scambio automatico di informazioni le possibilità a disposizione dell’Amministrazione finanziaria per accertare irregolarità sono davvero aumentate (ad es. vedi “Lettere di compliance sui redditi esteri: sei pronto?“).

Per questo motivo, al fine di evitare l’applicazione di eventuali sanzioni, è opportuno intervenire tempestivamente, usufruendo, ove possibile della dichiarazione integrativa (con ravvedimento operoso).

Domande frequenti

Un lavoratore italiano che si trasferisce all’estero deve continuare a pagare le tasse in Italia?

Dipende dalla sua residenza fiscale. Se il lavoratore mantiene la sua residenza fiscale in Italia, deve dichiarare i redditi mondiali in Italia. Se trasferisce la sua residenza fiscale all’estero, è tassato solo sui redditi prodotti in Italia.

Come si determina la residenza fiscale di un lavoratore italiano all’estero?

Si deve guardare all’art. 2 del TUIR. La residenza fiscale è determinata in base a vari fattori come il centro degli interessi economici, il domicilio fiscale e la permanenza nel paese per più di 183 giorni in un anno fiscale.

I lavoratori italiani all’estero sono soggetti alla doppia tassazione?

Ci può essere il rischio di doppia tassazione, ma l’Italia ha firmato convenzioni contro le doppie imposizioni con molti paesi, che permettono di evitare o mitigare questo rischio.

Un lavoratore italiano all’estero deve compilare il quadro RW nella dichiarazione dei redditi?

Sì, se mantiene la residenza fiscale in Italia e possiede attività finanziarie o investimenti all’estero che superano la soglia di valore stabilita.

Quali sono le conseguenze per i lavoratori italiani all’estero che non dichiarano i redditi esteri?

Non dichiarare i redditi esteri può portare a sanzioni significative, comprese multe e interessi, in caso di accertamento da parte dell’Agenzia delle Entrate italiana.

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